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Dark Lady
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Ebook988 pages13 hours

Dark Lady

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About this ebook

L’avventura si apre su un duplice delitto ossia quello di Lord e Lady Gowrie, avvenuto in una stanza ermeticamente chiusa da cui era impossibile sia uscire che entrare. Il classico delitto della stanza chiusa. Per quanto John Sherlock Holmes, il figlio di Sherlock Holmes, faccia per scoprire il colpevole e come è avvenuto il duplice omicidio non ci riesce sino a quando non incontra la Contessa Ruthven, una Dark Lady tanto bella quanto spietata.
Un giallo avventuroso che non mancherà di piacervi.
LanguageItaliano
PublisherSelf-Publish
Release dateJul 11, 2018
ISBN9788828355137
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    Book preview

    Dark Lady - Arthur Dayle

    Copyright

    Dark Lady – Le Avventure di John Sherlock Holmes

    Il Figlio di Sherlock Holmes di Arthur Dayle e Curt Matul

    Copyright MT-MLC - All rights reserved throughout the world

    Prima Edizione in eBook anno 2016 - Self-Publishing

    Pagine 649

    Blog di Riferimento di recente costituzione

    Il Quadro del Giorno

    Classici della Letteratura Erotica

    Il Mondo di Sherlock Holmes

    eBook Free Gratuiti Gratis

    Il Cinema Erotico

    Il Primo Capitolo

    eBook gratuiti nei formati Kindle, ePub, PDF

    (versioni complete non anteprime)

    Kansas Kid e Il Mistero della Missione della Sierra Madre

    Il Mistero della Torre – Le Indagini Segrete di Gabriele D’Annunzio

    Freising – Il Segreto di Hitler

    Il Mistero di Cinecittà di Augusto De Angelis

    Sherlock Holmes History di Autori Vari

    Dark Lady – Le Avventure di John Sherlock Holmes Il Figlio di Sherlock Holmes

    Il Romanzo Erotico

    Il Romanzo Poliziesco nel Circuito Self-Publish

    8 Detectives

    Storia del Cinema Horror

    Aurore Un Pomeriggio Dimenticato (Erotico)

    Il Talismano del Piacere (Erotico)

    Indice

    Copyright

    Indice

    Le Avventure del Giovane Sherlock Holmes

    Introduzione

    Protagonisti della Storia

    Luoghi in cui si svolge l’azione

    Dark Lady

    1 – Il delitto

    2 – Il ballo

    3 – Un mandato di arresto

    4 – La tela di ragno

    5 – Un’ora d’amore

    6 – Il sotterraneo della morte

    7 – La morte aleggia nella stanza

    8 – La confessione

    9 – Un cadavere scomparso

    10 – Diabolici progetti

    11 – Una fuga nella notte

    12 – Prigioniero

    13 – Conclusione

    Letteratura Poliziesca

    Le Avventure di Maschera Bianca di Adelaide Byrne

    La Beffa di Maschera Bianca: Il Ladro Gentiluomo

    Gli Avvoltoi

    La Pagoda della Morte

    Maschera Bianca e L'Oro della Banca di Italia

    Le avventure di Herlock Homes

    I Monaci dell'Ordine Nero di Adelaide Byrne

    Le Indagini Segrete di Gabriele D’Annunzio di Adelaide Byrne

    Il Mistero della Torre

    L’Inganno

    La Notte del Mistero

    L’Attrice

    La Danzatrice Nuda

    Le Due Rivali

    La Signora dalla Mannaia

    Passi di Morte sulla Neve

    Il Talismano del Cavaliere Templare

    La Pendola della Vita e della Morte: Otto rintocchi di morte

    La stella a sei punte

    Il Vampiro di Dusseldorf

    L’Arma Invisibile

    Passi di Morte per Eleonora Danieli

    Black Mamba

    Il Mistero dei Diamanti

    Arsenio Lupin – Le Nuove Avventure

    La Strega di Napoli di Curt Matul

    Gli uomini senza volto

    Il Diario della Morte di Fergis Hime

    Le Pergamene di Jeshua di Hank Monk

    Le Avventure del Diabolico Professor Mefisto

    Il Diabolico Professor Mefisto

    Il Professor Mefisto colpisce ancora di Curt Matul

    Il Professor Mefisto e la morte impossibile di Curt Matul

    Le Avventure di Petrosino: Il Poliziotto Italo-Americano

    Un viaggio pericoloso attraverso il Gottardo di Kurt Matull

    Le Avventure di Kit Masterson di Adelaide Byrne

    Kit Masterson e La Lettera Misteriosa

    Kit Masterson e La Setta degli Assassini

    Kit Masterson e La Fiala della Morte

    Le Avventure di John Sherlock Holmes, il Figlio di Sherlock Holmes

    Dark Lady di Arthur Dayle e Curt Matul (gratuito)

    Paranoia di Arthur Dayle e Curt Matul

    L’Antro degli Orrori di Arthur Dayle e Curt Matul

    Il Segreto di Lady Chatterley di Arthur Dayle e Curt Matul

    La Morte di Lady Hamilton di Arthur Dayle e Curt Matul

    Segreto Mortale di Arthur Dayle e Curt Matul

    I Folli di Lennox House di Arthur Dayle e Curt Matul

    Orrendo Delitto di Arthur Dayle e Curt Matul

    Il Signor X di Arthur Dayle e Curt Matul

    La Setta dei Thug di Arthur Dayle e Curt Matul

    Un pegno d’amore di Arthur Dayle e Curt Matul

    Il Film della Morte di Arthur Dayle e Curt Matul

    Rintocchi di Morte di Arthur Dayle e Curt Matul

    Il Castello del Terrore di Arthur Dayle e Curt Matul

    Odio e Amore di Arthur Dayle e Curt Matul

    Il Carnevale della Morte di Arthur Dayle e Curt Matul

    Die Liebe Club di Arthur Dayle e Curt Matul

    L’uomo che uccise se stesso di Arthur Dayle e Curt Matul

    Sheila Holmes, la pronipote di Sherlock Holmes di Adelaide Byrne

    Sheila Holmes e Gli Scorpioni di Londra

    Sheila Holmes e Il Campanile degli Orrori

    Sheila Holmes e il Mistero del Vaso di Bronzo

    Sheila Holmes e La Banda dei Falsari

    Sheila Holmes e La Campana della Morte

    Sheila Holmes e La Scomparsa di Lady Frances De Brantes

    Sheila Holmes e La Vendetta di Lady Randolph

    Altri romanzi di Adelaide Byrne

    La Maledizione del Manoscritto di Voynich: La Bibbia del Demone Belial

    Freising - Il Segreto di Hitler (gratuito)

    Nick Carter e La Voce Misteriosa

    Altri autori polizieschi

    Capolavori della Letteratura Poliziesca

    Ragnatela di Inganni di Giuseppe Fletther

    Il Volto Oscuro del Delitto di Giuseppe Fletther

    Il Vicolo della Morte di Giuseppe Fletther

    La Maledizione della Strega di Giuseppe Fletther

    L’Occhio di Brahma di Giuseppe Fletther

    Il Mistero delle Due Sorelle di Arthur Fox e Charles Davies

    Negli Oscuri Meandri del Castello di Giovanni Finnemore

    La Pergamena del Conte Ugolino di Anna Caterina Grees

    L'Ombra della Follia di Guglielmo Lanyon Dave

    Il Tenebroso Bosco dei Misteri di Gustavo Giorgio Arnoldi

    La Dama Rossa uccide tre volte di Hank Monk

    Vendetta di Natalia Sunner

    Il Rubino di Mata Hari di Owen J. David

    L'Alito della Morte di Vincenzo Collina

    Giorgia: Fiamma d’Amore di Edoardo Filippo Oppen

    La Folle Estate di Natalia Sunner

    Il Mistero della Cassa Mongola di Tommaso Appletoni

    L’Immortale di Anna Caterina Grees

    Il Mistero della Signora Zetkin di Edoardo Stauni

    La Notte dei Misteri di Guglielmo Queuxini

    Lo Strano Vizio della Signora Wardh di Giuseppe Fabbro

    Il Testamento della Morte di Giuseppe Fabbri Fletther

    I Diamanti Maledetti – Le Avventure di Lord Abershaw di Ernesto Hornuni

    Avventura in Messico – Le Avventure di Lord Abershaw di Ernesto Hornuni

    Doppio Inganno di Anna Caterina Grees

    Il Male di Anna Caterina Grees

    L'Urlo della Morte di Anna Caterina Grees

    L’Oscuro Delitto di Wind Park di Arnoldo Galoppini

    Follia di Arnoldo Golvorthi

    Le Vergini di Satana di Claire Mansfield

    Il Mistero della Statuetta Indiana di Cristiano Lys

    Il Castello del Male di Enrico Holt

    La Morte aleggia a Castel Glicine di Fiorenza Varden

    Il Monaco Nero di Gabriela Suarez

    Il Mistero del Teatro della Morte di Paolo Trenti

    Le Diaboliche di Riccardo Austin

    I Mostri del Dottor Konarski di Stefano Rodolfo Minzlof

    Intrigo a Londra di Tommaso Galloni

    Intrigo a Berna: Una avventura sentimentale di Eleanor LeJune

    Le Avventure del Giovane Sherlock Holmes

    È uscito il primo volume della nuova serie dedicata a Sherlock Holmes da giovane:

