Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

La Distruzione dell'Ateismo
La Distruzione dell'Ateismo
La Distruzione dell'Ateismo
Ebook293 pages4 hours

La Distruzione dell'Ateismo

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Cos'è la vita? È essa il risultato di processi casuali o è un progetto?

E se così fosse, un progetto di chi o che cosa?

Lo psicologo Jean Louis Agbedjro sfida l'ateismo naturalista e propone una soluzione al problema del cosìdetto male naturale.

C'è un Dio? E se fosse così, è possibile parlare di un Dio d'amore?

La Distruzione dell'Ateismo è un tuffo nel dibattito contemporaneo tra teismo e ateismo. Il libro pone le sue basi sulla Scienza per la ricerca della verità.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMay 15, 2018
ISBN9788827828335
La Distruzione dell'Ateismo

Related to La Distruzione dell'Ateismo

Related ebooks

Religion & Spirituality For You

View More

Related articles

Reviews for La Distruzione dell'Ateismo

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    La Distruzione dell'Ateismo - Jean Louis Agbedjro

    633/1941.

    Prefazione

    Questo libro è rivolto a chi voglia avvicinarsi alla Verità sulla nostra esistenza; a chi sia disposto a compiere lo sforzo necessario per cercare di scoprire ciò che si cela dietro il mistero della Vita.

    Lo strumento usato dall’autore per tale scopo è stato quello di basarsi sull’arma più potente che l’uomo moderno abbia attualmente a disposizione: la razionalità della Scienza.

    Per coloro che, soltanto leggendo il titolo, abbiano già alzato le mani in segno di resa, pensando Ma su dai, questo è rivolto ai credenti… chiedo di ricredersi.

    Leggere questo libro significa mettersi degli occhiali che ci permettano di vedere i fenomeni che ci circondano come non li abbiamo mai guardati prima. Queste pagine riapriranno gli occhi del bambino che è in noi, con la sua curiosità e i suoi infiniti perché. Cose che vediamo ogni giorno potrebbero improvvisamente apparirci in modo molto diverso.

    È un libro estremamente interessante, scritto in modo chiaro e immediato, affinché concetti anche complessi risultino comprensibili, il tutto arricchito da un sottile tocco d’ironia!

    Jean Louis Agbedjro è uno psicologo laureatosi prima all'università di Padova e poi all’Università di Trieste a pieni voti. Ha approfondito i suoi studi sulla scienza autonomamente, incrementando poi il suo interesse sulle grandi questioni filosofiche.

    La complessità è un tema centrale nel pensiero di Jean; quella stessa complessità oggetto dell’inarrestabile dibattito tra teismo e ateismo. Com’è possibile che alle origini del processo che ha costruito il cervello, una struttura complessa per definizione, con i suoi neuroni, sinapsi e processi, ci sia stato il caso?

    Com’è possibile che nei primi istanti dell’universo si siano definite tutte le regolarità fisiche che attualmente osserviamo, precondizioni essenziali per quel processo inconsapevole e casuale che ci ha portato fino a qui?

    La risposta di Jean è: Certamente è possibile che queste strutture così complesse si siano create partendo da un caso fortuito… ma ciò è altrettanto probabile di quanto lo sia una schiera di scimmie che, schiacciando i tasti di innumerevoli computer, riesca a comporre un’opera di Shakespeare. Ed è più o meno questa la probabilità, in termini scientifici, da considerarsi valida a prescindere che uno sia credente, ateo o agnostico.

    Io che, considerandomi agnostico, mi reputo piuttosto il distruttore del teismo, ho cercato più e più volte di smontare il suo ragionamento. Le nostre discussioni, anche molto animate, è come se si trasformassero in un’accesa e infinita partita a scacchi, che credo rimarrà senza vinti né vincitori.

    Probabilmente l’umanità non giungerà mai alla soluzione totale dell’enigma affascinante della Vita. Ma è veramente intrigante poter riflettere su questi temi e credo che questo libro sia capace di farci ri-scoprire quanto straordinario sia tutto ciò che vive dentro e intorno a noi; facendoci riaprire quegli occhi da bambino ancora capaci di vedere con curiosa meraviglia tutte quelle cose che noi adulti non riusciamo più a cogliere.

