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I due volti della rinascita italiana. Coppi e Bartali tra eroismo e rappresentazione mediale
I due volti della rinascita italiana. Coppi e Bartali tra eroismo e rappresentazione mediale
I due volti della rinascita italiana. Coppi e Bartali tra eroismo e rappresentazione mediale
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I due volti della rinascita italiana. Coppi e Bartali tra eroismo e rappresentazione mediale

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Gino Bartali e Fausto Coppi sono stati due personaggi di rilievo nell’Italia del secondo dopoguerra. Grazie alle loro straordinarie imprese ciclistiche e alla loro rivalità sportiva, hanno infatti saputo far riaccendere negli italiani la passione per lo sport e, di conseguenza, la speranza di poter tornare alla normalità della vita quotidiana, dimenticando i drammi vissuti nella guerra. Nell'ebook viene ripercorsa la loro incredibile carriera e l'epopea venutasi a creare intorno ai due personaggi che ha investito la cultura e l'immaginario collettivo dell'epoca. 

Alessandra Aprile, laureata in Scienze e Tecnologie della comunicazione alla Sapienza di Roma, è giornalista presso l'Avvenire.
Direttore responsabile presso l'Agenzia di Comunicazione Elle22, scrive anche per diverse testate d'informazione.
  
LanguageItaliano
PublisherPasserino
Release dateJun 26, 2018
ISBN9788893459006
I due volti della rinascita italiana. Coppi e Bartali tra eroismo e rappresentazione mediale

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    I due volti della rinascita italiana. Coppi e Bartali tra eroismo e rappresentazione mediale - Alessandra Aprile

    Alessandra Aprile

    I due volti della rinascita italiana. Coppi e Bartali tra eroismo e rappresentazione mediale

    ISBN: 9788893459006

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice

    Introduzione

    Capitolo 1.

    Capitolo 2.

    Capitolo 3.

    Conclusioni

    Bibliofrafia e webgrafia

    Ringraziamenti

    Alla mia mamma, che mi ha insegnato a mantenere le promesse.

    Sii lieta con me, in questo giorno di festa da te tanto desiderato, da lassù.

    Introduzione

    L’Italia del secondo dopoguerra è un paese distrutto. Distrutto dal punto di vista materiale, con case dilaniate, una produzione agricola quasi totalmente ridotta, risparmi polverizzati, tanta fame, analfabetismo e disoccupazione. Ma è un paese distrutto anche dal punto di vista morale, uscito da venti anni di oppressione subita sotto il fascismo, reduce da problemi di ordine pubblico e da lotte sociali, spesso fratricide.

    A regnare è un senso di frustrazione e di disorientamento sociale, a farne le spese è un’identità nazionale che appare scossa e divisa. Rimane forte però la speranza e la voglia di ricostruire, di ricominciare, di ripartire, di riprendere una vita normale, provando a dimenticare macerie e distruzione. Gli italiani hanno voglia di rinascere. E non è un caso se il primo Giro d’Italia del secondo dopoguerra, che riparte da Milano il 15 giugno 1946, viene chiamato il Giro della rinascita. Giro e rinascita che hanno due volti ben definiti: quello di Gino Bartali e quello di Fausto Coppi. Due ciclisti che, in quel contesto, e per le loro imprese, sportive e non, diventano due simboli, due eroi, che dividono un’Italia a sua volta già divisa dal referendum del 1946 e poi dalle elezioni politiche del 1948, in due partiti: coppiani e bartaliani. Ognuno prova ad identificarsi nell’uno o nell’altro, scegliendo colui che più si avvicina al proprio modello di campione e di uomo, e trasformando così Coppi e Bartali in simboli di identificazione e di orgoglio nazionale.

