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Arriverà La Parità Tra I Sessi?
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Arriverà La Parità Tra I Sessi?

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La società patriarcale ha, da secoli, relegato la donna in un angolo della casa attribuendole ruoli limitati alla procreazione e ignorando la reale esistenza di una sostanziale uguaglianza tra i sessi. 
Ma battaglie e rivendicazioni, se da una parte sono state il puntello di un percorso difficoltoso, dall’altra non sempre sono state efficaci. 
Per mezzo di una narrazione in bilico tra memoir e saggio, decisamente di parte femminile, l’autrice cerca di far luce su pregiudizi ancora radicati nelle coscienze che impediscono una civile convivenza tra i sessi, coniugando uno spirito battagliero e attivista con il suo ruolo personale di madre e nonna. 

Angiolina Silvana Bevilacqua è una nonna di 84 anni, con due figli e quattro nipoti. Ha frequentato il corso per l’Assistenza sociale al Cepas di Roma e si è laureata in Sociologia presso l’università La Sapienza di Roma, dove si è anche specializzata in Statistica e Ricerca sociale. Ha lavorato prima come assistente sociale e poi come insegnante, fino alla pensione. Nel tempo libero si diletta a dipingere.
LanguageItaliano
Release dateMay 11, 2018
ISBN9788856789829
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    Arriverà La Parità Tra I Sessi? - Angiolina Bevilacqua

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2018 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatrosilfilo.it

    ISBN 978-88-567-8982-9

    I edizione elettronica marzo 2018

    Introduzione

    Quando si arriva a una certa età, può accadere che ci si cominci a chiedere quali variabili abbiano determinato gli accadimenti storici a cui si è assistito, dato che quasi sempre la popolazione ne ha dovuto subire le conseguenze. Basti pensare alle guerre o ad altre catastrofi come le recessioni economiche o anche le epidemie che possono investire Paesi, continenti o il mondo intero. Infatti oramai tutti sono consapevoli che le dinamiche che riguardano il sistema mondo sono tra loro interconnesse, e anche un accadimento in un luogo lontano può determinare un cambiamento a noi vicino.

    Il ricercatore fa i suoi esperimenti in laboratorio e manipola le variabili in modo da poter stabilire quale di esse sia quella che determina la malattia o il mutamento, mentre la società è un sistema molto complesso, continuamente soggetto a cambiamenti, per cui non è facile stabilire quale tra gli accadimenti storici sia stato quello più influente in un determinato contesto o situazione a causare gli avvenimenti osservati.

    Tuttavia ciascuno, dal suo punto di vista anche limitato, cerca di farsi un quadro della situazione per mettere in atto le azioni più efficaci per vivere o sopravvivere in quel particolare momento storico e soprattutto per cercare di imparare dall’esperienza, per non rifare i medesimi errori.

    Personalmente ho vissuto da bambina la seconda guerra mondiale, e ho notato, crescendo, tutte le ricadute determinate dai grandi sconvolgimenti avvenuti nelle vite delle persone. Infatti la Grande Storia è composta da tante piccole storie individuali e famigliari che concorrono alla realizzazione del grande racconto collettivo, che sembra sovrastarle ma che invece esse contribuiscono a sviluppare, anche se accade troppo spesso che le decisioni di pochi causino disastri a tutta la società di un Paese. Proprio le famiglie, che sono le cellule della società, deputate alla riproduzione e all’educazione dei figli, sono quelle che sopportano il peso maggiore dei disastri; nel momento in cui scoppia una guerra, mentre i maschi vanno al fronte, sono le donne che devono sobbarcarsi tutte le responsabilità della gestione della famiglia e della sua sopravvivenza messa a rischio dai bombardamenti; e devono farlo anche se nessuno ha chiesto loro se fossero d’accordo a entrare in guerra. La maggioranza delle persone ama la pace, ma da secoli si fanno guerre in maniera continuativa in un punto o nell’altro del mondo; filosofi, politologi, economisti, pensatori vari hanno tentato di evidenziare le dinamiche che possono portare ai conflitti, con la finalità di eliminarle sul nascere, per arrivare a una pacifica convivenza. La pace è un vantaggio per l’umanità, dato che lo sviluppo economico e scientifico che porta al benessere delle popolazioni è possibile prevalentemente nei periodi di pace. Tutti concordano sul fatto che la guerra distrugga vite e risorse, ma sembra che il genere umano non sia in grado di rinunciarvi: infatti anche mentre sto scrivendo, varie guerre sono in atto nel mondo. L’attuale Papa Francesco ha detto che è in atto la terza guerra mondiale, anche se a pezzi.

