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Nanocraft
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Lo spirito indomito dell’uomo lo ha da sempre spinto a compiere imprese straordinarie. Alfonso Aurilia, studente appassionato di fantascienza, incarna alla perfezione questo spirito. Il suo grande sogno, infatti, è quello di lavorare per la NASA e di contribuire all’esplorazione spaziale. Dopo aver conseguito il diploma scientifico a pieni voti, si iscrive al corso di ingegneria gestionale. Durante la frequentazione dei corsi stringe amicizia con Marco, un ragazzo simpatico e schietto, col quale fa coppia fissa. Le giornate al campus universitario trascorrono tra lezioni faticose e studio intenso. Le storie degli studenti si intrecciano, tra simpatie ed inimicizie, preoccupazioni e speranze. Una volta laureato, Alfonso invia il suo curriculum a diverse aziende aerospaziali. Viene notato dalla NASA, che lo invita per un tirocinio di sei mesi al Marshall Space Flight Center di Huntsville, in Alabama. Alfonso lascia non senza nostalgia la sua amata terra e la sua bella famiglia e si imbarca su di un aereo. Giunto ad Huntsville, viene condotto dal simpatico Ed Ross,addetto alla sicurezza del Marshall,al centro residenziale di Huntsville, laddove alloggerà per i futuri sei mesi. Il giorno dopo l’arrivo,Alfonso viene guidato assieme a George Grisham,un algido ingegnere britannico,al museo sullo spazio dello Space and Rocket Center. Al cospetto dello Shuttle Pathfinder, compie alcune riflessioni sull’universo, sulla possibile esistenza degli alieni e sul loro rapporto con le grandi istituzioni come Vaticano e governo statunitense. Parla del cosiddetto “Secretum Omega” e del misterioso pianeta Nibiru. Quindi si recano al Marshall,dove Alfonso va a colloquio col dottor Anderson, che gli spiega su cosa verterà il suo tirocinio. Dopo circa due mesi, durante un Halloween party, Alfonso conosce Mary Jane, che diventerà la sua futura moglie. Nel 2016, il fisico Hawking propone un progetto di invio di nano sonde verso Alpha Centauri per esplorare i segreti dell’esopianeta Proxima b, subito patrocinato dalla NASA. Dopo aver vinto ardite sfide ingegneristiche legate al progetto, numerose nano sonde vengono inviate nello spazio. Anno 2045. Dopo più di vent’anni di viaggio,le sonde inviano sulla Terra immagini e dati sull’esopianeta Proxima b. Nella trepidante sala controllo del Marshall, Alfonso e George, ancora in servizio alla NASA, osservano le foto che mostrano chiaramente la presenza di vita intelligente sul pianeta. Il progetto Starshot ha dunque successo, ma gli alieni saranno ostili o benevoli nei confronti del genere umano? Tempo dopo, Alfonso nota dalla finestra di casa sua una strana formazione nel cielo che sembra dirigersi verso di lui.
LanguageItaliano
Publishereditrice GDS
Release dateJun 13, 2018
ISBN9788867828234
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    Nanocraft - Alfonso Stile

    Alfonso Stile

    Nanocraft

    Alfonso Stile

    Nanocraft

    Editrice GDS

    Via Pozzo 34

    20069 Vaprio D’adda-Mi

    www.gdsedizioni.it

    Ogni riferimento descritto in questo romanzo a cose luoghi, persone sono da ritenersi del tutto casuale.

    TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    Dedico quest’opera ai miei genitori

    Ciro ed Anna Maria, ai miei fratelli

    Giulio e Silvio, a mia nonna Angela,

    a mia zia Antonietta, ai miei amici ed a nostro Signore

    Gesù Cristo senza il quale nulla è possibile…

    A.Domini 2016

    Prologo

    Lo spirito dell’uomo

    L’essere umano è stato creato da Dio per andare costantemente alla ricerca di qualcosa. Nel corso dei milioni di anni della sua evoluzione, l’uomo ha sempre mantenuto una caratteristica che probabilmente non perderà mai, sino alla fine dei tempi : la curiosità. La curiosità è simile ad una macchia d’olio che, caduto accidentalmente sul pavimento a causa della rottura di una bottiglia, si allarga a vista d’occhio, in maniera imprevedibile ed incontrollata. Investe man mano una superficie sempre maggiore, e non si sa quando possa arrestare la propria marcia fuori da ogni schema. La macchia, che prima era solamente una minuscola goccia, può diventare addirittura un mare. Ma certo, anch’essa ha dei limiti invalicabili, barriere fisiche che ne impediscono l’allargamento all’infinito. E così è la curiosità dell’uomo : potenzialmente illimitata, ma soggetta ad un termine. L’Homo abilis, comparso 2, 5 milioni di anni fa in Kenya, molto probabilmente aveva già dentro di sè un innato interesse per tutto ciò che lo circondava, come ad esempio gli alberi radi e tutti gli elementi della savana. Esso interagiva con ciò che gli capitava davanti, con i rami, gli arbusti, e naturalmente gli animali. Certo, probabilmente parecchi elementi del suo mondo venivano dati per scontati, come il cielo, il sole, le nuvole. Ma era già dotato dello spirito d’indagine, sia pure allo stato primordiale. Possiamo ragionevolmente supporre che l’Homo erectus, che aveva una capacità cranica maggiore rispetto all’Homo abilis, aveva anche, in maniera proporzionale, una maggiore intelligenza che si poteva tradurre in una più approfondita comprensione del mondo, in una maggiore consapevolezza di sè. E quindi, di conseguenza, questo tipo di ominide aveva una curiosità che abbracciava un universo più vasto riguardo a quello del suo predecessore. Usava utensili più diversificati ed avanzati dei suoi avi. Si trattava di strumenti di pietra. Introdusse un’innovazione significativa : l’utilizzo di asce a doppio filo e pietre bifacciali scheggiate su due lati, usate come strumenti per scavare radici, tritare vegetali e probabilmente per tagliare pelli. Un sito chiamato Terra Amata, sulla riviera francese, era forse occupato da membri della specie erectus, e contiene alcune tra le prime tracce dell’utilizzo di un fuoco controllato dall’uomo. Inoltre, è stata avanzata l’ipotesi che l’Homo erectus sia stato il primo ominide in grado di utilizzare zattere per attraversare oceani. Insomma, col procedere dell’evoluzione l’uomo ha sempre mostrato una curiosità verso il mondo crescente, e si è prodigato per trovare modi sempre nuovi ed ingegnosi al fine di esplorarlo. Successivamente è arrivato l’Homo neanderthalensis, che era in possesso di tecnologie litiche elevate ed un