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La ferocia degli outers
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La ferocia degli outers

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Sono passati 500 anni da quando il collasso della civiltà del petrolio ha portato alla divisione dell'umanità in due mondi separati, l'Area Multiurbana depositaria della civiltà tecnologicamente evoluta e lo Spazio Esterno dove gli outers sono una popolazione abbrutita che sopravvive come all'età della pietra. Per il comandante Travis Alpers risulta sempre più penoso condurre il suo equipaggio a solcare sulla loro nave i cieli dello Spazio Esterno per colpire i gruppi di esseri umani che si aggirano in quel mondo devastato. In una di queste missioni si trova di fronte a uno scenario indecifrabile che lo spinge a porsi interrogativi per dare risposta ai quali scoprirà progressivamente una realtà completamente inattesa e agghiacciante di violenza e manipolazione.
LanguageItaliano
Release dateMay 19, 2018
ISBN9788828324683
La ferocia degli outers

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    La ferocia degli outers - Giovanni della Casa

    sicurezza?-

    I

    Quella sera Travis avvertiva solo il desiderio di chiudersi nel suo appartamento nella torre 26 del distretto 94, sdraiarsi sul suo letto e lasciarsi tutto alle spalle. Aveva lasciato l’automobile nel posto a lui riservato nella torre-garage che aveva scelto due anni prima, a una certa distanza dalla sua residenza per avere un breve tratto da percorrere a piedi. Non avrebbe mai voluto rinunciare a quella camminata di pochi minuti in cui raccoglieva le idee e sentiva allentarsi la tensione accumulata nella giornata. Le notizie provenienti dallo spazio esterno erano sempre più inquietanti, sicuramente tali da preparare il terreno per la repressione destinata a farsi ogni giorno più feroce. I servizi dettagliati delle agenzie sugli orrori perpetrati dagli outers nei giorni in cui erano riusciti a impadronirsi di una zona residenziale dell’anello 5 erano quello che ci voleva per creare il clima adatto per fare terra bruciata nelle aree esterne. Le immagini di teste mozzate di residenti esposte sui pali conficcati nella terra di nessuno e le considerazioni sul destino spaventoso che attendeva i dieci che erano stati portati via erano in grado di far maturare le iniziative più estreme.

    Arthur si muoveva di fianco a lui, alla solita distanza standard di un metro. Quando arrivarono davanti alla porta del suo appartamento Arthur, come sempre, sporse in avanti la mano dx. In quel momento Travis, nell’osservare quel gesto, pensò a quanto ancora era radicata l’abitudine di corredare ogni dispositivo con una gestualità umana, come se si trattasse di un optional accattivante. Non serviva, ma risultava gradito e funzionava sul piano commerciale. Al gesto della mano corrispose l’apertura a scatto della serratura: il movimento della mano non aveva nessun valore, l’apertura era dovuta alla trasmissione del codice numerico in possesso ad Arthur, ma la sequenza gestuale risultava elegante, e anche questo aveva la sua importanza. Una volta entrato al suo appartamento al livello 23 della torre, Travis colse con piacere l’odore della cena che usciva dal microonde secondo il timing impostato da Arthur. Attraversò la stretta porta che metteva in comunicazione con la cucina per vedere che cosa l’attendeva (in realtà era stato lui a impostare il programma calendarizzato mesi prima, ma poi se l’era completamente dimenticato). Arthur, sempre a un metro da lui, attraversò la parete riemergendo di fianco al piccolo tavolo, dove rimase mentre Travis con calma disponeva sul ripiano i piatti, le posate e tutto il resto dell’occorrente per la cena. Non gli piaceva mangiare da solo, non gli era mai piaciuto, e spesso, come quella sera, gli veniva la tentazione di mettersi a chiacchierare con Arthur. Molte persone che conosceva, del resto, avevano l’abitudine di chiacchierare con gli olocloud, e Travis non lo considerava più, come un tempo, un comportamento bizzarro. Si lamentavano per questo o per quello, si lasciavano andare a confidenze, esprimevano giudizi, a volte raccontavano storielle divertenti ai propri olocloud. Ogni tanto Travis immaginava che Arthur gli fosse grato per il fatto di mantenere il loro rapporto su un livello puramente funzionale, evitandogli di dover ascoltare sproloqui per lui privi di qualsiasi interesse. Naturalmente, inutile dirlo, Arthur non era né grato né contrariato.