    Sherlock Holmes e L’Antro di Lilith di Laura Cremonini (versione digitale)

    In versione cartacea

    È noto a tutti che Holmes apparve per la prima volta nel romanzo Uno studio in rosso nel 1887, e la sua personalità fu tratteggiata nei successivi romanzi pervenendo a delineare un uomo dalla personalità molto attiva, con una intelligenza straordinaria che sfrutta al massimo per risolvere i casi polizieschi più intricati e difficilmente risolvibili.

    Tramite le memorie scritte dal suo amico dottor Watson veniamo a sapere che ha una discreta cultura in letteratura, filosofia, astronomia, mentre è esperto di botanica, di geologia, di anatomia, di musica (suona il violino), di diritto britannico. Altre caratteristiche salienti sono che è uno sportivo: è un eccellente schermidore, specialmente col bastone e pratica il pugilato a mani nude.

    Ma ciò che Watson mette in risalto è che ha scarso interesse per le donne, e questo per mantenere la mente sempre lucida e sgombra da pensieri inutili e svianti (l'amore è un'emozione, e tutto ciò che è emozione contrasta con la fredda logica che io pongo al di sopra di tutto. da Il segno dei Quattro). Solo nel racconto Uno scandalo in Boemia Holmes mostra di provare una grande ammirazione per Irene Adler, l'unica donna che sia mai riuscita a ingannarlo, ma tale sentimento non può essere definito amore. Inoltre, questo incontro (o scontro) con una donna intelligente da parte di Holmes non fa altro che alleviare leggermente la sua sfiducia nel sesso femminile. Holmes si mostra un po' misogino in molti casi, anche se non sappiamo molto della sua vita personale in senso stretto (taluni lo hanno definito asessuale){1}.

    Laura Cremonini nell’immaginare il giovane Sherlock Holmes ha pensato che il più famoso investigatore di Inghilterra se è giunto in età più avanzata ad avere disinteresse per le donne, e non essendo omosessuale, tale disinteresse vada ricercato negli anni della sua gioventù. Cosa lo ha portato a questa, quasi, completa indifferenza nei confronti del genere femminile?

    Domanda legittima a cui Laura Cremonini, attraverso la sua serie di romanzi che stiamo per pubblicare, dà una precisa risposta.

    Scopriamo così che Sherlock Holmes da giovane era un gaudente, un amante delle donne, legato ad una giovane rivoluzionaria russa Yana Nikolaevna Figner, esponente di primo piano del movimento populista russo, facente parte delle nascenti organizzazioni Zemlja i Volja e Narodnaja Volja.

    Scopriamo anche che la data di nascita del nostro eroe è il 6 gennaio 1854, che è alto un metro e ottanta, che è scuro d capelli ed ha gli occhi azzurri. Che tutto sommato è un bel giovane ammirato dalle donne. La bella baronessa Beckford così lo descrive:

    "Sapeva che si chiamava Holmes, che era un giovane investigatore privato di Londra e che, fisicamente, era degno di lei. Svelto, snello di movenze, largo di spalle, aveva su un collo rotondo d'atleta una testa fine, dalla maschera bruna, coperta dalla stretta capigliatura castano-scura che luceva con riflessi di bronzo ramato. Sotto delle sopracciglia ben disegnate, gli occhi lunghi verde-mare, il naso leggermente aquilino, la bocca volitiva, il mento incavato da una fossetta, rivelavano una volontà tenace. Era nel complesso agile, forte, dall’aria intelligente, gli occhi ingenui, ma implacabili nello sguardo."

    Scopriamo anche che dai diciotto ai 21 anni ha frequentato l’University College London. Qui ha conosciuto Marion Adams-Acton, scrittrice che diventa una sua amica. Algernon Freeman-Mitford, I barone Redesdale (più anziano di lui di 17 anni), è un intimo e carissimo amico. Suoi amici sono anche Oscar Wilde e Arthur Wing Pinero, drammaturgo britannico. Nella presente avventura conosce Howard Vincent, giovane investigatore di Scotland Yard che diventerà un altro suo carissimo amico e a cui dovrà molto per la sua carriera futura.

    Nella serie ideata da Laura Cremonini verremo a conoscere tutte le donne della sua gioventù, sia quelle più importanti sia quelle di avventure passeggere. E impareremo a conoscere come il genio del grande investigatore si forma piano piano, con l’aiuto dell’Ispettore di Scotland Yard Howard Vincent, durante le sue prime investigazioni.

    Le sue avventure si svolgeranno tutte tra il 1872 e il 1884 (tra i 18 e i 30 anni).

    Trama dell’Antro di Lilith

    Un giorno, inaspettatamente, Sherlock Holmes riceve una lettera di una sua vecchia compagna di scuola, Juliette Récamier Fox.

    "Aperta la lettera Sherlock Holmes fu sommerso dai ricordi. Era firmata Juliette Récamier Fox ... e i primi due nomi avevano dato una tale sferzata alla sua memoria che rimase a lungo immobile mentre i suoi pensieri galoppavano indietro di tre anni per raggiungere la loro meta a Firenze.

    Una lettera dopo tre anni che non si erano più visti, né sentiti. Una lettera che faceva riaffiorare la folle estate in cui insieme ad Arthur avevano corteggiato la stessa donna: Juliette. Una folle estate in cui avevano portato a termine un viaggio di trecento chilometri per le strade dello Stato Unitario Italiano, compiuto in bicicletta. Un viaggio che aveva fatto sbocciare teneri sentimenti e forti passioni nel cuore di tutti e tre durante il percorso."

    Il giovane Sherlock Holmes si chiede perché la sua amica che è stata anche una sua amante lo abbia invitato per un banale fine settimana. Che potrà volere da lui? Piacevolmente determinato a rivedere la donna che ha amato si reca a Porlock nella contea inglese del Somerset diventando un ospite della villa L’Antro di Lilith.

    E qui quasi subito viene commesso un delitto. Viene assassinato il padrone di casa, il marito della sua amica Juliette.

    Se pensiamo che Sherlock Holmes inizia ad indagare ci sbagliamo di grosso. In questa avventura classica, da poliziesco della stanza chiusa, liberamente ispirata al romanzo Chiunque, eccetto Anne di Carolyn Wells, il nostro giovane investigatore fa da spettatore (in quanto egli "sentiva di essere coinvolto sentimentalmente e l’amore per Juliette gli toglieva la sua normale concentrazione, le sue facoltà di logica e di deduzione"), seguendo prima le mosse di un suo collega, l’investigatore privato Bradbury, e poi quelle del poliziotto di Scotland Yard Howard Vincent.

    È una storia gialla cruda, violenta, inaspettata soffusa di erotismo, in cui per la prima volta scopriamo una sua famosa frase:

    "— Signor Vincent, sapete già come ha fatto l'assassino a entrare e uscire?

    — No, non ne ho la più lontana idea, ma dal momento che colui che vi è riuscito è un essere umano, presumo che un altro essere umano possa scoprire come ha fatto. Una volta eliminato l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità.

    Holmes registrò con attenzione quell’ultima frase e si disse che ne avrebbe fatto tesoro."

