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Eternity. Libro V e Libro VI di Nemesis.
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Eternity. Libro V e Libro VI di Nemesis.

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La saga di Nemesis prosegue nel Libro V e VI raccolti nel volume “Eternity”, con un intreccio di eventi inquietanti nella realtà alterata di un’era post-atomica ipertecnologica. Le indagini su una catena di omicidi e inspiegabili scomparse simultanee vedono districarsi l’ispettore Alan Sinclair, la reporter Julia Conrad e l’hacker Antonio in dimensioni parallele dove il confine tra il vero e la simulazione diviene indecifrabile, mentre il fallout radioattivo incombe sul pianeta e nell’ombra i poteri tramano l’uno contro l’altro nella contesa tecnologica per l’immortalità. Insidie in agguato, tormenti esistenziali e avventure rocambolesche dalle coste del northwest al Chiapas e dentro la realtà virtuale di Eternity, determineranno le scelte più estreme, sconvolgendo le vite dei protagonisti in uno scenario sempre più surreale. 
LanguageItaliano
PublisherEva Milan
Release dateJun 22, 2018
ISBN9788828339236
Eternity. Libro V e Libro VI di Nemesis.

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    Eternity. Libro V e Libro VI di Nemesis. - Eva Milan

    Nemesis

    Immortality

    Libro V di Nemesis

    Capitolo 1 – Tutto finito

    Avvertiva un’insolita pesantezza nelle gambe, mentre percorreva Second Avenue in direzione Madison. Nembi rigonfi di antracite sovrastavano i grattacieli, nell’aria umida e immobile. L’autunno era tiepido e Julia si accaldò nella camminata. La pioggerella fitta e leggera del nordovest depositava una specie di rugiada sul giubbotto. Staccò gli occhi dal marciapiede da cui aveva raccolto tutti i pensieri e si lasciò bagnare il volto da quello spruzzo sottile. La decadenza del Nyx aveva impregnato le vie di Seattle di un grigiore velato. Le strade trascinate nell’apatia, nessuna luce al neon, nessuno schermo, né insegne spettacolari a celebrare il dominio glorioso di Arcadia. Nessuna traccia di Arcadia. Il Nuovo Mondo per uno strano incantesimo regnava altrove, in un continente lontano, in Russia [¹] . Restò disorientata in una specie di delusione. Delusione verso sé stessa, per aver provato un’irrazionale nostalgia per quel mondo illusorio che lei stessa aveva combattuto.

    Trasse un sospiro nell’avvistare due giovani impegnati in un’animata conversazione di fronte a una libreria, sul lato opposto della strada. Attraversò Second Avenue inevitabilmente attratta nella loro direzione. Sbirciò nella vetrina della libreria, riconoscendo alcuni saggi di politica internazionale e giornalismo, e sorrise tra sé e sé nell’intercettare il dialogo tra i due a poca distanza, riguardava l’arresto dei vertici di una nota multinazionale di biotecnologie.

    Rinfrancata da quel contesto ordinario che in Arcadia era sempre stato un miraggio, riprese a camminare. La pioggerella era cessata, la pesantezza delle gambe era rimasta tale e quale. Intravide la punta dello Space Needle oltre gli edifici. I vertici della multinazionale in arresto erano ovviamente i McKindle [²] , accusati della contaminazione radioattiva nello stato di Washington. Ma nella realtà attuale, nessuno a Seattle conosceva la verità sul dominio di Arcadia e la creazione della Croce Blu di cui i McKindle erano stati complici. Lo sfasamento degli universi paralleli di AltReality [³] che aveva fatto piombare la costa del nordovest nel Nyx, aveva reso irricevibili i dettagli della sua inchiesta sulle origini di Arcadia, impossibile dimostrare le cause del conflitto geopolitico in corso e le responsabilità del governo USA. Lungo il percorso, questi pensieri la trascinarono in un vortice. Nulla era cambiato, in realtà. Stessa impotenza, stessi muri invalicabili.

    Ebbe un capogiro. Alzò gli occhi dall’asfalto… dove mi trovo? L’ingresso sconosciuto di un parco di fronte a lei. La netta sensazione di non sapere più in quale luogo e in quale tempo. Le gambe come cemento. Smarrimento e panico.

    Il suo avversario mosse la torre con un gesto secco, lasciandolo di sasso all’impietoso annuncio.

    - Scacco matto.

    Sinclair strabuzzò gli occhi.

    - Accidenti Ingegnere, non mi avevi detto di essere un genio anche negli scacchi…, - mormorò esterrefatto.

    Antonio rise.

    - Io stesso non ne avevo idea, Ispettore.

    Sinclair si alzò dalla sedia con gli occhi incollati alla scacchiera, alla ricerca di una possibile spiegazione del suo errore tattico, mentre si infilava una sigaretta tra le labbra. Sorrise beffardo puntandogli l’indice contro.

    - Non me la racconti giusta Antonio. Mi hai nascosto di essere un esperto giocatore?

    Antonio alzò le mani, sgranchendo a sua volta le gambe, e accettò una sigaretta offerta dall’Ispettore.

    - Le giuro che non sono mai stato un esperto di scacchi in vita mia!

    Sinclair riempì un bicchiere di birra e glielo passò, tormentandosi la barba.

    Antonio accese la sigaretta, guardandolo accigliato.

    - Novità sul caso dell’hacker BlueKY [⁴] …?

    L’ispettore scrollò il capo.

    - Nessuna. Mi è stato ordinato di archiviare l’inchiesta, - disse, rivolgendogli uno sguardo inquieto.

    Antonio restò per un momento in silenzio. Decise che non era il caso di lasciar correre.

    - Non può archiviarla, Sinclair. È un omicidio di Stato.

    Sinclair alzò un sopracciglio.

    - Non possiamo dimostrarlo, - rispose categorico.

    - L’inchiesta di Julia su Operation Apocalypse [⁵] può farlo, - ribatté Antonio.

    L’ispettore si bloccò per un istante, a scrutarlo diffidente.

