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Hexen - Il vento della guerra
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Hexen - Il vento della guerra

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About this ebook

La macchina del mondo nascosto è ora sveglia e segretamente macina membra e ossa per poter rinascere a nuova forma.
Dopo il naufragio degli Hexen, il capocaccia si risveglia in un accampamento di gitani, dove a curarlo c’è l’affascinante Sorith. La misteriosa morte del dottor Jacob alimenta i sospetti di un giovane studente. Una rete di inganni orditi da un vecchio e dimenticato nemico, incrociano il destino dei cacciatori con una realtà nascosta sotto la superfice stessa del mondo. Le creature di Lemuria si scuotono come da un sonno agitato e tra le pieghe degli incubi, il seme della pazzia e del sangue germoglia come un male incurabile.
LanguageItaliano
Release dateMay 5, 2018
ISBN9788828319733
Hexen - Il vento della guerra

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    Hexen - Il vento della guerra - Aurelio Varchetta

    Aurelio Varchetta

    Hexen - Il vento della guerra

    UUID: 0242c364-5c39-11e8-9097-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

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    Ringraziamenti

    Ai miei genitori.

    Indice dei contenuti

    Ringraziamenti

    Parte prima

    I

    II

    III

    IV

    V

    VI

    VII

    VIII

    IX

    Parte seconda

    X

    XI

    XII

    Parte terza

    XIII

    XIV

    XV

    XVI

    XVII

    XVIII

    XIX

    XX

    XXI

    XXII

    XXIII

    XXIV

    XXV

    XXVI

    XXVII

    XXVIII

    XXIX

    XXX

    Parte prima

    I

    1766, Eisenstadt

    In quella mattina soleggiata e brillante, nel cimitero di Eisenstadt non spirava un alito di vento. Presso la tomba di famiglia, i convenuti, giunti per il defunto dottor Jacob, entravano dal cancello di ferro e a turno levavano il proprio cappello per l'ultimo saluto. Un suo vecchio amico, il corpulento professor Marius, canuto e dalle labbra sottili, a bassa voce, si rivolse al giovane che era vicino alla salma del defunto:

    – È davvero una grave perdita per tutti noi – disse il professore – Il dottor Jacob aveva condotto molte ricerche e ora … Sono sicuro, caro Friedrich, che riuscirai a portargli onore.

    – La ringrazio per la fiducia, professore – disse il giovane Friedrich – Se posso chiedere, come è successo?

    Il professore impallidì, fece un colpo di tosse e, con voce incerta, rispose: – Attacco di cuore. Jacob era molto avanti con gli anni, e di certo l'infermità non lo ha aiutato – Friedrich non rispose. I presenti si spostarono poi nel giardino adiacente al mausoleo. La vecchia signora Bücher, moglie di Jacob, era circondata da amici e parenti del defunto. Friedrich era poco lontano. Era uno dei pupilli del defunto dottore; eppure sapeva così poco della vita del suo mentore e ancor meno sapeva della moglie, decise quindi di non avvicinarla, almeno non per le condoglianze di rito come avevano fatto i suoi colleghi, che a stento sapevano il nome della vedova. Poco più tardi giunse, sul viale selciato, una grossa carrozza nera finemente ornata da forme floreali dorate. Dalla carrozza scese un uomo dalla presenza imponente, ammantato da un lungo cappotto di pelle, nero. Indossava grossi stivali, neri e lucidi, e pantaloni militari che cadevano proprio poco sopra.

    – Colonnello August. La ringrazio di essere qui – disse languidamente l'anziana signora Bücher.

    – Ho fatto prima che potevo – disse il colonnello dopo aver osservato la convenzione del baciamano – La prego di accettare le mie più sincere condoglianze. Ho un ricordo meraviglioso del dottore.

    – Sono sicura che gli avrebbe fatto piacere saperlo.

    – Potremmo parlare in privato, signora? – chiese sottovoce il colonnello. I due si portarono all'interno della rimessa del becchino; l'aria era pervasa da una leggera polvere. I vecchi mobili di quercia creavano una sorta di scudo dal mondo esterno. Al centro del locale era posizionato un tavolino in vetro e ferro battuto e sul quale poggiava una piccola stufa a carbone. Intorno al tavolino erano disposte delle poltrone consunte di velluto rosso. L'anziana signora Bücher si sedette su una di esse, mentre il colonnello si tolse il cappotto di pelle, lo appoggiò sullo schienale, e rimase con la pesante camicia grigia, dai bottoni dorati. Quando si sedette sulla poltrona, la pelle degli stivali scricchiolò in maniera sinistra.

