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Una sana follia
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Una sana follia

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About this ebook

Accettare un nuovo cane non è una decisione facile per Riccardo. La scomparsa di Tess, la sua adorata Golden Retriever, è stata per lui un dolore irriducibile. Ma il piccolo Teddy, dinamico cucciolo di Parson, sa subito imporsi al suo affetto e stravolgere la sua vita, non solo negli aspetti pratici, nelle abitudini e nelle relazioni, ma nella più ampia concezione del mondo.
L’amore da cui Riccardo viene inopinatamente travolto sembra non trovare limiti e giunge presto ad assumere le sfumature della follia. Ma si tratta in realtà di una follia lucidissima. È infatti il sentimento pieno della libertà e della gioia espressiva, che rifiuta ogni tipo di costrizione e di convenzione e che spinge a indagare incessantemente la verità. La medesima follia che il grande filosofo Erasmo da Rotterdam ha descritto come quella forza serena e vitale, capace di condurre l’uomo nei più lieti luoghi di appagamento e di completezza.
Riccardo sceglie di percorrere al fianco del suo Teddy il cammino di ricerca spirituale che tale idea gli ispira, affrontando con caparbietà gli inevitabili scontri quotidiani contro le morali ordinarie e perbeniste che, mal comprendendo la potente visione del mondo da cui si sente guidato, condannano le sue deviazioni dal più regolare senso comune.
Una sana follia è un romanzo ironico e filosofico, contraddittorio e visionario che, con uno stile nitido e puntuale, si dischiude al lettore come una minuziosa indagine che il protagonista, in un percorso di formazione canina, rivolge su se stesso, sulle proprie convinzioni, su tutta la socialità che lo riguarda, giungendo fino alle questioni più essenziali dell’esistenza.
LanguageItaliano
Release dateJun 1, 2018
ISBN9788832921878
Una sana follia

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    Una sana follia - Gaetano Cinque

    1973

    1

    Tedd o Teddy?

    "Dobbiamo trovare un nome, che mantenga la radice di Tess. Un nome che inizi con la sillaba Te ."

    Mia moglie è veramente geniale. Godo di lei, quando c’è da dare risposta a quesiti di vita.

    Tess è tutta dentro di noi. Ci lacera la sofferenza.

    Non ne parliamo. Ma è così.

    È il vuoto!

    D’accordo, grido quasi per la soluzione proposta. È un maschio questo Parson, e quindi…

    E poi non è possibile, è stato da tutti ribadito, soprattutto da coloro che se ne intendono di cultura canina, usare lo stesso nome del cane che ci ha lasciato.

    Guai! E con quale disperazione! Cerchi una presenza, che è diversa.

    Quanto mi manca quella splendida presenza! La mia Tess.

    Allora non Tess, ma Te

    L’autostrada, dopo Verona, diventa particolarmente trafficata. Mia moglie guida con prudenza, come sempre.

    È presa dai suoi pensieri.

    E sono pensieri tristi, di vuoto. Tess manca anche a lei.

    Davanti a me sempre quel suo pugno contro la parete della camera da letto. Il suo grido soffocato di dolore, quando le ho riferito la notizia della morte di Tess, comunicatami per telefono.

    Avevano il numero del mio cellulare.

    Pronto…

    Qui è la clinica veterinaria di Salò. Il suo cane è morto questa notte. Un’emorragia interna.

    L’ho cercata poi quella persona. Sono riuscito a parlarle dopo qualche tempo. Sempre per telefono.

    Lei deve farsene una ragione. Vada al canile, e si prenda un altro cane. È la soluzione! Non stia lì a soffrire inutilmente. Fa anche un’opera benefica.

    È sempre così. Gli umani hanno delle capacità surrettizie.

    Ma ormai sono disincantato. Non mi faccio più fregare.

    Non l’ho detto a Giulia, la mia affascinante moglie. A che pro?

    Ormai avevo deciso: basta cani! O mi torna Tess, la mia splendida Golden, che se ne è andata all’età di sette anni per una maledetta malattia, una leucemia fulminante, oppure niente…

    Ma perché Tess si è beccata questa malattia? Me lo sono chiesto di continuo. È nel mio carattere.