    - Alan…, - Antonio sospirò, - se tu mi dessi ascolto per un momento, potrei mostrarti tutta la documentazione.

    Sinclair prese un’intensa boccata di sigaretta e soffiò il fumo restando a fissarlo negli occhi. Gettò lo sguardo sul videotelefono che Antonio stava raccogliendo dal tavolo.

    - Che diavolo è quello? - gli chiese inquisitorio.

    Antonio restò per un momento spiazzato, osservando l’aggeggio familiare che possedeva da anni.

    - È un videotelefono, - rispose spazientito. Glielo mostrò. - Un videotelefono di Arcadia, Alan.

    - Mmh… e come hai fatto ad averlo? Sei stato in Russia?

    - No, - disse ulteriormente irritato. - L’ho avuto qui. Tutti ne avevano uno qui, in Arcadia. Anche tu.

    Sinclair aggrottò la fronte.

    - Come fai a farlo funzionare? Qui non siamo in Arcadia!

    Antonio sbuffò.

    - È collegato alla rete Nyx. Funziona perfettamente, - appena pronunciate queste parole, la suoneria si accese annunciando una videochiamata. - Vedi? Funziona, - disse sarcastico, mentre Sinclair seguitava ad osservarlo scettico.

    Vide Julia sul monitor.

    - Amore, - le disse.

    - Hey… ti disturbo? Sei da Sinclair?

    - Sì, ma non disturbi, stavo per andarmene… tu dove sei?

    - Ecco, io… non lo so.

    La guardò interrogativo.

    - Che significa? Non dovevi andare in redazione?

    - Sì, ma… mi sono persa…

    Antonio aggrottò le sopracciglia.

    - In che senso ti sei persa? Dove?

    - A downtown… ho avuto una specie di attacco di panico… non so più dove mi trovo…

    Antonio avvertì un istantaneo senso di panico a sua volta.

    - Vengo a prenderti, non ti muovere. Ti localizzo il microchip, - disse risoluto, mentre afferrava il giubbotto dalla spalliera della sedia. Si diresse tempestivo verso la porta, rivolgendosi a malapena a Sinclair. - Ci sentiamo dopo, Ispettore, - uscì frettoloso, lasciandolo spiazzato.

    Microchip…? s’interrogò Sinclair.

    Lo vide avanzare attraverso il parco con l’andatura sostenuta, dalla sua solitaria postazione sulla panchina. Mentre lo osservava avvicinarsi, dapprima pensieroso, poi sorridente, il panico svanì lasciando il posto a quel senso di salvezza. Era l’essere più bello che avesse mai visto. Quando le fu abbastanza vicino, Julia si alzò trattenendo a stento le lacrime.

    - Hey…, - disse lui, prima di abbracciarla. La tenne stretta per un po’. - È tutto ok, sono qui…, - appoggiò la fronte alla sua, poi la baciò. - Ti accompagno in redazione?

    Lei scosse la testa.

    - No, andiamo a casa…, - disse quasi implorando.

    La cinse con un braccio alle spalle e si avviarono senza dire una parola verso il pick-up parcheggiato appena all’esterno del parco.

    Una volta nell’auto, prima di accendere il motore la guardò accigliato.

    - Che è successo?

    Julia sembrava confusa.

    - Non lo so… ero sulla Second in direzione Madison, presa da mille pensieri… senza rendermi conto mi sono ritrovata nel parco, - disse, guardando nel vuoto oltre il parabrezza. Lui restò ancora un momento a guardarla, poi avviò il motore.

    Entrando in casa, furono assaliti dall’aroma intenso di qualche prelibatezza che Grace stava preparando in cucina. Si voltò sorpresa oltre il bancone nel vederli già di ritorno, sfilandosi il grembiule.

    - Non vi aspettavo così presto! - esclamò.

    - Per la verità non ce lo aspettavamo nemmeno noi, - disse Antonio, andando subito a curiosare tra le pentole sul fuoco. - Mmh, ma è andata meglio così, o ci saremmo persi questo pranzo!

    Grace smorzò il sorriso vedendo che Julia era già filata al piano di sopra. Guardò Antonio perplessa.

    - È tutto ok?

    - Sì, - minimizzò lui, mentre assaggiava la salsa dello spezzatino col mestolo. - Abbiamo solo fatto prima del previsto.

    Grace sembrò sollevata.

    - Allora mi posso congedare in anticipo, - disse allegramente, dirigendosi verso il divano dove aveva lasciato borsa e giacca. - La bambina ha mangiato e si è addormentata poco fa, avrete tregua per un po’!

    Antonio annuì sorridente oltre il bancone.

    Mentre si avviava alla porta, Julia le andò incontro per salutarla. Raggiunse Antonio che si stava aprendo una birra e assaggiò a sua volta lo spezzatino.

    - Ci penso io qui, - disse Antonio, - tu rilassati amore…

    Julia sembrava essersi ripresa. Si avvicinò con lo sguardo trasognato.

    - Non ho voglia di rilassarmi…, - mormorò accostandosi per scorrergli entrambe le mani sul torace.

    Restò per un attimo sorpreso, ma ci mise solo un secondo a stringerla, infilargli una mano ardente sotto la maglietta e baciarla voracemente.

    - Andiamo di sopra…, - sussurrò tra quelle labbra affamate.

    - Come sei tradizionalista…, - rispose lei.

    - Moltissimo… lo sai che sono un animale selvatico… ho bisogno di rintanarmi…

    Lei fece una risatina.

    Dopo mezzora stavano avvolti nel letto, con le labbra e i corpi impossibilitati a separarsi, mai sazi. Di amare Julia, di amare Antonio. Julia sembrava aver dimenticato la strana disavventura di quella mattina. Ora completamente immersa in quello stato di oblio, appagata dall’infinita estasi che condivideva ogni volta con Antonio. Null’altro contava, nella sua vita, nel mondo, solo Antonio e Joy, pensò in quell’istante.

