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Oberon II. Il libro di Monster
Oberon II. Il libro di Monster
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Ebook172 pages2 hours

Oberon II. Il libro di Monster

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About this ebook


Sono trascorsi ormai cinque anni da "Oberon". A Tory, un piccolo porto dell'Irlanda, era ritornato il sereno. Monster, il malefico manipolatore, per William Daireen ed il capitano Kent rappresentava solo un brutto ricordo. I due ragazzi finalmente partono per il tanto atteso viaggio di nozze. Ma quello che doveva restare soltanto un lontano ricordo riaffiorava prepotentemente nella loro vita. Adesso non è soltanto Tory e l'Irlanda ad essere in pericolo. Qualcosa di più terrificante sta per sconvolgere il mondo. Chi lo vuole manipolare avrà bisogno di un libro, che solo Monster possiede.
 
LanguageItaliano
PublisherLIBRINMENTE
Release dateJun 28, 2018
ISBN9788897911623
Oberon II. Il libro di Monster

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    Oberon II. Il libro di Monster - Gennaro Lo Iacono

    http://www.librinmente.it

    1. Il Viaggio

    Appena varcata la soglia del grande portone della Chiesa di San Patrizio, William e Dàreen furono sommersi da una pioggia di riso e petali di rosa profumati, ad accoglierli fuori c’erano amici e parenti felici di festeggiare la loro unione con il tradizionale lancio di buon augurio. Il capitano Kent impartiva i comandi di lancio del riso come se fosse a capo di un plotone di esecuzione e, con una voce così potente da sovrastare le grida di gioia di tutti i presenti, non faceva altro che ripetere: «Caricate, puntate, lanciate!» Tutti esultavano felici per gli sposi tranne che i genitori di William, infatti Miriam e Artur non facevano che piangere, anche il padre di Dàreen era triste e se ne stava in disparte ma per un motivo ben diverso da quello dei genitori di William. Lo sposo, vedendo i suoi genitori in lacrime, si avvicinò a loro e disse: «Mamma, papà non piangete questo è un giorno speciale per me e tutti dobbiamo essere felici, finalmente dopo tante peripezie ho sposato Dàreen, questo era il nostro desiderio più grande e poi dobbiamo festeggiare anche la sconfitta del terribile Moster!» Nel sentire quelle parole, Artur si asciugò gli occhi, guardò suo figlio e abbracciandolo lo strinse forte a sé: «Figlio mio hai ragione, finalmente tu e Dàreen avete coronato il vostro sogno, scusami se in tutti questi anni non sono stato un padre in grado di capirti, ho pensato soltanto al lavoro trascurando la cosa più importante alla quale un padre dovrebbe tenere: la felicità di suo figlio.» William rimase ammutolito, non era abituato a sentire suo padre esprimere i propri sentimenti, per giunta così emozionato. Artur in casa era sempre stato un uomo tutto di un pezzo, quelle parole e quell’atteggiamento erano più tipici di sua madre che non di lui. Quel gesto d’amore fu così suggestivo che William emozionato, non riuscì a trattenere le lacrime che scivolando sul suo bel viso caddero fino a terra, quella terra che l’aveva visto soffrire per tutti quegli anni e che solamente adesso, dopo l’unione con Dàreen lo vedeva riappacificato. William abbracciò i suoi genitori e stringendoli a sé sussurrò: «Sappiate che vi amo e vi amerò per tutta la vita.» Intanto, poco distante, Dàreen era circondata dagli amici impazienti di darle il consueto bacio di buon augurio. Il vecchio amico Niall, che da qualche mese si era trasferito con sua moglie da Dublino a Corkland, un paesino all’estremo sud dell’Irlanda, dopo il lungo viaggio per arrivare a Tory, non vedeva l’ora di abbracciare la sposa e con prepotenza, spintonando, passò avanti a tutti. Appena William si accorse della manovra di Niall si avvicinò a lui e disse: «E bravo il mio amico Niall, ne è passato di tempo dal Gun’S ma vedo che il lupo perde il pelo ma non il vizio, neanche nel giorno del mio matrimonio mi posso fidare di te!» Niall fece un gesto di stizza e replicò seccamente: «Ah ah, William ringrazia Dio che sono partito per Dublino altrimenti adesso sarei io al tuo posto.» Ma il povero Niall non fece neanche in tempo a finire la frase che sua moglie Ida gli diede una bella gomitata, lo colpì così forte che per un attimo Niall restò senza fiato e da primo che voleva essere a baciare la sposa divenne l’ultimo. Poi fu la volta del medico di famiglia dott. Tomàs e dell’amico dott. Macgraund, quest’ultimo era arrivato da Dublino invitato dagli sposi; William gli doveva molto, grazie a loro sua moglie, che era stata colta da una grave malattia infettiva, era ancora viva. Dàireen senza ombra di dubbio era la sposa più bella di Tory, l’abito lungo bianco di pizzo ricamato le donava un’indiscutibile regalità. Quella mattina Dàireen era la principessa di William.