    Ho bisogno di farmi delle ragioni, ma come dico io!

    Il veterinario, che ha diagnosticato la malattia, dopo avermi appoggiato la mano sulla spalla, ha sentenziato: È come con gli umani. Anche i cani si ammalano di queste forme tumorali. Il sangue è invaso da cellule bianche. Non c’è alcuna speranza.

    Viva la schiettezza dei referti medici. E Tess è lì con noi. Ci guarda con il suo disagio per tutti questi esami.

    I suoi occhi sono ancora quelli luminosi, carboni accesi. Ci vuole però comunicare la sua perplessità per tutte queste visite specialistiche.

    Giulia ha preso appuntamento anche con l’università veterinaria di Milano.

    Ci sarà il consulto di un esperto, un oncologo.

    Cosa viene fuori? Niente, forse l’avvio di una chemioterapia. Ma l’esito sarà comunque infausto.

    Il consulto è avvenuto alla presenza dei corsisti, che hanno posto domande al professore, e lì davanti a tutti Tess se ne sta buona e silenziosa. Si sarà chiesta come mai tanta attenzione a lei.

    L’hanno guardata in più, qualcuno l’ha anche accarezzata. È stata scambiata per un altro Golden, maschio, di tre anni, affetto della stessa malattia.

    Stupida consolazione!

    Solo se la leucemia è cronica e non acuta qualche speranza di prolungamento di vita è ipotizzabile. Nel caso del vostro cane possiamo con la chemio prolungare di qualche mese la sua vita, destinata inevitabilmente a un esito negativo. Dipende poi dai singoli casi, da come il corpo reagisca alla cura. È tutto da vedere. Il cortisone all’inizio fa il suo effetto. Ma poi tutto precipita. Anzi io già credevo che voi non sareste venuti per il precipitare della malattia.

    Mi sembra di impazzire. Mia moglie è in atroce silenzio. Io ci provo: Ma non può essere una forma di avvelenamento?

    Voglio illudermi.

    Non si faccia strane idee. Fissiamo già la data per iniziare la cura, che dovrà avvenire però a Lodi, alla facoltà veterinaria di quella cittadina. Coraggio!

    Al ritorno da Milano mia moglie non ha voluto guidare.

    La disperazione è tanta.

    C’è stato solo silenzio, e Tess non ha compreso questo clima pesante tra di noi. È abituata a un rapporto affettuoso. Colloquiale. Io parlo tanto con Giulia e Giulia mi ama, mi vuole sempre accanto e facciamo tutto insieme.

    Il nostro è un amore totale, e Tess lo vive con sincero coinvolgimento.

    Quando i nostri corpi infuocati si stringono tra lenzuola e coperte, che scivolano ai piedi del letto, Tess ci guarda quasi con soddisfazione. Ama l’armonia attorno a lei.

    Se qualche volta la mia conversazione con Giulia assume risvolti da conflitto e litigio, Tess ci resta male, si apparta e ci guarda perplessi.

    Come fa ora in macchina.

    In questi giorni Tess, quando saliamo in auto, non sta dietro nel bagagliaio adattato a cuccia. È davanti con noi. Si pone giù nello stretto vano sotto il cruscotto, ma il suo capo lo appoggia sulle gambe di chi le sta seduto davanti.

    Il suo respiro è pesante. Giulia le passa continuamente la mano sul collo.

    È come se si sentisse impotente di fronte alla sofferenza del cane.

    Giulia nasconde le sue lacrime non so se a me o alla nostra amica sofferente.

    Ci fermiamo a una pasticceria, in una strada della periferia di Milano. Prendiamo dei pasticcini e un caffè.

    Tess vuole come sempre la sua particina. Il suo bocconcino. Ma non ce la fa a deglutire.

    Tuttavia, faccio fatica a pensare che Tess sia ammalata.

    Non posso non continuare come sempre ho fatto: condividere il cibo con lei; è più forte di me. Poiché bava tanto, quando vede il cibo, le ho anche comprato dei bavaglini, che lei mal sopporta, ma che alla fine tollera, perché sa che con quelli al collo partecipa al mio piatto.