    Vi auguro una buona lettura!

    Luca Bertocchi

    LA DISTRUZIONE DELL’ATEISMO

    Al mio Creatore

    Premessa

    Nel senso comune, il termine atteggiamento è inteso come un modo di comportarsi.

    In psicologia sociale però, un atteggiamento è definito precisamente come la valutazione soggettiva¹ di una persona, oggetto o evento. Il comportamento è invece ciò che una persona oggettivamente fa in riferimento a un’altra persona, oggetto o evento.

    Prendiamo il caso dell’oggetto sigaretta in modo tale da rendere più chiare le definizioni date. L’atteggiamento nei confronti della sigaretta si riferisce a come io la valuto.

    Generalmente per un non-fumatore la valutazione è negativa sia per quanto riguarda la salute che per quanto concerne l’utilità intrinseca. Per un fumatore, invece, la valutazione della sigaretta tende a essere meno negativa riguardo la salute se non addirittura positiva riguardo l’utilità. Infatti, spesso, per il fumatore la sigaretta rilassa e riduce lo stress.

    Il comportamento di un non-fumatore, oltre a non fumare, spesso è anche quello di evitare l’esposizione al fumo passivo. Per il fumatore invece il comportamento è fumare, ovviamente.

    La teoria della dissonanza cognitiva di Leon Festinger (1957) dice che quando un comportamento è in disaccordo con l’atteggiamento (dall’esempio: fumo ma la sigaretta non va bene), la persona sente uno stato di disagio, rilevabile da indici fisiologici come l’accelerazione del battito cardiaco o l’aumento della sudorazione. Diciamo perciò che la persona vive uno stato d’ansia; ovviamente non è uno stato piacevole e l’organismo tende a ridurre questo stato d’ansia modificando l’atteggiamento oppure il comportamento.

    Sempre riferendoci al fumo quindi, c’è dissonanza cognitiva quando una persona ha una valutazione negativa della sigaretta, eppure fuma. Secondo la teoria di Festinger dovremmo prevedere che per ridurre la dissonanza il fumatore o cambi l’atteggiamento sulla sigaretta e quindi la valuti in modo più positivo, oppure modifichi il comportamento, smettendo di fumare.

    Dal momento che la seconda alternativa richiede uno sforzo cognitivo maggiore (energia mentale) e tendendo la mente, come sappiamo, al risparmio cognitivo², la prima alternativa è più probabile poiché è meno dispendioso modificare l’atteggiamento rispetto al comportamento.

    Quindi, in definitiva, è più probabile osservare un fumatore che modifica le sue idee o valutazioni sulla sigaretta piuttosto che smetta di fumare.

    Spesso i ragionamenti che fa il fumatore sono questi: 1) "tanto fumano tutti, 2) prima o poi comunque devo morire, 3) con tutto l’inquinamento presente che cosa sarà mai una sigaretta, 4) tanto non riesco a smettere, 5) conosco un sacco di persone che non hanno mai fumato e sono morte di tumore e allo stesso modo conosco molte persone che fumano da una vita e hanno vissuto ottanta anni, 6) la sigaretta mi rilassa e se non fumo sono nervoso".

    Questi sono solo alcuni dei giudizi, idee, valutazioni del fumatore per ridurre la dissonanza.

    Proviamo ora ad analizzare un ragionamento alla volta.

    1) "Tanto fumano tutti". Non è vero. L’Università di Washington stima circa un miliardo di fumatori nel mondo, pari circa a un settimo della popolazione mondiale. Dato comunque spaventoso.

    2) "Prima o poi comunque devo morire". Vero. Ciò non giustifica però il fatto che io debba aumentare le mie probabilità di incorrere in una morte prematura e rendere il mio stile di vita meno piacevole, in quanto sono ben noti gli effetti a lungo termine del fumo di sigaretta.

