Il Guaritore Spirituale: La Scienza segreta dell’antico Sciamanesimo druidico
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Gli Autori
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Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero, entrambi giornalisti, scrittori, musicisti e speaker radiotelevisivi, sono impegnati attivamente nella salvaguardia delle culture dei popoli nativi del pianeta, nelle battaglie legate alla difesa dei diritti degli animali e dell’ambiente e nelle iniziative per la Pace. Sono i promotori della Ecospirituality Foundation Onlus, ONG in stato consultativo con l’ONU che lavora alla tutela delle tradizioni dei Popoli naturali. Entrambi fanno parte del gruppo musicale LabGraal e sono autori di numerosi testi sul celtismo e sulle tradizioni dei Popoli naturali, tradotti in varie lingue e presentati in convegni e conferenze in Europa, negli Stati Uniti e in Australia.
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Il Guaritore Spirituale - Giancarlo Barbadoro
9788895127651
Introduzione
LE SCIENZE MALEDETTE
CHE INDAGANO SULL’IGNOTO
Madre Natura ci fornisce molti strumenti per indagare sulle realtà ancora sconosciute che ci circondano. Dalle proprietà delle rocce o dell’acqua all’uso dei colori, delle piante o delle stesse forze telluriche del pianeta, tutto ciò che ci circonda potrebbe fornirci preziosi elementi di studio se non fossimo ipotecati dai limiti dello scientismo che ha creato delle barriere invalicabili nella ricerca.
Antiche scienze come il potere dei cristalli, il pendolino radiestesico, l’imposizione delle mani, il potere dell’acqua, sono strumenti terapeutici che ancora oggi i Popoli nativi usano correntemente per curare, per predire il futuro e soprattutto come guida nel loro percorso spirituale.
Tuttavia è difficile indagare su questi metodi attenendosi agli stretti parametri scientifici che ci fornisce la scienza ufficiale. La scienza indaga sul mondo che ci circonda, separandolo in particelle sempre più infinitesimali secondo quello che viene chiamato Modello Standard
, ma senza tuttavia riuscire a darsi una risposta alla materia oscura di cui è costituito il 95% del nostro universo.
Così come indaga sulla dimensione umana analizzando apparentemente tutti gli aspetti possibili, ma senza scoprire le nostre vere potenzialità, con il risultato che le dimensioni sconosciute sul rapporto tra l’uomo e l’universo sono ancora moltissime e inquietanti.
La scienza del mondo maggioritario è ipotecata dal metodo del rasoio di Occam
, un principio nato da Guglielmo di Occam, monaco vissuto nel ‘300. Occam affermava: Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem
, le entità non vanno moltiplicate oltre il necessario
. Il principio del rasoio di Occam sembra rispondere alla necessità di interpretare il principio naturale del pragmatismo come un atto immediato di partecipazione all’esistenza. Ma il principio venne poi strumentalizzato dalla Chiesa del tempo che interpretò il pensiero di Occam come un rasoio che tagliava via le cose non necessarie, cioè tutto ciò che non era in linea con il pensiero della Chiesa.
Su questo principio si è instaurato uno status quo e una gerarchia di potere che difende lo stesso status quo. Una gerarchia che stabilisce cosa sia utile o meno, ai fini della ricerca, e che rappresenta l’eredità moderna dell’aristotelismo conservatore. Oggi occamismo e pragmatismo si fondono in un solo concetto che viene usato tuttora nella ricerca scientifica ed è il cardine ideologico della scienza moderna. Questo principio è all’origine dei preconcetti e dei luoghi comuni che oggi stabiliscono una gerarchia di campi di ricerca, differenziandoli tra argomenti seri
e argomenti poco credibili
. Lo status quo ha creato dei confini precisi che inibiscono nell’indagine sulle dimensioni ancora sconosciute all’uomo, stigmatizzando i temi che non possono essere considerati degni di attenzione scientifica.
Ben diversa è la posizione della scienza dei Popoli naturali, quei popoli nativi che esistono in ogni continente e che non si sono lasciati assimilare dalle grandi religioni storiche. Il loro massimo riferimento è la Natura, intesa nella sua dimensione globale e depositaria di un grande mistero, definita dallo sciamanesimo druidico con il termine Shan . Secondo la filosofia dell’antico sciamanesimo dei Nativi europei, lo Shan è fonte di conoscenza da cui l’uomo può attingere e alla cui natura intrinseca può partecipare. Da questo assioma scaturisce una precisa ricerca pragmatica e senza dogmi nei confronti della Natura.