    Ma ora è diverso. E Giulia mi rimprovera.

    Smettila di darle da mangiare, non vedi che non riesce a ingoiare. Mi sembri a volte infantile. Oppure poco realista. Renditi conto di quello che ci sta capitando!

    Ma io non voglio che Tess viva la malattia come una condizione di emarginazione e rinuncia. Anzi, sai cosa farei? Me ne andrei con lei nei luoghi di gioia e di piacere, lungo le nostre spiagge, al mare, dove ha corso ed è stata felice!

    Giulia è razionale e precisa: Tu sei pazzo. Tess deve essere curata. Lo vuoi capire che è ammalata? Questa è la dura realtà!

    Al parco una mattina, come sempre, Tess è con me.

    Ma non va in giro.

    È ferma.

    Immobile.

    Affanna, sono solo sulla panchina. La guardo e piango. Poi smetto.

    Sono quasi convinto che, in qualche modo, venga fuori dalla malattia. Speranza che si alterna a disperazione.

    Si avvicina una donna con i suoi due cagnolini, che annusano Tess.

    Tess resta impassibile. Mi sento, allora, in dovere di precisare: Tess, non può giocare. Poi aggiungo: È ammalata. Ha una leucemia acuta.

    La donna mi guarda e mi assale verbalmente: E lei che fa? Non piange? Non si dispera? Se capitasse a uno dei miei cani, già avrei versato lacrime e sarei morta io stessa!

    Guardo la donna, giovane e piacente. Ha un non so che di sensuale nella sua espressione. Le confesso, quasi vergognandomi: "Prima, quando lei non c’era, ho abbracciato la mia cagnolina e, piangendo, le ho detto Non posso farci nulla, mi dispiace molto!"

    "Ma è assurdo quello che mi sta dicendo! Come è possibile non posso farci nulla. Lei deve darsi da fare, deve lottare contro la sua malattia. Ma scherziamo? Così ama i suoi cani?"

    In effetti sono travolto dall’impotenza.

    E così Giulia!

    Anche se lei è più decisa di me. Entra nel merito della malattia.

    Si informa in rete, sa che non c’è scampo.

    Evitiamo l’accanimento terapeutico. Io non so se è una buona cosa sottoporre il nostro cane a una cura con sostanze nocive e poco testate sui cani. Sarà una devastazione per Tess e per noi.

    Continuiamo la regolarità delle nostre giornate e le passeggiate proposte al nostro cane ammalato sono le stesse.

    Lei se ne sta sempre immobile. Si muove poco. E poi quei vomiti continui e la diarrea. Deve essere sottoposta ogni giorno al cortisone.

    Giulia mi dice: Non me la sento di farle io le punture o di portarla tutti giorni all’ambulatorio veterinario: è atroce. Proviamo a far venire a casa qualcuno disponibile. Ho il nominativo di una ragazza. È veterinaria, ancorché giovane e da poco laureata.

    Sono d’accordo, subito. Torna la speranza!

    È piacevole la ragazza che si presenta al mattino. Sembra esperta e ci sa fare con Tess.

    Tess il giorno dopo l’aspetta. Scende lentamente le scale e la va a salutare. E poi si lascia curare.

    La dottoressa le fa anche delle flebo energetiche. Perché ormai Tess non mangia più e, se beve, vomita. E poi mi rendo conto che pian piano non riesce a ingurgitare più nessun liquido.

    Tess la notte non dorme.

    Affanna.

    Apro le finestre e il balcone.

    Siamo a fine marzo, fa ancora freddo. Ma lei vuole aria: è come se me la chiedesse.

    Poi, come ha sempre fatto, mi fa capire che deve andare giù in giardino per i suoi bisogni. Allora la faccio scendere.

    Ma non vuole tornare più in casa.

    Si distende sull’erba e resta lì immobile.

    Passa così l’intera notte.

    Io torno su e mi addormento sul divano.

    Alle cinque del mattino la vado a cercare.

    Ma non c’è dove l’avevo lasciata immobile. Guardo in giro. Eccola, è là sotto il rubinetto della fontana del giardino. Avrebbe voluto bere!

