Un lavoro per gli Angeli: La realtà da incubo dei veterani
By Blair London
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"Un lavoro per gli Angeli: La realtà da incubo dei veterani" parla dei veterani affetti da disturbo da stress post traumatico e della violenza e dei problemi di personalità che può causare a loro e a chi è al loro fianco.
Giovani volontarie aiutano i veterani a sopravvivere e a tornare nella società civile attraverso un'organizzazione, AVSA.
Ashley, vivace e ingenua, si innamora di Trevor, un soldato che la segue a casa la sera in cui si conoscono. La sua migliore amica Taylor teme che possa succederle quello che aveva dovuto affrontre lei.
Da quando escono insieme Trevor riesce di nuovo a dormire ma ha un folle sogno in cui Ashley è il nemico.
Dopo Ashley, Trevor viene visto con un altro "angelo" sul lavoro che fa il caffè e gioca a carte con lei.
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Un lavoro per gli Angeli - Blair London
Un lavoro per gli angeli
La realtà da incubo dei veterani
di Blair London
Reality Today Forum
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Indice
Prologo
Capitolo 1: Il Nuovo Angelo
Capitolo 2: Ritorno a Casa
Capitolo 3: Angeli Insieme
Capitolo 4: L'inizio di un Grande Giorno
Capitolo 5: L'incontro casuale
Capitolo 6: La Ruota di Scorta
Capitolo 7: Primo Appuntamento
Capitolo 8: Il Mondo è un Bel Posto, Non è Vero?
Capitolo 9: Il Grosso Stupido Errore
Capitolo 10: Sorprese Tutt'intorno
Capitolo 11: Un Grande Giorno
Capitolo 12: Problemi in Paradiso
Capitolo 13: Profumo di Sogno
Capitolo 14: Il lavoro di un Angelo non Finisce Mai
Epilogo
Prologo
La casa sulla spiaggia aveva una bella vista. L’isola di Ohahu aveva la sua quota di panorami sbalorditivi, ma la spiaggia di Ewa era tutta un’altra cosa e quella casa rendeva perfettamente giustizia alla fantastica vista. L’ispettore Sterling guardò attraverso la porta finestra osservandone la pura bellezza. Era colpito dall’ironia di come un posto con così tanta bellezza innata potesse ospitare tale bruttezza. Durante i suoi venticinque lunghi anni di servizio aveva visto la sua buona parte di casi simili.
La donna nel bagno aveva un coltello nel collo che l’operatore dattiloscopico stava impolverando. Gran parte della raccolta di prove sarebbe stata fatta all’obitorio, ma l’investigatore forense aveva insistito che le impronte digitali fossero sempre prese prima di spostare il corpo. Lui si tenne occupato altrimenti, lasciando la vittima ai tecnici mentre lui analizzava la scena.
Hai trovato niente?
chiese alla poliziotta in uniforme che stava passando in rassegna I vestiti nell’armadio in cerca di indizi.
Ci sono alcuni abiti da uomo nell’armadio,
disse lei
Il vicino ha detto che viveva da sola,
disse Sterling.
Capisco. Un fidanzato allora, molto probabilmente,
disse l’agente Lake mentre gli porgeva alcuni oggetti. ho trovato questi nelle tasche.
A uno a uno, l’ispettore Sterling mise i singoli pezzi in buste di plastica con l’etichetta delle prove che segnava cosa fossero e dove fossero stati trovati. C’erano un accendino di plastica con un’aquila sopra. Una penna a sfera, e un incarto di gomma da masticare che erano probabilmente tutti troppo piccolo per raccogliervi le impronte. Il DNA era una possibilità, invece. C’erano alcune ricevute, ma nessuna conteneva dati di carte di credito. Sarebbero potute tornare utili più avanti nell’indagine. C’era una sola cosa che aveva attirato la sua attenzione in tutta la pila, cioè il biglietto da visita.
ASVA?
disse. Che cos’è?
Il biglietto aveva un logo di un angelo su quello che sembrava essere uno sfondo mimetico. Quando lo girò vide un numero di telefono sul retro che corrispondeva al numero che aveva già raccolto dal telefono della vittima.
È un’organizzazione senza fini di lucro del posto, si chiamano Associazione Supporto Veterani Angeli. Un sacco di ragazze del posto fanno volontariato lì, scommetto che partecipava anche la vittima
replicò l’agente Lake.