    -Arthur, chiama Helen- L’olocloud compì il gesto di digitare su un’immaginaria tastiera. Anche questo, come l’allungare la mano al momento di aprire la porta, era semplicemente parte del corredo formale, del tutto superfluo ma diventato quasi necessario per la commercializzazione del prodotto, inserito nel software base. –Falla sedere a tavola- aggiunse. In realtà aveva, sì, alcune cose da dirle e da chiederle, ma soprattutto voleva evitare di ridurre la cena a un trangugiare velocemente, nel silenzio, il proprio pasto. Quando Helen rispose e si stabilì la comunicazione l’immagine di Arthur, che riproduceva con un’ottima somiglianza l’aspetto di Travis, si dissolse rapidamente per ricomparire sullo sgabello di fronte con l’immagine dell’ex-moglie di Travis. La Helen che sedeva di fronte a lui era peraltro la Helen di almeno quindici anni prima, nessuna donna resisteva alla tentazione di creare un profilo cloud con un’immagine che abolisse le rughe e gli altri cambiamenti legati all’età.

    –Mi fa piacere sentirti- disse –Come stai?- Sul volto era in modalità sorriso cordiale, Travis sapeva che questo non significava nulla, era solo un’impostazione del programma (una volta, quando litigavano spesso, si era dimenticata di variare l’impostazione e per alcuni minuti aveva continuato a coprirlo dei peggiori insulti con un adorabile sorriso sulle labbra), ma comunque lo metteva a suo agio.

    –Bene. Stanco, questo senz’altro, ma d’altra parte probabilmente nei prossimi giorni lo sarò molto di più. Non credo che si potrà evitare di ordinare un’incursione nello spazio esterno.- Pensò che non ci fosse bisogno di fare riferimento alle notizie delle agenzie, sicuramente anche Helen le aveva lette.

    –Dovrai andare anche tu?-

    -Se si farà, sì- Rimase in silenzio un attimo. Non gli andava di parlarne e soprattutto non gli andava di mostrarsi preoccupato. –Julie è lì con te?-

    -No, è al corso di rinforzo motivazionale, da quando ha compiuto quindici anni le sedute sono diventate più frequenti. E’ veramente fantastica. Come, devo dire, la maggior parte dei suoi compagni, ha una disciplina interiore che noi alla sua età non ci sognavamo neppure. Penso che nulla possa scalfire la presa di coscienza, da parte loro, della necessità di essere disposti a qualsiasi atto, mettendo da parte ogni residuo di morale istintiva, per difendere il nostro stile di vita. Le sedute di rinforzo a questo punto sono soltanto un lavoro di manutenzione.-