    Chissà da quando è lì, assetata. Anche se poi non ingurgita l’acqua, per lo meno si sarebbe rinfrescata la gola!

    Provo sentimenti di compassione, che mi portano ben presto a un’assoluta disperazione. Ce l’ho con tutti! Anche con Giulia, con cui in questi giorni ci sono momenti di tensione.

    Non puoi prendertela con i veterinari. Non puoi attribuire responsabilità che non ci sono.

    Giulia è sempre precisa e lapidaria, non ammette derive populistiche e generiche.

    Ma io insisto: Era quello il modo di informarci della malattia di Tess? Tess è un cane, dicono, non esageriamo! È stato un cane sfortunato? Ma io non l’accetto. Devono pur fare qualcosa e poi non c’è empatia. È come se ci avessero detto è un problema vostro. E poi tutti quegli esami?

    Ma Giulia perde la pazienza.

    Non vuole più discutere. Mi dice solo: Sei assurdo!

    Il mio scetticismo è avvalorato anche da come procede la cura mattutina, con la giovane dottoressa, che si sottrae all’impegno ben presto, perché è molto occupata.

    Dobbiamo cercare ancora un’altra infermiera disponibile, che venga a casa. Non è facile!

    Intanto Tess si aggrava. Fa fatica a muoversi, quando è in cortile, ormai si rifiuta di rientrare.

    La notte precedente al ricovero in una clinica veterinaria sta proprio male. Non riesce più a respirare.

    Mi guarda con i suoi occhi ormai invasi da ondate di sangue.

    Chiede aiuto!

    Come faccio a spiegarle la gravità della sua malattia?

    Eppure, si fida ancora.

    Quando decidiamo di portarla alla clinica il tardo pomeriggio, dopo una giornata di sofferenza, sale da sola in auto. Affanna. Si lascia accarezzare.

    Guida Giulia.

    C’è silenzio con tanta disperazione.

    Trattengo le lacrime, quando attraversiamo il ponte sul fiume Mella, dove fino a qualche giorno fa abbiamo passeggiato.

    Poi è un buio assoluto. Tutto precipita.

    È stato come se Tess mi fosse sfuggita di mano. Qualcuno me l’avesse strappata e portata via a forza.

    Il veterinario la trattiene per la notte!

    Non la vedremo più viva.

    La mattina dopo entrerò nella sala dove Tess giace priva di vita, terrò la mia mano sul suo fianco ancora caldo.

    Provo una grave pena nel cuore, anche per quell’abbandono notturno e nel non esserle stato accanto al momento del decesso.

    Il mio è stato un tradimento!

    Giulia non ha voluto entrare.

    Abbiamo solo concordato di lasciare lì il suo corpo per la procedura ordinaria dello smaltimento della carcassa.

    I primi giorni senza Tess è stato un litigio continuo con Giulia.

    Continua a ripetermi: Ma la vuoi finire? Tu così impazzisci. Ti ammali. Non puoi continuare a concentrare il tuo pensiero su quel momento dell’abbandono. Noi non l’abbiamo abbandonata, l’abbiamo ricoverata, come si fa con gli umani.

    Ma non l’ho salutata, me ne sono liberato. Questo vorrei dire a mia moglie. Ma faccio silenzio. Lei soffre e si arrabbia.

    Cosa volevi, che ci morisse in casa durante la notte? Sai che assistere alla morte di un cane è terribile? Che avremmo fatto? Ora staremmo qui a torturarci per non aver provveduto in tempo… Dai, smettila, ti prego, mi arrechi solo ulteriore dolore!

    Allora mi apparto, soffro in silenzio, vado in giro lungo le strade, che percorrevo con la mia grande amica.

    In casa c’è un vuoto insopportabile, un silenzio assordante.

    Mi manca da morire.

    Non ne posso parlare con Giulia. Evita sistematicamente ogni riferimento. Eppure, vorrei discutere tanto della sua assenza.

    Vado al cancello, dove spesso mi fermavo con Tess per salutare un Golden maschio. In lui rivedo il volto della mia amica. Piango e attraverso la cancellata abbraccio il cane, che sembra abbia capito del mio dolore.

