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L'ultimo ballo è per noi
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Ebook135 pages1 hour

L'ultimo ballo è per noi

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About this ebook

Esiste qualcosa di più eccitante del tango? Certo. Una coppia di giovani maschi innamorati consumati dal desiderio e dalla passione, capaci di ballare proprio come di fare l’amore. E se le coppie invece di una fossero tre? Allora nella milonga queer più stilosa della città può davvero succedere di tutto, perché la vita (e soprattutto l’amore) è quella cosa che accade mentre siamo impegnati a fare progetti.
Qui di seguito un breve estratto.

“Il tango è un ballo meraviglioso che aiuta a tirare fuori le emozioni, trasformandole in una sorta di recita che le svuota di ogni carico di aggressività eccessiva. Così, quando Marc tornò nuovamente in posizione di partenza, lui non si sentì minimamente minacciato; questo nonostante l’insegnante stesse esercitando una notevole pressione mentre lo sovrastava. I loro respiri si mescolarono, arrivando a nutrirsi l’uno dell’altro, affamati di un’aria particolare.
«Non è giusto: questa è una faccenda che riguarda anche te. Gli amori che facciamo nascere ci toccano comunque… È così che deve essere.»
«Potremmo stare a discuterne per ore, ma non ne ho voglia. Diciamo semplicemente che mi dispiace perché non posso ricambiare…»
La ragionevolezza si sarebbe potuta tagliare a fette, nella voce di Xavier, ma lui era quel tipo di uomo capace di laurearsi in ingegneria civile per continuare a tirare su muri immaginari di castelli in aria.
«Lo so, però questo è un problema solo tuo. Vedi la vita com’è curiosa? È questione di punti di vista; io sono un tipo paziente e posso aspettare. E non certo con lo spirito di chi siede in riva al fiume… Io ballo il tango.»”
 
LanguageItaliano
PublisherMarta Heller
Release dateJun 18, 2018
ISBN9788828336563
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    L'ultimo ballo è per noi - Marta Heller

    L'ULTIMO BALLO È PER NOI

    MARC&XAVIER

    La luce illuminava la sala da ballo solo per modo di dire e l'effetto era piuttosto deprimente. D'altra parte, poche cose sapevano essere più tristi di un luogo che doveva gran parte del proprio fascino al volteggiare di coppie cariche di lustrini, quando questo risuonava solo dei passi di un facente funzioni. E se ciò era vero nella prima versione del locale, con il cambio d'indirizzo si era accentuato ancora di più.

    Una volta che l'idea si era fatta largo nelle loro teste, qualcosa di simile a un albero di Natale fuori stagione aveva illuminato il loro cuoricino. Né lui né suo fratello avevano avuto il coraggio di dar subito voce alla follia che li agitava, eppure il seme era germogliato in entrambi allo stesso modo e, probabilmente, nello stesso momento.

    La prima milonga queer della città. Un luogo dove le ferree regole che vedevano l'uomo condurre e la donna seguire, potevano essere abbandonate ancora prima di calcare il parquet della sala da ballo: il tango veniva ricondotto alla sua essenza primigena, fatta di passione cieca e seduzione esplicita. Niente differenze di genere, solo la capacità di comprendere le proprie inclinazioni e quelle altrui.

    Per un po' nessuno dei due ne aveva fatto parola, nonostante la reciproca conoscenza suggerisse un lavorio interiore; poi, però, il progetto cominciò ad abbandonare l'iniziale natura, caratterizzata dalla vaghezza destabilizzante delle idee folli e si trasformò in tutt'altro. Anche loro erano destinati a cambiare, evidentemente.

    Quale fosse il ruolo che il destino gli aveva riservato, beh...

    A distanza di tempo sentiva di avere la risposta giusta: era chiamato a ricoprirli tutti, 'sti gran cazzi di ruoli!

    L'ultimo periodo lo aveva visto in trincea e non certo per sua scelta. D'altra parte, se si fosse consegnato spontaneamente a quella situazione, quella sensazione di catene dalle dimensione erculee avviluppate al collo sarebbe stato un tantino meno presente. Doveva essere stato qualcuno in condizioni molto simili a coniare il detto se vuoi far ridere Dio, parlagli dei tuoi progetti.

