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Steambros Investigations: L'anatema dei Gover
Steambros Investigations: L'anatema dei Gover
Steambros Investigations: L'anatema dei Gover
Ebook188 pages2 hours

Steambros Investigations: L'anatema dei Gover

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About this ebook

Un solo indizio sancisce l’inizio della caccia. I fratelli Hoyt viaggeranno fino a Glasgow con il loro sidecar seguendo le tracce di Emma. Arriveranno nella villa dalle pareti a mosaico della famiglia Gover dove un nuovo caso li attende. Una maledizione grava sulla famiglia e il mistero sulla scomparsa di Emma si infittisce. I due investigatori saranno costretti a combattere con lati dei loro caratteri che neanche sapevano di avere e che potrebbero minare la loro capacità di giudizio, ma dovranno anche affrontare una minaccia più grande. Tra tecnologie avanzate, pericoli celati e verità nascoste la vita degli Hoyt sta per essere di nuovo stravolta. Cosa troveranno scoperchiando il vaso di Pandora?
LanguageItaliano
Release dateMay 21, 2018
ISBN9788828325437
Steambros Investigations: L'anatema dei Gover

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    Steambros Investigations - Alastor Maverick e L.A. Mely

    Alastor Maverick e L.A. Mely

    L’anatema dei Gover

    Titolo: Steambros Investigations - L’anatema dei Gover

    Autori: Alastor Maverick & L.A Mely

    Copyright © DarkZone Edizioni

    Editing: Stefano Mancini

    I edizione: marzo 2018

    Copertina e versione digitale: Antonella Monterisi

    Questo libro è un’opera di fantasia. La sua pubblicazione non lede i diritti di terzi. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell’autrice e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale.

    Indice

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    8

    9

    10

    11

    12

    13

    14

    15

    16

    17

    18

    Appendice 1

    A tavola con gli Hoyt Brothers

    CULLEN SKINK

    SELKIRK BANNOCK

    DUNDEE CAKE

    IRISH CHOCOLATE CAKE

    SCONES

    LEMON CURD

    COCK-A-LEEKIE

    SCOTCH BROTH

    Appendice 2

    Citazioni e omaggi

    Appendice 3

    Ringraziamenti e Crediti

    1

    Il rombo di un motore squarciava il silenzio. Il bolide sfrecciava lungo la via divorando chilometri su chilometri. Il pilota aveva girato al massimo la leva dell’acceleratore e la teneva ben salda grazie ai suoi guanti di pelle.

    Sul sedile del passeggero, Melinda guardava dritta di fronte a sé, contemplando l’orizzonte con aria riflessiva e non era difficile immaginare a cosa stesse pensando.

    Abbracciava un cilindro di metallo avvolto in un panno, come se quest’ultimo contenesse il tesoro più prezioso al mondo. E forse per lei lo era. Conteneva il ritratto della sorella Emma, unico indizio a disposizione sua e del fratello, per far luce sulla scomparsa. Non era molto, ma era comunque una fiammella che faceva sperare i due fratelli, nonostante fossero passati anni dal giorno della sua sparizione.

    Alla luce delle nuove informazioni in loro possesso, sentivano il bisogno di raggiungere quanto prima Glasgow, come se dalla loro celerità dipendesse l’esito della missione. Correvano come se avessero il diavolo alle calcagna, lasciandosi dietro una lunghissima nube di polvere e vapore.

    Il panorama cambiò. Dal grigio delle nubi temporalesche, passarono a una tinta uniforme colore del piombo. L’aria si fece umida costringendoli a sollevare i fazzoletti sul volto coprendo naso e bocca. Le coperture studiate per proteggere stomaco e gambe fecero il loro lavoro impedendo l’infiltrarsi dell’umidità attraverso i vestiti. Alla loro destra videro sfrecciare un’indicazione in parte coperta di muschio che li avvisò che erano giunti a destinazione.

    Prima di partire avevano fatto ricerche sul clima scozzese, allo scopo di non mettersi in viaggio impreparati. Era caratterizzato da piogge frequenti, con continui mutamenti di tempo, anche nell’arco della stessa giornata, nella stagione estiva. In inverno le giornate di sole erano rarissime, accompagnate da un pressante e persistente odore d’umido, soprattutto in prossimità dei corsi d’acqua. Glasgow era una città portuale, centro fiorente del commercio britannico. Quando il sidecar cominciò a percorrere le vie cittadine nel tardo pomeriggio, le persone smisero di fare ciò in cui erano impegnate per fissare quel mezzo di trasporto eccentrico e lucente.

    «C’è la minima possibilità che questa gente smetta di fissarci?» chiese Melinda provata dal viaggio. Manteneva le braccia strette attorno al tubo e si faceva piccola sotto la coperta incerata che la proteggeva da quella nebbiolina fitta e dalle intemperie.

    «Calma», ridacchiò Nicholas rallentando e ruotando il capo in cerca di un’indicazione che consentisse loro di raggiungere un ostello. «Siamo stranieri, è normale che la gente ci osservi.»