    Lui riuscì a scostarsi per divorarla con gli occhi e trattenerle il volto e i capelli scompigliati tra le mani.

    - A che pensavi? - le chiese con urgenza.

    - Che sei tutta la mia vita…

    Lo sguardo desideroso di Antonio si illuminò in un sorriso.

    - Intendevo questa mattina, sulla Second…

    Lei restò a fissarlo senza perdere la luce che la visione onirica di Antonio le accendeva negli occhi.

    - Che è tutto finito, - rispose senza riflettere.

    Restò trafitto da quella pugnalata. Scosse leggermente la testa.

    - Nulla finisce, tutto ricomincia…, - disse lui di getto, citando Sisifo [⁶] .

    Le strappò un sorriso.

    - Sì, ma nel ricominciare, tutto è già finito, - ribatté lei.

    Lui si sistemò l’avambraccio sotto la guancia, interessato a ciò che lei aveva detto.

    - Intendi dire che la realtà finisce, mentre l’illusione si ripete?

    Julia abbassò per un attimo lo sguardo. Poi tornò ai suoi occhi.

    - No, intendo dire che il mondo sta morendo.

    Seconda pugnalata. Prese ad accarezzarle la guancia, rabbuiato.

    - Si può sapere che ti prende?

    Lei sospirò.

    - L’ho sentito chiaramente oggi, mentre camminavo a downtown. Arcadia ora è in Russia, ma noi restiamo prigionieri. Niente è cambiato, non possiamo nulla…

    Antonio persisteva nel suo sguardo apprensivo.

    - No, - rispose deciso. - Non puoi mollare così.

    - Non sto mollando…, - rispose lei sulla difensiva.

    - Sì invece, - insistette lui. - Ricordati chi siamo, che ci siamo. E che abbiamo Joy.

    - Infatti sono le uniche cose che contano, - mormorò lei.

    - No, - ripeté lui. - Non così. Non come un rifugio… non come fuga… è vita, capito?

    Lei gli scorse una mano sul capo, tra i capelli.

    - Le notizie che arrivano in redazione sono terrificanti…, - disse Julia, con voce flebile.

    Lui aggrottò le sopracciglia.

    - Che notizie?

    - I livelli delle radiazioni, nel mondo…

    - Nel mondo dove?

    - Ovunque…

    Restò per un momento pietrificato.

    - Voglio vedere i dati, - rispose drastico. - Le fonti?

    - Più d’una… verifiche incrociate già eseguite…

    Antonio sentì mancargli il respiro.

    - Perché non me lo hai detto prima?

    - Le conferme sono arrivate ieri…

    Si staccò da lei, determinato ad alzarsi.

    - Vado a chiamare Joseph.

    Julia si sollevò sui gomiti.

    - Pilger. Devi parlare con Pilger…

    Si bloccò a guardarla mentre afferrava la maglietta. Annuì. Tornò a sporgersi sul letto per un bacio, prima di scendere nel suo studio.

    Capitolo 2 – Grandi progetti

    " I dati forniti dai dieci maggiori istituti per il monitoraggio della radioattività di diversi paesi occidentali coincidono nella drammatica conferma che i livelli medi delle radiazioni in tutto il globo hanno superato i valori massimi per la sicurezza della salute umana, con picchi considerati potenzialmente mortali in diverse zone dell’Europa, della Russia, dei paesi dell’ex Unione Sovietica e sulla costa orientale degli Stati Uniti. Sebbene in alcune di queste zone siano in corso le operazioni di bonifica mediante la diffusione del geobacter, i livelli nelle aree più esposte restano al di sopra della soglia di allarme, in particolare nei paesi dell’Europa centrale e nello Stato del New Jersey […]"

    Iniziava così l’articolo che John Pilger aveva appena finito di scrivere per New World Report, il nuovo giornale di Nemesis diffuso nell’area del Puget Sound. Era assorto sul monitor nella rilettura del suo pezzo, quando notò gli altri colleghi radunati di fronte allo schermo al centro della redazione, senza afferrare cosa stesse accadendo. Spostò lo sguardo sulle immagini, era in onda il tg della CBS. In studio, il conduttore stava intervistando un ospite, alle loro spalle si stagliava una mappa del mondo. Pilger decise di alzarsi e raggiungere gli altri per capirci qualcosa.

    - Dunque lei ritiene inattendibili le notizie circolate in questi giorni su alcune testate indipendenti? - domandava il conduttore.

    In basso all’inquadratura dell’ospite comparve una didascalia, George Ferguson, portavoce dell’EPA [⁷] . L’esperto aveva stampato in faccia il vago sorriso distaccato di chi la sa lunga. Annuì prima di rispondere.

    - Non direi inattendibili, ma da verificare e prendere con le dovute cautele. Sappiamo che nella situazione caotica in cui versiamo circolano moltissimi dati infondati e la maggior parte di questi non hanno altro scopo che creare falsi allarmi, spesso smentiti dai dati in possesso dell’EPA. Al momento noi possiamo soltanto confermare che la situazione, rispetto a un anno fa, è nettamente migliorata grazie ai numerosi interventi di bonifica ambientale.

    Pilger scuoteva la testa, in aperto dissenso con quanto stava ascoltando.

    Nella sorpresa generale, il conduttore mostrò alla telecamera la prima pagina del NWR. Pilger spalancò gli occhi, l’inquadratura mostrava proprio il suo pezzo andato in stampa il giorno precedente, in cui si anticipava la notizia dell’allarme radioattivo.

    - Il New World Report, ad esempio, - disse il giornalista, - ieri titolava, Si teme la diffusione di livelli mortali di radioattività in tutto il mondo. Nel sottotitolo, si riporta, Domani i maggiori enti mondiali per il monitoraggio della radioattività ambientale rilasceranno i dati aggiornati… lei definirebbe questi titoli allarmisti?

    L’ospite annuì deciso.

    - Assolutamente, anche alla luce del fatto che tutti gli enti che oggi hanno diffuso i dati a cui si riferisce l’articolo, non hanno ancora sottoposto le loro conclusioni alla verifica dell’EPA.