    Dal Capitolo Secondo

    Ben presto Sherlock Holmes si era rassegnato a credere che Juliette lo avesse dimenticato e quantunque lui non l’avesse dimenticata, pensava a lei senza eccessiva emozione.

    Aveva saputo del suo matrimonio con Henry Edward Fox e aveva provato, se non un acuto rimpianto, un senso di risentimento. Non sapeva perdonarle di aver sposato quel noto miliardario americano, vecchio ed eccentrico. Ed ora, quando meno se lo aspettava, aveva ricevuto un invito in casa di Juliette. Nel biglietto ella esprimeva in termini molto cortesi il desiderio di rinnovare la loro antica conoscenza e lo pregava di andare a casa sua il venerdì per passarvi il fine settimana.

    Rinnovare la loro antica conoscenza?

    Così aveva scritto Juliette, ma Holmes era più che certo che quella fosse una banale scusa. Dietro la richiesta della sua passata amante, della folle giovane degli anni scolastici, ci fosse ben altro. Avrebbe capito se quel fine settimana si fosse celebrata una ricorrenza, un compleanno, un qualcosa di preciso e di concreto, ma non era così. Quel fine settimana era banale come l’invito ricevuto, ma Sherlock era molto curioso di rivedere Juliette, ora che era la signora Fox, e accettò l'invito con la piacevole sensazione di ritrovare una vecchia amica.

    Mentre il suo treno serpeggiava rapido attraverso il Somerset, verso il paese di Porlock, dove Henry Edward Fox aveva la residenza estiva, Sherlock ebbe modo di leggere su un quotidiano della contea che negli ultimi sei mesi erano stati ritrovati i corpi senza vita di sei giovani ragazze orrendamente mutilate e che prima di morire erano state torturate nei modi più efferati.

    Sherlock si meravigliò che quelle notizie non fossero state pubblicate dal News of the World, dal Morning Post ma soprattutto dal The Times. Cosa si nascondeva dietro quella voluta censura a livello nazionale? Se si fosse trattato di censura imposta dalle autorità anche quel giornale locale, il Bath Daily Evening non avrebbe pubblicato la notizia. Holmes era sconcertato: perché i grandi quotidiani di Londra trascuravano delitti così efferati che avrebbero fatto salire in modo esponenziale la loro tiratura?

    Holmes cercò di ricordare cosa sapeva di Porlock e dei suoi dintorni. Porlock si trovava tra Culbone e Selworthy e a circa 10 km ad ovest di Minehead. A circa 3 km a nord-ovest del centro di Porlock si trovava invece il villaggio portuale di Porlock Weir.

    Porlock era un villaggio di circa duemila anime con status di parrocchia civile della contea inglese del Somerset, Inghilterra sud-occidentale, appartenente al distretto del West Somerset e situato nel tratto nord-orientale del parco nazionale dell'Exmoor, di fronte alla costa che si affaccia sulla Baia di Porlock (Canale di Bristol). La località un tempo era stata la sede dei re del Wessex. Nel 912, il villaggio era stato saccheggiato dai pirati Danesi. Oltre queste scarne notizie Holmes aveva appreso anche che Porlock era meta estiva degli escursionisti che percorrevano la Coleridge Way e la West Coast Path. Inoltre, Porlock era menzionata nel poema di Samuel Taylor Coleridge, Kubla Khan, scritto durante un soggiorno forzato dello scrittore nella cittadina. Il poema aveva fatto nascere nella lingua inglese l'espressione a person from Porlock (una persona di Porlock) come sinonimo di persona inattesa o di persona indesiderata.

    Per il marito di Juliette lui sarebbe stato una persona inattesa o una persona indesiderata?

    Tornando alla sua avventura italiana di tre anni prima, tentò d'immaginarsi la piccola graziosa Juliette Récamier che aveva conosciuta, nella veste di castellana in una grande tenuta, con un marito anziano e due figliastri adulti. Il quadro gli parve così incongruo che rinunciò a sforzare la sua fantasia.

    Quantunque sapesse che Henry Edward Fox era molto ricco, rimase incantato arrivando alla sua casa. Era una grande villa centenaria, la più bella che avesse mai vista, circondata da una fitta vegetazione formata da olmi, pini e antiche querce che, oltre a proteggerla da indesiderati visitatori, le donavano un aspetto da romanzo gotico, come se avesse qualche mistero da occultare, ma anche come se, in qualche modo, volesse comunicare un messaggio oscuro.

    Quando la carrozza che era venuto a prenderlo alla stazione aveva imboccato il viale d'ingresso, Sherlock era rimasto stupito per la bellezza del parco, degno della più sontuosa dimora inglese.

    Sapeva che la villa dei Fox risaliva al XII secolo e nel XIII secolo era stata devastata da un incendio, tanto che l'allora proprietario, privo di mezzi per ricostruirla, l’aveva dovuta vendere. Agli inizi del XVI secolo era stata comprata da Enrico VIII che ne aveva fatto una residenza per le sue amanti. Henry Edward Fox l’aveva acquistata al suo arrivo in Inghilterra e aveva fatto della villa la sua abitazione e il centro dei suoi affari, iniziando quei lavori di complessivo restauro che avevano avuto culmine in una ristrutturazione dallo stile neogotico.

    La ristrutturazione era stata affidata al famoso architetto scozzese Richard Norman Shaw che, rispettando l'aspetto quattrocentesco della proprietà, aveva avviato una ristrutturazione globale con interventi anche radicali, come il rialzo di un piano e l'aggiunta del torrione centrale, in stile goticheggiante con loggia. Anche la facciata verso sud era stata arricchita, costruendo un ampio portico con colonne doriche che creava un'ampia terrazza panoramica raggiungibile tramite una scalinata in pietra serena. Il cortile centrale era stato trasformato in un'ampia sala da ballo neorinascimentale, arredato con pezzi originari della villa o appositamente commissionati ad artigiani locali.

    Nella parte finale una terrazza pavimentata in pietra con balaustra rappresentava il miglior punto panoramico del giardino. Dal prato, in asse con l'ingresso principale della villa, due leoni-marzocchi con stemmi araldici familiari introducono al passaggio verso la terrazza inferiore, voltato a botte.

    La terrazza inferiore conservava un grande giardino all'inglese, con siepi geometriche circondate dal bosso e ospitanti varie essenze fiorite. Il lato nord, al di sotto della terrazza del livello superiore, era chiuso da un edificio di servizio che fungeva anche da limonaia.

    Il lato ovest, verso il vicino paese, aveva una più contenuta terrazza che guardava sulla parte agricola della proprietà. Vi si trovava un prato con due alberi ad alto fusto, bordato da siepi in bosso che disegnano motivi geometrici.

    Il giardino davanti alla villa era composto da un grande prato, movimentato da alcuni elementi come un pozzo, un gazebo e una piscina rettangolare decorata da una loggetta neogotica in raffinata bicromia di mattoni e pietra e un piccolo lago, di forma irregolare sfruttava una cavità naturale.

    La parte a nord della villa invece ospitava un parco all'inglese. Vi si trovano boschi di conifere e latifoglie, corsi d'acqua e querce, punteggiati qua e là da statue, fontane e altre decorazioni.

    Il complesso era stato denominato l’Antro di Lilith in quanto all’ingresso della villa troneggiava una statua rappresentante Lilith nuda avvolta nelle spire di un serpente.

    Quell’antico complesso non era privo di lati oscuri, di leggende sanguinarie.

     La prima risaliva addirittura al primo proprietario della villa. Quando era stata costruita un frate del luogo nella cappella di famiglia aveva posto un calice di oro puro che, secondo la leggenda, non doveva assolutamente essere spostato dal luogo in cui era conservato, pena spaventose sventure che si sarebbero abbattute senza pietà sulla stirpe di colui che avrebbe osato disobbedire. Naturalmente non solo era stato spostato ma era stato anche venduto, causando così la rovina di generazioni e generazioni di nobili possessori della villa, per i quali ebbe inizio una lunga e penosa serie di morti violente.

