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Il grido del delfino
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Il grido del delfino

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In un mondo parallelo al nostro, in un tempo senza tempo, una petroliera solca il mare portando con sé il suo carico e il suo equipaggio, con le loro diverse storie di vita e le diverse loro sensibilità.
Il viaggio è lungo e monotono, e per spezzare il ciclo ripetitivo dei giorni ogni occasione è buona, anche un cambiamento nel menu quotidiano. Ne fa le spese una coppia di delfini, la cui femmina viene uccisa e servita come pasto per tutto l'equipaggio.
La conseguenza di quel gesto cambierà le vite degli uomini a bordo, scavando una ferita nelle loro menti che per alcuni non potrà mai più rimarginarsi.
Dopo "La banda del Cardinale" e "La Pistola", Antonio De Sisti si cimenta in un racconto in bilico tra l'ecologia, l’etologia e i sentimenti, con la sua consueta fantasia e il suo stile originale.
LanguageItaliano
Release dateJun 27, 2018
ISBN9788898555437
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    Il grido del delfino - Antonio De Sisti

    capitano…»

    1

    Sean il Professore

    Njiuty era tra i più importanti porti orientali, dopo il rapido, anzi dopo l’esponenziale sviluppo economico di quei paesi.

    Strana gente gli Orientali, fisicamente di bassa statura, minuti, con gli occhi chiari, tra il celeste e il grigio, la pelle olivastra e i capelli lisci, neri, corvini. Erano esseri estremamente riservati, incomprensibili nei comportamenti per quelli delle Terre Fredde, dove era nato cinquanta anni prima Sean, detto il Professore.

    Sean veniva da una famiglia di pescatori, una tradizione tramandata di padre in figlio da molte generazioni. Era grosso, massiccio, corpulento, con i capelli rossi, la pelle bianca come il latte, un faccione bonario. Era estremamente introverso, amante della solitudine, i contatti umani frequenti lo mettevano a disagio. Non si era mai sposato, e suo padre ne era addolorato: niente nipoti, niente discendenza, niente nuovi pescatori per il loro villaggio, situato sulle Isole Grandi delle Terre Fredde. In effetti Sean non voleva affatto fare il pescatore, mestiere ben retribuito dalle loro parti, piene di pesci. Troppo freddo, troppa acqua, troppe notti insonni. Una vita totalmente pianificata: la famiglia ad aspettarli al piccolo porto, in una alternanza continua tra giorni e notti in alto mare e il riposo in casa, una vita difficile, troppo disomogenea. Aveva optato per fare il marinaio sulle petroliere, al caldo della sua cuccetta, navigazioni lunghe, forse noiose e interminabili, ma abbastanza prolungate da permettere alla sua anima di adattarsi ad un luogo stabile – la nave appunto – invece dell’alternanza ripetitiva e dicotomica tra casa e mare dei pescatori, che uscivano in battello molto prima dell’alba, a notte fonda, per tornare il giorno seguente, spesso all’imbrunire. Navigando sulle petroliere aveva scoperto che l’orizzonte lento e infinito del mare gli piaceva. Era come una forma rudimentale di meditazione. Difficile adattarsi i primi tempi, ma poi ci si era abituato, e quella condizione gli aveva aperto lo spirito, gli dava una specie di pace interiore mai sperimentata a terra o sui battelli che restavano in mare per un tempo limitato. Ecco, la questione era proprio il tempo, la sua durata: sulle petroliere il tempo scorreva in modo prolungato, obbligava a scegliere tra accettare quello status o cambiare mestiere. Durante le traversate Sean leggeva un po’ di tutto, non solo i versi del poeta antico Woy Cjiungh Loni, il suo preferito, ma anche libri di storia, manuali scientifici, romanzi: insomma ecletticamente riempiva il tempo e il vuoto, e gli piaceva. Era per questo che gli altri marinai, quasi tutti delle Terre Orientali o Australi, lo chiamavano il Professore.