    Lo sport e gli atleti, e soprattutto in Italia è un fenomeno decisamente evidente, hanno interpretato e interpretano uno ruolo importantissimo nelle dinamiche di rappresentazione culturale, identificazione, coesione e rafforzamento dell’identità nazionale, e chi sottovaluta la ricaduta nazional- popolare del fenomeno sportivo, così come le dinamiche sociali che lo caratterizzano, commette un errore di valutazione

    1. Come non pensare a quanto gli italiani si sentano davvero italiani in occasione, per esempio, dei Mondiali di calcio? Ecco, potremmo equiparare il successo odierno di calcio e calciatori al successo di ciclismo e ciclisti nel secondo dopoguerra, per varie ragioni. Prima di tutto perché la bicicletta rappresentava in quel periodo il principale mezzo di locomozione degli italiani (nel 1946 ne circolavano 3 milioni rispetto alle 149 mila automobili), utilizzato soprattutto per lavorare, ma anche come strumento di svago e spostamento. La bicicletta è veicolo e pane, fatica e speranza, secondo Gianni Mura 2.

    E poi perché quei ciclisti che realizzavano grandi sforzi sulle loro biciclette, su strade dissestate, con qualsiasi condizione meteorologica, e che potevano arrivare alla gloria anche essendo solo figli di contadini, rappresentavano le aspirazioni e le speranze della gente comune, che rimboccandosi le maniche voleva farcela. Sia Gino Bartali che Fausto Coppi erano figli di contadini, modelli dunque da seguire, da imitare. Ma se ad accomunarli erano le umili origini e gli innumerevoli successi, a dividerli c’erano i caratteri, i luoghi di nascita, le differenti vite private, una rivalità sportiva spesso strumentalizzata anche dalla politica e dai media.

    In questo lavoro, dunque, abbiamo voluto puntare l’attenzione prima di tutto sulle vite di Bartali e Coppi, dalla nascita agli ultimi giorni di vita, ripercorrendone le tappe e le esperienze più significative vissute dai due campioni. Successivamente, nel secondo capitolo, ci siamo soffermati sullo scenario storico, sociale e mediale dal 1945 al 1960, dal dopoguerra all’alba del boom economico, dalle prime corse disputate subito dopo la fine del conflitto mondiale, fino all’anno della prematura scomparsa di Coppi, quando invece Bartali, ormai ritiratosi dalle corse, era pronto da direttore sportivo ad ingaggiare nella sua squadra proprio l’ex rivale Fausto. Anni in cui anche le rappresentazioni mediali, dai giornali alla radio, dal cinema alla neonata tv, assistono al passaggio dal duello al duetto, quando gli eterni avversari si esibiscono insieme al Musichiere di Mario Riva sulle note di Come pioveva. Sono passati più di cinquant’anni da allora. Cinquant’anni in cui il volto dell’Italia e degli italiani è totalmente cambiato. Evidentemente, però, le figure di Coppi e Bartali sono rimaste indelebili nella nostra memoria, tanto da essere rappresentate, rispettivamente nel 1995 e nel 2006, in due fiction televisive, precisamente due miniserie, andate in onda su Raiuno in prima serata. Il terzo ed ultimo capitolo sarà proprio dedicato a questo tema, lanciando prima uno sguardo sul genere fictional e sulle miniserie, per poi entrare nei dettagli de Il grande Fausto e Gino Bartali – L’intramontabile. Due fiction biografiche, legate alla linea editoriale dell’identità e della memoria (assi portanti della fiction di Raiuno), che raccontano verosimilmente vicende umane e imprese dei due campioni, mettendo però in risalto anche le loro caratteristiche leggendarie, eroiche. Perché, nelle loro vite, sia Bartali che Coppi sono stati eroi. Bartali, forse, nel senso più pieno del termine, mettendo a rischio la propria esistenza per salvare dalla deportazione centinaia di ebrei e antifascisti, trasportando clandestinamente nei tubi della bicicletta documenti falsi, percorrendo migliaia di chilometri tra Firenze, Assisi e Roma, con la copertura dell’allenamento. Gesto che gli varrà la medaglia d’oro al merito civile e il riconoscimento dallo Yad Yashem, il memoriale ufficiale israeliano delle vittime dell’olocausto, di Giusto tra le Nazioni. Lo è stato, però, anche Coppi, un eroe mimetico, diviso tra azioni straordinarie, mai compiute prima nel mondo del ciclismo, e vita quotidiana, in molti casi fuori dal comune, come l’aver lasciato la prima moglie per vivere alla luce del sole la sua storia d’amore extraconiugale (e punibile con la reclusione) con Giulia Occhini, la Dama Bianca. Due volti, dunque, che hanno rappresentato e accompagnato la rinascita dell’Italia e degli italiani, due volti che sono stati, e continuano ad essere, simboli dell’orgoglio nazionale.

