Ricomincio dall'inferno: Nella pancia di Bologna
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Ricomincio dall'inferno - Lorena Lusetti
Lorena Lusetti
RICOMINCIO DALL’INFERNO
NELLA PANCIA DI BOLOGNA
Prima Edizione Ebook 2018 © Damster Edizioni, Modena
ISBN: 9788868103583
Disegno di copertina
Simone Semprini
Damster Edizioni è un marchio editoriale
Edizioni del Loggione S.r.l.
Via Paolo Ferrari 51/c - 41121 Modena
http://www.damster.it e-mail: damster@damster.it
Lorena Lusetti
RICOMINCIO DALL’INFERNO
NELLA PANCIA DI BOLOGNA
Romanzo
Table Of Contents
Cap. 1
Cap. 2
Cap. 3
Cap. 4
Cap. 5
Cap. 6
Cap. 7
Cap. 8
Cap. 9
Cap. 10
Cap 11
Cap 12
Cap 13
Cap. 14
Cap. 15
Cap. 16
Cap. 17
Cap. 18
Cap. 19
Cap. 20
Cap. 21
Cap. 22
Cap. 23
Cap. 24
Cap. 25
Cap. 26
L’autrice
Catalogo Damster
COMMA21 la collana
Cap. 1
La vita scorre molto veloce:
ti fa precipitare dal cielo all’inferno in pochi secondi.
(Paulo Coelho)
E poi di colpo eccola lì. Lo sguardo sa da solo dove andare, come un automatismo, un richiamo del DNA. Federica poi ricorda molto bene da che parte guardare. Ad un certo punto, anche senza volere, l’occhio cerca quella punta sulla collina. È la basilica della Madonna di San Luca e quando la vede sa di essere a Bologna, a casa. Casa? Ma cosa significa questa parola? Dov’è esattamente quel posto che si può definire casa? È una domanda che Federica non si era mai posta in vita sua, semplicemente perché non ce n’era bisogno. Fino ad oggi. Federica è nata a Bologna, ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza serenamente, né più né meno di tanti bambini della sua età, poi si è iscritta alla facoltà di lettere. A Bologna c’è l’università, quindi non è dovuta andare lontano da casa per studiare. All’epoca ne era dispiaciuta, in quell’età in cui si anela all’indipendenza dai genitori invidiava le amiche fuori sede
, che abitando lontane avevano affittato un appartamento a Bologna, magari dividendolo con altre studentesse per spartire le spese. Quegli appartamenti di studenti rappresentavano per Federica quanto di più bello al mondo ci potesse essere per una ragazza in età da università. Erano sempre piene di ragazzi, cene, feste, musica. Anche lei frequentava questi appartamenti, poi però ritornava a casa con i suoi genitori, nella sua cameretta di bambina, dove viveva amata e coccolata, senza spese nè preoccupazioni, ma questo all’epoca non le pareva importante. Come sembrano sciocchi, a distanza di tanti anni, i pensieri di allora. Le priorità sono cambiate talmente tanto che Federica si domanda se era veramente lei che faceva questi ragionamenti. Voleva cambiare casa, andare ad abitare da sola, ma non aveva mai veramente immaginato di vivere in un posto che non fosse Bologna. Non lo immaginava, ma nemmeno lo escludeva. Poi conobbe Luca in una serata in casa di una compagna di corso calabrese, nell’appartamento che questa condivideva assieme ad altre tre ragazze. Luca studiava ingegneria, viveva assieme ad altri ragazzi ed era di Roma. Si frequentarono per un po’, poi si lasciarono, poi si ritrovarono, poi Luca finì l’università. Federica l’aveva già finita l’anno precedente, aveva persino cominciato a fare supplenze come insegnante di italiano alle scuole medie. Finita ingegneria Luca sarebbe dovuto rientrare a Roma, a casa sua, per andare a lavorare nell’impresa di famiglia. Che fare? Salutarsi e rimanere amici di penna? Qualcuno da andare a trovare ogni tanto? Ci provarono, ma non funzionò. Si amavano, rimanere separati era una sofferenza. Si sposarono dopo pochi mesi e Federica andò a Roma con Luca, dove trasferì la sua attività di insegnante. Quella diventò la sua casa, l’appartamento luminoso nel quartiere Parioli offerto a Luca dalla sua famiglia. Roma l’accolse a braccia aperte, il clima e l’atmosfera della città la fecero sentire subito a suo agio. Certo tornava spesso a Bologna, dov’erano rimasti i suoi genitori e suo fratello più piccolo Fabio. Ci rimaneva qualche giorno. Anche Bologna, in fondo, era casa sua. Stava bene qui, ma stava bene anche a Roma con Luca. Se ‘casa’ è dove ci sono i tuoi affetti, puoi sentirti a casa anche in due posti differenti. Con il passare del tempo però cominciò a diradare le visite a Bologna dove aveva sempre meno amiche da incontrare, le permanenze dai suoi genitori divennero sempre più brevi. Le faceva piacere vederli, le mancavano, prendeva con gioia il treno per Bologna, però poi una volta arrivata qua non vedeva l’ora di ritornarsene a Roma, da suo marito, nella sua bella casa ai Parioli, dai numerosi nuovi amici e colleghi che frequentava. Negli ultimi tempi, non senza un certo rammarico, se avesse dovuto fare una classifica doveva ammettere che si sentiva più a casa sua a Roma che a Bologna. L’anno prima della disgrazia era salita a Bologna solo una volta, quando suo fratello si era rotto un braccio cadendo dal motorino, e non si era nemmeno fermata a dormire.