    La seconda leggenda narrava del conte Patrick che nel XVI secolo aveva acquistato quell’edificio. Egli era un individuo violento e dissoluto dedito ad ogni sorta di perversione. Si raccontava che faceva prostituire la moglie e che una sera la fece violentare da un cane-lupo. Poco dopo nacque un figlio deforme, senza collo e con braccia e gambe rattrappite, dotato però di una forza straordinaria. Somigliava più ad un lupo che ad un uomo. Era talmente aggressivo che fu necessario rinchiuderlo in una camera segreta, con una serratura massiccia, dove trascorse tutta la sua vita. Invano nell’edificio era stata cercata quella stanza. Non era mai stata trovata.

    Verità o leggenda?

    Holmes aveva sempre ritenuto che le leggende sui castelli maledetti fossero create ad arte per attirare turisti e viaggiatori che andavano ad incrementare l’economia di quei luoghi. Ma, a giurare sull’esistenza di quell’uomo lupo, era intervenuto addirittura William Underwood, uno dei più famosi scienziati del soprannaturale del Regno Unito, autore tra l’altro di un’opera fondamentale per tutti gli appassionati di spettri. Underwood era convinto infatti che la stanza segreta fosse stata costruita attorno al 1684 e che qui il mostro di Porlock fosse stato rinchiuso fino alla data della sua morte, avvenuta, si diceva, 150 anni dalla sua nascita. Come poteva un essere umano vivere 150 anni? In quella stessa stanza poi il conte Patrick, sempre secondo le leggende locali, aveva giocato con la morte battendola a scacchi e conquistandosi così la vita eterna.

    Gli stessi sotterranei della villa non godevano di una buona fama. Sembra che il conte Patrick usasse farvi rinchiudere i suoi nemici, lasciandoli morire di fame. I disgraziati, spinti dalla disperazione, non solo iniziavano a mangiarsi l’uno con l’altro, ma arrivavano al punto di strapparsi a morsi dei pezzi di carne dalle proprie braccia.

    Il successore del conte Patrick, al fine di trovare la stanza segreta durante una festa lasciò liberi i suoi ospiti di girare per tutte le stanze, chiedendo loro di appendere a ciascuna finestra un lenzuolo bianco.  Dopo che ebbero finito si ritrovarono tutti nel giardino e, con loro grande stupore, si accorsero che ben sette finestre erano senza lenzuolo. Si cercò a quel punto di individuare le stanze corrispondenti, ma ogni ricerca fu totalmente vana. Forse quella villa conteneva al suo interno più di una stanza segreta?

     L’esistenza di una stanza segreta era stato motivo di interesse anche per lo scrittore Walter Scott, che durante una sua visita a Porlock si recò alla villa, allo scopo di trovare la stanza in cui il conte Patrick e la morte avevano giocato a scacchi, nella cripta della torre.

     Scott raccontava di essersi spinto nei corridoi del castello accompagnato da un servo e di aver visto brillare una luce, seguita dall’apparizione di due nobili, uno dei quali doveva essere proprio il conte Patrick. Gli spettri, seduti attorno a un tavolo, giocavano a scacchi, imprecavano, bevevano e maledicevano Dio. A coronare la sinistra visione, vi era stata anche la comparsa del demonio, sotto forma di una viva fiamma che lo raffigurava.

    Tutto questo pensava Holmes quando la carrozza fece il giro della villa prima di fermarsi davanti all'ingresso e Holmes era così ammirato per la sontuosità della dimora e così preso dalle leggende che la circondavano che si sentiva disposto a perdonare a Juliette il suo tanto criticato matrimonio.

    Alla stazione era stato ricevuto soltanto dal cocchiere e da un domestico. Un altro domestico in livrea gli aprì la porta e lo condusse subito nella camera a lui destinata. Questa era situata al primo piano con una finestra sulla facciata e un'altra sul lato Est. Era un capolavoro di buon gusto e di comodità, ma Holmes lo notò appena, attratto come era dal panorama.

    La primavera precoce aveva disteso sulle colline del Somerset un manto verde pallido, che contrastava singolarmente col verde più intenso dei boschi sulle montagne in lontananza. Era quasi il tramonto e una luce rossastra rendeva particolarmente suggestivo il panorama meraviglioso.

    Holmes si affacciò alla finestra a Est e tornò ad osservare l'ala aggiunta della villa concludendo che doveva essere stata costruita in un secondo tempo. Sembrava quasi una cappella con le sue finestre lunghissime a vetri colorati. Domandò se fosse davvero una cappella al domestico che stava aprendo i suoi bagagli.

    — Nossignore — gli rispose il domestico. — È lo studio del signor Fox.

    Soggiunse che si stava servendo il tè e che lui avrebbe potuto scendere non appena fosse stato pronto.

    Poco dopo seguiva la sua guida attraverso i corridoi e le sale dell'immensa casa. Sale e salotti erano ammobiliati con sobria eleganza e i pesanti tendaggi in broccato e gli arazzi erano tutti a tinte tenui.

    Arrivarono all'uscio che formava la sola comunicazione tra il corpo centrale del fabbricato e l'ala Est. Qui, dopo aver annunciato il suo nome, il domestico lo lasciò e Holmes si trovò nello studio di Henry Edward Fox.

    Holmes pensò di non aver mai visto una stanza più imponente di quello studio. Il soffitto a volta tutto a vetri piombati era alto forse dieci metri, e la sala amplissima, risultava di proporzioni perfette.

    Le pareti erano rivestite in legno e sul lato Ovest si affacciava una piccola balconata che sembrava fatta per un'orchestra, cui si arrivava per mezzo di una scala a chiocciola. Dalla stessa parte, sotto la balconata un'ampia porta-finestra a doppio battente si apriva sulla terrazza.

    Erano presenti dieci o dodici persone e quantunque, naturalmente, riconoscesse la sua ospite, le andò incontro per salutarla con un'espressione in viso che senza dubbio tradiva una certa incredulità.

    Juliette scoppiò a ridere.

    — Ma sì, sono proprio io! — disse. — Mi sembrate molto perplesso.

    Ed era perplesso. Per vari ordini di motivi. Il primo era che se la ricordava bella ma ora poteva affermare, con profonda convinzione, che era una donna di straordinaria bellezza. Il suo viso era delicato, di incarnato chiaro. Aveva grandi occhi scuri, tenebrosi, e labbra ravvivate da un rossetto brillante. Indossava un sontuoso abito da sera, certamente d’alta sartoria, che sottolineava le sue forme slanciate: color acqua marina, senza maniche, e con una profonda scollatura quadrata. Era di linea semplice ma di un effetto sorprendente.

    Il secondo motivo di perplessità era l’audacia dell’abito. La scollatura era profonda e i seni, nudi sino al limite della decenza (ma era di moda esibirli), erano esaltati da un girocollo di diamanti, il cui valore era sicuramente superiore a quanto Holmes potesse aver guadagnato sino ad allora.

    Juliette fu improvvisamente come paralizzata dalla vicinanza di Holmes e dall’idea che i suoi occhi non la lasciassero un solo momento. Non osava abbassare lo sguardo sul suo seno né alzarlo verso di lui. Aveva paura di vedere dove erano diretti i suoi occhi. Con una rapida occhiata nervosa verso il basso, controllò la profonda scollatura e trasalì vedendo che un’aureola rosata aveva in parte superato il bordo dell’abito. Imbarazzatissima si tirò il vestito sul petto e non poté far a meno di dire:

    — Io … io — ma non aggiunse altro.

    Holmes che capì il suo turbamento non disse nulla. Non aveva nulla da dire. Era come ipnotizzato. Juliette Fox non poteva definirsi una bellezza classica, secondo i canoni dettati dai benpensanti, ma lui trovava che la sua bellezza, così intensa e tenebrosa, era molto superiore a molte delle dame, ritenute le più belle di Porlock, che in quel momento affollavano villa Fox.

    Holmes si chiedeva se, poco prima, nell’attimo in cui aveva posato la sua mano in quella di lei, quella mano che aveva trattenuto la sua per un istante, la sensazione, o no, meglio la percezione che aveva provato fosse frutto o meno della sua fantasia?

    Nell’esatto momento in cui la mano di Juliette Fox si era appoggiata sulla sua, la palpebra destra della donna si era mossa rapidamente in qualcosa di molto simile ad una occhiata di complicità. Le dita nervose della donna avevano come accarezzato il contorno del suo polso, del palmo della sua mano, ritirandosi lentamente, come in un triste abbandono.