    – Le rinnovo anzitutto le mie condoglianze – disse il colonnello – Le ho chiesto di ricevermi in privato, poiché ho ragione di credere che la morte del dottor Jacob non sia naturale – la signora Bücher rabbrividì.

    – Omicidio?! – chiese lei. Il colonnello annuì.

    – Comunque ho già un sospettato ... uno studente del dottore: lei conosce Friedrich Drützel?

    – Friedrich Drützel? No … forse ho sentito il nome da mio marito. Come fa a essere sicuro che sia stato proprio questo studente a ... – l'anziana signora si bloccò.

    – Oh no! Non era mia intenzione crearle altri pensieri, magari il dottore non è stato ucciso, è solo un sospetto. Mi ha incuriosito perché è stato l'ultimo ad averlo visto vivo e sembra che poco prima avessero avuto un acceso diverbio.

    – Capisco – rispose sottovoce la signora Bücher.

    – Comprendo il suo dolore, ma le devo chiedere se davvero non conosce questo giovane.

    – Le ripeto di no. Non so nemmeno che volto abbia – rispose rigida l'anziana.

    – Molto bene, signora. Con il suo permesso devo congedarmi. Se le dovesse venire in mente qualunque cosa, non esiti a contattarmi. Lo faccio in nome dell'amicizia che nutrivo per il dottore e per il senso di giustizia che le è dovuto.

    August si alzò, si infilò il cappotto, uscì dalla rimessa, rientrò nella carrozza e ordinò di partire. Guardando dal finestrino, disse fra sé in un ghigno malefico:

    – Quanto ne sa la signora? Vediamo cosa dirà a Friedrich, vediamo.

    II

    Nei pressi della foresta di Eisenstadt.

    Nicolas si risvegliò improvvisamente senza la camicia e con il petto fasciato da una vecchia benda sudicia e logora. Provò ad alzarsi, ma il dolore al petto era troppo forte. Si guardò intorno e notò vicino a lui una giovane donna, dai capelli neri lunghi e lisci, che stava pulendo gli indumenti del metavampiro.

    – Ehilà. Chi è lei? – chiese Nicolas. La ragazza si girò, fissando con gli occhi neri il corpo del metavampiro – Mi ha trovato lei, signorina? Ha visto se c'era qualcun altro, con me? – nessuna risposta. La giovane si alzò e uscì dalla piccola porta del carrozzone in legno in cui si trovavano. Qualche secondo dopo entrò un vecchio dal forte portamento – Lieto che si sia svegliato – disse il vecchio – Mi chiamo Jhora. Lei invece, giovane?

    – Jack Kimbald Reed – rispose Nicolas.

    – Viene da Albion, vero? È una bella città, ho visitato anche quella.

    – Voi siete gitani, non è vero?

    – Qualche problema con i gitani? Sei uno di loro?! – Nicolas non rispose – Sei uno dei protettori della patria? – chiese il vecchio portando la mano alla pistola. Nicolas scosse la testa.

    – Allora chi sei?

    – Un mercante. Il mio battello ha avuto un problema alle caldaie ed è affondato.

    L'anziano Jhora non sembrò convinto da quelle parole, ma allontanò la mano dalla pistola.

    – Dove eri diretto? – proruppe il vecchio.

    – Alla corte di Seinorel – queste ultime parole morirono sulle labbra del capocaccia: era stato incauto a rivelare una parte della verità. Tuttavia Jhora sembrava immerso in altri pensieri.

    – E cosa vendi?

    – Stoffe – rispose nella maniera più naturale Nicolas.

    – Il tuo lavoro ti deve fruttare bene, mercante – Jhora tirò un sospiro – Comprendo la tua segretezza, e la rispetto, ma dovrai andartene, quando le tue ferite saranno guarite.

    Jhora si diresse verso la porta e girandosi disse: – Vestiti e raggiungimi fuori – quindi uscì.

    Uscito dal carrozzone, tutti i gitani presenti cominciarono a fissarlo con uno sguardo impaurito. Jhora si rivolse ai suoi nella lingua gitana. Quando finì di parlare, tutte quelle facce spaventate si allontanarono tornando ognuna alle proprie mansioni pur tenendo d'occhio Nicolas. Jhora fece segno al metavampiro di seguirlo. I due si portarono all'interno della foresta dove si erano accampati i gitani.

    – Ecco – Jhora mostrò a Nicolas una catasta di legna.

    – Cosa dovrei fare?

    – Non posso permettere che te ne vada in queste condizioni, ma altrettanto non permetto che tu possa oziare... Comincia a tagliare la legna. L'accetta è lì. Ti farà sicuramente bene.

    – Aspetta. Io non so tagliare la legna.

    – Anche in una vita secolare c'è sempre da imparare – disse Jhora in tono beffardo.