    3) "Con tutto l’inquinamento presente che cosa sarà mai una sigaretta. Nel 2014 la BBC ha prodotto un servizio in televisione dove veniva illustrato un esperimento per valutare se fosse più inquinante una sigaretta o uno scarico di un’automobile con un’emissione media", ovvero non eccessivamente inquinante ma nemmeno la più ecologica. Per fare questo test hanno acceso tale automobile e una sigaretta.

    Entrambi gli oggetti sono stati posti all’interno di una cabina di ugual volume e lasciati accesi per la stessa quantità di tempo. Per la macchina c’era un foro nella cabina dal quale passava il tubo di scarico. Successivamente è stata rilevata all’interno dei volumi la quantità di polveri sottili rilasciate. Il rapporto tra quelle rilasciate da un’automobile e quelle rilasciate da una sigaretta è di uno a nove. Ciò significa che, in riferimento alle polveri sottili, il fumo di sigaretta è nove volte più inquinante del fumo di un’automobile.

    4) "Tanto non riesco a smettere". Questo è assolutamente soggettivo, quindi non me la sento di giudicare tale convinzione. Credo tutti abbiano la possibilità e le potenzialità per riuscirci, se non da soli quanto meno con l’aiuto degli altri.

    5) "Conosco un sacco di persone che non hanno mai fumato e sono morte di cancro e allo stesso modo conosco un sacco di persone che fumano da una vita e hanno vissuto ottanta anni". Invito il lettore, se fumatore, a contare concretamente le persone che conosce morte di tumore senza aver fumato (valutando possibilmente anche altri fattori di rischio) e quelle ultra ottantenni che fumano da quando erano giovani. Probabilmente si accorgerà che il numero è decisamente esiguo. Poi invito il lettore a contare le persone fumatrici morte di tumore e quelle non fumatrici ultraottantenni. Le statistiche parlano molto chiaro al riguardo e non è sensato basarsi sulla propria esperienza per fare stime di probabilità: il campione³ sarebbe troppo piccolo. È frequentissimo osservare questa tipologia di ragionamento, spesso quando si parla di pregiudizi e stereotipi. In psicologia è noto come euristica della disponibilità. Si tratta di ricercare delle informazioni disponibili nella nostra memoria e spacciarle come dati a sostegno di una certa ipotesi.

    Faccio un esempio per essere più chiari: esiste lo stereotipo della donna incompetente al volante⁴.

    Molte persone credono che le donne guidino peggio degli uomini. Con una convinzione di questo tipo, inconsapevolmente notiamo di più gli errori delle donne alla guida piuttosto che quelli degli uomini, e ci ricordiamo più facilmente tali errori.

    La stessa cosa vale per i ragionamenti sul fumo di sigaretta. Avrò degli schemi molto rigidi che mi permettono di non provare disagio mentre fumo. Di fatto mi sto facendo del male. Sarà quindi più facile osservare eventi e ricordare informazioni che mi permettono di dire che la sigaretta non è così pericolosa in modo tale che io possa non andare in contraddizione.

    6) "La sigaretta mi rilassa e se non fumo sono nervoso". Il rilassamento che può dare la sigaretta è illusorio. È ben noto che in un primo momento abbiamo una diminuzione della pressione arteriosa, ma successivamente l’organismo, per ripristinare le condizioni iniziali di equilibrio, la fa aumentare, creando uno stress aggiuntivo con il carico seguente di dover anche eliminare le sostanze tossiche. Alla fine sarò più nervoso di prima e dovrò accendermi un’ulteriore sigaretta, continuando il ciclo che conduce al consumo massiccio di sigarette. Tale eccesso aumenta la dipendenza da nicotina e quindi il bisogno ulteriore di fumare. In questo modo facciamo contente multinazionali come la Philip Morris (le faccio anche un po’ di pubblicità, così forse mi finanziano nella pubblicazione del libro).

    In fin dei conti sono argomentazioni utili a evitare il disagio ma assolutamente illusorie. La dissonanza non avviene solo quando c’è contrapposizione tra atteggiamento e comportamento, ma anche quando c’è contrapposizione tra due o più atteggiamenti.