    Poi Giulia mi propone: Domani mattina andiamo a Monticelli Brusati. C’è un allevamento di Golden. Vediamo se sono in corso delle cucciolate.

    Ma io non voglio più cani. Basta! Non voglio mettermi di nuovo in una condizione futura di sofferenza. È troppo!

    Giulia prende il libro di Lorenz E l’uomo incontrò il cane, e mi legge il seguente passo:

    Nella vita umana è fatale che si paghi ogni gioia con un tributo di dolore, e l’individuo che si proibisce le poche gioie lecite ed eticamente ineccepibili dell’esistenza per paura di dover pagare il conto, che il destino prima o poi gli presenterà, non posso in fondo considerarlo altro che un povero essere gretto e meschino. Colui che vuol far l’avaro con la moneta del dolore si ritiri in una soffitta come una vecchia zitella e vi rinsecchisca pian piano come un tubero sterile, che non ha mai portato frutti.

    L’ascolto di questa riflessione mi porta a una folle esasperazione, in quanto non mi sembra che ci siano vie d’uscite.

    Innanzitutto, per Giulia.

    Io l’amo e ci tengo molto a lei. Farei qualsiasi cosa pur di renderla felice.

    Ma come posso ora trasmetterle l’ampiezza del mio dolore?

    Io vorrei Tess, io vedo solo Tess in ogni Golden.

    Eccoci all’allevamento, cuccioli fantastici ci girano attorno. La ragazza dell’allevamento me ne appoggia uno tra le braccia. Mi guardo attorno.

    Sorrido. Ma è abissale la sofferenza che ho dentro.

    Vedo la madre.

    Caspita, ma è Tess, sì è Tess mamma!

    Mi tormenta un altro senso di colpa, perché non ho permesso a Tess di fare una cucciolata?

    Che senso aveva impegnarmi a mantenerla integra, a oppormi contro tutti, perché non venisse sterilizzata, se poi non le ho permesso di diventare mamma?

    La giovane e bella veterinaria ci aveva invitati a procedere con la sterilizzazione alle prime visite in ambulatorio. Giulia avrebbe acconsentito, ma poi, per assecondare i miei strani principi, si è convita anche lei a rinunciare a una pratica molto diffusa.

    Non è come per gli umani! Se non ha intenzione che la sua cagnetta abbia una cucciolata, la faccia sterilizzare. Non glielo dovrei dire, ma poi si pentirà!

    Penso proprio che mi piace giocare col destino! Degli altri!

    Niente, non l’ho fatta sterilizzare e non ho mai immaginato un suo accoppiamento.

    Ed ecco che a cinque anni le piomba addosso una malattia infettiva pericolosa.

    La piometra: un’infezione devastante dell’utero!

    La dottoressa, giovane e carina, potrebbe vendicarsi, potrebbe gridarmi c osa le avevo detto? e invece con dolcezza ci spiega la malattia e ci affida al suo collega chirurgo, bravo ed esperto, che sentenzia un intervento immediato per asportare tutto, non sono previste alternative o scorciatoie.

    Alle nostre obiezioni non lascia tempo per una riflessione. Ora e subito, prima che sia troppo tardi.

    Tess viene portata via in braccio dal medico, dopo l’iniezione di un anestetico.

    Mi guarda disperata.

    Noi in giro per il paese di Gussago, Giulia mi abbraccia e mi bacia.

    Ci sediamo su una panchina. Il nostro sguardo è perso nel vuoto. Passano due ore.

    Siamo di nuovo dal veterinario, che ci annuncia: Operazione perfettamente riuscita. Potete ritirare il vostro cane.

    Una volta tanto penso che il veterinario sia stato veramente abile.

    Al mio complimento lui risponde: Sono stato bravo a convincervi che l’unica cura per il vostro animale era quella chirurgica, considerato come eravate restii perché io la operassi. Non vi rendevate conto della gravità della situazione.

    Tess prova a far andare la coda. È felice di vederci.

    Due anni dopo questa stessa scena purtroppo non si ripeterà: la fortuna bussa una sola volta, la seconda volta è pura follia.