    Melinda sbuffò. «Osservare è normale Nick, ma quelli mi fissano!» tagliò corto lei. Indicò con un cenno del capo tre operai dietro la vetrata di un ristorantino. Avevano smesso di mangiare lo selkirk bannock e si erano imbambolati a guardarli transitare lungo la via.

    Nicholas si lasciò andare in una lieve risata. Adorava quel modo di fare infantile che, di tanto in tanto, rendeva così buffa e umana sua sorella.

    «E poi qui c’è umido! In confronto Londra è asciutta e inondata di sole!» si lamentò lei.

    «Suvvia, Mel non esagerare. Non va poi così male.»

    «Ah no? E cosa potrebbe accadere di peggio?» grugnì Melinda scoccandogli un’occhiataccia di rimprovero.

    Nicholas sollevò un dito al cielo indicando le nubi minacciose e proprio in quel momento il rombo di un tuono sovrastò il motore del sidecar e fece trasalire entrambi. Il pilota accelerò un poco fino a raggiungere le vie limitrofe al fiume Clyde.

    «Vicino al porto fluviale troveremo un posticino a buon mercato. Gli operai addetti allo scarico spesso dormono nei paraggi se le navi da scaricare sono più di un paio.»

    Melinda annuì e indicò un’insegna ben visibile poco più avanti: Scotia dal 1792. Aveva l’aria di essere un luogo accogliente e, sbirciando tra le vetrate, era possibile notare luci e colori caldi e accoglienti.

    Il bolide fu parcheggiato vicino al locale e coperto da un telo. Poco dopo sedevano a un tavolino di legno coperto da una tovaglia a quadri rossi e bianchi. Davanti a loro erano già pronti i menù segnati a mano su carta ruvida. Il locale aveva pareti di legno su cui erano affisse diverse cornici raffiguranti momenti della vita del porto. Lungo il soffitto si snodavano grosse tubature lucenti che convergevano dietro al bancone e da esse fuoriuscivano tubi più piccoli che terminavano la loro corsa alla spillatrice. Sul banco destinato al servizio dei clienti, un grammofono immetteva nell’aria una musica allegra. Nella parete dietro al banco faceva bella mostra di sé un enorme orologio a movimento meccanico con i meccanismi a vista. Attorno c’erano per lo più operai vestiti da lavoro intenti a farsi una birra dopo una giornata di fatica.

    I due fratelli si tolsero i soprabiti, si accomodarono e posarono le valigie a terra accanto al tavolino, disposte in modo da non intralciare il passaggio.

    La loro presenza nel locale, attirò l’attenzione di alcuni curiosi. Tra questi vi era un uomo vestito da pescatore che sostava in piedi poco distante dal loro tavolo. Mel e Nick non si accorsero della sua presenza fino a quando la sua voce non li raggiunse.

    «Se posso aiutarvi, stranieri, sono il proprietario», affermò compiaciuto.

    Melinda trasalì e sollevò lo sguardo dal menù con l’espressione di un pitbull destato dal suo riposo. Nicholas, invece, riuscì a mantenere la calma e a parlare prima che la sorella potesse coprire il poveruomo d’insulti.

    «Siete molto gentile, signore», rispose garbato ed elegante. «Alcuni affari ci hanno portato a Glasgow, ma non abbiamo molto denaro con noi e non possiamo rimanere a lungo. Siamo investigatori. Siete a conoscenza di qualcuno che possa aver bisogno dei nostri servigi? Così potremmo prolungare la nostra permanenza.»

    Lo sguardo irritato di Melinda ruotò dall’uomo al fratello, con un movimento secco della testa, molto simile alla meccanica rotazione di una marionetta di legno.

    «Nick, cosa stai...» mormorò sottovoce Melinda, ma non terminò la frase poiché il rassicurante tocco della mano di suo fratello la ammutolì.

    Il pescatore sorrise senza ritegno e i suoi occhi si illuminarono.

    «La prima cosa che mi viene in mente è la villa maledetta che si trova poco fuori città, in direzione nord.»

    Lo sguardo di Melinda tornò sul fratello. Le ultime parole la stavano indisponendo e quel «maledetta» aveva risvegliato in lei il suo spirito razionale.

    Guardò torva il pescatore tanto da costringerlo a un passo indietro.

    «Non temete, è innocua», affermò divertito Nicholas stringendo la mano di Melinda sul tavolo. «Continuate per cortesia. Che cosa intendete per ’villa maledetta’?»

    «La villa dalle pareti a mosaico!» esclamò l’uomo con un’espressione rassegnata in volto. «Santo Mungo aiutali. Non sanno niente questi stranieri.»

    Nicholas capì al volo che Melinda stava per esplodere, quando sentì l’uomo parlare di loro con quel tono saccente. Lo incalzò subito con una nuova richiesta.

    «Diteci qualcosa in più su questa… maledizione.»