    Il vecchio equalizzatore continuava a farlo dannare e presto avrebbe avuto difficoltà a trovare pezzi di ricambio: quella sera sentiva più forte che mai la tentazione di cacciare fuori tutto dalla finestra per far entrare il nuovo secolo. All'origine della sua frustrazione, le pessime manie del fratello. Non gli bastava riempire  casa di cianfrusaglie elettriche (archeologia elettronica, nel migliore dei casi) che non funzionavano e, a giudicare dal loro aspetto, si faticava a credere che lo avessero mai fatto, ma aveva trasferito quel fottuto passatempo al Corazon de Buenos Aires.

    La sala da ballo era davvero un disastro, ma lui ormai aveva rinunciato a combattere.

    "Non voglio sentir parlare di domotica qua dentro, né ora né mai!"

    Domotica? Ma che cazzo é la domotica! Mi basterebbe poter usare il portatile per gestire i livelli di suono delle casse... Casse leggermente diverse da quelle che abbiamo ora e da cui mi aspetto sempre di ascoltare i messaggi in codice di Radio Londra!

    E l'atmosfera? Dove la metti l'atmosfera?

    Dove metterei un sacco di cose che ti riguardano!

    Era ancora nel bel mezzo di una crisi tecnica che vedeva coinvolte parti dell'apparecchio che, ne era certo, la maggior parte delle persone non aveva mai avuto occasione di sentir nominare, quando lo sentì arrivare.

    E sentire era un termine quantomai adeguato, visto che il visitatore aveva cominciato a gridare appena varcata la porta al piano superiore. Porta dotata di un grazioso suono d'allarme sotto forma di scala armonica, del tutto coperta da un potentissimo «Sebaaaaaaaaaastian!!!…»

    Colui che aveva emesso cotanto richiamo scese le scale col passo leggero e poco disposto a restare ancorato al suolo, così tipico in coloro che danno ospitalità sulla spalla alla scimmia del ballo.

    Fece così la propria comparsa un personaggio presumibilmente piuttosto attraente, la cui età veniva celata dalla poca luce disponibile della lampada da tavolo puntata sul reperto tecnologico.

    L’uomo dietro il bancone pensò che sarebbe stato carino arrivare al quadro elettrico per ripristinare l'illuminazione generale: peccato che lui non avesse nessuna intenzione di mostrarsi tale, specie con un tipo capace di entrare solo perché qualcuno aveva dimenticato di chiudere la porta a chiave. Era invece sicuro di aver appeso il cartellino con la scritta chiuso verso l'esterno, quindi godeva del pieno diritto di scegliere se essere burbero o meno.

    Decise che non avrebbe sparato all'intruso, ma non si sarebbe certo sbattuto per raggiungere l'interruttore principale. Qualcosa dovette trasparire all'esterno, perché lui lo guardò con l'aria perplessa di chi a Natale riceve un regalo di cui ignora l'utilizzo.

    «Posso fare qualcosa per te?»

    L'eccesso di confidenza dell'utilizzo del tu privo di formalismi, a sottintendere quanto poco gli importasse rendersi utile al nuovo arrivato. Avrebbe potuto dimostrarsi ben più diretto ma, d'altra parte, chi aveva dimenticato di chiudere la porta per bene era stato lui, quindi...

    «Sto cercando Sebastian.»

    «Chi?»

    Era una domanda proforma, ma in qualità di burbero autorizzato poteva porne quante voleva.

    «Bastiano… Il proprietario di questo posto, nonché insegnante di ballo, nonché... Beh, insomma, lo conosce oppure no?»

    Il bell'uomo (adesso che era a favore di luce la prima impressione risultava confermata e il range ipotetico dell'età si riduceva) non ci stava alla forzatura dell'uso del tu, lasciando intendere che loro due non avevano mai pascolato le mucche insieme e lui se lo ricordava benissimo.

    «Stai parlando di un tipo non troppo alto... No, anzi, per meglio dire basso, magro in maniera imbarazzante, erre francese che si sente anche quando pronuncia le altre lettere e un parrucchino stile Donald Trump?»

    Il nuovo arrivato inarcò un sopracciglio.

    «Detto così lo fai sembrare davvero ripugnante... Comunque sì, sto parlando di lui. Allora, lo conosci?»

    «Mi piacerebbe risponderti di no, ma in realtà so chi è da quando sono nato... È mio fratello maggiore, e non riesce proprio a resistere alla tentazione di internazionalizzare il suo nome. A proposito, io sono Marc.»