    I centri d’ingaggio della Compagnia di navigazione erano basati nelle Terre Fredde e su alcune filiali dislocate nelle Terre Orientali. La Compagnia privilegiava economicamente i suoi conterranei. Sean riceveva una buona paga, accettabile, migliore degli introiti della pesca, al contrario dei suoi colleghi, che erano malpagati e facevano quel lavoro per esclusiva e concreta necessità, specialmente quelli originari delle Terre Australi.

    Gente semplice gli australi, più scuri degli orientali, tarchiati, con le arcate sopraccigliari ampie ed elevate, fitta barba, capelli ricci e neri, abitanti di paesi sottosviluppati. I marinai delle Terre Orientali erano invece più complessi, possedevano una cultura ampia e solida, di tradizioni millenarie, essendo i discendenti diretti di grandi civilizzazioni, di epoche mitiche. Però, nel tempo, la loro civiltà si era progressivamente avvilita, e stava quasi per scomparire, rischiando di essere lentamente assimilata da altre culture. Tuttavia, da alcune decadi, quei paesi si erano risvegliati, tanto che il loro recente sviluppo economico stava mettendo in crisi i paesi delle Terre Fredde. Però, singolarmente, gli orientali erano ancora poveri, e quel lavoro di marinaio su una petroliera, sebbene mal pagato, era considerato un buon posto. Insomma, lavoravano per necessità, mentre Sean lo faceva (forse) per il suo piacere. Due visioni inconciliabili. D’altra parte uno come Sean, l’anomalo, il Professore, avrebbe avuto difficoltà ovunque per amalgamarsi con gli altri, anche nella sua terra d’origine, anzi specialmente nella sua terra d’origine.

    2

    Al porto

    Il porto di Njiuty non aveva nulla di un vecchio porto orientale. Era di recente costruzione, ampio, cinquanta moli di attracco per grossi battelli, ben attrezzato, pieno di piattaforme mobili, montacarichi, aree di stazionamento, containers, depositi, capannoni immensi, operai e tecnici da tutte le parti, che si agitavano con fare frenetico, efficiente. Niente approssimazioni, gli orientali erano precisi fino a spaccare il capello in due, contrastando talvolta con le tendenze attitudinali degli uomini delle Terre Fredde, forse un po’ inclini all’approssimazione, al temporeggiare, all’aggiustamento delle difficoltà secondo il momento e il caso. Il porto era stato concepito e in larga misura finanziato dalle compagnie petrolifere delle Terre Fredde, coniugando il migliore dei loro faraonici progetti con il meglio della mentalità locale, dedita alla precisione e all’efficienza da secoli o da millenni.

    Funzionava. La sola cosa importante.

    Per il resto, in un perimetro adiacente, quasi parallelo, sopravviveva e si estendeva a macchia di leopardo la vecchia città, fatta di case basse, piena di stradine e vicoli, una pianificazione anarchica che rendeva difficile l’orientamento per i frequentatori neofiti. Era piena di hotel e di bettole, che si erano moltiplicati esponenzialmente durante gli ultimi decenni, per accogliere marinai di ogni dove e provenienza.

    3

    Huk

    Prima della partenza dal porto di Njiuty, Sean e Jack, l’unico amico che aveva, erano andati a puttane.

    Jack non era il suo vero nome, si trattava di un soprannome coniato da Sean il Professore, probabilmente per vendetta, visto che era stato proprio Jack a chiamarlo per la prima volta, anni prima, con il nomignolo di Professore, e da quel momento tutta la ciurma della nave, e i frequentatori dei porti lo conoscevano solo in quel modo. In fondo a Sean non dispiaceva, toccava la corda nascosta del suo tiepido narcisismo. Era un quasi riconoscimento di una qualche qualità superiore, anche se per gli altri talvolta travestita da burla, nonchalance o

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