Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

L'ultimo Talismano
L'ultimo Talismano
L'ultimo Talismano
Ebook389 pages5 hours

L'ultimo Talismano

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Una spia inviata dal nuovo pontefice nella Costantinopoli assediata dagli Ottomani, per vigilare sulla riunificazione tra la Chiesa cattolica e quella greco-ortodossa, coinvolta nell'omicidio dell'imperatore. Due studiosi impegnati nella ricerca del frammento mancante della corona ferrea, il diadema che da secoli incorona re d'Italia i sovrani del Sacro Romano Impero. Una misteriosa setta esoterica il cui obiettivo è recuperare e attivare i Talismani, manufatti di grande potere in grado di ridestare la forza della magia, ormai quasi scomparsa. Un guerriero Goto alla guida di un gruppo di famelici immortali, impegnati a tessere le trame di una congiura volta a mutare gli equilibri di potere nel mondo. Un mistico portale spalancato verso Sham-Bha-La, la mitica terra rifugio degli antichi saggi sfuggiti alla distruzione di Atlantide, devastata da una guerra senza fine in grado di contaminare la realtà. Luca Svetina, scrittore appassionato di storia e di avventura, crea una trama complessa e piena di colpi di scena, i cui protagonisti vengono coinvolti nello scontro tra gli immortali dell'Ordine e gli incantatori della Congrega. L'ultimo Talismano svela i segreti di un conflitto senza esclusione di colpi tra forze antiche e nuovi avversari, il cui esito può cambiare il destino dell'umanità. Una storia che diventa un viaggio attraverso misteri, inganni ed enigmi, dall'Europa dei nostri giorni sino ai grandi imperi del passato.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJul 17, 2018
ISBN9788827840313
L'ultimo Talismano

Related to L'ultimo Talismano

Related ebooks

Action & Adventure Fiction For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for L'ultimo Talismano

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    L'ultimo Talismano - Luca Svetina

    Presentazione

    Il libro

    Una spia inviata dal nuovo pontefice nella Costantinopoli assediata dagli Ottomani, per vigilare sulla riunificazione tra la Chiesa cattolica e quella greco-ortodossa, coinvolta nell’omicidio dell’imperatore.

    Due studiosi impegnati nella ricerca del frammento mancante della corona ferrea, il diadema che da secoli incorona re d'Italia i sovrani del Sacro Romano Impero.

    Una misteriosa setta esoterica il cui obiettivo è recuperare e attivare i Talismani, manufatti di grande potere in grado di ridestare la forza della magia, ormai quasi scomparsa.

    Un guerriero Goto alla guida di un gruppo di famelici immortali, impegnati a tessere le trame di una congiura volta a mutare gli equilibri di potere nel mondo.

    Un mistico portale spalancato verso Sham-Bha-La, la mitica terra rifugio degli antichi saggi sfuggiti alla distruzione di Atlantide, devastata da una guerra senza fine in grado di contaminare la realtà.

    Luca Svetina, scrittore appassionato di storia e di avventura, crea una trama complessa e piena di colpi di scena, i cui protagonisti vengono coinvolti nello scontro tra gli immortali dell'Ordine e gli incantatori della Congrega.

    L’ultimo Talismano svela i segreti di un conflitto senza esclusione di colpi tra forze antiche e nuovi avversari, il cui esito può cambiare il destino dell’umanità. Una storia che diventa un viaggio attraverso misteri, inganni ed enigmi, dall’Europa dei nostri giorni sino ai grandi imperi del passato.

    L’autore

    Luca Svetina è nato a Trieste, città da sempre crocevia di traffici e migrazioni, come testimonia il crogiolo di razze e religioni che compongono la sua eterogenea popolazione. I suoi nonni materni erano immigrati meridionali, trasferitisi al nord in cerca di lavoro presso la Ferriera di Servola, un complesso industriale sorto agli inizi del secolo scorso e specializzato nella produzione di ghisa. Quelli paterni erano contadini istriani, che avevano trovato occupazione presso il cantiere navale San Marco, nel commercio e nella ristorazione.

    Al seguito del padre geometra, impiegato presso varie società di costruzioni, la famiglia ha percorso l’Italia, dalla Puglia, al Friuli, al Piemonte. Dopo essere tornato a Trieste per frequentare l’università, ha iniziato a riscoprire e consolidare il proprio legame affettivo con la città, le radici storiche e culturali a cui era rimasto sempre profondamente connesso, come tutti gli esuli triestini sparsi per il mondo. Terminati gli studi e ottenuta la laurea in fisica, con una specializzazione in astrofisica, ha svolto diversi lavori, maturando una variegata esperienza nell’ambito formativo e sociale. Entrato in una grande azienda informatica di Trieste, si occupa di servizi digitali per la pubblica amministrazione.