comportamento sociale piuttosto avanzato. Secondo una ricerca nel sito della grotta di Bruniquel, in Francia, i neanderthalensis avrebbero realizzato all’incirca 175000 anni or sono delle strutture complesse (la cui funzione è ancora oggetto di indagine), utilizzando stalagmiti appositamente spezzate e poi disposte a formare formazioni concentriche, dimostrando una avanzata capacità organizzativa, costruttiva e forse simbolico–religiosa. E poi, circa 200000 anni fa, è comparso sulla Terra l’Homo sapiens. La specie umana a quel punto manifesta chiaramente il desiderio di capire ed influenzare il mondo circostante, cercando di comprendere, spiegare e manipolare i fenomeni naturali attraverso la scienza, la filosofia, la mitologia e la religione. Questa curiosità naturale ha portato allo sviluppo di strumenti tecnologici ed abilità avanzate; l’Homo sapiens è l’unica specie ancora vivente che utilizza il fuoco, cuoce i propri cibi, si veste ed usa numerose tecnologie. Nel corso della storia le varie società si sono sviluppate, portando avanti una complessità sempre crescente, con l’aumentare delle conoscenze, delle varie culture e delle popolazioni. Crisi alimentari, scoperte e rivoluzioni scientifiche e sociali hanno spesso segnato i passaggi di questa evoluzione. Il progresso della civiltà umana ha condotto al prolungamento della speranza di vita ed al miglioramento delle condizioni igienico–sanitarie, al riconoscimento dei diritti dell’uomo, alla maggior conoscenza delle risorse naturali e al miglioramento della qualità di vita in generale, anche se a tutt’oggi in molte parti del mondo queste evoluzioni sono avvenute solo in parte o non si sono per nulla verificate. Caratteristica di questa parte evolutiva è la sempre maggiore velocità nel trasferimento orizzontale di elementi culturali, reso sempre più efficiente dai mezzi tecnologici che, a partire dalla scrittura, hanno reso possibile il fenomeno. La trasmissione veloce, a distanza, delle informazioni a partire dal XIX secolo, ha velocizzato il fenomeno, cresciuto esponenzialmente nel XX e XXI secolo con le tecnologie digitali. L’orizzonte dell’uomo si è sempre più allargato, dalla conquista dei mari e la scoperta di nuovi continenti, fino ad arrivare alla scoperta del cielo e l’esplorazione spaziale. In relativamente pochi anni siamo passati dal primo volo controllato da parte dei fratelli Wright, datato 1903, allo sbarco sulla Luna del 1969. I primi oggetti lanciati dall’uomo all’esterno dell’atmosfera sono stati i vettori V2 di Wernher von Braun nel 1942, progettati per scopi bellici e non esplorativi, ma che nel 1944 effettuarono voli di test per scopi scientifici, entrando nella termosfera. Il primo oggetto ad essere messo in orbita attorno al pianeta Terra è stato lo Sputnik1, lanciato dal programma spaziale sovietico nel 1957. Sempre nell’ambito del programma sovietico, il 12 aprile 1961 Jurij Gagarin fu il primo essere umano a volare nello spazio esterno, mentre nell’ambito del programma Apollo gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin furono i primi ad atterrare sulla Luna e camminare sulla sua