    Nel sentirla Travis non poté fare a meno di tornare col ricordo al suo periodo di addestramento e a quelle sedute intensive di rinforzo motivazionale. Lui e i suoi compagni, quattordicenni ricettivi come spugne e carichi di tensione, di vita, di aspettative. Ad addestrarli, ogni giorno, un olocloud con lunghi capelli biondi, occhi dolcissimi, il corpo più sensuale che avesse mai visto fasciato in una tuta mimetica aderentissima. Per parecchi giorni Travis non aveva voluto ammettere a se stesso di esserne perdutamente innamorato. Le mille attività che svolgeva, gli esercizi spossanti, gli studi faticosissimi, gli sembravano solo un modo di far passare il tempo per quando l’avrebbe rivista. Un pomeriggio, seduto su un muretto ai lati del campo di addestramento col suo compagno Louis, si era lasciato andare. Louis, ti piace il nostro addestratore? Voglio dire, ti piace guardarla e stare ad ascoltarla? Io non mi stancherei mai. Louis era il suo amico preferito in quel periodo, aveva solo un anno più di lui ma sembrava vedere le cose come uno di almeno tre o quattro anni di più, sembrava avere accesso a un mondo di desideri e di sensazioni nel quale Travis non era ancora entrato. Lo aveva ascoltato prima serio poi abbozzando uno strano sorriso. Certo che mi piace. Mi fa morire quando alza le braccia per raccogliere dietro la nuca quella cascata di capelli neri, quando accavalla le gambe facendo risalire di qualche centimetro quella minigonna già cortissima. Si era fermato un attimo, poi gli aveva chiesto: E la tua com’è? Solo in quel momento Travis si era ricordato ciò che in realtà sapeva benissimo, che il programma di rinforzo motivazionale prevedeva aspetti distinti dell’olocloud addestratore per ogni ragazzo, e che quello della sua amica Mary era un bellissimo ragazzo alto con gli occhi azzurri (come era anche per Kevin, che già da due anni era uscito dalla fase di incertezza di identità sessuale per accettare la piena consapevolezza della propria omosessualità). Ora era sua figlia Julie a vivere quel periodo, a passare come era passato lui attraverso quelle fasi, a costruire lo stesso mondo interiore di certezze che a lui aveva permesso di eseguire tutto ciò che gli era stato richiesto. –E’ un periodo duro per loro- soggiunse sua moglie –ma anche pieno di soddisfazioni, e di cui in futuro saranno orgogliosi.- Travis l’ascoltava annuendo e pensava alla sua Julie di pochi anni prima, alla sua bambina serena e dolce. Sapeva che in realtà avrebbe voluto che rimanesse sempre così, ma non poteva ammetterlo neppure a sé stesso. Nessuno più di lui sapeva quanto sarebbe cambiata, dopo.

    Helen colse il suo silenzio di alcuni secondi: -Che hai, Travis? A cosa stai pensando?-

    -A nulla. Ho semplicemente voglia di vederla.-

    -Appena finito questo periodo di addestramento la potresti tenere da te per qualche giorno.-

    Se non sarò in missione pensò lui. Non era tanto stupido da non immaginare anche che, appena affidata Julie a lui, Helen se ne sarebbe andata a trascorrere qualche giorno in un resort di lusso con il suo ‘fidanzato’ attuale, il direttore dell’Istituto di Scienze Sociali Applicate, uno degli ideologi più influenti dell’ Area Multiurbana.

    –Sarebbe splendido- rispose. Le chiese qualcosa di alcuni loro amici comuni di quando stavano insieme, chiacchierarono un po’, poi si salutarono, l’immagine di Helen scomparve e Arthur riprese il formato standard che riproduceva in modo forse un po’ approssimativo ma soddisfacente l’aspetto di Travis.

    La chiamata gli arrivò sei ore dopo, era ancora buio. Arthur abbandonò la modalità stand-by ed emise un segnale misto vocale-luminoso di intensità crescente. Quando il sensore di movimento combinato con la ricezione video e audio gli diedero la certezza che Travis era sveglio, l’immagine della cornetta di un telefono (era un accessorio vintage molto gradito) comparve nella sua mano a distanza di circa venti centimetri dall’orecchio sinistro di Travis.

    –Comandante Alpers?- chiese la voce dall’altro capo (per le comunicazioni concernenti materia di sicurezza era rigorosamente proibito l’utilizzo di software con riproduzione dell’immagine dell’interlocutore).

    –Sì, sono io- rispose Travis con la voce ancora impastata dal sonno.-

    -Ho l’incarico di informarla che dovrà presentarsi alla Base 14 sul margine nord tra quattro ore, è prevista una missione nello spazio esterno.-

    -Una missione di pulizia e rimozione?- ma mentre lo chiedeva Travis sapeva già che la risposta sarebbe stata quella che temeva. Nessun altro partecipante alla missione avrebbe avuto la qualifica per poter richiedere quell’informazione riservata, solo lui come comandante operativo e il commissario politico che l’avrebbe affiancato.