    «Tutti i figli maschi crepano in casa Gover! E a volte anche le femmine. È una casa stregata… e attira sempre i curiosi.» spiegò l’uomo.

    A quel punto Melinda si ritrasse al tocco di Nicholas, incapace di trattenersi ancora.

    «Menomale che ha detto Gover! Se avesse parlato dei discendenti maschi di Lady MacKenzie di Seaforth sarei già uscita da quella porta!» ringhiò sbuffando dalle narici.

    Prima che la situazione potesse degenerare, un uomo garbato e vestito da taverniere si avvicinò al tavolo allertato dal chiasso.

    «Stai infastidendo i signori, Theodor? Perdonatelo, è talmente abitudinario che a volte si dimentica di non essere a casa sua. Sono Jenkins il proprietario, vi posso aiutare?»

    La sua voce calda e pacata riuscì a far tranquillizzare perfino Melinda che assunse una posa più rilassata sulla sua sedia.

    Nicholas liberò un sospiro di sollievo. «A dire il vero sì. Cerchiamo una camera per la notte ed eventualmente un ingaggio per poterci pagare la permanenza. Siamo investigatori privati. Potete aiutarci?» Theodor fece due passi indietro, abbassò lo sguardo e si coprì il viso per nascondere il rossore che si era acceso sulle guance.

    «Se siete solo voi due, potete pernottare da noi», spiegò il proprietario indicando la scala alla sinistra dell’ingresso. «Abbiamo un paio di stanze libere al piano di sopra. Inoltre ricordo che proprio i Gover cercavano qualcuno che potesse indagare sulla presunta maledizione. Qui la gente parla spesso ed è molto superstiziosa quindi, per quanto ne so, nessuno ha ancora accettato l’incarico.» Allargò le braccia e scosse il capo.

    «Ottimo!» esclamò Nicholas con lo sguardo illuminato. «Allora prendiamo due zuppe del giorno e poi andiamo a sistemare i bagagli nelle nostre camere.»

    Il taverniere si allontanò dopo aver segnato l’ordinazione su un blocchetto e accanto al tavolo rimase solo l’uomo vestito da pescatore.

    «Non avevo dubbio alcuno che voi non foste il proprietario.» Melinda fissò Theodor con aria di sufficienza. Sbuffò ancora, come se le parole avessero per troppo tempo bussato ai denti non riuscendo più a trattenerle. «Pare evidente che abbiate da poco terminato di lavorare al porto. I vostri pantaloni s’inzupperebbero meno se li metteste dentro agli stivali di gomma.» Indicò i piedi del pescatore e si lasciò andare in un sorriso sarcastico. Si avvicinò poi all’orecchio del fratello per aggiungere qualcosa che sarebbe rimasto tra loro. «Per non parlare del puzzo di alghe fluviali che si porta appresso.» Fece una smorfia e si mise comoda in attesa della zuppa.

    Theodor scosse il capo e si allontanò lasciandoli soli mentre borbottava parole incomprensibili.

    «Mel, so che non sei d’accordo con ciò che ho appena fatto, ma non sappiamo nemmeno da dove cominciare e ci servono soldi. I Gover possiedono una villa, quindi immagino che abbiano le possibilità economiche per pagare bene qualcuno che indaghi sulla loro…» Non pronunciò quella parola, ma la sostituì con uno sguardo eloquente. «Inoltre essendo benestanti magari conoscono persone altolocate e potrebbero avere qualche informazione sulle tratte commerciali di terra.»

    Melinda rifletté un istante e annuì. «Hai ragione, sono solo stanca e il clima di questo posto non aiuta», sbuffò guardando fuori dalle vetrate. Ormai era buio e il chiacchiericcio e la musica avevano coperto il rumore della pioggia scrosciante.

    La normalità non è valore gradito da tutti, spesso si preferisce circondarsi di chiassosa apparenza per sentirsi più importanti senza realmente esserlo più di altri.

    2

    Di buon mattino Nicholas si levò dal suo giaciglio.

    «Fortuna che il letto è comodo», biascicò tra uno sbadiglio e l’altro. Si avvicinò al bacile posto in un angolo della stanza e si occupò della propria igiene personale. Decise di indossare qualcosa di più elegante rispetto alla sera prima. Scelse un gessato nero con sottili linee bianche verticali e un paio di scarpe da uomo con la punta rinforzata da uno strato di metallo color oro, inciso con motivi vittoriani. Immancabile la scelta del copricapo, che ricadde su una bombetta nera a tesa stretta, foderata di seta rossa. Non era sfarzosa come gli altri cappelli. L’unico accenno di decorazione era un igrometro posto al lato destro del capo, che aveva lo scopo di misurare l’umidità dell’aria.

    Uscì dalla stanza e fece per bussare alla camera dove dormiva Melinda. La porta si aprì anticipandolo e ne uscì sua sorella vestita di tutto punto, con una delle sue tenute comode e con un impeccabile chignon dietro il capo.

    Nick le sorrise e le donò

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