    Quello che avrei voluto fare per la mia Laurea Magistrale in Psicologia, all’Università degli Studi di Trieste, era una tesi sperimentale sulla dissonanza cognitiva. Avrei voluto dimostrare la presenza di dissonanza cognitiva sia nell’ateo che nel teista esposti rispettivamente a forti argomentazioni teiste o atee.

    Era un progetto di ricerca a cui era interessato il professor Walter Gerbino, un emerito esperto nel campo dello studio della percezione visiva. Purtroppo, viste le numerose variabili da controllare, seppure abbia fatto un prospetto d’esperimento molto articolato, non è stato possibile stilare un progetto che potesse essere giudicato idoneo dalla Commissione Etica.

    Alla fine ho fatto una tesi sperimentale sull’attenzione visiva esogena e approfondendo il tema mi sono imbattuto anche nell’incredibile complessità del sistema attentivo dell’essere umano, come se ciò che conoscevo già non bastasse per accorgermi che questo essere è uno straordinario progetto d’ingegneria.

    Non so quanto il mio desiderio di scrivere questo libro sia dovuto al bisogno di preservare i miei schemi mentali che mi permettono di mantenere l’equilibrio e non entrare in dissonanza, oppure quanto questo desiderio sia mosso dalla mia innata intuizione della presenza di una mente intelligente alla base dell’universo.

    Sicuramente la dissonanza, quindi la contraddizione tra diverse argomentazioni, l’ho vissuta sulla mia pelle quando cercavo di essere un devoto cattolico.

    Non era possibile avere un’adesione totale ai dogmi cattolici, soprattutto di fronte alle innumerevoli obiezioni ragionevoli che arrivavano dal mondo, sebbene condivida con il cattolicesimo così come con altre religioni e con il senso comune alcune verità indiscutibili.

    La dissonanza stimola la ricerca di informazioni che consentono di mantenere i propri schemi mentali. Ciò significa che in una condizione di questo tipo sarò spinto a informarmi per trovare dati che possano rinforzare il mio schema. Inoltre tendiamo a screditare, quindi a ridicolarizzare o banalizzare, le informazioni responsabili del nostro stato di disagio in modo tale da poter ripristinare l’equilibrio.

    Non è sempre questo però l’esito della dissonanza. Per chi persegue la verità, la dissonanza è la via per raggiungerla, ma bisogna avere il coraggio di cambiare se stessi di fronte alle evidenze. Questo perché per ridurre le contraddizioni si possono anche modificare le proprie credenze una volta riconosciuta l’incoerenza.

    Vivevo uno stato di forte contraddizione su diverse tematiche in riferimento all’etica e alla verità in generale.

    Ora posso dire in tutta serenità di vivere un leggero, ma direi sano, stato di contraddizione perché credo che la mia visione della verità, in linea con la Teoria dell’Intelligent Design, sia ineccepibile o quanto meno coerente.

    Attendo, con ansia, "La Distruzione del Teismo".

    J. L. A.

    There almost certainly is no God.

    Richard Dawkins

    Introduzione: Cos’è l’Ateismo?

    L’ateismo (dal greco a-theos, cioè senza Dio) per definizione è la posizione filosofica che nega qualsiasi Dio. Insomma, ormai tutti sanno usare Google quindi non perdo tempo. Per chi volesse approfondire la definizione, vi sono innumerevoli enciclopedie a disposizione.

    Ad ogni modo è bene dire a grandi linee cosa intendiamo per ateismo oggi.

    Esso è una mancanza di fede in qualsiasi Dio, ma solitamente è una mancanza di fede in qualsiasi cosa soprannaturale. In poche parole: "la natura è tutto ciò che esiste".

    La posizione dell’ateo oggi dunque rappresenta un agnosticismo, ovvero "non so se esiste Dio, accompagnato da ma non credo che esista".

    Emblematica a tal riguardo la frase del noto biologo evoluzionista Richard Dawkins: "Tutti siamo tecnicamente agnostici sugli unicorni ma in pratica siamo tutti atei sugli unicorni".