    Tese la mano convinto di scambiare una stretta, se non proprio vigorosa, almeno normale, ma l'intruso ignorò il gesto, offrendo in cambio la mano chiusa a pugno, in un gesto molto gangsta-rap. O almeno così credeva lui. La faccenda si chiuse con un nulla di fatto da entrambe le parti. Tecnicamente, più che uno zero a zero somigliava a un simultaneo abbandono del campo.

    «Molto lieto. Mi chiamo Xavier e adesso sono obbligato a chiederti dove posso trovare Sebastian.»

    «Non c'è problema. Direi da qualche parte a Buenos Aires.»

    «Ma di cosa stai parlando?»

    «Della capitale dell'Argentina, se non é stata modificata a mia insaputa.»

    «Sì, so dove si trova e no, é ancora a tutti gli effetti la capitale. A parte questo... Cosa cazzo é andato a fare Sebastian a Buenos Aires?»

    Marc gonfiò il petto, vittima di un insano desiderio di pavoneggiarsi. Sentiva di averne titolo, poiché era tutto merito dell'opera di convincimento che aveva messo in atto con certosina pazienza, e non gli capitava spesso di segnare punti a proprio favore quando c'era di mezzo suo fratello.

    «L’ho spedito là per perfezionare un'idea messa a punto solo sulla carta. Beh… Solo non è una descrizione precisa: ho sputato l'anima per quel progetto e, una volta ottenuta la quadratura del cerchio, mi sono accorto che non avevo nemmeno cominciato ad affrontare la parte più rognosa della faccenda, ovvero convincere Bastiano. Mi ha guardato con la sufficienza riservata a qualcuno che s'impegna tanto, ma che è destinato a non raggiungere mai i traguardi che si prefigge. Mi sono sorbito l'elenco particolareggiato dei punti deboli del mio piano, e non è stato per niente bello. L'ha piantata solo quando gli ho dato ragione su tutto e ho accettato il suo aiuto in loco. Lui è là a supervisionare il progetto e io sono qui a insegnare tango.»

    Che avesse accettato il suo aiuto dopo le sue insistenze era una balla di dimensioni colossali. Marc si era messo praticamente in ginocchio, pur di convincere Bastiano a impegnarsi nel far decollare la nuova scuola.

    Il fatto era che suo fratello riusciva meglio di lui in qualunque cosa avesse a che fare con gli aspetti pratici del vivere quotidiano: poca capacità d'improvvisare, ma ordine e precisione si manifestavano full-time.

    A Marc era toccato un bel fisico, un sorriso invidiabile e occhi azzurri che catalizzavano l'attenzione di chiunque e dovunque. Non un vantaggio da poco, e ne era perfettamente consapevole, eppure non funzionava sempre.

    Come con Xavier in quel momento, ostinatamente interessato solo ad avere informazioni su Bastiano. Anzi, Sebastian. L'intruso non era giovanissimo, nonostante l'aspetto da copertina. Quei muscoli non te li regalava Babbo Natale dalla sera alla mattina, per quanto la letterina potesse risultare accattivante... Visto dove si trovava e le conoscenze che stava vantando, non era un azzardo pensare che si potesse trattare di un ballerino professionista, o almeno di un dilettante che traboccava di entusiasmo.

    Si ritrovò a domandarsi quanta abilità Xavier avrebbe potuto mostrare nel giusto trastullo sotto le lenzuola; pensiero indolente che, cosa strana, aveva impiegato più tempo del solito a manifestarsi dentro di lui. A sua discolpa (ammesso che una serie di pigre riflessioni sulle ipotetiche performance sessuali avessero bisogno di scuse, per aver tardato ad affollare la sua testa) la somma degli impegni di una giornata faticosa, e il bisogno di cominciare ad organizzare i giorni ancora a venire. Poi era entrato come uno che non ha bisogno di permessi particolari, e di fronte a questo Marc somigliava a certi cagnolini che si trovano a custodire un cancello, impegnati a comunicare al mondo intero che valicare il limite equivaleva a candidarsi a una brutta fine, parola di batuffolo peloso.

    Il fatto che lui avesse invaso i sacri territori del Corazon de Buenos Aires, mostrando così la massima indifferenza

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