    La Golden di Monticelli è distesa in una grande cuccia. Attorno ai suoi mille capezzoli c’è l’assalto di batuffoli bianchi frenetici.

    Non mi sembra particolarmente felice, anzi la vedo come schiacciata sotto il peso di una Natura pervicace.

    Resto nel mio dubbio: quale sarebbe stata la felicità di Tess?

    E poi, scusate, quante Golden femmine in giro non sterilizzate, pur non essendo diventate mamme, hanno visto la vecchiaia!

    È sempre questione di destino, o meglio di casualità, o meglio ancora conviene restare in preda ai propri folli pensieri!

    Giulia non mi fa capire la sua intenzione. Anzi al ritorno dall’allevamento di Monticelli Brusati appare molto perplessa.

    Io non dico nulla.

    Ci fermiamo a Iseo. Entriamo in un bar per un caffè e fare il punto della situazione.

    Mi mostra le foto, che ha scattato all’allevamento. Poi dice: Riccardo, guarda questa foto in cui tu sei con il cucciolo di Golden in braccio!

    Le chiedo: Cos’ha di particolare?

    Come, non ti vedi? Guarda come sei felice e sorridente!

    Penso: sorridente sì, perché il cucciolo è proprio bello, ma felice, no! Non potrò mai più essere felice senza la mia Tess, la mia Golden Retriever.

    Non una Golden Retriever qualsiasi, ma quella che ha condiviso con me sette anni di vita.

    In verità qualche giorno prima avevo tentato un’illusione. Avevo telefonato all’allevatore di Tess, a cui ho comunicato la morte del cane, ma ho chiesto anche se era disponibile per un’adozione una Golden di sei, sette anni. Mi ha risposto che esiste questa possibilità di adozione, anzi loro la favoriscono, però in quel momento non c’erano disponibilità.

    Non ho detto nulla a Giulia.

    Giulia non avrebbe condiviso, non si prende un cane già adulto! mi avrebbe obiettato.

    Così non aveva condiviso un mio strano interessamento per un randagio, che avevo incontrato al mercato nella cittadina di Pozzuoli, in uno dei miei viaggi flegrei dopo la morte di Tess.

    Ma quel randagio, sicuramente un Golden, chissà perché abbandonato e da chi, aveva il volto di Tess.

    Mi volevo adoperare, perché venisse prelevato dal canile comunale per poi proporre da parte mia un’adozione secondo le procedure previste.

    Ma cosa crede? Qui i canili sono lager. Lo lasci in pace quel cane! sentenzia un puteolano, a cui mi sono rivolto per sapere del canile della zona.

    Ma ha visto in quali condizioni è? E poi come fa ad alimentarsi? obietto con sofferenza.

    Qui non esistono randagi abbandonati. Sono cani adottati dalla comunità. Questo cane, a cui è interessato, di fatto è un cane del mercato. E c’è una solidarietà dei locali nei suoi confronti.

    Mi allontano, ritenendo inutile ogni mia ulteriore considerazione.

    Invio una foto del cane a Giulia, che però mi rimprovera: Riccardo, la vuoi smettere? Lo sai che i Golden si somigliano ed è facile una sovrapposizione. Tu non puoi continuare a veder dappertutto Tess.

    Mentre navigo in internet per capire com’è possibile che un cane si ammali di leucemia, Giulia va alla ricerca di una razza che sia, come lei dice, più gestibile.

    Ascolta, mi confessa una sera, appoggiando il suo splendido viso al mio e guardandomi intensamente con i suoi verdi occhi, come se volesse penetrare nel profondo del mio animo, dobbiamo indirizzarci su una taglia piccola, perché tutto si semplifica, e forse potremo anche riprendere a fare voli intercontinentali.

    Non mi permette di obiettare nulla, in quanto le sue calde labbra sono sulle mie e mi bacia appassionatamente, preludio di un petting seducente.

    Solo quando vede che sono particolarmente eccitato e pronto a passare a fasi più calde di questo approccio così invitante, staccandosi e tenendomi a debita distanza, annuncia: Ho travato la razza che fa per noi!