Beh, io scommetto che è dove il nostro misterioso compagno di pigiama party l’ha incontrata, per cominciare un posto vale l’altro,
disse Sterling.
Capitolo 1: Il Nuovo Angelo
Due mesi prima...
La giornata era cominciata come qualsiasi altra per Taylor, con il completo caos. Appena era entrata dalla porta principale aveva visto che c’era una fila di uomini che aspettavano all’ingresso e le altre ragazze stavano correndo freneticamente avanti e indietro cercando di avere tutto in ordine in tempo per l’apertura. Le sembrava che sarebbe stato uno di quei gironi in cui avrebbe finito per mettere in discussione perché faceva quello che faceva, innanzitutto. Sembrava che fosse completamente inutile, fra il destreggiarsi con il bilancio, le restrizioni, il taglio dei costi, si sentiva persa alle volte. Oh beh!
Taylor entrò dall’ingresso sul retro e sospirò profondamente, prendendosi un momento per guardarsi intorno. Forse se si fosse orientata con l’ambiente circostante avrebbe potuto prepararsi alla giornata che cominciava.
La prima cosa che vide fu la statua a grandezza originale nell’atrio, che loro chiamavano Audie,
un soldato di fanteria della seconda guerra mondiale completo di equipaggiamento da battaglia, che stringeva il suo fucile M1 a presentatarm con il mento alzato. Manteneva la sua posizione eterna nel mezzo del pavimento di legno di pino, accogliendo tutti quelli che entravano dalla porta principale nell’atrio. Audie non sarebbe stato spaventato da un po’ di lavoro d’ufficio e un sacco di burocrazia e interviste, perciò non avrebbe dovuto esserlo nemmeno lei.
Girandosi verso la parete posteriore vide la coperta patchwork che avevano fatto da pezzi di uniformi militari inservibili che erano state donate dallo spaccio militare locale. Vi era cucito a lettere bianche e rosse il seguente messaggio:
Con le azioni ASVA esprime gratitudine per le vite rischiate per proteggerci tutti.
—Associazione Supporto Veterani Angeli
L’ufficio per il resto era disadorno, e un po’ in disordine, essendo gestito quasi completamente da personale volontario. Pareva ce ne fossero solo cinque oggi, e solo due in uniforme. Come incaricata alla gestione delle questioni giornaliere all’ASVA, Taylor indossava un tailleur con una gonna di media lunghezza, ma le volontarie erano incoraggiate ad acquistare l’attraente uniforme blu che ricordava le assistenti di volo degli anni ’60. In realtà era stata un’idea delle fondatrici dell’organizzazione trentacinque anni prima, un modo per attirare militari che altrimenti sarebbero stati riluttanti a recarvisi. Le volontarie potevano indossare quello che desideravano finché rispettava il codice d’abbigliamento, il che di solito significava tailleur tradizionali. Chiamavano le loro volontarie Angeli
.
Buongiorno Angeli!
disse Taylor.
Buongiorno Charlie!
le risposero le ragazze, in quel fastidioso sincrono tipico del vecchio programma TV.
Sorrise al pensiero. Siccome il suo cognome era Charles
alcune ragazze avevano preso a chiamarla Charlie. Non aveva fatto nulla per scoraggiarlo, ma si chiedeva quando sarebbe passato di moda.
Come potete vedere dalla fila fuori, sarà una giornata impegnata per noi, signore. Ricordatevi di sorridere. E come tutte sapete, la mia porta è sempre aperta per qualsiasi tipo di aiuto dovreste aver bisogno. Salvate i veterani!
Quando le porte si aprirono e gli uomini sciamarono dentro, gli angeli cominciarono a lavorare indirizzandoli a diversi sportelli e gestendo la coda. Lei si ritirò nel proprio ufficio e guardò la pila di lavoro sulla sua scrivania, aspettando l’inevitabile interruzione. La missione degli angeli era fornire supporto ai veterani di ritorno da Iraq e Afghanistan e altre operazioni, ma da quando la missione era gestita era supportata da sovvenzioni e contributi dalla comunità locale, era quasi del tutto compito di Taylor trovare quei fondi. Dato che la maggioranza degli angeli erano studentesse universitarie con poca o nulla esperienza nei servizi sociali, era spesso distolta dal compito quando loro venivano a porle domande.
Si era appena seduta alla scrivania quando giunse il primo knock-knock.
Entra.
Nancy aprì la porta e infilò la testa.
Cosa c’è, Nancy?
Abbiamo una nuova ragazza che vuole un colloquio.