    La risposta fu quella che si attendeva: -No, una missione di sterilizzazione-. La consapevolezza di ciò che l’aspettava contribuì a rimuovere ogni traccia di torpore caricandolo contemporaneamente di una sensazione, già provata, di nodo allo stomaco. Le incursioni nello spazio esterno per pulizia e rimozione si potevano fare in diversi modi, usando diverse tattiche, e in genere nessuno dei componenti degli organi di controllo aveva da ridire su quali erano state utilizzate, bastava che il risultato fosse stato raggiunto: creare aree di bassa intensità di presenza degli outers nelle zone di spazio esterno ai margini dell’Area Multiurbana. Di solito era sufficiente colpire confusamente, distruggere le stentate coltivazioni, rendere inutilizzabili i miseri insediamenti: per alcuni anni la terra di nessuno così creata avrebbe soddisfatto le esigenze di sicurezza che il Governo garantiva ai residenti. Ma una missione di sterilizzazione era un’altra cosa, e d’altra parte Travis sapeva che il Governo non avrebbe ordinato nulla di meno dopo le notizie del giorno precedente. Una missione di sterilizzazione era infinitamente peggio, nella sua carriera una sola volta ne aveva fatto parte, quando ancora non era comandante, e per tre mesi successivamente aveva dovuto partecipare a sedute intensive di rinforzo motivazionale. Perché l’obiettivo di una missione di sterilizzazione non si limitava a quello di uccidere alcuni outers mettendo in fuga i più, ma soprattutto era quello di creare un riflesso condizionato di terrore nei confronti di tutto ciò che si potesse associare ai residenti, come, secoli prima, era avvenuto per tanti animali nei confronti degli uomini. Sapeva che il nodo allo stomaco si sarebbe allentato, per poi sciogliersi del tutto, una volta iniziata la missione d’incursione, quando la sua attenzione sarebbe stata completamente assorbita dalla successione di procedure. Lo sapeva, o almeno ci contava, e comunque non poteva far trasparire alcun sentimento che non fosse fredda determinazione. Non solo perché questo avrebbe compromesso la sua qualifica di idoneità al comando, ma anche perché si rifiutava di permettere che sensazioni ancestrali come la ripugnanza per la violenza e l’uccisione avessero il sopravvento sulla solidità dell’etica che gli ultimi secoli di civiltà dell’area multiurbana avevano elaborato. Si rendeva conto di non avere alcuna simpatia per la casta ristretta degli ideologi (di cui faceva parte quel pallone gonfiato che era l’attuale fidanzato di Helen), depositari della prerogativa dell’ultimo parere in fatto di morale, né per la pletora di commissari politici occhiuti e inquisitori, con cui non aveva mai avuto, per ciò che lo riguardava direttamente, problemi, ma che avvertiva, soprattutto durante le missioni, come una presenza sgradevole. Ma non considerava questa sua controllata avversione come il sintomo o il segno di una debolezza che minacciasse la sua condivisione dei valori fondamentali per i quali era disposto a fare ciò che gli veniva ordinato di fare. Siete gli eredi della parte migliore di una civiltà millenaria gli era stato ripetuto tante volte all’inizio delle innumerevoli sedute di rinforzo motivazionale che può sopravvivere solo escludendone la parte peggiore, e qualsiasi mezzo per raggiungere questo scopo è giustificato. Era logico, era giusto, era razionale. Era necessario salvaguardare e difendere il loro mondo fatto di ragionevoli diritti e doveri, di rispetto reciproco tra quelli che ci vivevano, in cui si potevano coltivare attitudini artistiche e ingegno scientifico, con la massima attenzione alle sensibilità e agli affetti individuali. Era il suo mondo, era l’unico in cui valeva la pena di vivere.

    II

    -Sei ancora nel tuo appartamento?- sentì la voce di Yuri sintetizzata da Arthur, mentre si strofinava la faccia con l’acqua gelida per svegliarsi del tutto. Aveva previsto che Yuri, il suo secondo al comando, l’avrebbe contattato una volta saputa la notizia della missione.

    –Sì, abbiamo quasi quattro ore di tempo, ce la possiamo prendere comoda.-

    –Se ti va passo da te e andiamo insieme. Io mi sono appena svegliato, posso essere lì tra mezz’ora.- Era il solito Yuri, calmo, l’idea di partire a breve sembrava non emozionarlo per nulla.