superficie. Nel 1971 la stazione spaziale Saljut 1 fu il primo presidio permanente al di fuori dell’atmosfera, sostituita successivamente da altre stazioni, tra cui la Mir e la Stazione Spaziale Internazionale. Nel 1977 il programma Voyager ha condotto al lancio di due sonde spaziali, chiamate Voyager1 e Voyager2, per l’esplorazione del sistema solare esterno. Nella fase iniziale del programma entrambe le sonde hanno osservato i pianeti di Giove e Saturno. La sonda Voyager2 è stata in grado di osservare anche i pianeti Urano e Nettuno sfruttando un allineamento planetario vantaggioso che si verificò alla fine degli anni Settanta. Entrambe le sonde hanno prodotto grandi quantità di informazioni sui giganti gassosi del sistema solare. In particolare i dati ottenuti dalla Voyager2 sulla massa di Nettuno hanno consentito di porre limiti all’ipotetica esistenza di nuovi pianeti massicci situati oltre l’orbita di Plutone (un pianeta di questo tipo viene comunemente detto Pianeta X). Attualmente le due sonde stanno fornendo dati utili a caratterizzare l’eliopausa, la regione in cui la pressione esercitata dalle particelle del vento solare diminuisce fino a diventare pari a quella delle particelle provenienti dall’esterno del sistema solare. A bordo di ciascuna sonda si trova una copia del Voyager Gold Record, un disco registrato che contiene immagini e suoni della Terra, insieme ad una selezione musicale. Sulla custodia del disco, anch’essa metallica, sono incise le istruzioni per accedere alle registrazioni in caso di ritrovamento. Questo disco per grammofono è concepito per qualunque forma di vita extraterrestre o per la specie umana del futuro che lo possa trovare. La sonda Voyager impiegherà 40000 anni per arrivare nelle vicinanze di un’altra stella. Le probabilità che il disco venga trovato da qualcuno sono estremamente remote in rapporto alla vastità dello spazio interstellare. Un suo possibile ritrovamento ad opera di una forma di vita aliena potrà avvenire solo in un futuro molto lontano. Il suo lancio è infatti visto più che altro come qualcosa di simbolico che non un tentativo reale di comunicare con forme di vita extraterrestri. Ma, come affermava Soren Kierkegaard, possiamo dire che ‹‹ Nel possibile tutto è possibile ››…Il contenuto del disco venne selezionato per la NASA da una commissione guidata da Carl Sagan della Cornell University. Il dottor Sagan e la commissione misero insieme una varietà di 115 immagini e un gran numero di suoni naturali, come quelli prodotti dalle onde, dal vento, dai tuoni e suoni prodotti da animali, come il canto degli uccelli e quello delle balene. Con questi venne inserita anche una selezione musicale proveniente da diverse culture e diverse epoche, oltre ai saluti di abitanti della Terra in 55 lingue diverse. In proposito, il presidente USA Jimmy Carter disse : ‹‹ Questo è un regalo di un piccolo e distante pianeta, un frammento dei nostri suoni, della nostra scienza, delle nostre immagini, della nostra musica, dei nostri pensieri e sentimenti. Stiamo cercando di sopravvivere ai nostri tempi, così da poter vivere fino ai vostri ››.