Cap. 2
A volte devi passare attraverso l’inferno per andare in paradiso
(Dean Karnazes)
Ed eccola lì, la basilica della Madonna di San Luca. A quel punto avrebbe dovuto pensare Finalmente sono arrivata!
, ogni volta che tornava a Bologna alla vista della basilica lo pensava. Tutte le altre volte, ma non questa. Sta tornando a Bologna, come aveva fatto un numero infinito di volte negli ultimi dieci anni, ma questa è una volta molto speciale: sta tornando per restare. Ritorna a casa o se ne va da casa? Il cuore è comunque spaccato e sanguinante, incapace di farsi coinvolgere emotivamente. Si è arroccato in una specie di apatia per fare fronte alla situazione in cui si è venuto a trovare, pertanto ricaccia i sentimenti al mittente senza appropriarsene. Il suo non è un viaggio di piacere, ha lasciato definitivamente il suo bell’appartamento ai Parioli, chiudendoselo alle spalle come un sepolcro, perché quello è: la tomba della sua felicità. Era stata molto felice con Luca in quella casa, erano stati assieme come marito e moglie per otto anni e, a differenza di quello che succede di solito, le cose tra loro erano migliorate con il passare del tempo. Mancavano solo i figli, ma per quelli c’era tempo. O forse no? Crediamo di vivere in eterno, ecco cos’è. Rimandiamo le cose a domani, certi che ci sia sempre un domani ad attenderci. Ma a volte il domani non c’è. Luca era morto in ospedale dopo una breve malattia: embolia polmonare hanno detto i medici. Cosa fosse di preciso Federica non si prese nemmeno il disturbo di andarlo a vedere su Wikipedia. Non le importava niente di cosa fosse, si era portata via suo marito e questo era tutto ciò che le serviva sapere. I genitori di Luca iniziarono una causa legale con l’ospedale, sostenendo che se avessero fatto una diagnosi più precoce forse si sarebbe potuto salvare. Ma a che sarebbe servito? Luca comunque non torna indietro, e Federica non crede che la soddisfazione di una vittoria legale possa riempire il vuoto che sente nella testa.
«Questa è casa tua naturalmente, puoi rimanere a viverci finché vuoi.» Le dissero i suoceri. Non era vero, quella non era casa sua, era la casa di suo marito che non c’era più. Anzi, più precisamente era dei suoi genitori. Di colpo Federica si sentì un ospite, un’estranea, girava per le camere stranita, come se le vedesse con occhi diversi. L’idea di tornare a Bologna si è insinuata poco a poco. Gli amici e i colleghi erano ancora lì che cercavano di confortarla e di non farla sentire sola, anche i parenti di Luca a modo loro erano gentili con lei. Gentili però, non affettuosi. Ormai aveva cominciato ad avere una sola frase in mente ogni mattina appena aperti gli occhi: «Cosa ci faccio qui?» Forse sarebbe passato altro tempo, o magari non se ne sarebbe andata mai, però una mattina la suocera le telefonò: «Tesoro, scusami se ti disturbo, avrei un enorme favore da chiederti. Arriva a Roma un nipote di mio marito dalla Calabria, è qui per fare alcuni controlli medici, ti dispiacerebbe ospitarlo lì da te? Ci sono tante stanze vuote, scommetto che non ti accorgerai nemmeno che c’è. Ti dispiace?»
«Non c’è problema.» Rispose Federica. Era chiaro che quella era casa loro, e come tale potevano disporne a piacimento. Il pensiero che le passava per la mente si concretizzò: chiese il trasferimento in una scuola di Bologna, e ora che l’anno scolastico sta per cominciare eccola qui, sul treno che la riporta a casa. A Bologna, per rimanerci.