    La ragione per cui l’ateo solitamente si rifiuta di credere in un essere soprannaturale come Dio è la mancanza di evidenze.

    Gli atei sostengono che non ci sono sufficienti evidenze per credere in tale entità.

    Da condividere immediatamente il fatto che, tecnicamente, tutti ci troviamo in una posizione di agnosticismo sul soprannaturale. Spesso anche su alcuni aspetti della natura io direi.

    Però è interessante che in pratica non siamo tutti atei.

    Richard Dawkins quindi, implicitamente, sta mettendo la credenza in Dio e la credenza negli unicorni sullo stesso piano. Nonostante ciò non sembra essersi disturbato troppo nello scrivere un libro di 400 pagine sulla inesistenza degli unicorni.

    The God Delusion con altri volumi tra cui The Blind Watchmaker, the Selfish Gene, e Climbing Mountain Probable sono libri che hanno una chiara intenzione di ricondurre tutte le spiegazioni all’interno della natura. Il primo della lista, ad esempio, è un libro fantastico che probabilmente gli è costato duro lavoro.

    Come mai tanta ammirabile fatica?

    Per quanto riguarda The God Delusion, una buona risposta potrebbe essere che ne abbiamo tutti abbastanza di fede senza argomenti o pessimi argomenti che non raramente portano a tanto male. Da specificare: oggettivo male.

    Gli altri volumi però non hanno nulla a che vedere con la religione. Hanno a che vedere con qualcos’altro. Vedremo subito con cosa.

    Gli atei solitamente, in particolare quelli del movimento definito "New Atheism", si ritengono pronti a credere non appena venissero fornite loro evidenze dell’esistenza di tale entità soprannaturale.

    Si dice: "Chiedete e vi sarà dato".

    Il saggio ascolterà e guadagnerà più istruzione e l’uomo d’intendimento è quello che acquista abile direzione.

    Proverbi 1, 5

    Capitolo 1. Dio e la Verità

    Credo che la scienza moderna⁵ sia potuta nascere perché l’essere umano ha fede nel fatto che, dietro alla caotica molteplicità del mondo, vi sia una logica celata e spetta a noi trovarla.

    Questa logica rientra all’interno del concetto più ampio di verità.

    Anche l’ateo e l’agnostico, in una qualche misura, dovrebbero riconoscere che esiste qualcosa che possiamo definire verità.

    Alcuni, come chi segue la corrente di pensiero costruttivista⁶, negano l’esistenza di un’unica verità ritenendo piuttosto che ogni individuo se ne costruisce una propria.

    Date le continue rivoluzioni paradigmatiche della scienza non hanno tutti i torti e tuttavia credo sia per me sensato dire che se di verità si parla, ebbene ce ne possa essere soltanto una e che a essere molteplici siano piuttosto le diverse interpretazioni soggettive che vi girano attorno. Di fatto se diciamo "non c’è verità, implicitamente stiamo dicendo la verità è che non c’è verità", cosa alquanto paradossale.

    Mi viene in mente una specie di sistema solare. In tale sistema quei corpi celesti che sono le teorie scientifiche e le religioni, che oserei chiamare paradigmi⁷ – come li definisce il filosofo e storico Thomas Kuhn, oppure universi simbolici così definiti dai sociologi Berger e Luckmann⁸ –, ruotano attorno a quel sole che è il vuoto cosmico o mistero. Tale mistero lo chiamerei anche verità non pienamente raggiungibile. Le orbite di questi pianeti si restringono sempre più senza toccare mai il sole.

    Vista la mia ignoranza in matematica, con timidezza, ipotizzo che possa trattarsi del limite di una funzione estremamente complessa che per t (tempo) tendente a + ∞ essa è 1 (verità). Ciò significa che per qualsiasi tempo finito nel futuro, per quanto grande possa essere, la conoscenza non sarà mai totale. Aristotele dice più o meno la stessa cosa.