    Quindi, sulla base delle esperienze vissute, mi sono resa conto che è l’irrazionalità che in molti casi determina le decisioni importanti, e come persona di genere femminile vorrei poter capire perché, anche dopo la dichiarazione solenne dell’ONU sui diritti umani, le donne e alcune minoranze continuino a essere considerati inferiori.

    In particolare, ripercorrendo la storia italiana degli ultimi cento anni attraverso le piccole storie di tante donne e delle loro famiglie, cercherò di stabilire se si stia andando verso una parità reale e accettata tra i sessi e quali ostacoli si frappongono per arrivarci, tenendo conto che nello sviluppo storico di una popolazione influiscono delle macro variabili politiche ed economiche, ma che sono spesso determinanti le credenze religiose, le tradizioni, e l’identità che una popolazione sviluppa in base alle proprie esperienze reali.

    Es, Io e SuperIo

    A. I punti di vista maschili e femminili in divenire

    Da tempi immemorabili l’Homo sapiens sapiens, come si è autodefinito, nella presunzione che il suo cervello sia più capace e intelligente di quello di tutti gli altri esseri viventi, organizza le sue azioni in ottemperanza alle decisioni che prende, dopo aver analizzato la realtà a seconda dei suoi schemi mentali (che si presuppongono) logici.

    Tuttavia gli studiosi definiscono il nostro cervello un sistema assemblato dall’evoluzione in modo approssimativo, sfruttando parti antichissime, che condividiamo con altri animali, unite a parti più recenti, sviluppate secondo le modalità in cui opera l’evoluzione, cioè conservando ciò che è utile per sopravvivere in un dato ambiente e modificando quello che resta a seconda delle necessità. Alla fine il risultato è che ci ritroviamo con una capacità di elaborazione relativamente limitata, una memoria a volte inaffidabile, una emotività spesso incontrollabile, per cui le nostre pulsioni aggressive associate alle abilità tecniche acquisite possono portarci sia alla distruzione del nostro ambiente vitale sia anche a lotte devastanti, guidati dai nostri deliri simbolici; il nostro cervello è capace di elaborare storie fantastiche per dare un senso alla morte, con l’elaborazione di una religione e un’idea del sacro che possono illudere perfino sull’efficacia della danza della pioggia o di altri assurdi rituali.

    Inoltre il nostro cervello può subire derive irrazionali come i deliri di onnipotenza o di gelosia, o essere sconvolto da sostanze chimiche che ne precludono l’ordinato funzionamento.

    Oltre a ciò dobbiamo prendere atto che nel tempo, a seconda delle esperienze legate al territorio in cui si vive e alla sua storia, la visione del mondo si struttura su particolari credenze e identità culturali, tradizioni ed elaborazioni della civiltà che ognuno di noi poi assimila tramite l’educazione famigliare e l’istruzione scolastica, ma anche attraverso ciò che apprende dalle proprie esperienze.

    Pensiamo ad esempio alla diversità di genere, alle differenti incombenze determinate dalla diversità sessuale rispetto alla procreazione. Una futura madre, o una madre con figli, non ha la medesima libertà di movimento e di gestione del proprio tempo del maschio, e ha una visione del mondo diversa. Già le società primitive dividevano i compiti tra i sessi, e quindi i maschi, più liberi, andavano a caccia mentre le donne si dedicavano all’agricoltura vicino alle capanne. Sembra che le prime assurde credenze rispetto alla trascendenza e agli spiriti, maligni o benigni, abbiano avuto origine dalla paura del maschio che si allontanava per la caccia, rispetto alla fedeltà della compagna; poi l’assenza di conoscenze scientifiche, la fantasia e la creatività hanno fatto il resto.

    Pensiamo poi alle responsabilità della politica, che erano (e ancora sono in gran parte) appannaggio dei maschi. Questi hanno sempre vantato una maggiore inculturazione rispetto alle femmine che cercavano di mantenere nell’ignoranza, e tutto ciò fin dai tempi lontani. Anche nelle tragedie greche i motori della storia sono stati sempre i maschi, detentori del potere, mentre le donne, anche se regine o figlie di re, erano sempre soggette al potere dei maschi. Come racconta Euripide nella sua tragedia Ifigenia in Tauride¹: Agamennone, capo della spedizione, per avere dagli Dei venti favorevoli per le navi dirette a Troia, non esitò a sacrificare sull’altare la propria figlia; o ancora, nell’Iliade Omero racconta come dopo la disfatta di Troia, uccisi i maschi, tutte le donne siano state trascinate via dai vincitori come schiave e prede di guerra! Naturalmente sono narrazioni antiche, che possono essere indicative del modo di pensare nel tempo in cui venivano scritte.