    - Ma cosa diavolo stanno dicendo? - reagì Pilger, alzando la voce.

    In molti si voltarono verso di lui. Peter Fisk, poco distante, scosse la testa rassegnato.

    Lilith, che si trovava accanto a Fisk, fissò Pilger rabbuiata.

    - Giochiamo a trova le differenze con Arcadia Tv, - disse sarcastica.

    - Ce ne sono? - ribatté Pilger disgustato.

    In quel momento lo raggiunse Said, riferendo che Conrad chiedeva di lui. Pilger si affrettò a presentarsi da Joseph al piano di sopra. Lo trovò dietro la scrivania, in collegamento con Antonio sul monitor.

    - Ah, eccoti John, - lo accolse Conrad, - c’è Antonio in linea, vorrebbe da te qualche dato più preciso sui monitoraggi…

    Vide l’amico hacker incupito e gli rivolse uno dei suoi sorrisi rassicuranti.

    - Hey Mayfair, come andiamo?

    Antonio nel vederlo distese l’espressione per un attimo.

    - John, - disse, tornando apprensivo, - è davvero catastrofica la situazione? Dimmi solo questo.

    Pilger esitò un istante. Poi, sempre con estrema serenità, si pronunciò senza filtri.

    - Sì.

    Passarono alcuni secondi di silenzio assoluto, seguiti dal sospiro di Antonio.

    - Spiegati meglio… qui da noi la situazione qual è?

    Pilger schiarì la voce.

    - Lungo la costa occidentale i valori sono ai livelli più bassi rispetto al resto degli Stati Uniti e altre zone critiche del mondo, ma oscillano superando talvolta i livelli di sicurezza. L’atmosfera del pianeta è contaminata ovunque, le oscillazioni dipendono dalle condizioni atmosferiche, - rispose.

    Ci fu un’altra breve pausa.

    - Quanto al di sopra?

    Pilger sospirò.

    - Per dare un’idea, in una situazione ordinaria come quella pre-conflitto nucleare, con questi dati sarebbe stata disposta un’evacuazione preventiva. Ma in questo momento, non esistono zone meno contaminate di questa in nessuna parte degli Stati Uniti.

    Antonio restò con gli occhi impietriti su Pilger.

    - Che significa in termini di salute pubblica?

    - Che sul lungo periodo si potrebbe riscontrare un aumento di tumori e leucemie in una consistente percentuale della popolazione. Diciamo intorno al venti, trenta percento.

    Antonio annuì piano, raggelato.

    - Quali sono le previsioni?

    - La SafeEarth ci sta lavorando. Le bonifiche riguardano ormai tutto lo Stato di Washington, contea di King compresa. Per assicurare livelli stabili accettabili prevedono almeno otto mesi. Ma come ti spiegavo, dipende anche dalla situazione globale…

    Restarono a scambiarsi occhiate apprensive per qualche istante.

    - Iodio? - chiese Antonio.

    - In teoria in queste condizioni andrebbe prescritto a tutta la cittadinanza. Ma al momento non è disponibile. Tutta la disponibilità è stata assorbita dalle zone ad alto rischio.

    Antonio rivolse uno sguardo supplichevole a Joseph. Il vecchio scosse la testa, cogliendo al volo la richiesta.

    - Ovviamente ho già tentato, Antonio. Non è una questione di denaro, le scorte disponibili negli USA sono tutte concentrate negli Stati del centro sud e sulla costa orientale.

    - I russi? - provò a chiedere in extremis.

    - Tentato anche in quella direzione, - rispose Conrad.

    L’appartamento appariva completamente in ordine, nessun segno di effrazione. All’arrivo di Sinclair, la squadra anticrimine e la scientifica erano già al lavoro.

    L’ispettore si guardò intorno per un momento. Ebbe la strana sensazione di trovarsi in un’abitazione nuova di zecca, mai vissuta. Pulizia impeccabile, nemmeno un capello fuori posto.

    Venne raggiunto dal suo agente Howard che teneva un tablet tra le mani.

    - La vittima è un cittadino russo, Ispettore. Sergej Michajlov.

    Sinclair inarcò un sopracciglio.

    - Professione?

    - Si tratta di un ricercatore, ingegnere di biometria e biogenetica…

    Sinclair sgranò leggermente gli occhi.

    - Insomma… uno scienziato, Ispettore.

    - Sì, questo l’ho capito Howard, - rispose seccato. - Dove si trova la vittima?

    - Nello studio, venga Ispettore, - disse Howard facendogli strada.

    - Il medico legale?

    - È già sul posto.

    Entrati nello studio in mezzo al trambusto dei rilevamenti della scientifica, Sinclair notò la stessa atmosfera che aveva osservato al suo ingresso. L’ordine della stanza era impeccabile. Spostò lo sguardo immancabilmente sul cadavere, steso a terra accanto a una grande libreria che copriva interamente la parete opposta. Accovacciato sul corpo stava James Cavuoti, il medico legale. Sinclair avanzò lentamente con le mani nelle tasche dell’impermeabile, guardandosi intorno. I libri erano disposti perfettamente, la scrivania completamente sgombra, tutto aveva un’aria immacolata. Gli sembrò di stare dentro uno showroom di architettura d’interni.

    - Come andiamo James?

    Il medico alzò uno sguardo spiazzato su Sinclair, poi sorrise come non vi fosse problema al mondo.

    - Salve Alan. Andiamo bene direi, non è una scena splatter come quella dell’ultima volta, - scherzò.

    Sinclair annuì indifferente alla battuta, osservando il cadavere. Nessun segno apparente di violenza, né tracce ematiche, ecchimosi o ferite evidenti. Un uomo dalla statura imponente, sulla sessantina, barba e capelli bianchi, leggermente stempiato. Vestito impeccabilmente, pronto per presenziare un congresso internazionale.

    - Che cosa hai trovato? - chiese Sinclair al medico, che si rialzava in quel momento.