È evidente che i Popoli naturali oggi non dispongono di sofisticati laboratori di ricerca e che le applicazioni della ricerca molto spesso sono accompagnate da elementi culturali che possono apparire sicuramente stravaganti o folkloristici, ma il principio rimane, ed è determinante. Così come accade per le concezioni dell’universo che sono prospettate dalla scienza, ritenute frutto di un grande lavoro di ricerca avanzata, allo stesso modo non possiamo considerare le interpretazioni dei Popoli naturali, risultato del loro riferimento alla Natura, come frutto di ignoranza e di superstizione. Possiamo invece considerarle una importante testimonianza del rapporto con la qualità più segreta della Natura.
Dal contatto con la Natura i Popoli naturali hanno sviluppato una ricerca unitaria che comprende anche tutti quei campi di ricerca non ancora perlustrati dalla scienza moderna.
Materie come i poteri sconosciuti dell’uomo, la terapeutica naturale, l’influenza dei cristalli o dei colori, ci danno un’idea della vastità dei campi ancora da approfondire e sarebbe poco scientifico tentare di dimenticare che tali fenomeni esistono e talvolta si manifestano spontaneamente.
Ma data la difficoltà di attuare una indagine con il supporto degli enti di ricerca, è impresa ardua ottenere risposte certe sul motivo per cui questi strumenti naturali siano in grado di provocare particolari condizioni. Non possiamo tuttavia negare che questi fenomeni si verifichino e che forse potremmo gestirli secondo tecniche appropriate.
Del resto, la nostra stessa dimensione umana è un fenomeno ancora tutto da perlustrare.
Viviamo la nostra esistenza fluttuando tra gli stati percettivi di coscienza. La nostra esperienza di vita si modifica continuamente ed è un continuo percorso tra stati emozionali, stati razionali, intuizioni spirituali. Il semplice passaggio tra il sonno e la veglia ci dà l’idea di come la nostra percezione della realtà sia in continuo mutamento. Ogni sera ci prepariamo, con complicati rituali, vestiti con abbigliamenti appropriati, compiendo abluzioni e quant’altro, all’incontro con una dimensione completamente diversa dalla percezione ordinaria, ma ormai abbiamo accettato questo cambiamento di stato come una cosa del tutto naturale. Eppure non sappiamo dove esattamente andremo varcando quella soglia, chi incontreremo, se e quando torneremo alla realtà conosciuta. L’appuntamento notturno con la dimensione del sonno è ancora oggi un mistero sul quale si fanno molte ipotesi ma senza nessun dato certo.
Ma gli stati percettivi di coscienza non si limitano al sonno e alla veglia: sono molteplici e si manifestano con sfumature molto diverse tra loro, che ci danno svariate percezioni della realtà, in alcuni casi in conflitto tra loro. Una forte emozione è in grado di alterare la percezione della realtà fino all’esaurirsi del processo emotivo in atto, al punto da condizionare le valutazioni razionali degli avvenimenti che si verificano durante tale processo.
Esistono stati di coscienza più evoluti, in cui una particolare lucidità percettiva permette di affrontare dimensioni diverse da quella quotidiana. Sono stati di coscienza che a volte affiorano spontaneamente nel corso della vita, tuffi
in altre dimensioni che ci fanno intuire un nostro potenziale che non sapevamo di possedere. Stati particolari a cui molte volte non si sa dare un significato, ma che permettono di intravvedere una realtà diversa, con orizzonti più ampi e senza confini precisi.
In molti casi, da quei momenti particolari scaturiscono intuizioni o felici ispirazioni artistiche: il mondo dell’arte e della letteratura è colmo di testimonianze di questo genere.
Ma la cosa interessante è che il contatto con queste dimensioni sconosciute può essere attivato e gestito, togliendolo dalla casualità. La ricerca di comunicazione con le dimensioni oltre i confini del visibile accompagna l’uomo da sempre, e i mezzi usati sono molteplici.
Nelle culture dei Popoli naturali esiste una ricca iconografia sui metodi di comunicazione con le realtà diverse da quella ordinaria: i riti sciamanici, le evocazioni, ma anche la danza e la musica rappresentano i mezzi più antichi per raggiungere stati di trance
che consentono l’accesso in altre dimensioni.
Gli sciamani nativi usano strumenti che aiutano a varcare la soglia
sulla dimensione voluta. I mezzi di comunicazione sono vari: gli addobbi rituali, l’uso dei colori, il pendolino radioestesico, sono tutti strumenti
usati allo scopo di facilitare il passaggio attraverso porte su altre dimensioni e le eventuali comunicazioni con le entità che le abitano.