    Anche il comandante Oisìn quel giorno era irriconoscibile, sembrava un ammiraglio della flotta navale inglese. Indossava una divisa blu dai bottoni dorati, un vecchio vestito da ufficiale della marina in disuso tirato a nuovo per l’occasione. Il vecchio comandante, che amava solcare i freddi mari del Nord a bordo del suo piccolo e vecchio peschereccio a pesca di merluzzi, quel giorno in via del tutto eccezionale aveva deciso di lasciare la sua barca per partecipare al matrimonio.

    Contento di vedere il vecchio lupo di mare, William si avvicinò a lui e disse: «Comandante vederla qui e sapere che ha lasciato, anche se solo per oggi, la sua attività per noi, è un vero piacere, io e Dàireen le siamo molto riconoscenti per questo!» Il comandante Oisín si avvicinò al ragazzo e gli bisbigliò in un orecchio: «William mi raccomando abbi cura di quella ragazza come io ho cura del mio peschereccio, abbi cura in particolar modo della sua manutenzione, quella è importantissima se non vuoi che ti lasci per mare.» Poi gli diede una forte pacca sulla spalla e si raccomandò di tenere a mente i suoi consigli. William gli strinse forte la mano e lo abbracciò, era stato grazie a lui se era riuscito a sconfiggere il malefico Moster.

    Tutti, quel giorno, erano felici; tutti tranne il signor Rood, il padre di Dáireen, che si teneva in disparte come se fosse un estraneo. Per lui quel giorno significava una grande perdita. Dáireen era la donna di casa, era lei che si occupava di tutte le faccende domestiche, suo padre aveva dato il benestare per il matrimonio solo dopo le infinite pressioni che il capitano Kent aveva fatto su di lui. Neanche le rassicurazioni che Dáireen e William gli avevano fatto erano state sufficienti a fargli accettare quel matrimonio.

    Dopo gli infiniti baci e abbracci agli sposi, arrivò il tanto atteso momento della foto di gruppo, gli invitati erano talmente tanti che a mala pena entravano sulla scalinata della Chiesa. Al centro della scalinata gli sposi si davano da fare a sistemare chi più avanti chi più in dietro tutti gli invitati, c’era confusione ma anche tanta allegria e solo dopo vari tentativi finalmente erano tutti pronti. Il vecchio fotografo di Tory, il signor Conley, dopo aver messo bene a fuoco la scena scattò la foto tanto attesa. Appena scattata la foto, il signor Conley fece un salto di gioia e disse ad alta voce: «Finalmente!! Ho scattato foto a tanti sposi qui a Tory, ma mai mi era capitato tanto scompiglio!» Era comprensibile, aveva quasi ottanta anni ed era l’unico fotografo di Tory. Al suo fianco aveva un ragazzo di quindici anni, suo nipote Conor che tutti speravano seguisse le orme del nonno altrimenti per i matrimoni futuri sarebbero stati guai seri visto che il fotografo più vicino era a Stenfloy distante circa 100 miglia da Tory.