    Nicolas sgranò gli occhi e chiese: – Come hai detto?

    – Proverbio di noi gitani, non ci fare caso – si limitò a rispondere il vecchio. Nicolas prese in mano l'accetta.

    – Cosa ti fa credere che io non possa scappare?

    Jhora si lisciò la barba: – Non mi preoccupo affatto. Tanto tu non scapperai, non nelle tue condizioni – detto questo emise un lungo fischio. Dalla fitta boscaglia avanzò una figura alta e robusta. Aveva i capelli biondi e una lunga barba scura. Quel grosso individuo portava sulla spalla una mezza dozzina di conigli appena scuoiati. Indossava una grossa pelliccia e aveva, attaccata alla cinta, una spada decorata insolitamente. La sua mano sinistra, fin su l'avambraccio, era interamente meccanica. – Dai a me, ragazzo – Jhora si fece dare i conigli – Jack, lui è Thorvald.

    – Cos'è? Il mastino da guardia?

    – Io non lo schernirei se fossi in te. Non è sprovveduto come pensi.

    Jhora bisbigliò qualcosa all'orecchio di Thorvald che mosse la testa annuendo: – Puoi cominciare a lavorare, signor Reed. Aiutaci e ti accompagneremo a Seinorel.

    III

    Eisenstadt

    Il giovane Friedrich era seduto al tavolo del suo modesto laboratorio. Stava riparando il suo orologio argentato da taschino. Mentre premeva le piccole molle negli ingranaggi dell'orologio, volgeva i suoi pensieri al compianto dottor Jacob: quell'orologio era stato un suo regalo. Terminate le riparazioni, richiuse l'orologio e lo sistemò nel taschino. In quella sequenza meccanica di gesti: riparare, ricaricare e indossare l'orologio, il giovane Friedrich non si era accorto che qualcuno stava bussando alla sua porta.

    – Prego, entrate – disse lentamente il giovane.

    – Mi scusi, è già un po' che giro in cerchio. È lei Friedrich Drützel?

    – Oh, è lei signora Bücher. Sì, sono io Friedrich. Prego, entri pure – Friedrich fece accomodare l'anziana signora, ancora vestita in grigio.

    – Signora, le vorrei porgere le mie più sincere condoglianze. Il dottor Jacob era un uomo come pochi al mondo.

    – La ringrazio, giovane – rispose malinconica la signora.

    – A cosa devo questa visita?

    – Non nego che dopo la morte di mio marito le mie giornate non sono piene come prima. Era solito raccontarmi del suo lavoro, uscivamo insieme, ma ora … volevo conoscere i suoi collaboratori e studenti – disse la signora Bücher con voce velatamente lacrimosa – Di lei mi ha sempre parlato poco, ma ho intuito che eravate uno dei suoi preferiti.

    Friedrich passò la mano sull'orologio da taschino.

    – Sa, mi ha anche raccontato di quel piccolo diverbio che avete avuto – disse lei frettolosa. Immediatamente gli occhi azzurri del giovane si piantarono in quelli dell'anziana signora.

    – Ah sì, avevo rimosso quell'episodio.

    – Non si preoccupi, giovane. La sera stessa Jacob mi ha detto che si trattava di una sciocchezza e che era già pentito del suo comportamento nei vostri confronti.

    Friedrich non replicò, si limitava a guardare la signora seduta davanti a lui: – Le ha detto così? – chiese Friedrich. La signora Bücher, con uno sguardo leggermente perso, annuì in segno di approvazione. Friedrich non riusciva staccare il suo sguardo da quello dell'anziana donna. Poi, lentamente, addolcì il tono della voce e disse: – La ringrazio per avermelo riferito, significa molto per me.

    L'anziana donna sospirò.

    – Maria! – chiamò Friedrich. Un automa dai riflessi argentei e dal passo leggero, si avvicinò alla signora Bücher che, con sguardo ammaliato, disse:

    – Oh, come è graziosa. L'ha costruita lei?

    – In verità Maria l'ho costruita insieme al dottore. È un progetto che abbiamo portato avanti per qualche anno – disse freddamente il giovane – Maria, mia cara, accompagna la signora Bücher e trattala con riguardo.

    L'automa aiutò la signora ad alzarsi. Mentre stavano uscendo dalla stanza, l'anziana Bücher si girò e disse: – È stato un piacere conoscerla, caro Friedrich.

    – Addio, signora – rispose Friedrich.

    L'automa tornò qualche minuto più tardi e si stava per sedere quando Friedrich la richiamò a sé: – Maria, per favore, riproduci quello che hai sentito martedì scorso – l'automa attivò il suo audiolettore interno e spalancò la bocca per attivare l'audio. Le

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