    L'eccitazione provocata da quel gesto era stata talmente forte che lui era arrossito, felice ed imbarazzato da quella carezza che aveva trovato deliziosa. Quel caldo contatto aveva infiammato la sua fantasia e i suoi nervi, tanto che il suo viso doveva aver assunto una espressione di emozione complessa, ma non era soltanto quello, perché Juliette Fox era stata sul punto di chiedergli perché avesse quell’aria strana, rendendosi conto solo in quell’istante, da donna di mondo, che lui si era eccitato.

    Ma, quell’improvviso lei, fece capire ad Holmes che la confidenza di un tempo non era più permessa. Prima ancora che avesse il tempo di dire qualcosa, Juliette Fox lo lasciò per salutare un altro invitato che entrava in quel momento e Holmes rimase solo aspettando che lei ritornasse.

    La scena era pittoresca. Il contrasto di tutte quelle persone in abbigliamento moderno e del loro allegro cicaleccio con la maestosità e la grandiosità del salone pieno di mobili antichi costituiva un quadro interessante. Era maggio avanzato, la porta della terrazza era spalancata, ma un bel fuoco ardeva nel camino scoppiettando allegramente.

    La padrona di casa non si occupava personalmente di servire il tè. Aveva lasciato questo compito alla figliastra Albayde, mentre lei dispensava sorrisi e parole di benvenuto agli ospiti che arrivavano. Finalmente in un momento di sosta lo invitò a sedersi accanto a lei per rievocare un poco i tempi andati.

    — Data la nostra antica amicizia, posso chiamarvi Juliette? — domandò Holmes.

    — Forse non ve lo dovrei permettere, ma mi fa tanto piacere ritrovare un vecchio amico — ella rispose sorridendo.

    — Sapete che non so capacitarmi come la compagna di scuola che ho conosciuto tre anni fa sia ora una vera castellana?

    — È una bella casa, è vero? — fece Juliette deviando leggermente il discorso.

    Ad Holmes parve di afferrare una sfumatura di malinconia nella sua voce e si volse per vedere se gli occhi non tradissero lo stesso stato d'animo, ma lei aveva abbassato le palpebre e sorrideva.

    All'improvviso gli venne fatto di domandarsi se era felice. Da quel poco che sapeva di suo marito aveva l'impressione che fosse di temperamento tirannico. Holmes avvertiva istintivamente che la serenità e l'allegria che Juliette ostentava non erano sincere. Forse dietro quell'atteggiamento celava l'amarezza della delusione. Mentre così rifletteva lei aveva ripreso a parlare.

    — Vedete, io mi circondo di una compagnia molto varia. Persone coniugate e non coniugate, persone serie e frivole, qualche genio e qualche imbecille.

    — In che categoria mi avete messo? — domandò Holmes, sorridendo.

    — È passato tanto tempo dall'ultima volta che ci siamo incontrati che vi dovrò esaminare un po' prima di classificarvi. Ad ogni modo cercate di essere più frivolo che potete, poiché siete destinato a controbilanciare una ospite molto seria.

    — Ho capito — disse Holmes seguendo la direzione dello sguardo di Juliette — alludete a quella ragazza alta, col vestito verde pallido. Bisognerà che faccia addirittura il buffone se devo fare da contrappeso a quella sirena meditabonda!

    — È Ortensia de Beauharnais, la più cara ragazza del mondo, ma ha la debolezza di assumere atteggiamenti tragici. Si occupa di scienze occulte e altre cose ridicole. Tuttavia, quando dimentica le sue piccole manie, è molto simpatica.

    — Ma le capita di dimenticarle?

    — Sì, quando si mette a parlare di moda, per esempio.

    — Deve intendersene — osservò Holmes ammirando la linea squisitamente elegante del vestito verde della signorina de Beauharnais.

    Juliette riprese:

    — Quella biondina vicino a lei è la baronessa Beckford, una giovane vedova. È innamorata cotta del mio figliastro Robin. A dire il vero la invito spesso nella speranza che quel ragazzo si accorga che lei non merita le sue attenzioni. La ragazza vicino al tavolo da tè, è la mia figliastra Albayde. Ha il carattere di suo padre, e, quando lo sposai, decise che non sarei mai entrata nel libro della sua esistenza. Io invece ci voglio entrare e sono convinta che vincerò. Tuttavia per ora non ho avuto molto successo.

    — Con questo sono liquidate le donne — disse Holmes. — Ora parlatemi degli uomini.

    — Ecco, mio marito lo conoscete. È un uomo molto distinto, vero? Ha quasi sessanta anni, ma non li dimostra. Robin gli assomiglia, ma solo fisicamente. È un buon ragazzo, ma debole, e qualunque donna lo può menar per il naso. Per il momento crede che la baronessa Beckford sia il suo ideale, ma io voglio che Ortensia de Beauharnais la detronizzi. Quel giovanotto alto che parla ora con Ortensia è Leigh Hunt. Mio marito non lo può soffrire, ma che volete, poche persone gli vanno a genio. È un uomo duro e autoritario.

    Vi era nella voce della sua antica amante una nota che Holmes non seppe come interpretare.

    — E a voi piace il signor Hunt? — le domandò Holmes fissandola negli occhi.

    Lei alzò le sopracciglia, stupita, poi rispose in tono freddo:

    — Sì, mi piace... ma non quanto io piaccio a lui.

    — Sentite, Juliette — ribattè l’investigatore con un tono severo — non ditemi che siete ancora la civetta di un tempo!

    — Civetta? — ripeté lei con una risatina — Sono sempre stata una civetta. Non vi ricordate come civettavo con voi e Arthur quando eravamo in Italia? Oh, Holmes se sapeste come sono cambiata ne rimarreste ……..

    Non contemplò la frase. Un leggero rossore le si era soffuso sulle gote.

    — È vero. Me ne ricordo. A bella posta aizzavate me e Arthur l'uno contro l'altro facendoci ingelosire!

    — Naturalmente! Avevate tutti e due il cuore così tenero! Se lanciavo uno sguardo ad uno, l'altro metteva subito una spanna di broncio.

    Juliette rise di nuovo al ricordo e mentre Holmes la osservava, pensando che era diventata molto più bella di prima, si domandò ancora una volta perché avesse sposato Fox.

    — E vi ricordate l'ultima volta che ci siamo visti? — soggiunse un po' titubante.

    — Molto bene — rispose lei senza imbarazzo. — Non ho mai dimenticato l'eleganza con cui ci lasciammo.

    — Già — disse ridendo Holmes — bisogna essere cavalieri nati per cavarsela nella situazione in cui avevate messo me e Arthur. Alla prima occasione mi cimenterò di nuovo e voi giudicherete se ho perduto la mia abilità.

    — Che dite mai! — ribatté Juliette con un sorriso amaro. — Non potrei permettere una cosa simile. Io come moglie sono una perfetta Griselda, e mio marito comanda su di me con un pugno di ferro.

    — Proprio così — convenne lo stesso Fox.

    Si era avvicinato a loro e in realtà l'ultima parte del discorso di Juliette era stata diretta più a lui che a Holmes.

    — Dunque avete conosciuto mia moglie quando era una scapestrata? — domandò quando Juliette ebbe fatto le presentazioni.

    — Non proprio una scapestrata — corresse Holmes. — Si impuntava di essere una femminista.

    — E ditemi, era anche allora, com'è adesso, un essere prepotente, ostinato, deciso a far sempre a modo suo in tutte le cose?

    Holmes si sentì ribollire il sangue per il suo tono, più che per le parole. Tuttavia si rese conto che era meglio prendere la cosa in scherzo e rispose:

    — Ma certo... come tutte le altre donne. Del resto, noialtri uomini siamo quasi sempre contenti di darla vinta al gentil sesso.

    Juliette gli lanciò un'occhiata d'approvazione. Certo si era domandata come aveva accolto le parole prive di tatto pronunciate da suo marito.

    Henry Edward Fox guardò Holmes quasi bieco. Come Juliette aveva detto, aveva un aspetto distinto, ma le labbra sottili curvate perennemente in un'espressione di sprezzo e la fronte spesso corrugata tradivano un carattere assai duro. Aveva capelli folti e arruffati quasi bianchi e gli occhi nerissimi scintillavano sotto una tettoia di sopracciglia brizzolate. Era alto, ben proporzionato e aveva un'aria energica che lo faceva sembrare più giovane della sua età.

