Il "gruppo interno" nel pensiero di W. R. Bion: dall'immagine al concetto
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Il "gruppo interno" nel pensiero di W. R. Bion - Michele M. Lualdi
Lualdi
1.Introduzione
Il pensiero di Bion si è sviluppato attorno a due nuclei: il gruppo e la mente. Biograficamente, l’interesse per il gruppo precede quello per l’individuo, ma tra i due momenti[1], al di là della caesura rappresentata dal cambiamento dell’oggetto di indagine, sono rintracciabili indicatori di continuità.
In questa direzione diversi autori hanno sottolineato come la visione della mente proposta da Bion sia gruppale
. Ad esempio, Bléandonu (Bléandonu, 1990, 99 e segg.) rileva come la teorizzazione kleiniana abbia consentito a Bion di operare una trasposizione calzante dei concetti da lui sviluppati a proposito delle dinamiche di gruppo nella nuova area di studio (il singolo): così l’esperienza dell’individuo alle prese con un gruppo è analoga al rapporto tra il bambino e il seno materno; così il gruppo in assunto di base corrisponde all’individuo che, durante l’analisi, mette in atto meccanismi di difesa contro l’angoscia psicotica.
Si tratta semplicemente di analogie (già delineate dallo stesso Bion[2]), dalle quali si può al più concludere che lo studio dei gruppi ha permesso all’Autore di comprendere meglio il lavoro della Klein e di applicarlo clinicamente con maggior profitto, ma che non aiutano a capire l’emergere della spinta trasformativa che ha consentito all’Autore di allontanarsi pionieristicamente dal tracciato psicoanalitico kleiniano.
Un passo successivo al rilievo di analogie consiste nell’introdurre il tema della gruppalità interna
: se la Klein asseriva la presenza ... dentro di noi, di... oggetti amati ed odiati [che] costituiscono... un mondo interno
(M. Klein, 1940, 346), Bion riusciva ad andare più in là, coordinando questi oggetti in termini di dinamiche di gruppo. Il mondo interno (uno spazio) viene a organizzarsi come gruppo interno (dunque con una struttura e una funzione). Non si tratta di limitarsi ad accostare due nuclei concettuali (gruppo
, mondo interno
), ma di generare un terzo prima ignoto (gruppo interno
).
Si potrebbe paragonare il primo tipo di relazione (l’accostamento di due nuclei concettuali) a un rapporto simbiotico, ... in cui uno dipende da un altro per un reciproco vantaggio
(Bion, 1970, 131): lo studio dei gruppi favorirebbe la comprensione della teoria kleiniana la quale a sua volta getterebbe nuova luce sulle dinamiche profonde dei gruppi. Una simile relazione può tuttavia assumere rapidamente connotazioni parassitarie, poiché individuare corrispondenze tra due poli di riflessione ... può produrre un terzo che è distruttivo per tutti e tre
(Bion, 1970, 131), ovvero una pseudo-conoscenza (-K[3]) che lega la mente al già noto impedendo lo sviluppo del pensiero.
Le due facce della relazione, simbiotica e parassitaria, corrispondono a due vertici differenti dai quali è possibile osservare il lavoro mentale eseguito nell’individuazione della relazione stessa: il percorso psicoanalitico in continua evoluzione di Bion dimostra che egli, oltre a individuare le suddette analogie, è stato in grado di utilizzarne la valenza simbiotica; viceversa, una lettura non accompagnata da adeguata e paziente riflessione delle pagine da Bion dedicate ai gruppi è indizio di un impiego parassitario della medesima relazione.
Il secondo tipo di relazione, legato alla nozione di gruppalità interna
, è invece un esempio di rapporto conviviale, in cui "due oggetti ne condividono un terzo con vantaggio di