«Se quella è San Luca, questa deve essere Bologna, è pur sempre la ‘mia’ Bologna no?» Federica cerca di convincersi che il ritorno è una cosa positiva, un nuovo inizio nel grembo di colei che l’ha generata e fatta crescere. I suoi pensieri le suonano falsi e vuoti, ma forse è solo il suo stato d’animo che le fa vedere tutto nero. O che non le fa vedere nulla delle cose belle che le scorrono intorno. Ha con sè solo una borsa, il resto l’ha già spedito con il corriere. Scende dal treno in un settembre ancora caldo, l’umidità a cui non è più abituata le appiccica la maglietta alla schiena, ma anche questo non è importante. Si riempie i polmoni con l’aria di questa città così unica, anche con gli occhi chiusi la riconoscerebbe. Sulla banchina qualcuno si sbraccia nella sua direzione, sente chiamare il suo nome. Suo fratello è venuto a prenderla, questa sì che è una sorpresa.
«Eccoti qui finalmente. Eccoti a casa. Hai fatto buon viaggio? Venti minuti di ritardo, è scandaloso!»
«Ciao Fabio, sei stato molto carino a venire a prendermi. Venti minuti? Ma che importanza ha?»
«Dammi la borsa. Senti che caldo che fa, non dovrebbe fare più così caldo a settembre.» A Federica viene da sorridere: caldo, freddo, che importa? Non riesce proprio a trovare niente che susciti il suo interesse o la sua preoccupazione.
«Mamma e papà come stanno?»
«Oh, bene, bene. Sono un po’ arrabbiati con te, sarebbero stati contenti di riaverti a casa con loro. Con noi»
Federica ha preferito andare in un appartamento in affitto. Ha trovato una camera libera presso una signora che vive da sola in un appartamento in pieno centro, questa le è sembrata la soluzione ideale per lei. Non se la sentiva di ritornare a casa con i suoi, come fosse ancora adolescente. Avrebbe finalmente provato, fuori tempo massimo, l’ebbrezza di dividere la casa con altre ragazze, quando ormai ragazza non è più.
«Fabio, spero che almeno tu mi possa capire. Non potevo tornare ad abitare con voi, sono abituata alla mia indipendenza ormai.»
«Oh, ma io ti capisco, sapessi come mi piacerebbe andare a vivere da solo, magari con degli amici. Ma prima devo finire di studiare, poi trovarmi un lavoro, poi guadagnare qualche soldo per pagare l’affitto.» Federica sorride a tanta saggezza, poi ritorna subito seria, un’ombra nera le passa davanti agli occhi. ‘Domani’, ‘poi’: tutte parole che diciamo continuamente, come se ci fosse sempre un domani. Gli scompiglia i capelli con una mano per scacciare l’ombra.
«E bravo il mio fratellino. Quanti bei propositi. Quand’è che ti laurei?»
«Se tutto va bene il prossimo anno.» L’accompagna con la macchina per un tratto breve.
«Ecco, io mi fermo qui, oltre non posso andare. Ma cosa ti è saltato in mente di prendere casa in centro? Non ci puoi nemmeno arrivare con l’auto.»
«È il posto più conveniente che ho trovato. Poi a me non serve l’auto, a scuola ci arrivo bene con l’autobus.» La verità è che cercava un posto dove ci fosse gente, la tranquilla periferia temeva la avrebbe riempita di malinconia, e poi in qualche modo era curiosa di provare a vivere in un appartamento da studente nella zona universitaria, di quelli che tanto invidiava in gioventù. Alla ricerca di un nuovo inizio.
«Contenta te. Comunque vedi di venire a cena da noi questa sera, la mamma ti aspetta.»
«No, ho già mandato un messaggio alla mamma. Questa sera voglio sistemare la mia roba con calma. Vengo domani sera.»
«Per carità, allora questa sera esco anch’io, non voglio sorbirmi la mamma che brontola perché non la vieni nemmeno a salutare.»
«Dopo la chiamo, non ti preoccupare, ci vediamo domani.» Si abbracciano poi Federica risale via Alessandrini fino a via Augusto Righi, dove si trova la stanza che ha affittato, pronta a conoscere la sua padrona di casa con la quale dividerà l’appartamento. La strada da percorrere è poca, il quartiere le è ben noto: è quello delle università, dove ha passato le sue giornate durante gli anni più spensierati della sua vita. Quando girava con Luca per le strade del centro non erano mai da soli, incontravano sempre degli amici a cui aggregarsi, o che si attaccavano a loro e non li mollavano più. Adesso si guarda intorno, chissà se c’è almeno una persona che conosco in tutta Bologna?
si chiede, credo proprio di no
si risponde.
Prima di arrivare alla sua nuova casa decide di fare un giro per via Zamboni: così, per percorrere le strade della sua memoria.
Si guarda intorno. Tanti i ragazzi che girano nel quartiere universitario, qualcuno da solo, perlopiù in gruppo. Federica si mette a fantasticare sulla facoltà alla quale potrebbero essere iscritti: la ragazza con i capelli lisci e neri, vestita con un sobrio