    In questo senso tutti, o almeno coloro che si rifanno a una visione del mondo neopositivista⁹, devono riconoscere l’esistenza di un’unica logica che si cela dietro ai fenomeni complessi dell’universo, riconoscendo anche che a essa ci si può avvicinare con un certo grado di correttezza, ma mai raggiungerla completamente. Se rappresentiamo ciò che stato detto su un piano cartesiano, otteniamo un asintoto orizzontale, come possiamo vedere nella figura sottostante.

    Asintoto orizzontale della conoscenza. In questo caso la verità è rappresentata da 1. La curva è l’andamento della conoscenza che in realtà non ha un andamento lineare ma oscilla, in quanto si possono avere momentanee regressioni, anche se nel lungo periodo di tempo la curva cresce.

    Facciamo un esempio molto semplice, altrimenti il lettore si stufa subito pensando che parlo lingue sconosciute. Pensiamo a una sedia qualsiasi al posto dell’universo. Va bene anche quella che avete vicino a voi. Mi rendo conto che il paragone è un po’ ridicolo, ma è solamente al fine di rendere chiaro il concetto sopra descritto. La sedia in questione è il nostro effetto, ovvero ciò che stiamo osservando. Ora qual è la verità su questa sedia? Innanzitutto dobbiamo riconoscere che esiste questo oggetto. Vogliamo mettere in dubbio che esiste l’universo?

    Le persone che non sono in grado di percepire l’oggetto non possono dire che questa sedia non esiste. Anche qualora non ci fosse nessuno in grado di percepirla dovremmo riconoscere questa verità¹⁰.

    Mi viene in mente a tal proposito un noto detto orientale: "Se l’albero cade e non c’è nessuno a sentirlo, fa rumore?". Mi sento di dire sì, se per rumore intendiamo le vibrazioni emesse dalla caduta di quell’albero¹¹.

    L’esistenza della sedia è una verità credo indiscutibile. Un’altra verità su questa sedia è che essa ha determinate caratteristiche fisiche come un certo volume, un certo peso, una superficie che riflette la luce in un determinato modo tale per cui un essere dotato di senso ne percepirà un colore specifico. Sistemi di misurazione non attendibili o poco validi non permettono di negare queste caratteristiche fisiche. Un’altra verità su questa sedia è la causa. Possiamo essere certi che la sedia in questione non sia il prodotto di eventi naturali casuali, bensì che alla base della sua esistenza, con le sue caratteristiche fisiche, ci sia una mente che l’ha progettata al fine di essere fruibile da un essere umano. Anche se ci trovassimo di fronte a visioni diverse della sedia, per diverse menti che la percepiscono in modo diverso (ad esempio il cieco non la vede), possiamo essere comunque certi del fatto che questa sedia abbia le sue peculiari caratteristiche fisiche. Gran parte delle persone concorderanno su tali caratteristiche.

    È vero che ci sono molte ipotesi che mettono in discussione questo discorso supponendo la capacità della mente umana di interagire con il mondo fisico o addirittura di crearlo.

    Credo però che tali ipotesi, seppur affascinanti, complichino solo la questione e siano lontane dalla verità. A tal riguardo si vedano pure le idee di Pribram, neurofisiologo, e Bohm, fisico subnucleare, ben illustrate nel libro di Michael Talbot The Holographic Universe.

    Tutto ciò che percepiamo è frutto di un’elaborazione della mente¹², ma sempre di qualche cosa reale, cioè esistente, all’esterno. C’è comunque una possibilità che la mente generi un’immagine fittizia creandola o distorcendo la percezione¹³ di un oggetto reale. Questo è il caso delle allucinazioni che possono essere riconosciute come tali proprio perché una maggioranza di persone ritiene di avere avuto una percezione diversa oppure perché non si è riscontrata oggettivamente una causa fisica esterna a tale percezione. Ciò significa che non viene rilevata la sua presenza nel mondo fisico¹⁴.

    Cosa ancora diversa sono le illusioni che possono essere rilevate andando ad analizzare il mondo fisico. Ad esempio, nell’illusione di Zöllner in cui le linee non sembrano parallele, se misuro la distanza tra di esse in due punti diversi, vedrò che sono esattamente parallele.

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1