    Dopo la conquista della Luna si è passati all’esplorazione di Marte con il lancio di diverse sonde dagli esiti altalenanti : fallimenti e successi si sono avvicendati in più di quarant’anni di tentativi di esplorazione del pianeta rosso. Recentemente, il rover Curiosity, lanciato il 26 novembre del 2011, è atterrato con successo nel cratere Gale il 6 agosto 2012. Subito dopo l’atterraggio, il rover ha cominciato ad inviare delle immagini della superficie. Lo scopo della missione è quello di investigare sulla passata e presente capacità di Marte di sostenere la vita. Per consentire analisi più approfondite, Curiosity trasporta strumenti scientifici più avanzati rispetto a quelli di qualunque altra missione sul pianeta rosso. Durante la sua missione su Marte, il robot analizzerà dozzine di campioni del terreno e di roccia. Il rover ha inviato sulla Terra immagini ad alta risoluzione della superficie di Marte, con un livello di dettaglio mai raggiunto prima. L’invio di questi rover ha rappresentato solo il primo passo verso la conquista di Marte. Si hanno già in programma, infatti, missioni che hanno come scopo quello di trasportare astronauti sul pianeta rosso che avranno il fine di costruire degli insediamenti stabili e confortevoli per la vita umana. Ma è solo l’inizio. La curiosità umana non conosce limiti, e nei prossimi anni è ragionevole pensare che si possa scatenare una autentica corsa allo spazio da parte delle maggiori potenze mondiali, un po’ come è avvenuto negli anni Sessanta con l’accesa competizione tra USA e Russia; con la sostanziale differenza che, questa volta, le nazioni maggiormente sviluppate dal punto di vista tecnologico, così come avviene già da qualche anno, uniranno le loro forze e le loro conoscenze per favorire uno sviluppo accelerato delle tecnologie spaziali. Il 23 luglio 2015, la NASA ha annunciato la scoperta del pianeta Kepler–452b, avvenuta grazie alle osservazioni del telescopio spaziale Kepler. Si tratta di un esopianeta che orbita attorno a Kepler–452, una stella di classe G distante 1400 anni luce dal sistema solare. Il pianeta è il primo oggetto delle dimensioni simili a quelle terrestri ad essere stato scoperto, che orbita nella zona abitabile di una stella molto simile al Sole. La scoperta di questo pianeta ha ovviamente suscitato un grande entusiasmo in tutto il mondo, e ha spinto sempre più a pensare che in realtà forse non siamo l’unico pianeta ad ospitare una forma di vita intelligente. Nel 2016 il famoso fisico inglese Stephen Hawking ha annunciato il progetto denominato Breakthrough Starshot , che si propone di raggiungere con una sonda una meta distante 4, 37 anni luce dalla Terra viaggiando ad una velocità pari a circa il 20% di quella, appunto, della luce. La scommessa fantascientifica è quella di attraversare lo spazio con minuscole e velocissime astronavi a vela (spaziale) capaci di raggiungere Alpha Centauri in appena 20 anni. Questo ardito progetto, che ha visto già alcuni investitori interessati, tra cui il creatore di Facebook, sarebbe possibile grazie ad alcuni recenti sviluppi in tre specifici ambiti tecnologici : la micro fabbricazione dei tessuti, le nanotecnologie e la fotonica. Per esplorazioni dello spazio su di una scala più vasta si è soliti riferirsi al cosiddetto motore a curvatura, un tipo di propulsore che sarebbe in grado, sfruttando una reazione tra materia ed antimateria, di curvare lo spazio–tempo ad una velocità maggiore della luce, anche in accordo con le teorie di Einstein, consentendo di accorciare notevolmente le distanze tra un punto dell’universo ed un altro. Sembra fantascienza, ma nel 1994 un fisico messicano, Miguel Alcubierre, ha pubblicato un articolo dal titolo The Warp Drive : Hyper–Fast Travel Within General Relativity (Il motore a curvatura : viaggi iper veloci all’interno della relatività generale). Nel trattato Alcubierre conferma che nessun corpo può viaggiare a velocità superiori a quelle della luce, ma lo spazio si può contrarre ed espandere a qualsiasi velocità. Un’astronave dotata di motore a curvatura potrebbe quindi piegare lo spazio circostante accorciando le distanze ma muovendosi comunque localmente a velocità inferiori a quelle della luce. E quindi senza violare le teorie di Einstein. Secondo Alcubierre in un paio di settimane di viaggio si potrebbe così raggiungere Alpha Centauri, distante dalla Terra 4, 3 anni luce. Insomma, l’odissea spaziale dell’essere umano è solo al principio, e nei prossimi anni potrebbe avere degli sviluppi semplicemente impensabili ed oltre ogni immaginazione…Non resta che puntare gli occhi, costantemente, verso orizzonti sempre più lontani.