    I suoi modi verso Holmes erano corretti, eppure l’investigatore aveva provato sin dal primo istante un sentimento di ostilità quale nessuno gli aveva mai ispirato prima di allora.

    Dopo pochi minuti di conversazione Henry Edward Fox disse bruscamente:

    — Vi piace la scollatura di mia moglie? Ha un seno stupendo ed io non ho ancora capito se voi l’abbiate già visto oppure no? Se non vi dispiace, al fine di togliervi qualsiasi tentazione, prenderò io il vostro posto accanto a mia moglie. Voi andate a far compagnia a qualche altra signora.

    Introduzione

    Dopo un’ampia introduzione a tutte le avventure di John Sherlock Holmes, il Figlio di Sherlock Holmes pubblicate sino ad oggi, si passa a quella che è l’avventura odierna: Dark Lady.

    L’avventura si apre su un duplice delitto ossia quello di Lord e Lady Gowrie, avvenuto in una stanza ermeticamente chiusa da cui era impossibile sia uscire che entrare. Il classico delitto della stanza chiusa. Per quanto John Sherlock Holmes, il figlio di Sherlock Holmes, faccia per scoprire il colpevole e come è avvenuto il duplice omicidio non ci riesce sino a quando non incontra la Contessa Ruthven, una Dark Lady tanto bella quanto spietata.

    Un giallo avventuroso che non mancherà di piacervi. L’eBook si apre con la presentazione dettagliata di tutte le avventure, sin qui pubblicate, di John Sherlock Holmes. Di ogni avventura si fornisce la trama e l’incipit.

    Protagonisti della Storia

    Lord Gowrie, nobiluomo inglese

    Lady Caine, sua moglie

    David Weston, maggiordomo di casa Gowrie

    John Sherlock Holmes, figlio di Sherlock Holmes, investigatore privato

    Charles Hamptden, Procuratore della Corona Inglese

    Eleanor Ruthven, contessa, nipote di Lord Gowrie

    Lord Gowrie, servo in casa Gowrie

    Luoghi in cui si svolge l’azione

    Londra

    Dark Lady

    1 – Il delitto

    Quel mattino, dopo la festa, il cielo era grigio e minacciava una di quelle pioggerelle fredde e ininterrotte che talora durano settimane intere.

    I servi di un bel palazzo di Oxford Street a Londra, non si aspettavano il risveglio dei padroni che ad ora tarda come sempre avviene dopo una notte di bagordi. Ma quel giorno, era quasi mezzogiorno, stranamente Lord Gowrie e sua moglie, Lady Caine, non avevano ancora suonato.

    — Andrò a vedere — disse il vecchio cameriere agli altri servi che cominciavano a divenire inquieti — dal poggiolo si può guardare nella stanza del padrone.

    II vecchio David Weston attraversò alcune stanze riccamente addobbate e, uscito sul poggiolo, sul quale si aprivano le due finestre della stanza da ricevere e le altre due della stanza da letto, si avanzò cautamente in punta di piedi.

    David si fermò alla seconda finestra perchè un lembo della tenda era rialzato, avvicinò la faccia ai vetri e.... indietreggiò barcollando e gettando un grido di spavento.

    — James! Henry! — gridò con voce strozzata ritornando di corsa.

    — Che cosa c'è — risposero gli interpellati, accorrendo.

    — Dio mio, sangue! — esclamò il vecchio terrorizzato.

    I servi corsero a guardare alla finestra che David indicava loro con mano tremante.

    — Sangue! — gridarono alla loro volta, impallidendo.

    — È un assassinio! — disse uno facendo uno sforzo per padroneggiarsi. — Forziamo la porta, qualcuno forse è ancora vivo.

    — No, no — s’interpone David — non facciamo nulla prima di aver avvisato le autorità.

    Uno dei servi fu mandato dal coroner, un secondo alla polizia e un terzo dal medico di casa.

    David si mise di guardia dinanzi alla stanza da letto.

    Non si muoveva, ma gli sguardi che gettava alla porta tradivano il suo dolore e la paura.

    In quel momento, qualcuno entrò e passi precipitati si fecero udire in anticamera. David aprì cedendo il passo ad alcuni agenti che accompagnò alla porta della stanza da letto

    — È chiusa per di dentro — disse uno dei poliziotti dopo aver tentato invano di aprire. — Chiamate un fabbro.

    Intanto il medico, il coroner e gli altri funzionari venivano a raggiungere gli astanti e fra gli altri anche Holmes, il celebre investigatore privato, figlio del grande Sherlock Holmes.

    Ma quando il fabbro arrivò, Holmes gli prese gli strumenti di mano.

    — Aprirò io stesso, con tutte le precauzioni necessarie — disse in tono che non ammetteva replica.

    In pochi minuti la porta era aperta. Uno spettacolo raccapricciante si presentò agli occhi degli astanti. Lord Gowrie giaceva penzoloni sull’orlo del letto, la camicia strappata e le lenzuola bagnate di sangue.

    Il letto era disfatto. Un solo sguardo bastò all’investigatore per comprendere che la stanza era stata il teatro di una lotta accanita.

    Holmes fece cenno agli altri di restare dove erano ed entrò nella stanza attigua. Qui pure, Lady Gowrie giaceva morta sul suo letto, strangolata da una cordicella a forma di laccio che aveva ancora al collo.

    — Prego i signori di aver pazienza finché avrò compiuta una perquisizione che spero favorirà le ulteriori ricerche — disse Holmes rientrando nella stanza di Lord Gowrie. — Qualora volessimo cominciare le ricerche insieme, non sarebbe escluso che qualche traccia importante scomparisse. Lord e Lady Gowrie sono morti uccisi da un assassino sconosciuto: in ciò non v’è dubbio. Vi prego, disponete che nessuno entri in questa casa.

    Gli astanti si ritirarono, lasciando Holmes solo, che si mise subito all’opera. Esaminò porte e finestre e cercò le tracce che l’assassino aveva lasciato dietro a sè. Ma non trovò nulla, nemmeno una goccia di sangue che gl'indicasse la via percorsa dal malfattore nell'uscire.

    Allora incominciò daccapo: invano. Non una traccia lasciava supporre la presenza di un terzo in quella stanza e invano anche cercò l’arma omicida. Tolse il laccio dal collo di Lady Gowrie: non era che una semplice cordicella di canapa senza segni particolari. Non dimenticò neppure di esaminare con una lente i tappeti dinanzi ai letti degli assassinati, ma non v’era traccia di stivali di una persona qualsiasi.

    L’assassino doveva aver agito con la massima prudenza. Holmes non potè precisare se fosse un individuo che conoscesse la casa o uno estraneo, nè come avesse fatto ad entrare e ad uscire. Finestre e porte erano chiuse, la canna del camino troppo angusta per permettervi il passaggio ad un uomo.

    Il pavimento e le pareti erano massicce, nulla suonava a vuoto. Per la prima volta in vita sua, Holmes non sapeva dove battere il capo.

    Per il momento lasciò che le autorità continuassero le ricerche. Il coroner e l’ispettore visitarono le due stanze, interrogarono i servi le cui deposizioni furono insignificanti sotto ogni aspetto e il medico constatò ufficialmente la morte dei nobili Gowrie.

    I cadaveri allora furono rimossi, i servi licenziati e le porte sigillate dal tribunale.

    2 – Il ballo

    La Contessa Ruthven, nipote dell'assassinato, dava una gran festa nella sua villa. Tra gli invitati, Holmes e un giovane Procuratore della Corona, Charles Hamptden, si erano messi in disparte e conversavano animatamente fra loro.

    — Come è bella! — esclamò, all’improvviso, il procuratore seguendo la giovane Contessa Ruthven con uno sguardo d’ammirazione.

    Holmes, che non era immune alla bellezza femminile, sentì i sensi offuscarsi, come sospesi sull’orlo del tempo. Percepì che nella sala aleggiava un leggero aroma, un sottile profumo da donna, e per un attimo due occhi verdi, illuminati da riflessi grigi, gli attraversarono la mente.