Davvero?
Chiese Taylor sorpresa. I colloqui, com’era all’ASVA, erano molto informali. Volontarie motivate erano raramente mandate via.
Davvero, davvero. Vuoi vederla adesso?
replicò Nancy, sorridendo.
Sì, mandamela subito dentro.
Nancy aprì completamente la porta e una ragazza bionda molto giovane e bella stava ferma sulla soglia. Taylor si alzò e stese una mano verso la ragazza come invito a entrare. Più tardi si sarebbe ricordata di aver sentito una momentanea fitta di gelosia nel vederla. Taylor aveva trentadue anni, un po’ di grigio iniziava a comparire nei suoi capelli rossi, un po’ persa nella vita, e con un aspetto indiscutibilmente ordinario. Quella bella bionda sembrava avere tutto: alta, magra, adorabili lentiggini ad accompagnare un sorriso abbagliante, ma più di tutto c’era qualcosa nel suo portamento; era così composta e sicura di sé nonostante non poteva avere più di vent’anni. Taylor sapeva che lei non aveva avuto sicurezza e un fascino così composto fino ai venticinque anni.
Ciao, Signora,
disse, rigirando il coltello un po’ più a fondo mentre le stringeva la mano. Era davvero abbastanza vecchia da essere chiamata Signora
? Senza dubbio, lo implicavano il rispetto e l’apparente buona educazione della ragazza, fece un pochino male.
Il mio nome è Ashley Morrison.
Ciao, Ashley,
disse lei con un sorriso stampato in faccia. Sono Taylor, dirigente dell’ASVA, coordinatrice volontaria e mamma chioccia part-time.
Sono così felice di incontrarti,
disse Ashley con un tono che sembrava genuino.
Siediti,
disse, sedendosi anche lei mentre Nancy andava via.
Io sono la volontaria coordinatrice qui, ma gran parte del mio lavoro è solo tentare di mantenere questo posto finanziato e felice. Cosa ti porta a offrirti volontaria qui oggi?
Sono una studentessa all’Hawaii Pacific University, mi sto laureando in psicologia e dobbiamo tipo fare questo esperimento per il lavoro sul campo, così ho deciso che avrei fatto volontariato qu.
Su cos’è il tuo esperimento?
chiese Taylor.
Trauma e terapia dello stress,
disse Ashley
Ah, quindi questo è il posto giusto in cui venire,
disse Taylor sorridendo e domandandosi quante altre studentesse che stavano lavorando allo stesso compito avrebbe intervistato nei prossimi giorni.
Beh, sì, questo e... beh, ho I miei motivi personali per essere qui,
disse Ashley, evidentemente a disagio per la prima volta da quando era entrata nella stanza.
Quella risposta intrigò Taylor immediatamente. Non era la prima volta che aveva sentito quella risposta, ma non falliva mai nel provocare la sua curiosità. Chiunque diceva ciò o dava una risposta simile aveva una storia diversa da raccontare, una nuova opinione, una prospettiva fresca.
C’è qualcuno nella tua vita che ha servito?
Sì, mio padre, ma...
guardò indietro verso la porta, che rimanga fra noi... qualcosa di tremendo è accaduto a una persona che conosco. Voglio solo provare ad assicurarmi che qualcosa di tale portata non accada di nuovo.
Taylor si alzò e chiuse la porta, tornando alla scrivania e sedendosi su un angolo.
Non devi dirmelo se non vuoi, ma ti dirò che sono interessata. Forse se ti dicessi cosa mi ha portata qui, sarebbe più facile
Mi piacerebbe.
Bene, circa dieci anni fa mi ero appena trasferita alle Hawaii. Non avevo un posto dove stare ma cercai un Vecchio amico delle superiori chiamato David. Lui era stato nell’esercito tutto il tempo che io ero all’università. E mentre mi prendevo la magistrale, lui serviva in Afghanistan. Mi offrì un posto dove stare finché non sarei riuscita a trovare un posto tutto mio.
Era carino?
chiese Ashley.
La domanda sbalordì Taylor, venendo da una giovane donna che era stata tanto professionale e composta finché Taylor non aveva menzionato un ragazzo. Non poté fare a meno di ridere.