    Capitolo 1

    Formazione

    «Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza»

    Ulisse

    L’ESITO

    Alfonso Aurilia si alzò di buon mattino. Scese di casa a passo svelto dopo aver preso solamente il caffè. Era visibilmente eccitato, ansioso di conoscere l’esito delle sue prestazioni. Portava con sé solamente un quaderno, mentre la penna l’aveva riposta nel borsellino nero a due aperture che usava indossare nei giorni d’estate. Erano circa le 7.45 e doveva sbrigarsi se non voleva perdere il treno delle 8. A quell’ora il viale in cui abitava era quasi deserto, se non fosse per il passaggio di qualche automobile a gran velocità, il cui sibilo gli provocava un lieve fastidio. Usava camminare mantenendosi sul lato sinistro della carreggiata, principalmente perché era quello maggiormente protetto : era infatti dotato di paletti di ferro e di un breve marciapiede, che aiutava i pedoni solo per pochi metri, quelli dal bosco alla chiesa parrocchiale dedicata a sant’Antonio. Alfonso amava particolarmente quella chiesa, che praticamente l’aveva visto crescere; aveva orbitato per parecchi anni attorno a quel mondo, ed i suoi ricordi più belli, quelli indelebili, erano strettamente correlati al mondo ecclesiastico. Da bambino aveva partecipato al corso di ministranti, disputando innumerevoli tornei calcistici sul campetto parrocchiale in compagnia dei suoi amici più stretti. Ma poi era cresciuto, e pian piano si era sempre più allontanato da quell’ambiente, per varie ragioni. Ogni volta che passava davanti a quella chiesa, però, tutti i ricordi più belli affioravano nella sua mente, e lo rendevano, anche se solo per qualche istante, felice. Mentre camminava era abituato a guardarsi intorno, fin da quando era piccolo. Anche quella mattina lo fece. E così scorsero davanti ai suoi occhi verdi vari elementi : sulla destra la villa abbandonata con il suo bosco misterioso, a sinistra il palazzo contornato dal marciapiede che l’aveva visto giovane studente di classe elementare, e poi ancora a destra la maestosa chiesa dalle guglie rare di colore bianco e rosa. Non appena si trovò di fronte all’edificio sacro si segnò devotamente, sperando anche che il Signore gli concedesse di essere pienamente soddisfatto riguardo a ciò che stava per apprendere. Salutata la chiesa, imboccò la via in declivio, via Sedivola, e poi voltò a destra per attraversare il parcheggio del Bottazzi : doveva farlo il più rapidamente possibile. Si trovò dunque a passare dinnanzi alla statua bronzea di san Giuseppe Moscati, ai piedi della quale non mancavano mai mazzi di fiori ed altri omaggi. Attorno al collo del santo, poi, notò che qualcuno aveva posto diverse corone per il Rosario : ne fu felice. Si segnò per la seconda volta e proseguì. Attraversò il lembo d’asfalto quasi distrattamente. Era sovrappensiero. Per sua fortuna nessuno lo investì. Il più era fatto, ora sapeva che entro cinque minuti sarebbe giunto alla stazione della Circumvesuviana. E così si precipitò ancora in discesa, ed il suo passo aumentò decisamente di ritmo. Attorno a lui molte persone, tutte più o meno adulte. Avvertì il profumo fresco delle piante che sporgevano dalle svariate villette con giardino che incontrava sul suo cammino. Ne fu totalmente inebriato. Andò avanti. Non guardò più l’orario, conscio del fatto che sarebbe riuscito a prendere quel benedetto treno. Dopotutto il biglietto l’aveva acquistato il giorno prima, e quindi non avrebbe perso tempo nel fare la fila alla biglietteria. In realtà, Alfonso, quel giorno, si sarebbe potuto levare anche un po’ più tardi, ma aveva preso un appuntamento col suo amico di vecchia data Antonio, al piazzale antistante la stazione, alle 7.55 in punto. Quindi non poteva in alcun modo tardare, era obbligato a rispettare l’accordo. Si voltò sulla sua sinistra, osservando il via vai di auto ed altri mezzi che caratterizzava via Marconi quella mattina : ne fu quasi estasiato. Era sempre un bello spettacolo osservare tutte quelle strane scatolette metalliche che si muovevano su quattro ruote gommate. Per un attimo Alfonso pensò a quanti anni di evoluzione erano serviti per giungere a quel risultato tecnologico, che ad altri poteva sembrare quasi scontato. Passò sul cavalcavia della stazione dopo aver attraversato il sempre periglioso incrocio di via Balzano. Ormai la meta era a lui vicina. Non gli restava altro che girare l’angolo ed era fatta. Si accorse che stava correndo un po’ troppo, tanto è vero che aveva cominciato a sudare, perfino in maniera copiosa, anche se a quell’ora il sole era ancora pallido ed i suoi raggi non battevano ancora con forza. Raggiunse ben presto viale Ungheria. Rifiutò garbatamente un quotidiano gratuito che un ragazzo distribuiva nei pressi della stazione al fine di rendere il viaggio dei pendolari meno noioso : aveva già in mano il quaderno, e costituiva già un ingombro abbastanza importante. E poi, in fondo, quel breve viaggio l’avrebbe trascorso in compagnia del suo amico fidato Antonio, non avrebbe avuto il bisogno di leggere e di distrarsi.