    In quegli occhi lesse ciò che probabilmente le morbide e ben disegnate labbra non erano solite dire. Holmes la studiò con cura. Vestiva all’ultima moda londinese. Il corpetto di satin era rivestito di pizzo, i cui orli ricadevano sul petto. Le maniche di trina, di apprezzabile ampiezza, terminavano appena sotto il gomito, ed erano state attaccate al corpetto sotto le braccia per lasciare nude le spalle. Una larga fascia di un verde tenue era legata attorno alla vita e ricadeva con dei nastri sulla parte posteriore della gonna di pizzo e satin avorio.

    La sua pelle splendeva alla luce delle lampade, e le tenere punte rosate dei suoi seni erano tese contro il delicato tessuto del corpetto. La profonda scollatura lasciava scoperto il seno in un modo che a Holmes parve assolutamente un po’ troppo audace: arrivava a stento a coprirle i capezzoli.

    Era una visione molto attraente per qualsiasi uomo e molti, nella sala, passandole accanto, si fermavano e la guardavano apertamente per riempirsi gli occhi della sua bellezza. La donna sembrava non farci caso

    Holmes scosse la testa per allontanare quella visione, e guardò con interesse l’uomo accanto a lui. Ne scrutò il viso, l’espressione, i bruni capelli ondulati, il vestito di ottimo taglio, la camicia di seta e la cravatta ben intonata.

    Charles Hamptden era traslocato da poco da una città di provincia nella grande metropoli inglese ed era alla sua prima apparizione pubblica. Era il primo ballo della stagione che riuniva i l’alta società londinese. Molte delle signorine disponibili presenti alla festa si sarebbero lasciate corteggiare volentieri dal giovane procuratore, perchè, pur non tenendo conto della brillante carriera che aveva dinanzi a sè, era simpaticissimo ed era un uomo decisamente bello.

    — La Contessa Ruthven dev’essere sette anni più giovane di voi, è ricca ed educata ed istruita alla perfezione — osservò l’investigatore.

    Hamptden arrossì.

    — Scherzate, vero? Non tenendo conto di tutto il resto, io, disgraziatamente, non sono un nobile e, a quanto ne so, la Contessa Ruthven ha fatto capire più volte che oltre ad un titolo nobiliare cerca anche una solida posizione finanziaria! Tutti requisiti che io non ho! Credo proprio che io non possa aspirare a lei.

    — Ne dubito. Se fosse aristocratica sino a questo punto, si sarebbe guardata bene dall’invitare.... me e voi.

    Il giovanotto arricciò il naso.

    — Avete ragione, ma.... a proposito — disse interrompendosi — volevo domandarvi una cosa. Siete stato invitato o siete venuto alla festa per ragioni professionali?

    — No, no, soltanto per divertirmi. Vi confesserò che anche su dì me la bellezza della padrona di casa esercita un certo qual fascino, perchè non sono ancora vecchio al punto da piegare bandiera. In quanto a ciò che dicevate poco fa sulla Contessa Ruthven e la nobiltà, credo che abbiate torto. La conosco per una donna troppo intelligente per annettere valore ad un blasone o ad una posizione finanziaria. Ha già sia la nobiltà che i milioni. Scommetto che non sarebbe meno altera quando si chiamasse semplicemente.... Mrs. Hamptden!

    — Ma Mr. Holmes!...

    — Permettete, signor procuratore, mai oserei parlare in tal modo se non fossi certo che la possibilità esiste. La Contessa Ruthven s’interessa molto, quando le si parla di voi.

    Gli occhi del giovane brillarono.

    — La notizia mi rende molto felice — disse.

    — Coraggio dunque — replicò l’investigatore con uno strano sguardo che sembrava esprimere più che le parole non dicessero.

    — Sapete degli affari della Contessa Ruthven?

    — Ciò che tutti sanno. La Contessa Ruthven è la nipote di Lord e Lady Gowrie, assassinati misteriosamente sei mesi fa. La sua enorme sostanza fu ereditata dalla Contessa Ruthven che in tal modo è ultra milionaria. La sostanza che ha ereditato è favolosa e l’uomo che divenisse suo marito sarebbe annoverato fra i più ricchi di Londra.

    — Non ha parenti?

    — No.

    — E suo zio?...

    — Come vi dicevo, è stato assassinato insieme alla moglie.

    Hamptden gli gettò uno sguardo interrogativo.

    — Chi è stato l’assassino?

    — Non si sa. Non se ne ha la minima traccia, sebbene le autorità abbiano messo tutto in opera per scoprirlo.

    — Allora dovreste occuparvene voi, che siete sempre riuscito....

    — Permettete, signor procuratore, me ne occupo, ma per la prima volta in vita mia non faccio che dar di cozzo al muro. Mi trovo di fronte ad un problema che dispero di sciogliere.

    — Pare impossibile!

    — Eppure così è.

    — E, se le mie induzioni non fallano, voi siete qui per trovare qualche traccia, non è vero? In questa casa?

    — Chi ve lo dice? — replicò Holmes con la massima indifferenza. — Vi ripeto ciò che vi dissi poco fa: sono qui per divertirmi.

    — Ma si dovrà pur scoprire l’assassino!

    — Si dovrebbe, volete dire, ma per ora non se ne ha la benché minima speranza. Bisogna lasciare che gli avvenimenti seguano il loro corso. Ma non guastatevi il buon umore per ciò, altrimenti, come fareste a far la corte alla Contessa Ruthven?

    — Non nego che la sua bellezza eserciti una grande attrattiva su di me, che mi sento spinto verso di lei da una forza prepotente e sconosciuta, ma appunto perchè la passione minaccia di traboccare, si deve chiamare la ragione in suo soccorso. Finché l’assassino di Lord Gowrie non sarà scoperto, non posso prestare orecchio alla voce del cuore.

    In quel momento la padrona di casa in persona uscì da un gabinetto attiguo alla gran sala e si avvicinò ai due uomini.

    Gli occhi luminosi, di un verde così tenue da perdersi in un grigio acceso, ammiccarono quando Holmes pronunciò il nome di Charles Hamptden. Questi le baciò la mano e sorrise alla Contessa. Benchè giovane e quasi inesperto, sapeva bene il significato di quell’ammicco. Lo aveva notato tante altre volte in passato, quando veniva presentato. Voleva dire che il suo nome non le era ignoto e che qualcuno l’aveva messa a conoscenza delle sue pubbliche funzioni.

    Holmes notò che il giovane alla presenza della donna era rimasto senza parole. Tutta l’attenzione del giovane procuratore era incentrata sulla figura della Contessa. Non vedeva niente altro. Ogni cosa di lei lo affascinava. La lucentezza dei capelli, il colore degli occhi, la forma del viso, il morbido candore delle sue braccia nude, i polsi sottili, le dita affusolate, ma soprattutto il suo seno leggermente palpitante, seminudo in quell’indecente corsetto.

    — Non ballate, signor procuratore? — chiese con voce melodiosa la Contessa. — Perchè non ballate?

    — Signora — balbettò il giovanotto confuso — un procuratore....

    — Sciocchezze! Perchè mai un procuratore non dovrebbe ballare? Vi prego di prendermi il braccio e di accompagnarmi in sala da hallo!

    Hamptden la guardò stupito, ma poi disse:

    — Sono a vostra disposizione! — con un calore che tradiva troppo i suoi sentimenti.

    La giovane donna appoggiò il braccio a quello di lui. Un fiotto di sangue salì alle guance del giovane al contatto di quel corpo pieghevole come quello di una pantera.

    Gli pareva di sognare. Il fine profumo di quella creatura lo inebriava. Il suono della voce di lei si ripercuoteva fin nelle fibre più intime del suo cuore, gli faceva vibrare i nervi come le corde di un’arpa eolica al contatto dello zeffiro.

    Se quella donna voleva divenir sua, se il suo languido sguardo non era menzogna, allora, sì, sì allora....

    Entrarono in sala da ballo.

    Una musica deliziosa li accolse, un valzer lento voluttuoso e ritmico. La Contessa Ruthven si abbandonò fra le sue braccia trasportata dal vortice della danza. Hamptden non vide il sorriso degli astanti e i cenni, le occhiate d’intesa. Non vedeva che il viso sorridente di lei, le sue guance che s’imporporavano come rose di maggio. Danzava meccanicamente, come un ebbro, abbandonandosi tutto a quel momento supremamente felice.