    - Non molto. Decesso intorno alle due del mattino. Rigor mortis nella norma. Segni di sospetto attacco epilettico.

    Sinclair gli rivolse uno sguardo interrogativo.

    - Morte apparentemente naturale dunque. Perché la chiamata all’anticrimine? - disse scontroso.

    Cavuoti scosse il capo.

    - Non c’è traccia nella storia clinica del defunto che soffrisse di epilessia o patologie connesse, abbiamo già controllato.

    - Attacco cardiaco, ictus, ischemia, aneurisma…?

    - Niente che lo suggerisca al momento. Dal punto di vista medico, in questa fase è un decesso piuttosto inspiegabile. Vedremo dall’autopsia Ispettore.

    Sinclair annuì, incrociando le mani dietro la schiena e tornando a guardarsi intorno.

    - Howard, - disse all’agente che gli era rimasto accanto. - Cosa sappiamo delle ultime ore della vittima?

    Howard lesse sul suo tablet.

    - Ha trascorso la serata al ristorante dello Space Needle, per una cena tra colleghi. Rientrato in casa intorno all’una di notte…

    L’ispettore si voltò a guardarlo.

    - Convocate tutti i presenti alla cena per le testimonianze. Chi ha trovato il corpo?

    - La donna delle pulizie questa mattina…

    - Convocate anche lei.

    Howard annuì prontamente, congedandosi.

    Sinclair gettò un’ultima occhiata al cadavere. La lingua morsa tra i denti, gli occhi spalancati e tutta l’aria di essere terrorizzato e sbigottito allo stesso tempo.

    Si inginocchiò sul corpo, per tastarlo e frugare nelle tasche. Da quella dei pantaloni, estrasse con sorpresa un videotelefono. Restò qualche secondo a fissare l’oggetto nella sua mano, sconcertato. Era il secondo che vedeva in pochi giorni.

    Stava da parecchio tempo alla scrivania di fronte al monitor spento, con la fronte appoggiata a una mano e gli occhi chiusi. Non si era nemmeno accorto che nel frattempo il sole era calato lasciandolo nel buio della stanza.

    Aprì gli occhi e afferrò alla cieca il pacchetto di sigarette accanto alla tastiera, per accenderne una. Soffiando lentamente fuori il fumo, restò a riflettere accigliato per un momento. Non arrendersi all’angoscia di quella condanna a morte era l’imperativo. Il suo istinto non poteva fare a meno di ribellarsi al nichilismo. Pur di reagire era disposto a sfidare la sorte scommettendo in grandi progetti per il futuro. Sì, questa era l’unica possibilità per non soccombere, l’unica condizione necessaria per scongiurare un destino già tracciato, proseguire dritti per la propria strada, noncuranti della minaccia, perseguire la propria felicità, senza rinunciare a nulla, soprattutto al futuro.

    Prese un altro tiro più convinto, soffiando fuori il fumo con decisione. Ora che aveva stabilito la sua personale strategia di reazione contro l’agonia planetaria, era molto più sollevato.

    Accese la lampada da tavolo, e il computer.

    Aveva saputo da Blake che la base della Croce Blu in Oregon proseguiva le attività, nonostante l’attacco devastante dei KY che l’aveva messa fuori uso [⁸] . Aveva già provato a infiltrare il server militare senza successo. Con la riparazione dei danni del virus, probabilmente era stato aggiornato il sistema e rafforzata la protezione.

    Provò a lanciare un codice euristico per la ricerca dei gate, senza riuscire a sfondare. Batté il palmo sul tavolo, innervosito. Dopo la morte di Donald Winston e l’arresto dei McKindle, chi diavolo stava controllando la base? E con quali scopi strategici?

    Si fermò di nuovo a riflettere. Arcadia Russia. Da quando i KY si erano impossessati del server centrale, lui non aveva più osato accedervi. La funzione AltReality aveva modificato i normali percorsi di connessione.

    Lanciò una ricerca dei DNS per Arcadia.Net. Trovati in pochi secondi, puntavano direttamente al Cremlino. Tentò l’accesso al server centrale con il procedimento che conosceva a memoria, senza contarci troppo.

    Sfondò al primo colpo, allargando un sorriso compiaciuto. Andò a controllare l’ambiente operativo, tutto risultava come l’ultima volta che era entrato. Violò il gate dell’ambiente blindato, fino all’accesso al nucleo centrale. Controllò le impostazioni linguistiche, ora impostate di default sul russo, e selezionò Inglese.

    - Benvenuto Mayfair1605, - disse la consueta voce neutra di donna. - Qual è la tua richiesta?

    - Controllo software attivi.

    Si aprì immediatamente una schermata con l’elenco dei programmi. Tra gli altri, MindTransfer 3.0 e Information Guerrilla 4.0 spiccavano in prima linea.

    Scorrendo l’elenco, venne attratto da un’applicazione a lui sconosciuta. BFManagement. L’aprì. Conteneva una serie di database protetti. Provò a sfondarne qualcuno, senza successo.

    Gli cadde l’occhio su una cartella denominata Immortality. Tentò l’accesso anche a quella.

    Inviolabile. Tornò alla schermata di dialogo con l’ essere.

    - Che cos’è BFManagement?

    - Programma di pianificazione strategica per la ricerca scientifica e gestione archivi.

    - Come si accede agli archivi?

    - Accesso riservato a ruolo esclusivo Arcadia Russia.

    Sospirò. Inutile chiedere chi detenesse il ruolo esclusivo di Arcadia Russia…

    - Che cos’è l’archivio Immortality?

    - Informazione riservata al ruolo esclusivo.

    Fremette con un tremore alla gamba. Maledizione!

    Uscì dal server di Arcadia Russia irritato.

    - Basta, sono esausto di questa roba! Un giorno di questi mi sbarazzerò di tutti i computer, - pensò ad alta voce.

    Gli tornò in mente la brutta faccenda delle radiazioni, e venne sopraffatto dal desiderio incontrollabile di fare l’amore.