    — No, grazie — disse Alfonso al giovane che aveva nella sua mano destra e sull’avambraccio una corposa pila di quotidiani. Continuò a camminare, fin quando alla sua vista apparvero i giardinetti che erano un preludio al pianoro della stazione. Mentre passeggiava alzò lo sguardo in modo quasi investigativo, col solo fine di capire se il suo amico, quello con il quale aveva stabilito l’ appuntamento, fosse arrivato o meno. Girò la testa a destra e a sinistra, ma di Antonio non vi era nemmeno l’ombra. Poi fece per guardare meglio, nei giardinetti, vicino al tabaccaio, in fondo alla piazzetta, ma non trovò nulla. Anzi, vide alcuni pendolari e diversi gruppi di ragazzi dotati di zaini, costumi e palloni, che avevano il chiaro obiettivo di trascorrere una piacevole giornata al mare. Alfonso li invidiò, ma poi pensò che a breve anch’egli avrebbe potuto recarsi al mare. Questo pensiero gli risollevò il morale. Si appressò all’ingresso della stazione dotato di grosse vetrate perfettamente trasparenti. Anche dentro Antonio non c’era. Non mi resta che aspettare, pensò Alfonso. Estrasse il cellulare dal borsello allo scopo di informarsi sull’orario. Erano effettivamente le 7.55, l’orario dell’appuntamento. Si piazzò nei pressi del varco dello scalo ferroviario, voltando le spalle all’edicola ed ai binari sottostanti. Fissò il suo sguardo all’orizzonte, esaminando accuratamente la piazza nella sua totalità. E scorse forme e colori diversi, persone, auto, moto, negozi, il sole ed il cielo sopra di lui. Aspettò. Guardò di nuovo l’orario : erano le 7.57. Sbuffò. Poi finalmente, da lontano, vide apparire la sagoma inconfondibile del suo più caro amico, colui che conosceva ogni sua impresa. Era leggermente in ritardo, pensò Alfonso. Ma se Antonio fosse stato già munito del titolo da viaggio, allora quel benedetto treno non l’avrebbero perso. Antonio era ben consapevole di essere in ritardo, e per questo procedeva con un passo ritmico e veloce. Anch’egli indagò, osservando i giardinetti e poi il pianoro antistante la stazione allo scopo di notare il suo amico. Non vedendolo, buttò l’occhio verso l’edificio dello scalo ferroviario, e finalmente lo vide. Indi accelerò. I due presero a fissarsi negli occhi quando erano ancora ad una ventina di metri di distanza l’uno dall’altro. Entrambi sorrisero e si incamminarono venendosi incontro. Alfonso notò che, così come lui, Antonio stringeva nella sua mano destra un quaderno blu.

    — Ciao caro! — esordì Alfonso.

    — Ciao Alfò. Tutto bene?

    — Tutto a posto, ringraziando Iddio.

    — Scusami, ma sono in ritardo. Non ho sentito la sveglia stamattina!

    — Non preoccuparti — disse Alfonso.

    — Dopotutto, sei in ritardo solamente di tre minuti…non è un ritardo grave!

    — Lo so, ma ti chiedo scusa lo stesso.

    — Scuse accettate. A proposito, ti volevo chiedere una cosa…

    — Che cosa? — domandò curioso il mite Antonio.

    — Ce l’hai già il biglietto o lo devi ancora acquistare?

    — Beh, in verità non ce l’ho…

    — Cavolo, questo può essere un problema. Va bene, allora compralo alla svelta.

    — Certo! — disse Antonio, mentre tutto trafelato si appropinquava alla biglietteria. Trovò una fila breve : tre persone lo precedevano. Sbuffò nervosamente, anche perché sapeva di non avere molto tempo a disposizione. La prima persona, dopo aver preso il titolo da viaggio, lasciò la fila. Solo due persone. Guardò l’orologio digitale della stazione : 7.59. Ancora un minuto, un solo minuto. Mai come quella volta, Antonio sperò che il treno facesse ritardo, anche un minimo ritardo. Un altro uomo si spicciò, mentre Antonio fremeva col denaro tra le mani. Alle 8 in punto, il campanello che indicava il prossimo arrivo del treno in direzione Sorrento trillò. Alfonso attendeva al centro del locale, nei pressi dell’edicola, immobile.