    Ultimo esempio quello narrato nella tragedia Antigone di Sofocle². Antigone tenta di ribellarsi alle contraddizioni tra le leggi degli uomini e quelle della tradizione religiosa, ma i suoi sforzi conducono alla morte sua e del fidanzato, figlio di Creonte, colui che deteneva il potere della città di Tebe. In questo caso, non solo la donna ma anche i suoi valori, le sue credenze religiose, i suoi sentimenti sono sottoposti al potere del maschio che governa la città, il quale teorizza che le ragioni del governo sono superiori a tutto il resto. Perfino Aristotele, filosofo tenuto in gran conto per secoli, sentenziava la femmina offre la materia, (il corpo riproduttivo) il maschio la forma (il seme). Tale situazione di sottomissione si è trascinata nei millenni col fluire della storia e solo negli ultimi secoli, forse con l’evolversi della conoscenza anche scientifica, è maturata la consapevolezza dei diritti insiti nella persona umana, indipendentemente dal sesso.

    Ricerche biologiche hanno evidenziato che è il maschio che determina il sesso del nascituro, mentre prima gli uomini incolpavano le donne di non essere state capaci di partorire un maschio, e i re addirittura ripudiavano le mogli che non davano alla luce figli di sesso maschile. C’è poi chi sostiene, come Carlo Alberto Redi nel suo libro Il biologo furioso, con buona pace di Sigmund Freud, che non è la femmina a soffrire l’invidia del pene, ma il maschio che prova gelosia per la capacità della donna di procreare; il che lo rende dipendente da lei al fine di poter avere un erede. Si potrebbe quindi ipotizzare che sia stata proprio l’invidia maschile a stabilire, nella storia dell’umanità, i rapporti tra generi?

    Altri ipotizzano che, a volte, lo scarso senso di sé sia inculcato alle donne all’interno della famiglia, specialmente in una società come quella italiana in cui l’immagine femminile è sistematicamente mortificata dalla tradizionale cultura patriarcale, nella quale pesa considerevolmente la religione. Tutto ciò mentre le scoperte scientifiche hanno evidenziato che i mitocondri (che sono degli orfanelli che producono l’energia necessaria alla vita, trasformando i nutrienti in energia fruibile per il soggetto) sono ereditati esclusivamente dalla madre. Quindi anche tutti i maschi devono questa importante eredità alla madre. Sembra che pochi lo sappiano.

    Questi brevi cenni possono aiutare a comprendere le diversità anche nella visione del mondo e quindi nell’agire tra i sessi.

    Esse possono divenire una ricchezza dialettica, ma possono anche determinare conflitti e rivalità che non aiutano il cambiamento in positivo. Se alla metà femminile della popolazione non vengono date le medesime opportunità di istruzione che hanno i maschi, già da solo questo fatto determina una perdita secca nella possibilità di sviluppo e avanzamento nella conoscenza, anche scientifica, dell’intero Paese.

    Comunque, dato che il potere non sta tanto nell’esercizio della sua forza ma nel consenso delle dominate alla propria subordinazione, le donne si devono rendere conto per prime che è nelle loro mani la possibilità di arrivare alla parità e che consapevolmente devono agire di conseguenza.

    B. I concetti di libertà e di identità sociale e giuridica

    Dato che cercherò di descrivere il faticoso cammino delle donne alla conquista della parità, voglio chiarire preliminarmente i concetti di libertà e di identità sociale e giuridica che sono essenziali per ogni persona. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo afferma che tutte le persone nascono libere: ciò significa che nessuna persona è per natura assoggettata al volere altrui, anche se in età infantile lo può essere temporaneamente, oppure lo può diventare in seguito a sanzioni giuridiche subite per mancanza di rispetto delle leggi vigenti.

    Quindi ogni persona è libera quando agisce secondo i propri convincimenti e riesce a esprimere felicemente la propria creatività.

    Riflettendo sulla storia del genere umano, ci si rende conto di quanto la libertà reale sia condizionata dalla situazione in cui si è costretti a vivere, dagli accadimenti sociali e politici su cui non si può influire più di tanto e da una serie di usi, costumi, tradizioni e leggi codificate che caratterizzano le civiltà in cui si vive.

    Per esempio, ai primi del ’900 le donne in Italia non avevano i diritti civili. Solo nel 1919 una legge riconoscerà loro la capacità giuridica e, in particolare, l’art.117 abolirà la subordinazione all’autorità paterna e/o maritale. Questo nonostante il fatto che, già dal 1854, in Inghilterra John Stuart Mill, filosofo, sociologo ed economista, avesse pubblicato il suo scritto La libertà e dal 1869 circolasse il suo volume La servitù delle donne, riguardo alla sua campagna per il suffragio femminile, per il quale lottò anche al Parlamento inglese.