    Capitolo 3 – Immortality

    Entrò nella luce arancione della stanza, sovrappensiero. Si disfò della maglietta in un atto solenne di agognata liberazione. Ripose distrattamente la maglietta sulla spalliera della sedia, posò il micro-pc e il pacchetto di sigarette sul comodino.

    Julia alzò gli occhi dal suo libro per un attimo. Resisteva raramente alle movenze armoniose e sicure della sua muscolatura. Alla sua intera bellezza maschile sensuale e selvatica, dalle sopracciglia aggrottate in chissà quali abissi interiori. E ogni volta resisteva raramente al calore fanciullesco che le assaliva il cuore e le guance per l’eterna infatuazione, da mascherare ad ogni costo con disinvoltura.

    Distolse lo sguardo tornando alla lettura senza ritrovarne il filo logico, proprio mentre lui le rivolgeva il suo, apprestandosi a raggiungerla nel letto, determinato a dimenticare l’incubo delle radiazioni.

    Lanciò un’occhiata curiosa alla copertina del libro su cui lei sembrava completamente assorta.

    - Le alci stellate?… Che roba è? - chiese con un sorrisetto perplesso.

    Lei lo adocchiò fingendo un momentaneo spaesamento.

    - Antiche fiabe suquamish, - rispose con aria erudita.

    - Mmh, - fece lui, tra l’intrigato e il sarcastico.

    Appoggiò il dorso nudo alla spalliera del letto e prese a smanettare concentrato sul micro-pc.

    Lei gli lanciò un’occhiata contrariata.

    - Che c’è che non va? - disse Julia dopo una pausa. - Mi sto facendo una cultura Salish!

    - A-ah, - fece lui, senza staccare gli occhi dal monitor.

    Dopo trenta secondi, chiuse velocemente il programma, ripose l’aggeggio sul comodino e la guardò. Impossibile resistere al fascino di quella fata meticcia distesa lì accanto. Non gli aveva mai resistito, nemmeno quando ne era stato costretto per due anni, vivendo nella stessa casa a fingersi omosessuale…

    Strisciò in basso, adagiando la testa sulla sua spalla per sbirciare sulla pagina del libro, mentre le prendeva una mano e se la portava alle labbra.

    - Ti dispiace se nel frattempo io mi faccio una cultura di anatomia di fata? - disse, scorrendole le labbra sul dorso della mano e lungo il braccio.

    Lei si lasciò sfuggire un sorriso, fingendo di proseguire stoicamente la lettura.

    Antonio si sporse su un gomito, le sfilò con disinvoltura il libro dalle mani posandolo inesorabilmente sul letto, e irriducibile prese a baciarla sulla scollatura audace. Lei restò per un attimo spiazzata, poi si abbandonò arrendevole alla cattura. I baci di lui la rapivano completamente, impossibile resistergli. Lui si levò dai suoi seni per affondare nelle sue labbra.

    - Mi ami sempre? - si scostò a chiederle con urgenza.

    Lei restò sospesa in quel travolgimento.

    - Sempre di più…, - rispose.

    Lo sguardo intenso di lui era tutto.

    - Anch’io, - rispose, - ogni giorno di più, dal primo momento che ti ho vista non ha mai smesso di crescere, è incontenibile, mi farà impazzire…

    - È lo stesso per me sin dall’inizio, - disse lei, quasi ipnotizzata.

    Lui scosse lievemente la testa, vagamente scettico.

    - È così…, - ribadì lei, - non te l’ho mai detto…

    Aggrottò le sopracciglia, interrogativo.

    - Da quando ho aperto quella porta e tu sei apparso, - riprese lei, - il giorno che sei arrivato a casa mia. Sono rimasta senza fiato, travolta da un’inondazione improvvisa. Non avevo mai provato niente del genere…

    Antonio sembrava non capire.

    - Da quel giorno…?

    Lei sorrise maliziosa.

    - Credevo che eri gay, quindi… ho dovuto seppellire l’inondazione da qualche parte. In realtà, ogni volta che ti vedevo, che eravamo insieme, riaffiorava questa agitazione incontrollata, mista a un senso di assoluta familiarità… L’ho capito quando ho saputo che avevi finto per tutto quel tempo, che ti avevo sempre amato follemente…

    Antonio era incredulo. Socchiuse gli occhi in un’imprecazione silenziosa.

    - Non ci posso credere… due anni! - esclamò, senza capacitarsi. - Sono impazzito per due anni a starti accanto senza poterti sfiorare… a dover fingere! E tu vieni a dirmi adesso che provavi lo stesso per me?!

    Lei fece una risata sbarazzina, accarezzandolo in volto.

    - Be’, ma non potevi fare altrimenti… se mio padre non si fosse fidato di te, non ci saremmo nemmeno conosciuti.

    - Maledetto sia tuo padre! - imprecò Antonio.

    Risero divertiti per un attimo.

    Lui tornò a tuffarsi con tutto sé stesso nelle sue labbra.

    - Facciamo un altro bambino…, - sussurrò smanioso, inondandola di baci sulla spalla e le mani infuocate a catturarle le cosce.

    Lei ansimò.

    - No…

    Lui si bloccò. La guardò interdetto.

    - Che vuol dire no…?

    Julia esitò, scuotendo leggermente la testa.

    - Non sappiamo cosa ne sarà di questo mondo… quanto durerà…

    Antonio restò muto per un momento.

    - Noi vivremo. Tutto questo che siamo deve vincere, non può essere diversamente, - rispose convinto.

    Restarono sospesi su quel baratro per un istante.

    - Ho paura…, - disse lei con un filo di voce. - Ho questo senso di angoscia da quando è nata Joy.

    Antonio annuì piano, con gli occhi sconfinati. Appoggiò la fronte alla sua.

    - Va bene, scusami…, - mormorò. - È più forte di me, voglio appartenerti nel modo più assoluto.

    - Anch’io, ma…, - rispose lei passandogli le dita tra i capelli, - accidenti, ho avuto Joy solo sei mesi fa e mi vuoi già di nuovo incinta? - scherzò per sdrammatizzare.