    — Antò, fai presto! — gridò Alfonso non appena si accorse dello squillo.

    — Ci siamo quasi — rispose Antonio. Quindi giunse finalmente il suo turno.

    — Un biglietto per sant’Antonio — disse rivolto al bigliettaio. Il computer ronzante partorì il titolo da viaggio in breve tempo. Appena Antonio lo ebbe tra le mani scattò via. Alfonso, nel frattempo, aveva già oltrepassato il varco dopo aver inserito il biglietto nella macchinetta obliteratrice, che aveva spalancato automaticamente le sue porte vitree. Antonio fece lo stesso. Oltrepassò la mini barriera. In quel preciso istante, il treno per Sorrento sopraggiunse nella stazione. Accompagnò il suo arrivo con un fischio molto acuto. I due compari sapevano benissimo che se volevano prendere quel treno sarebbero stati costretti a correre all’impazzata su per le scale. Si guardarono per un lungo istante negli occhi, poi scattarono senza dire nulla. Saltarono su per la rampa di scale e poi corsero lungo il ponte che conduceva alla banchina più lontana, laddove avrebbero avuto accesso al treno. Schivarono diverse persone e poi saltarono giù per l’ultima rampa. Nel frattempo il macchinista aveva già aperto le porte, e la maggior parte dei passeggeri era entrata. Il rumore elettrico che significava l’imminente chiusura delle porte automatiche si attivò. Alfonso riuscì ad accedere al convoglio per primo, dato che aveva corso più velocemente del suo amico. Decise di mantenere le porte per evitare che si chiudessero, provocando in tal modo un leggero ritardo nella partenza. Per fortuna riuscì nel suo intento. Si oppose alla chiusura delle porte con tutta la forza che aveva in corpo in quel momento. Poi urlò : — Dai, Antonio! Dai!

    Il giovane con un balzo oltrepassò la soglia, dopodiché le porte si richiusero emettendo un rumore sordo. Ce l’avevano fatta! Giubilanti, si diedero il cinque. Il treno partì. Il rumore delle rotaie si fece intenso, più forte di ogni altro suono. Quel treno era abitato da pendolari, ma soprattutto da pendolari del mare, coloro cioè che prendevano la Circumvesuviana per recarsi nelle note località balneari della costiera sorrentina, principalmente Vico Equense, Meta e Seiano. Alfonso ed Antonio non si accomodarono sui sedili plastificati, benchè ce ne fossero parecchi liberi. Sarebbero dovuti scendere infatti alla prima fermata, alla stazione di sant’Antonio, la quale prendeva il nome dalla vicina chiesa dedicata proprio al miracoloso santo vissuto a Padova. Dopo aver accelerato, il treno toccò la velocità di 80 chilometri orari, percorrendo un tratto privo di curve. Alfonso osservava rapito la cabina del macchinista, dove era posto un contachilometri e poi altri comandi che consentivano di governare il treno, il freno e la leva dell’acceleratore. I due amici non si scambiarono altre parole, e trascorsero il breve viaggio a guardare fuori attraverso le vetrate opache delle porte. Il treno giunse in campo aperto. Qui si poteva ammirare tutta la magnificenza del golfo di Napoli, la penisola sorrentina, l’isola di Capri, e più in là Ischia e Procida. Dal lato diametralmente opposto si ergeva la figura imponente del Vesuvio, tutto punteggiato da macchie di vegetazione. Dopo poco più di un minuto da quando era ripartito, il treno iniziò a decelerare, segno che la prossima fermata era ormai vicina. In pochi secondi si fermò del tutto, dopo aver compiuto alcuni sobbalzi. Le porte automatiche si spalancarono e la gente cominciò ad uscire. Si trattava di poche persone in verità. Tra questi, anche Antonio ed Alfonso, coi loro graziosi quaderni in bella mostra. In pochi secondi lasciarono la stazione alle proprie spalle e si immisero in via Lamaria, una strada che scendeva fino a giungere nei pressi della già menzionata

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