    In Italia, invece, paradossalmente era stata proprio la guerra del 1915/18 a dare l’opportunità alle donne di mettere in luce le loro capacità, anche intellettuali e organizzative. Riuscirono, infatti, a sostituire gli uomini che erano al fronte sia nelle fabbriche che negli uffici. Divennero imprenditrici, divennero crocerossine, ma anche medici al fronte. In Italia c’erano a quel tempo 90 medici donne, e 45 partirono per il fronte; inizialmente furono male accolte dai colleghi maschi, ma poi le loro capacità e le necessità fecero dimenticare le rivalità di sesso.

    Le donne organizzarono anche le comunicazioni, scrivendo e diffondendo informazioni, e alcune erano maestre che andavano a leggere ai contadini analfabeti le notizie dal fronte, comunicate tramite le lettere dei figli.

    Alcune si organizzarono come portatrici di cibo ai soldati in trincea, e salivano a piedi sulle montagne innevate con le gerle sulle spalle, mettendo in pericolo la loro vita.

    Impararono a guidare anche i mezzi militari e le ambulanze della Croce Rossa, per portare soccorso ai soldati. Inoltre, tutte si prestarono a lavorare a maglia per confezionare indumenti pesanti di lana per i soldati al fronte.

    Naturalmente cambiò anche l’abbigliamento femminile: furono abbandonati gli abiti scomodi, e i corsetti rigidi, per adottare un modo di vestire più disinvolto e più adeguato alle nuove incombenze.

    Non molto fu riconosciuto di tutto questo, ma le abilità femminili acquisite resero più consapevoli e combattive le donne.

    C. Le storie dei singoli

    Preciso che noi oggi possiamo analizzare la realtà che ci circonda tenendo conto delle esperienze e degli errori delle generazioni passate, ma soprattutto, come sosteneva Isaac Newton, abbiamo il privilegio di essere saliti sopra le spalle dei giganti che ci hanno preceduto e avviato sul sentiero della conoscenza. Tuttavia, dobbiamo essere in grado di elaborare sempre nuove modalità di comportamento per adeguarci ai cambiamenti.

    Nella maggioranza dei casi, ciascuno di noi ha avuto rapporti almeno con tre generazioni, naturalmente giocando ruoli diversi: infatti ciascuno è figlio, sarà padre e nonno, scolaro e insegnante, a volte protagonista a volte comprimario, o solo comparsa. Ciascuno di noi conosce le storie di tante persone diverse vissute in tempi diversi, quindi se ha tenuto gli occhi aperti può anche aver capito qualcosa del genere umano che popola la terra. Ad esempio può aver constatato di persona che in periodi di calamità naturali, di crisi economiche o di guerra, il pensiero e l’agire delle persone cambia velocemente, perché le difficoltà inducono a escogitare in fretta nuove modalità di adattamento per sopravvivere.

    Seguendo i racconti di vite diverse attraverso tempi diversi, si possono evidenziare quali cambiamenti importanti, o rivoluzioni del pensiero, o rovesciamenti di prospettive etiche e politiche, sono avvenuti, ad esempio, in un dato secolo dalla fine della prima guerra mondiale a oggi.

    Le pagine che seguono sono state scritte in periodi diversi, sotto la spinta di accadimenti fuori dell’ordinario, e sono storie di gruppi umani, perché la storia di ciascuno è sempre legata alle vicende di molti altri. Il filo conduttore è legato all’io narrante, che espone storie di cui è stato testimone in prima persona o di cui ha sentito il racconto da parte dei suoi contemporanei.

    Da queste vicende si potrà rilevare come spesso le donne siano le protagoniste, anche se dai libri di storia può apparire che lo svolgersi degli eventi sia sempre dominato dal sesso maschile.

    Non si riflette abbastanza sul fatto che, nella maggioranza dei casi, l’educazione dei figli è affidata prevalentemente al sesso femminile; non sembra che le donne siano sempre consapevoli di quanto sia importante il loro ruolo, soprattutto nei confronti dei figli maschi; dato che per secoli l’approfondimento degli studi era riservato al sesso maschile, molti hanno avuto buon gioco a ipotizzare che le femmine non fossero all’altezza. Quando l’accesso all’istruzione divenne libero per tutti, risultò evidente che nelle capacità intellettive non c’erano differenze tra i sessi, nemmeno nell’apprendimento delle materie scientifiche e della matematica.

    Quindi, attraverso una serie di racconti di vita reale, l’io narrante cercherà di evidenziare come nel tempo, in relazione agli avvenimenti storici che man mano si sono succeduti,

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