    Ecco la sorpresa, come sempre; ecco le trovate di Giulia, che amo da morire. Come ogni volta che lei decide, faccio fatica ad arretrare.

    Vorrei non seguirla, vorrei svignarmela da qualche parte, vorrei tergiversare.

    Ora più che mai. Perché è Tess che ha il mio cuore.

    Glielo vorrei gridare, dai parliamone, perché Tess è morta? Ho portato avanti le mie ricerche in internet, negli Stati Uniti si è creato un movimento contro le vaccinazioni dei cani, perché abbassano le difese autoimmunitarie. Perché tante vaccinazioni al mio cane?

    I Parson, sono della stessa famiglia dei Russell, ma, diversamente dai Jack, hanno le zampe più lunghe. E poi sono speciali a vedersi quelli con il pelo ruvido. Ho trovato anche l’allevamento. È vicino Vicenza, a pochi passi da Bassano del Grappa.

    È forte la nostalgia di Tess, quel suo sguardo ammaliante, quel fidarsi totalmente di me.

    Sette anni della mia gioia se ne sono andati con lei!

    Ma perché l’ho privata del mio ultimo saluto, del mio ultimo abbraccio?

    È stata pura follia!

    No, Giulia, non ti seguo su questa strada. Io voglio Tess. E poi la mia razza è quella dei Golden. Non mi piacciono i cani di piccola taglia.

    Guarda, amore, mi ero orientata anche sui Bolognesi, sono come i Maltesini, dolci, arruffati, veri peluche. Ma tu saresti stato sicuramente contrario, perché troppo piccoli.

    Con Tess accanto mi sentivo forte, un vero dominatore delle sorti della vita.

    Era con me dappertutto.

    Sempre attenta, silenziosa, buona, partecipe ai miei eventi. Veniva a scuola con me. Saliva in pullman e in treno, tranquilla e fedele. Era l’attrazione di tutti.

    Sotto i portici a Brescia la gente mi fermava per apprezzare e carezzare questo splendido esemplare di cane. Sguardo ammaliante e triste.

    Non è più con me e per sempre!

    Non mi interessano i Parson. Non mi interessano altri cani.

    Vedrai, ti piacerà. Vai a vedere su internet, fatti un’idea, poi decidiamo.

    No, io non voglio decidere niente. Se ne parlerà più avanti…

    Ma le mie parole rivolte a Giulia, che continua a fissarmi intensamente, sono molto diverse dai miei pensieri: Se è così, andiamo sabato a fare una passeggiata all’allevamento. Fissa pure un appuntamento con l’allevatore. Tanto siamo in una fase di osservazione! Siamo stati a un allevamento di Golden, mi sembra giusto ora provare con uno di Parson…

    Ma perché mi sono così compromesso?

    Con Giulia è sempre così! Io l’amo tantissimo e cedo sempre.

    Ma poi credo che non se ne farà niente: questi cani di piccola taglia fanno solo illudere, però alla fine non danno alcuna soddisfazione, Giulia stessa si ricrederà.

    Avete mai provato ad avere in casa un Jack Russell? è la domanda, ricordo, che pose un cinofilo a un convegno a Brescia, presso il Museo delle scienze di via Oznam.

    Domanda provocatoria per far capire che la scelta di un cane va fatta sulla base di conoscenze e non sul piano delle emozioni.

    Com’è carino! Che bel pelo, è un vero peluche! Eh no, amici miei. Quel Jack vi farà impazzire, tira, molla, non un attimo di sosta. Bisogna entrare nella logica dei caratteri delle razze.

    Fu implacabile l’esperto!

    E ora eccomi in procinto di affrontare quella razza.

    Ma no, non succederà! Parlerò in modo chiaro a Giulia.

    Lei dirà non è un Jack, è un Parson! E io le risponderò va bene! Ma sempre appartiene a quella famiglia, soprattutto a quella dei Terrier: sappiamo come sono testardi. Perché complicarci la vita, dopo la dolcezza di Tess?

    Ora sono davanti al computer.

    Sul motore Google scrivo Parson.

    Mi si apre l’universo canino dei Jack Russell e poi quello dei Parson Russell,

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