28 Giorni - Storie di madri
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28 Giorni - Storie di madri - Francesca Cutino
Leo
Introduzione
Dura circa 28 giorni il ciclo ovulatorio di una donna, qualcuno in meno, qualcuno in più. È questa l’unità di misura rappresentativa dall’inizio delle perdite mestruali, fino a tutti quei cambiamenti fisiologici periodici che portano alla maturazione di una cellula uovo e alla preparazione di un tessuto adatto al suo impianto.
Ed è al 14° giorno, sempre più o meno, che la donna raggiunge il picco della sua fertilità.
C’è chi questi conti non se li è mai fatti, vivendo questo momento con estrema naturalezza e chi, a seguito di tentativi falliti, li ha fatti tutti i santi mesi nella speranza di riuscire a procreare. C’è chi usa delle precauzioni per non rimanere incinta
e chi, pagherebbe a caro prezzo, la gioia della maternità. C’è a chi non importa di cogliere l’attimo perché le cose devono accadere naturalmente e chi si precipita costantemente all’acquisto spasmodico di test per l’ovulazione o test di gravidanza. C’è chi dorme su un cuscino di piume e chi, invece, la notte conta di tutto pur di addormentarsi.
Quello che ho capito è che non c’è una regola. Se tutto il resto del mondo e delle cose ha una spiegazione e una ragione, la procreazione non ce l’ha ed è solo nelle mani di Dio che bisogna affidarsi, a meno che non vi siano particolari condizioni fisiche che ostacolino l’impianto.
La maggior parte delle donne, ad un certo punto della propria vita, aspira a diventare mamma, sente il bisogno fisico e intimo, assolutamente naturale, di dare alla luce un bambino, frutto di un rapporto a due d’amore e di condivisione. Se questo non avviene, dopo i primi tentativi, inizia il tormento e i 28 giorni di cui parlavo prima si trasformano in un inferno, in un’attesa snervante, lacerante, in cui si contano i secondi, i minuti e le ore fino a farli dilatare e raddoppiare.
Le notti trascorrono insonni e di giorno la concentrazione è azzerata, anche a lavoro, dove si dovrebbe dare il massimo.
Ogni film, ogni canzone, ogni momento sembra parlare della nostra incapacità di procreare, mentre è solo l’insoddisfazione e la frustrazione di noi donne che cresce e ci invade.
28 giorni non sono tanti, ma per qualcuno possono diventare davvero lunghi, interminabili e fonte di delusione.
Ma è proprio nel tormento e nell’attesa, nelle difficoltà della vita, che noi donne troviamo la forza di ricominciare a credere, di rimetterci in gioco, di sperare con tutte le nostre energie. È questo istinto innato che ci fa trovare la forza e la voglia di plasmare la delusione in qualcos’altro, in un grande amore, in una immensa voglia di dare.
E così, i 28 giorni, possono diventare 56 o 84 o ancora di più, ma per noi donne restano 28, perché ogni mese si ricomincia da capo, si rimettono insieme i pezzi, ci si ritrova, si parte per una nuova avventura...
Quando e se poi si diventa madri, i quesiti e le domande assumono un’altra forma. E questo arrovellarsi e mettersi in discussione durerà per tutta la vita. Si passerà così dal generico Sarò una buona madre?
al più specifico Sto educando bene mio figlio?
, dall’egoistico Lo starò trascurando?
al più colpevolista Cosa ho sbagliato?
.
Noi donne siamo a dir poco complicate, diciamo in giro di essere circondate da amiche, di saper farci voler bene, di tessere rapporti unici e consolidati, ma in realtà celiamo gelosamente un angolino di riservatezza, nel quale riversiamo le nostre vere paure, i sentimenti di cui abbiamo pudore, la tristezza, come meccanismo di auto difesa. Eppure quanto ci farebbe bene un sano, corposo e libero sfogo! Quante ne avremmo da dire... ma quanto è grande la nostra paura di essere giudicate? Quanto temiamo che l’altro non ci capisca? Quanto odiamo le frasi di circostanza e la commiserazione?
La risposta è semplice: preferiremmo vivere da eremita per tutta la vita, così da non imbatterci in domande stupide e fuori luogo e non dover reprimere il rancore e talvolta le lacrime.
Noi donne siamo fatte così. A noi non piace apparire imperfette, odiamo le critiche e, spesso, fingiamo spudoratamente di accettarle, ma appena giriamo le spalle, voltiamo gli occhi al cielo e chiediamo al signore di infonderci saggezza e pazienza.
Ecco perché parlare
potrebbe essere la cura ai nostri problemi: parlare fra noi amiche, sorelle, parlare per capire, incoraggiare, per confrontare e non per fare confronti, per crescere insieme e aiutarci.
Non è vero che le madri compiono gli stessi gesti o vivono le stesse emozioni, le storie delle mamme sono uniche e irripetibili.
Il mio universo è diverso dal tuo, ed il tuo non è come il suo. Ogni mamma vive la maternità con una maturità e una consapevolezza diversa, che abbia 18 o 45 anni, che sia diventata mamma naturalmente o che abbia adottato dei bambini, ed anche che abbia scelto di diventarlo o meno.
Le madri sono fonte d’ispirazione, perché in queste piccole, straordinarie storie, ci sono pezzi di persone, di sentimenti, di gente comune.
In queste storie di madri c’è il coraggio, la volontà, il sacrificio, l’amore, la dedizione, c’è tutto.
E tutto questo, per me, è il senso della vita.
Francesca Cutino
Il miracolo della vita
Dopo il nostro sì
davanti a Dio, mai avremmo pensato di desiderare così tanto di diventare genitori. Il primo anno di matrimonio, abbiamo evitato che accadesse per godere a pieno della nostra coppia, rimandando il discorso a data da destinarsi.
L’anno dopo, qualcosa nella nostra visione della vita è cambiato. I viaggi che intraprendevamo non ci regalavano più le stesse emozioni. Era come se da ogni partenza ci aspettassimo qualcosa di nuovo, ma ad ogni arrivo c’era sempre immancabile una sensazione di amaro in bocca. In realtà ciò che cercavamo in giro per il mondo era altro. E non serviva un aereo per trovarlo.
L’argomento figli
non tardò ad arrivare, con la spontaneità delle cose che devono accadere e basta. Ricordo ancora come, dove e quando queste parole presero possesso di noi.
Eravamo a Santorini, in Grecia. Al nostro arrivo sull’isola, il vulcano si stagliava imponente e il mare lo abbracciava come per accogliere la sua immensità bonaria.
Intorno a noi era tutto un alternarsi di bianco e blu, con una tale intensità da percepire il riverbero di quella luce anche negli occhi.
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Mi aveva chiesto di provare ad avere dei figli, di allargare la nostra famiglia. E lo aveva fatto in un contesto da favola e di grande libertà.
In preda all’emozione decidemmo di provare, assaliti da una scossa adrenalinica che mai, prima di quel momento, avevamo provato.
Era come se