    Ma il piccolo Conor dagli occhi di ghiaccio già sapeva il fatto suo, infatti, appena suo nonno finiva di scattare la foto principale, lui occupava il suo posto dietro la macchina fotografica e provava a farne un’altra per poi confrontarla con la foto scattata dal nonno. Quello era il metodo che il signor Conley usava per fargli apprendere l’arte della fotografia, naturalmente a beneficiarne erano anche gli sposi perché così ottenevano due foto al prezzo di una.

    Quando finirono di salutare tutti, i due novelli sposi si recarono alla stazione. William aveva prenotato due posti sul treno delle ore 13:30 che li avrebbe portati a Dublino. Sarebbero stai lontani da Tory per circa tre mesi, in questo periodo William voleva trovare nuovi prodotti per incrementare la scelta nella sua drogheria. Appena giunti alla stazione William si recò di corsa alla biglietteria, si era fatto tardi e davanti allo sportello c’era un folto gruppo di gente in fila. Allora il ragazzo, dalla fine della coda, iniziò ad agitare le braccia per farsi notare dal bigliettaio esclamando ad alta voce: «Signor Fresan Daghán sono William, si ricorda di me? Ho prenotato la settimana scorsa due biglietti per Dublino.» Ma lui non rispose, purtroppo la vecchiaia e un’otite non curata lo avevano reso quasi sordo.

    Allora il ragazzo, creando non poco scompiglio tra la gente che era in fila, si avvicinò allo sportello e iniziò a bussare al vetro, la gente in fila s’innervosì dato che, per la lentezza di cui era famoso il vecchio bigliettaio, erano lì in attesa già da diverso tempo. Un uomo si avvicinò a William, lo afferrò per un braccio rivolgendosi a lui con fare minaccioso: «Ragazzo, mettiti in fila come tutti gli altri!» William si girò verso di lui e lo guardò negli occhi. Quell’individuo aveva uno sguardo di ghiaccio e una lunga cicatrice sul viso che sembrava dividergli la faccia in due parti. Dalla barba lunga spuntavano dei grossi denti bianchi da farlo somigliare a un grosso tricheco, le sue mani erano così grandi e forti da riuscire a stringere l’intero avambraccio di William come in una morsa d’acciaio. William smise di bussare alla vetrata della biglietteria e indietreggiando disse: «Scusatemi signori, non volevo fare prepotenza ma dovrei soltanto ritirare due biglietti che ho prenotato già da diversi giorni per me e mia moglie, oggi è il nostro primo giorno di viaggio di nozze ed il treno che dobbiamo prendere sta per partire, vi prego aiutateci!» A quel punto l’uomo gli lasciò il braccio e disse ironico: «Ti sei appena sposato, pensa, hai rischiato di celebrare nello stesso giorno matrimonio e funerale, avresti risparmiato ai tuoi invitati di tornare due volte.» William sentendo quelle parole rimase impietrito, come restarono esterrefatti anche tutti i presenti. L’energumeno, accortosi della reazione che tutti avevano avuto alle sue parole, si voltò indietro, guardò tutti uno per uno e con aria minacciosa quasi urlò: «Che avete da guardare? Avete qualche problema nei miei confronti? Ho fatto solo una battuta!» Nella sala della stazione calò un silenzio tombale, solo un’anziana donna ebbe il coraggio di rispondergli: «Lasci stare quei ragazzi e si vergogni.»