    Attraverso il vetro del tubo in cui scorreva il vagone a levitazione magnetica potevano vedere il sole che stava sorgendo. La luce rossastra cominciava a illuminare l’intrico di edifici sopra e sotto di loro. Si guardavano attorno silenziosi, di solito parlavano poco entrambi, mentre la luce del sole aumentava d’intensità e cambiava colore, entro pochi minuti sarebbero stati a pieno regime i miliardi di unità di conversione dell’energia solare che rivestivano tutti gli edifici e ne assicuravano il funzionamento. Il sole si era staccato del tutto dalla linea dell’orizzonte quando la selva di costruzioni della città si interruppe e si aprì la distesa dell’area verde. In quel punto la linea di trasporto scendeva a un’altezza di una ventina di metri per dare modo ai passeggeri di osservare più da vicino la successione di prati verdi, boschi, laghetti, corsi d’acqua, e gli animali che li popolavano in libertà. La fermata successiva era al margine nord dell’area verde, pochi minuti di viaggio. Altre quattro fermate e sarebbero giunti alla Cittadella, dove avrebbero trovato la base con le navi pronte per l’incursione. La Cittadella era all’estremo nord dell’area multiurbana, si protendeva come un saliente nella terra di nessuno, nel punto di mezzo della linea di mura e fossati che recintava tutta la lunghezza del lato dell’area confinante con lo spazio esterno. A Travis piaceva, quando era in servizio nella Cittadella, recarsi nei momenti di pausa su una delle torri di osservazione e rimanere lì a scrutare la distesa dello spazio esterno, quel terreno brullo con alberi stentati che si estendeva a perdita d’occhio. In quei momenti provava quella strana vertigine che ti prende, terrorizzato e al tempo stesso inspiegabilmente attratto, nel posare lo sguardo su un abisso . Nei giorni in cui l’aria era più limpida poteva scorgere in lontananza la linea di basse montagne sull’orizzonte, al di là della pianura gialla e polverosa. Se ne stava lì senza pensare a nulla, il tempo sembrava fermarsi sulla visione di quel mondo separato. Era diventata per lui un’abitudine ritagliarsi quei momenti nella routine ripetitiva del servizio. Travis si rendeva conto di non provare per il suo lavoro di comandante di un corpo di incursori lo stesso entusiasmo che provavano molti dei suoi colleghi. Certo, dopo tanti anni di sedute di rinforzo motivazionale era ben radicata in lui la consapevolezza dell’importanza della difesa della civiltà dell’area multiurbana e l’orgoglio di svolgere quel compito, ma ciò che più lo gratificava, in realtà, era semplicemente la soddisfazione di fare bene un lavoro. La precisione nello svolgere le operazioni. L’affidabilità che era in grado di offrire.

    -Come avranno fatto a penetrare attraverso le linee di difesa e a fare quel macello?- la voce di Yuri lo distolse dall’osservazione degli animali che scorrazzavano nell’area verde.

    –Non ne ho idea, non ne ho proprio idea. D’altra parte, i manuali che descrivono le caratteristiche degli outers lo dicono, che l’incremento dell’aggressività amplifica le capacità fino a consentire di portare a termine azioni che non avresti creduto possibili.-

    –Già, e allora si arriva al break-point- disse Yuri, – il punto oltre il quale la rappresaglia diventa più efficace della difesa passiva. Esattamente il punto a cui siamo ora. Prima o poi ci si doveva arrivare.-

    Non è così semplice avrebbe voluto rispondere Travis, ma se lo tenne per sé. Per Yuri era la prima volta, non voleva dire nulla che potesse minimamente destabilizzare la sua tranquilla determinazione, e poi magari per lui sarebbe stato diverso, forse non avrebbe neppure avuto bisogno di sedute di rinforzo dopo la missione, dopo tutto ce n’erano tanti che reagivano in modo diverso da come aveva reagito Travis.

    Quando uscì dal terminal della Cittadella Travis non poté fare a

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