I cristalli ad esempio, usati per comunicare con eventuali entità dell’aldilà e per trarre ispirazioni, possiedono tutte le caratteristiche per farne uno strumento ideale. Se consideriamo che determinati strumenti possono evidenziare facoltà latenti, come il pendolino radioestesico per le facoltà ESP, possiamo ipotizzare che le gemme, già di per sé cariche
di loro proprietà intrinseche, a contatto con l’uomo esaltino le facoltà di quest’ultimo, e le due potenzialità si assommino. La terapeutica con le pietre fa parte di quelle cure naturali che nel lontano passato erano accreditate tra le scienze ufficiali e che oggi si tende a riscoprire, anche se fra molto scetticismo. Metodi come la pranoterapia, la fitologia, la cromoterapia sono tutti basati su una terapeutica che usa sistemi naturali imperniati sulla cura dell’individuo inteso come entità unitaria, composta di corpo, mente e spirito. Plinio il Vecchio, naturalista romano del I secolo, nella sua Naturalis Historia fornisce notizie molto esaurienti su questi argomenti e soprattutto lascia intendere quanto fossero diffusi alcune migliaia di anni fa.
Questo testo si ispira all’antica conoscenza dello sciamanesimo druidico, quella cultura che è la parte più segreta del celtismo e che ancora oggi si manifesta nelle comunità autoctone che trasmettono nel tempo una conoscenza che non è mai morta, nonostante le repressioni politiche e religiose e i tentativi di cancellarla di cui è stata oggetto nella Storia.
Nello sciamanesimo druidico esiste un antico libro di sapienza, chiamato Hatmar, ovvero la Ruota degli Archetipi
nell’antica lingua shannar, formato da 22 pietre. L’Hatmar contiene un bagaglio filosofico che si esprime nella sua globalità, tuttavia ognuna delle 22 pietre contiene proprietà peculiari che possono essere usate separatamente o abbinate in maniera combinata. Un simbolismo analogo a quello dei 22 Arcani Maggiori dei Tarocchi o alle 22 Rune dell’alfabeto vikingo. Gli antichi insegnano che da ognuno di questi archetipi si può trarre ispirazione o guida per la gestione della propria vita. Nella loro globalità, i 22 archetipi dell’Hatmar rappresentano un vero e proprio percorso spirituale costituito da precise tappe esperienziali.
Se mai un giorno queste materie fossero nobilizzate liberandole dallo scetticismo in cui lo scientismo le ha relegate, magari potremmo migliorare la nostra qualità di vita con l’aiuto dei preziosi regali che Madre Terra ci dona.
Parte Prima
ALLA RICERCA DI UN’ARMONIA GLOBALE
L’esistenza è quanto di più perfetto possa esistere o essere concepito da mente umana. Essa è la manifestazione di un mistero che si nasconde dietro alle apparenze sensoriali dell’universo che conosciamo. Un mistero che le culture di ogni tempo hanno identificato in un principio Assoluto in cui tutto ha inizio e fine.
L’uomo stesso si riferisce alla perfezione manifestata dall’esistenza. Egli la studia e la imita per migliorare la propria condizione di vita. Non potrebbe fare altrimenti, infatti, nonostante la varietà infinita dei postulati delle ideologie che la mente umana può escogitare, in conclusione egli finisce sempre per rapportarsi e utilizzare i fenomeni che sono propri della natura dell’universo in cui tutti ci troviamo a vivere. Il senso profondo e naturale dell’esistenza domina il mondo dell’uomo e gli concede solamente temporanee deroghe dal suo fluire armonico ed eterno.
L’esistenza si manifesta come l’unico ente fenomenico sullo scenario della nostra vita. Un atto di realtà che ci dà la possibilità di essere. Un ente fenomenico che sembra esistere di per sé, disponibile come un palcoscenico inerte, in cui possiamo rappresentare le nostre vicende e vivere i nostri desideri.
Una architettura immensa in cui la nostra immaginazione si perde con un brivido di impotenza. Immutabile nel suo abito di stelle, di pianeti e di galassie che si mantengono in un equilibrio senza fine. Come il giorno che succede alla notte in un alternarsi immutabile ed eterno.
Un’architettura che sembra sostenersi su un’armonia globale che si riflette su tutte le cose. Una armonia che è fonte di pace e di benessere per chi la penetra e la imita.
Eppure accade molte volte che l’esistenza si manifesti come fonte di sofferenza. Un malanno fisico o una frustrazione interiore trasformano il senso di armonia e di benessere che ci sembrava di vedere nell’esistenza in uno stato di essere dominato dal dolore.
Quanto accade contraddice apertamente la percezione di armonia che possiamo attribuire all’esistenza. Come può essere che l’esistenza sia fonte di sofferenza, se essa è la manifestazione di un Assoluto e se da essa noi traiamo quanto ci serve per procurarci il nostro benessere?
Possiamo immaginare l’esistenza come un evento gestito da fenomeni casuali in cui l’uomo è abbandonato a se stesso? Dobbiamo immaginare di esistere in un universo senza senso, vera e propria macchina perversa che di tanto in tanto sceglie un malcapitato per triturarlo in una tortura fine a se stessa?
Occorre sicuramente cercare di capire che cosa sia e che cosa rappresenti in realtà il fenomeno