    L’uomo non rispose, ma lasciò il braccio del ragazzo. William ringraziò la donna e col benestare tacito di tutti i presenti si avvicinò di nuovo alla vetrata della biglietteria e ricominciò a bussare al vetro per attirare l’attenzione del sig. Fresan Daghán che, ignaro di tutto, continuava a lavorare a testa bassa. Dopo qualche tentativo, finalmente il vecchio bigliettaio si accorse di lui e gli sorrise, sapeva del matrimonio ed era contento che finalmente si fosse sposato con la bella Dáireen. Il sig. Fresan prese la busta contenete i biglietti per Dublino, gliela passò dalla fessura della vetrata e disse: «Auguri William e mi raccomando stai sempre vicino a Dáireen, ci sono brutti tipi in giro di questi tempi, ed ora sbrigati il treno parte tra pochi minuti dal binario 11, mi raccomando fate attenzione!» William lo ascoltava e pensava che il vecchio bigliettaio, nonostante l’età e il lavoro stancante a contatto col pubblico tante ore tutti i giorni, non aveva perso la cordialità. Presa la busta con i biglietti, di corsa, gli sposi si recarono al binario 11 dove c’era il treno che li avrebbe portati a Dublino. Dalla locomotiva già sbuffavano nuvolette bianche, segno che la partenza era imminente, mancava solo il segnale del capo stazione. Una volta a bordo William si mise alla ricerca dei posti loro assegnati: carrozza 2 seconda classe, posti 22 e 24. Erano entrambi vicino al finestrino, quella di veder scorrere i paesaggi dal treno in corsa era una passione che li accomunava. A bordo c’era un po’ di confusione, tutti i passeggeri erano intenti nella ricerca dei propri posti e solo dopo un po’, tra uno spintone e l’altro, i due ragazzi riuscirono ad accomodarsi nel loro scomparto. Erano felicissimi, finalmente partivano per la loro luna di miele. Dáireen, con i suoi occhi grandi, non faceva altro che fissare il marito, ancora non le sembrava vero che si fossero sposati e spinta da una grande emozione che sembrava esploderle nel petto, prese la mano di lui tra le sue e gli disse: «William, non vedo l’ora che questo treno parta e ci porti lontano da questa città, lontano da mio padre che mi ha tenuto prigioniera per tutti questi anni.» Per suo padre Dàireen era sempre stata soltanto la persona che doveva badare a lui e al Gun’s, non si era mai sentita amata né considerata come una figlia da lui, non le permetteva neanche di uscire qualche volta con le amiche ed ora era soltanto grazie a William che Dàireen poteva iniziare a vivere una vita tutta sua. «Ti amo William, oltre ad avermi sposata mi hai fatto rinascere.» Disse emozionata la sposa guardando negli occhi suo marito. William sapeva di quanto amore aveva bisogno Dàireen e lui era pronto ad amarla per tutta la vita. Con una carezza avvicinò a se il volto di sua moglie e delicatamente la baciò. Ogni volta che la baciava, rimaneva per pochi attimi ad occhi chiusi ad assaporare la dolcezza e la morbidezza delle labbra di lei. Dáireen era tutta la sua vita, il suo unico scopo, gli aveva aperto il cuore e non solo all’amore, i suoi modi semplici e quell’essere sempre ben disposta facevano di lei un punto di riferimento importante per William. Una volta sistemate le valige sugli appositi ripiani della carrozza, i due si sedettero. Non vedevano l’ora che il capo stazione desse il segnale di partenza. Il vecchio orologio della stazione segnava le 13:29 e alla partenza mancava solo un minuto, appena le lancette segnarono le 13:30 il capotreno diede il segnale con una bandierina verde e avvicinò il fischietto alla bocca. Un attimo d’indugio per un ultimo controllo e via con un lungo ed interminabile fischio. La locomotiva iniziò a sbuffare delle dense nuvole bianche in aria, tanto che il treno sembrava circondato da una fitta cortina di nebbia.

    Altre volte William aveva preso il treno per Dublino, ma questa volta era tutta un’altra cosa. Questa volta accanto a sé c’era la sua dolce amata. Quanti pensieri si rincorrevano nella sua mente, quanti momenti felici li attendevano, finalmente quella splendida creatura era tutta per lui. Erano passati solo pochi minuti da quando erano saliti in carrozza ma sembrava un’eternità. Il treno diede dei forti scossoni e cominciò a

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