    Lui sfoderò il suo sorriso da canaglia.

    - Sì… mi arrapi un casino quando sei incinta…, - bisbigliò lascivo e riprese ad assalirla con frenesia, mentre lei giocava a resistergli ridacchiando.

    Si bloccò di nuovo a guardarla un istante.

    - Deciderai tu… quando vorrai.

    Mayfair

    " Che cos’è Immortality?"

    KY02

    " È un piacere anche per me risentirti Subcomandante."

    Mayfair

    " Rispondi al quesito, compagno."

    KY02

    " Il titolo di una canzone dei Pearl Jam?"

    Antonio sospirò. Aveva dimenticato quanto fosse incorreggibile quell’hacker.

    Mayfair

    " In Russia il grunge deve essere arrivato con cinquant’anni di ritardo."

    KY02

    " Non prenderci per il culo, zapatista. Noi russi siamo molto patriottici e permalosi."

    Mayfair

    " Non prendermi per il culo tu. Che cazzo è Immortality?"

    KY02

    " Spiacente. Non sono autorizzato a rivelare questa informazione."

    Mayfair

    " Quando parli così sembri un fottuto androide."

    KY02

    " Ti sento molto nervoso oggi, Mayfair."

    Mayfair

    " Sei tu che mi rendi nervoso. Se non mi aiuti, troverò la risposta comunque per conto mio. Non te la prendere se poi non ti aggiorno sui miei virus…"

    KY02

    " È una minaccia?"

    Mayfair

    " Sì."

    Passarono una trentina di secondi. Antonio picchiettò nervoso con l’indice sulla scrivania, in attesa che KY02 si decidesse a vuotare il sacco.

    KY02

    " È un progetto connesso al ConsciousStorage. [⁹] "

    Antonio sgranò gli occhi sull’ultima risposta nella chat. Ebbe una brutta sensazione.

    Mayfair

    " Connesso in che senso?"

    KY02

    " La sua finalità ultima. Vediamo se ci arrivi…"

    Mayfair

    " Non so immaginare cos’altro possa venire dopo il trasferimento di una mente su un supporto digitale…"

    KY02

    " La sua implementazione corporale all’infinito. L’immortalità."

    Mayfair

    " Intendi corpi messi a disposizione per l’implemento con IdentityReprogram?"

    KY02

    " Corpi artificiali."

    Antonio restò per un momento con gli occhi inebetiti sul testo.

    Mayfair

    " Robot…?"

    KY02

    " Umanoidi-cloni."

    Mayfair

    " Cloni di persone reali…?"

    KY02

    " Affermativo."

    Mayfair

    " Un progetto dei russi?"

    KY02

    " Sì."

    Mayfair

    " Cosa c’è dietro?"

    KY02

    " Non so altro, devi credermi."

    Mayfair

    " Scoprilo."

    KY02

    " Non posso."

    Antonio fremeva, di fronte a una simile rivelazione non avrebbe guardato in faccia a nessuno.

    Mayfair

    " Lo sai che non mi ci vuole molto per fare a pezzi il vostro AltReality e farvi ripiombare nel Nyx."

    KY02

    Mayfair

    " Scoprilo."

    - Ho bisogno del vostro aiuto, - esordì Sinclair, aggirandosi curioso nel salotto di casa Velasquez.

    Julia e Antonio, seduti sul divano l’una accanto all’altro, lo seguivano con lo sguardo interrogativo. Sinclair sembrava visitare casa loro per la prima volta.

    - L’ascoltiamo Ispettore, - disse Julia.

    Si soffermò a contemplare un dipinto haida. Si voltò verso di loro con lo sguardo inquisitorio, indicando il quadro.

    - Questa deve essere la riproduzione di un noto dipinto del nordovest…

    Julia scosse la testa.

    - No, l’ho fatto io Ispettore.

    Sinclair aggrottò le sopracciglia, osservando ancora il dipinto attentamente.

    - Eppure sono certo di averlo già visto, - borbottò.

    Antonio sospirò impaziente, stufo di quella ostinazione.

    - Te l’ho già detto Alan. Tu sei stato qui mille volte. Per un periodo sei stato anche nostro ospite… Certo che lo hai già visto quel quadro!

    Sinclair si voltò fulmineo. Si fissarono per un momento negli occhi.

    - Va bene, sorvoliamo questa faccenda, - minimizzò sbrigativo. - Vi spiego il caso che ho per le mani…, - disse, avvicinandosi per accomodarsi sulla poltrona di fronte alla coppia. - Si tratta del sospetto omicidio di uno scienziato, - annunciò in tono volutamente inquietante.

    Restarono attenti con gli occhi fissi su di lui, senza battere ciglio. Sinclair constatò che la notizia non aveva destato in loro alcuna reazione emotiva. Schiarì la voce e andò avanti.

    - Apparentemente sembrerebbe morto per un attacco epilettico, ma alcuni elementi secondo il medico legale non coincidono. Siamo in attesa dell’autopsia.

    Julia e Antonio si guardarono, capendosi al volo. Lasciarono che Sinclair proseguisse la sua esposizione.

    - Tra i vari reperti raccolti in casa della vittima, è stata rinvenuta una valigetta contenente delle foto di bambini…

    I due mostrarono contemporaneamente un turbamento.

    - Un pedofilo…? - osò ipotizzare Julia.

    Sinclair scosse la testa.

    - Non credo. Sono normalissime foto, tutte raffiguranti i bambini in primo piano. Non abbiamo riscontrato alcun elemento che faccia pensare a un caso di pedofilia, né in altri reperti, né nel suo computer.

    Julia e Antonio annuirono, sentendosi più tranquilli almeno su quell’aspetto della faccenda.

    - Però, - proseguì Sinclair, - si tratta di bambini che non riusciamo a identificare.

    Ora lo guardarono perplessi.

    - Bambini di un altro paese forse? - ipotizzò Antonio.