    [1] E. Pföstl, S. Bisi (a cura di), Non solo Balotelli. Le Seconde Generazioni in Italia, Bordeaux, Roma, 2013

    [2] G. Mura, nota in Coppi e Bartali di Curzio Malaparte, Adelphi, Milano, 2009

    Capitolo 1.

    L’Intramontabile e il Campionissimo: tanto diversi, tanto simili

    Gino Bartali e Fausto Coppi sono stati due personaggi di rilievo nell’Italia del secondo dopoguerra. Grazie alle loro straordinarie imprese ciclistiche e alla loro rivalità sportiva, hanno infatti saputo far riaccendere negli italiani la passione per lo sport e, di conseguenza, la speranza di poter tornare alla normalità della vita quotidiana, dimenticando i drammi vissuti nella guerra. Le immagini di questi due giovani ragazzi di provincia – entrambi figli di contadini, che attraverso una bicicletta, principale mezzo di trasporto di quegli anni, e lo sforzo, la fatica e i sacrifici delle corse, a prescindere dalle condizioni economiche e sociali, riescono a diventare dei miti non solo in Italia ma anche in Francia, Svizzera, Belgio e Olanda – rappresentano la possibilità di riscatto sociale che sogna ogni italiano. Le numerose differenze tra i due campioni, nell’età, nel carattere, nel fisico, nella preparazione alla gara e nel gareggiare, dividono di conseguenza anche gli appassionati e i non appassionati di ciclismo in bartaliani e coppiani. Scopriremo però quanto, nonostante tutto, siano stati anche molto simili. In questo capitolo, analizzeremo le principali tappe delle vite e le più importanti vittorie professionali di Bartali e Coppi, che hanno permesso loro di diventare l’Intramontabile e il Campionissimo 1.

    Gino Bartali: il campione Intramontabile

    Io voglio essere ricordato per le mie imprese sportive e non come un eroe di guerra. Gli eroi sono altri. Quelli che hanno patito nelle membra, nelle menti, negli affetti. Io mi sono limitato a fare ciò che sapevo meglio fare. Andare in bicicletta. 2

    La carriera della gioventù 3

    Gino Bartali nasce il 18 luglio 1914 a Ponte a Ema, un paesino alle porte di Firenze, da papà Torello e mamma Giulia, entrambi contadini. Il suo primo incontro con la bicicletta risale alla quinta elementare, quando papà Torello gliene regala una per raggiungere la scuola Peruzzi in piazza Santa Croce a Firenze e completare il ciclo d’istruzione con la sesta classe. Ed è proprio in quel tragitto che il talento del Ginettaccio, così soprannominato per il suo carattere onesto, schietto e sincero, ma anche molto focoso e brontolone (continuerà a ripetere nel corso della sua vita l’è tutto sbagliato, tutto da rifare), diventa sempre più evidente. Infatti, al ritorno da scuola, Gino Bartali gareggia con i suoi compagni lasciandoli sempre indietro soprattutto nelle salite più dure. Terminati gli studi, Bartali decide di non seguire le orme dei genitori contadini, ma la sua passione, iniziando a lavorare come apprendista nella bottega di Oscar Casamonti, meccanico di biciclette e corridore, che si accorge subito della stoffa del ragazzo. Il suo idolo è Alfredo Binda, che vince nel 1927 il Giro d’Italia e il Campionato del Mondo, di cui segue le gesta sognando di imitarlo. La prima vera corsa, in forza al gruppo sportivo Aquila di Ponte

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