Sì. Era molto carino e penso che fossi un po’ presa da lui. Almeno quando andavamo alle superiori. Quando mi trasferii da lui, lui era diverso. Era molto impegnativo conviverci. Aveva una lista reggimentata di faccende che dovevano essere fatte ogni giorno e si arrabbiava se una volta ne saltavo una. Alcune delle sue abitudini sembravano un po’ paranoiche. Aveva lucchetti ad ogni porta e ogni porta doveva venir chiusa con lucchetto o si sarebbe agitato. Avevo tutte le stesse chiavi che aveva lui, perciò non capivo perché fosse così importante avere tutto chiuso anche quando eravamo in casa.
Scosse la testa al ricordo.
"A volte sembrava così nel panico, lanciava i vestiti nel suo vecchio zaino militare e minacciava di andarsene. Era come se si stesse nascondendo da qualcuno che non esisteva, e ogni tanto aveva l’impressione che l’avessero trovato. Nel pieno della notte lo sentivo alzarsi ed esercitarsi furiosamente. Altre volte spalancava gli armadi senza motivo, come se si aspettasse di trovarvi qualcuno dentro. Una notte stavamo bevendo un po’ e divertendoci molto. Lo portai in camera mia, ma insisteva che controllassi sotto al letto. Per cosa dovessi controllare, chi lo sa! Quando risi di lui si arrabbiò e mi lasciò lì, chiudendosi in camera sua. Si comportava come se fosse interessato e desideroso di portare la cosa al livello successivo, ma ogni volta che facevo una mossa, lui si ritirava nel suo guscio, come se non volesse. Mi dava segnali contrastanti, flirtavamo e ci guardavamo negli occhi, ma non poteva sopportare di essere toccato o baciato, e il pensiero di dormire con me era quasi impensabile per lui. È talmente sfiancante avere a che fare con questo tipo di indecisione. Non è che faccia piacere essere respinti ancora e ancora.
Sembra terribile
Era PTSD. Lo sapevamo entrambi. Non mi avrebbe mai parlato di cosa gli era successo in Guerra, ma un giorno i suoi amici vennero a casa e non avevano problemi a parlarne. Stavano ridendo riguardo la volta che David era caduto dalla torre di controllo dopo settantadue ore di veglia. Mi dissero che aveva ancora schegge nel sedere da una IED che era esplosa sotto il suo veicolo Stryker, ed era per questo che odiava andare all’aeroporto. Lo presero in giro per la volta che aveva vomitato quando avevano trovato un cadavere. Tutto quello che dissero lo metteva a disagio, e io iniziai a capire un po’ di più. Non influenzano tutti allo stesso modo, il trauma e la violenza. Alcune persone vi sono semplicemente più sensibili.
Capisco cosa vuoi dire. Mio padre era nell’esercito, combatté in Vietnam, ma non è mai stato influenzato così tanto. Che successe dopo?
chiese Ashley, finalmente partecipando alla conversazione.
Divenne troppo esigente alla fine, insisteva che facessi tutte le faccende domestiche perché lui era stanco e non riusciva a dormire. Cercai di convincerlo a cercare aiuto, ma rifiutò. Pensava che il modo in cui stava vivendo fosse normale. Dopo un po’ non ce la feci più e mi trasferii.
Che ne fu di lui?
Beh... una sorta di happy ending. Incontrò una ragazza nativa a cui stava bene servirlo e a cu ino importava che la trattasse come una serva. L’ultima notizia che ho sentito è che si sono trasferiti nell’isola grande. Comunque, la mia esperienza con lui ha cambiato anche me. Era stanca di vedere questi veterani scivolare fra le righe. Non era il primo che avevo visto. David era un campione in diversi sport e aveva il massimo dei voti quando si unì all’esercito, ma quando lo lasciò era talmente un disastro che riusciva a stento a mantenere un lavoro. Qualcuno deve aiutare ragazzi come lui. Volevo fare la differenza e scoprii dell’ASVA e cosa fa e decisi di venire. Ed eccomi qua.
Ashley inspirò ed espirò deliberatamente, come se si stesse facendo forza per la propria confessione.
Anch’io sono qui a causa di un ragazzo
È carino?
scherzo Taylor.
Ashley sorrise, ma non con gli occhi.
"Era la mia cotta delle superiori, ultimo anno, ero pazza di lui. Tornò dall’Iraq ed era diverso come hai detto, ma non era come tu hai descritto David. Era solo dannatamente triste tutto il tempo. Non riusciva ad essere felice per nessun motivo, anche se gli accadeva qualcosa di bello. Non era felice nemmeno quando Io gli accaddi. A volte uscivamo per un appuntamento e fermava tutto per trovare un posto per stare