    - Può darsi, - rispose l’ispettore. - Alcuni di loro sembrano di origine ispanica, altri sono di colore. Non sono riuscito a rintracciarli nemmeno tra i casi di scomparse.

    - Be’, - intervenne Julia, - nei territori Nyx è pieno di persone difficili da rintracciare o identificare, quindi non si può escludere che siano bambini di nazionalità statunitense…

    Antonio annuì, convenendo con lei.

    - Il mio problema è che purtroppo, dalla caduta del governo nel caos, molti dei nostri archivi federali e il sistema informatico interno dell’anticrimine del periodo pre-guerra sono andati a farsi benedire… non posso escludere che si tratti di casi di scomparse risalenti a molti anni fa, prima del conflitto nucleare, di cui non abbiamo più traccia, - spiegò Sinclair. - Ma voi se non sbaglio disponete di archivi di notizie e altre diavolerie da hacker che potrebbero essere utili a questa ricerca…

    Julia annuì.

    - Certo Ispettore. Possiamo provarci.

    - Alan, - intervenne Antonio, - hai trovato per caso un videotelefono simile al mio, in casa della vittima?

    Sinclair restò spiazzato dalla domanda. Confermò con un cenno del capo.

    - Lo sai che non mi permetto mai di entrare nel tuo campo, - riprese Antonio, - però sono costretto a darti un suggerimento riguardo alla faccenda dell’epilessia. Fai localizzare con una radiografia il microchip al polso della vittima.

    - Microchip…? - disse Sinclair interdetto.

    - Credimi, lo troverai. Dopodiché, fallo analizzare. Se risulta in corto, puoi aprire il caso di omicidio.

    Antonio sembrava sicuro di quel che diceva. L’ispettore lo fissò in silenzio per qualche istante. Infine annuì convinto, senza chiedere ulteriori spiegazioni.

    Capitolo 4 – Anagramma

    Sinclair sbuffava fumo dalla bocca a ciclo continuo, con gli occhi sgranati sul monitor del suo vecchio pc. Aveva passato le ultime otto ore a setacciare tutto il materiale rinvenuto nell’abitazione dello scienziato e non ne era ancora venuto granché a capo. Le uniche cose certe erano un appartamento immacolato di cui la vittima risultava affittuario da un anno, un videotelefono di Arcadia, una valigetta contenente le foto di nove bambini non identificati, una cena al ristorante dello Space Needle e un contratto temporaneo di due anni con un laboratorio di ricerca di Portland.

    Gli unici testimoni reperibili erano la donna delle pulizie e una dei tre colleghi presenti alla cena, una cittadina francese con residenza a Seattle. Gli altri due risultavano residenti in Oregon.

    Nel Nyx le comunicazioni funzionavano a singhiozzo, la maggior parte delle linee telefoniche delle grandi città era spesso isolata, di conseguenza non riusciva a rintracciare i colleghi di Michajlov né a mettersi in comunicazione con la compagnia di ricerca per cui lavoravano. Decise a quel punto di provare a rintracciare il suo ex collega in pensione Frank Marini tramite il comando di Polizia di Portland, verso cui disponeva di una linea diretta funzionante. Marini riuscì a richiamarlo dopo una mezz’ora.

    - Alan, vecchia volpe! - esordì dall’altra parte del telefono, col solito tono scanzonato.

    - Frank, grazie di avermi richiamato, - rispose Sinclair, che non aveva nessuna intenzione di perdersi nelle solite chiacchiere da poliziotti in pensione.

    - Figurati, non vedevo l’ora di esaltarmi con uno dei tuoi maledetti casi, - disse sogghignando.

    - Per ora non c’è molto di esaltante Frank. Sto cercando informazioni su un laboratorio di ricerche che da qui non riesco a contattare… hai mai sentito nominare Blue Future Technologies?

    Marini fece mente locale.

    - Per la verità il nome non mi è nuovo. Posso provare a mettermi in contatto da qui, cosa ti serve?

    - Devo interrogare tre testimoni che lavorano per questo laboratorio, due di loro sono residenti in Oregon, ho inviato un’email al comando con tutti i dati. Servirebbe anche la documentazione della compagnia che li riguarda.

    - Ci penso io Alan, appena ho notizie mi rifaccio vivo.

    Chiusa la comunicazione con Marini, si alzò per avvicinarsi all’armadietto dove erano riposti i reperti dell’inchiesta. Da una busta di plastica trasparente sigillata, estrasse la valigetta, l’appoggiò sulla scrivania e l’aprì. Prese le foto spargendole a casaccio e restò ad osservarle, appoggiato con entrambe le mani sul tavolo. Cinque bambini e quattro bambine. Tre di colore, un nativo, il resto certamente ispanici, indios, messicani o giù di lì. Tutti intorno ai sei-sette anni. Scosse la testa perplesso. Raccolse le foto per farne la scansione e inviarle subito a Julia. Posizionò la prima foto a caso sul vetro dello scanner, con il retro rivolto verso l’alto. Aggrottò le sopracciglia. La foto era contrassegnata con una lettera, scritta con un pennarello nero. M.

    Andò subito a controllare il retro delle altre foto. Ognuna presentava una lettera scritta a pennarello. Sparse di nuovo le foto sulla scrivania.

    A, L, I, T, M,Y, R, T, I.

    - Alitmyrti…, - lesse ad voce alta.

    Provò a cambiare l’ordine delle foto, per capire se formassero un anagramma.

    - I lit my art (Ho illuminato la mia arte)…, - provò a modificare ancora l’ordine. - Italy trim (Assetto dell’Italia)Arty limit (Limite artistico)…?

    Scosse la testa, rinunciando a venirne a capo. Forse non c’era alcun anagramma, ma poteva trattarsi comunque delle iniziali dei bambini. Fece le scansioni per Julia, suggerendole nell’email di tener conto dell’indizio delle iniziali.

    Al ricevimento alla Casa Delle Donne Suquamish per l’inaugurazione della statua di Sisifo erano presenti

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