    Holmes si era avvicinato lentamente alla porta della sala da ballo. Il suo occhio serio, quasi corrucciato, seguiva il procuratore e la sua compagna, mentre, nel suo cervello, i pensieri s’incrociavano con la rapidità del baleno, dominati però da un’unica idea fissa.

    — La traccia dell’assassino dei coniugi Gowrie è scoperta. Adesso si tratta di giocare d’astuzia per smascherare l’assassino.

    3 – Un mandato di arresto

    Il procuratore Hamptden era nel suo ufficio, ma quel giorno non era capace di lavorare. Aveva tentato invano di scacciare dalla sua mente la figura della Contessa Ruthven. Il ricordo di lei si riaffacciava ad ogni istante con un’insistenza esasperante. Il povero procuratore non riusciva a coordinare le idee. Davvero non poteva lavorare finché non avrebbe saputo con certezza come stavano le cose nell’affare dell’assassinio dei Gowrie.

    Gli era penoso, soprattutto, che Holmes fosse stato presente alla festa, perchè era certo che per venire, l’investigatore aveva avuto le sue buone ragioni. Lo conosceva abbastanza per esserne sicurissimo. Holmes non aveva l’abitudine di perdere il suo tempo inutilmente.

    Hamptden ruminava precisamente questi pensieri nella sua mente, quando Holmes si fece annunciare: arrivava proprio a proposito.

    — E dunque? — chiese il procuratore dopo averlo salutato cordialmente — avete scoperto qualche cosa ieri sera?

    — L’affare è tutt'altro che semplice — rispose l’investigatore con noncuranza.

    — Che cosa intendete dire? Avreste davvero scoperto qualche cosa? Allora non mi sono sbagliato quando sospettai che quella era la ragione che vi spingeva a prendere parte alla festa.

    — Permettetemi di non dirne ancora niente. Ho una traccia che forse mi porterà a scoperte importanti.

    — Mr. Holmes, mi duole di non potervi esaudire, e poi, perchè vorreste tacere? Non potete temere di trovare in me un concorrente. Non ripeterò a nessuno ciò che mi dite, non abbiate paura.

    — Signor procuratore....

    — Non cercate dei pretesti, Mr. Holmes. Ho le mie buone ragioni per chiedervene conto. È possibile che la Contessa Ruthven si allontani da Londra e perciò vorrei sapere qualche cosa di preciso sul suo conto.

    — La Contessa Ruthven ha idea d’installarsi nella casa dello zio, non credo quindi che partirà.

    — Come fate a sapere che....

    — Lo so e tanto basta — ribattè l’investigatore con un tono che non ammetteva replica. — Ma perchè credete che io sappia qualche cosa sul conto di quella signora, signor procuratore?

    Il giovanotto arrossì.

    — Perchè.... perchè ieri vi eravate introdotto in casa sua per osservarla.

    — Non poteva darsi che osservassi qualcun altro?

    — Certo. Tuttavia la prima cosa alla quale si pensa....

    — Vi ripeto che le mie osservazioni non le comunicherò ancora a nessuno, perchè immature. Spero, però, in questi giorni di poterne saper di più per dire qualche cosa. Se sono venuto a rendervi visita, è per avvisarvi che rimarrò alcuni giorni assente.

    — Volete partire?

    — O almeno, voglio che mi si creda partito.

    — Dunque restate a Londra....

    — E metto fuori la voce che sono partito.

    — Senza dirmi....

    — Di che cosa si tratta, certamente, altrimenti potrebbe darsi che tutto il mio bel piano andasse a monte. Ma desidero un’altra cosa: che mi sottoscriviate un mandato d’arresto. Potrebbe anche darsi....

    — Un mandato d’arresto? Contro chi?

    — Contro la Contessa Ruthven.

    Hamptden provò una scossa come se invece di trovarsi sulla comoda poltrona, fosse stato seduto sulla sedia elettrica.

    Calmo, come sempre, Holmes continuò:

    — Secondo il mio debole parere, mi sembra che la legge deve essere uguale per tutti. Quindi, qualora lo credessi necessario, devo avere i mezzi per poter interrogare o arrestare anche la Contessa Ruthven come farei con qualunque altro a Londra.

    — La legge è uguale per tutti — tuonò Hamptden che riusciva a stento a nascondere l’agitazione — ed io, come suo rappresentante, saprò farla rispettare in modo da non giustificare allusioni come quella da voi lanciata. Spiegatami come stanno le cose e, se credo giusti i vostri sospetti, vi firmo senz’altro la carta che chiedete.

    — Carissimo signor procuratore, potrebbe anche darsi che battessi una falsa pista e perciò non vorrei lanciare delle accuse immature. Vi prego perciò di non farne parola a nessuno e di procedere secondo le mie istruzioni. Allora soltanto sarò in caso o di accertarmi del mio errore, o trovare le prove necessarie per assicurarmi del contrario. Voi avete dell’interesse per la Contessa Ruthven che è una signorina conosciuta e rispettata. Un sospetto a suo carico sarebbe un’ingiuria. Se mi lasciate libero d’agire, potrò seguire le tracce cautamente, in modo da non far scoppiare uno scandalo prematuro.

    — In quanto a ciò, fosse anche mia sorella, mai farò un gesto in sua difesa. Ma voglio sapere quali sono i vostri sospetti, perchè un’insinuazione di questo genere è per sè stessa un’offesa per una persona come la Contessa Ruthven.

    — Sebbene sappia di andare incontro al vostro sdegno, il successo delle pendenti ricerche m‘impone di tacere sui passi intrapresi, come pure su quanto ho scoperto finora. Non lavoro che per l’interesse comune, come qualunque giudice dovrebbe fare, se volesse essere un giudice spassionato.

    Il procuratore si morse le labbra e volse gli occhi altrove.

    — Andate pure, non è mio compito impartirvi degli ordini — replicò a denti stretti. — Per ora trovo inutile di sottoscrivere un mandato d’arresto.... in caso ne abbiate bisogno, venite a prenderlo. Andatevene.

    Holmes non aveva potuto nascondere un lieve sorriso di scherno, ma non rispose e, inchinatosi lievemente, uscì.

    4 – La tela di ragno

    La casa abitata una volta da Lord Gowrie, era circondata da un giardino. Pieno di fiori d’estate, era sparso di alberi secolari e giganteschi, simili a fedeli ciclopi di guardia.

    Una sera, un uomo vestito da operaio apriva il cancello del giardino per poi rinchiuderlo con cura dietro a sè e saliva la scalinata esterna conducente al pianterreno, dove si trovavano le stanze da letto dei coniugi Gowrie.

    L’operaio era Holmes, che si era travestito a quel modo per evitare di essere riconosciuto dagli agenti che incontrava per via e dai servi di casa Gowrie. Per fare ciò che progettava, doveva serbare il più stretto incognito.

    Giunto nella stanza dov’era stato rinvenuto il cadavere del padrone di casa, Holmes ricominciò ad esaminare le pareti, il pavimento e il soffitto, ma anche questa volta le ricerche non diedero alcun risultato.

    L’investigatore aveva un bel ripetersi che l’assassino non aveva potuto rendersi invisibile, che un uomo non poteva sparire nè dileguarsi in fumo e che perciò doveva esistere una via d’uscita da quelle stanze, uscita che un non iniziato avrebbe avuto difficoltà a scoprire, ma, per quanto ritornasse spesso là dentro, non riusciva mai a trovare ciò che cercava. Questa volta aveva intrapreso quella spedizione, specialmente a causa di un episodio da lui osservato al ballo della sera antecedente.

    Mentre attraversava le sale, il suo sguardo era stato attratto di un gran quadro, un paesaggio, rappresentante una palude. Era un vero capolavoro di tecnica e di colorito e l’investigatore l’aveva ammirato a lungo.

    Ad un tratto, si accorse che un ragno aveva disteso la sua tela fra la parte inferiore della cornice e il muro: volle scacciarlo ma, toccandolo, si accorse che non si trattava di un vero ragno, ma di un meraviglioso lavoro in bronzo, eseguito con una naturalezza veramente straordinaria. Stava per staccarlo per poterlo ammirare più da vicino, quando la Contessa Ruthven entrata in quel momento, accorse e gli afferrò il braccio.

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