    Gli esordi della sua attività di autore risalgono al 2017, quando inizia a costruire la trama di una storia dove un conflitto segreto vede contrapposti gli immortali dell'Ordine, altrimenti noti come gli Antichi e gli incantatori della Congrega. Le idee e i personaggi confluiranno in una serie di storie di cui L’Ultimo Talismano rappresenta il momento saliente.

    Un nutrito gruppo di personaggi, appartenenti ad entrambe le fazioni, intreccia le proprie vicende con quelle degli esseri umani, vittime e strumenti di entrambi gli schieramenti. Ma poco alla volta le cose iniziano a cambiare, quando alcuni membri dell'Ordine e della Congrega, traditi dai propri confratelli, decidono di schierarsi dalla parte degli uomini.

    Prefazione dell’autore

    Solo poche righe per fornire al lettore gli spunti da cui sono partito per costruire le ambientazioni che troverete in questo libro. Vorrei puntualizzare che si tratta soprattutto di un romanzo di avventura, sebbene non manchino molti elementi provenienti da un’attenta ricerca storica. Mi sono preso la libertà di interpretare alcuni fatti sfruttando la presenza di zone d’ombra all’interno delle vicende storiche prese in esame, in alcuni casi veri e propri gialli ancora da indagare. La necessità di far interagire i personaggi all’interno di un contesto che non presentasse incongruenze o forzature ha fatto il resto.

    Mappe, articoli, descrizioni e foto, tutti liberamente reperibili su internet, mi hanno permesso di ricreare le ambientazioni per le varie parti del racconto. Chi fosse interessato a questo materiale, potrà contattarmi: sarò lieto di condividerlo e discuterne.

    Per quanto riguarda le strutture gerarchiche all’interno delle due organizzazioni che troverete in questo libro, l’Ordine degli immortali e la Congrega degli incantatori, è presto detto:

    - l’Ordine è composto dagli Antichi, ciascuno dei quali può costituire un clan di adepti, guidato dai membri più fidati che formano il Circolo Interno. L’Antico a capo di un clan viene chiamato Magister e quelli dei clan più numerosi e influenti possono sedere tra i membri del Consiglio degli Arcani, che guidano l'Ordine e intervengono per dirimere i casi più difficili.

    - La Congrega è composta dai maghi che, dopo essere stati selezionati in base ad una serie di test basati su capacità e conoscenze, hanno superato un tirocinio necessario a sviluppare i propri poteri latenti. A capo della Congrega ci sono i negromanti dell’Enclave, con il compito di guidare il piano che coinvolge gli esseri umani e i Talismani.

    PARTE PRIMA

    ll segreto dell'abbazia

    Notte, che nel profondo oscuro seno

    chiudesti e nell'oblio fatto sì grande,

    degne d'un chiaro sol, degne d'un pieno

    teatro, opre sarian sì memorande

    Piacciati ch'indi il tragga e'n bel sereno

    a le future età lo spieghi e mande.

    Viva la fama lor, e tra lor gloria

    splenda dal fosco tuo l'alta memoria.

    L'onta irrita lo sdegno a la vendetta,

    e la vendetta poi l'onta rinova:

    onde sempre al ferir, sempre a la fretta

    stimol novo s'aggiunge e piaga nova.

    D'or in or più si mesce e più ristretta

    si fa la pugna, e spada oprar non giova:

    dansi con pomi, e infelloniti e crudi

    cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi.

    Il Combattimento di Tancredi e Clorinda, dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso

    CAPITOLO I

    Bisanzio, anno 1448

    Le mura di Costantinopoli cingevano in un doppio abbraccio di pietra la città, proteggendola via terra e verso il mare dagli attacchi dei numerosi invasori che, a più riprese, avevano cercato di violarne la sacra autorità, unica eredità lasciatale dagli imperatori romani. Così almeno era stato sino a quel momento. Erano ormai lontani i tempi in cui Costantino il Grande, non sopportando l’atmosfera di decadenza e corruzione che si respiravano a Roma, aveva scelto Costantinopoli come nuova capitale per il proprio impero. La lenta decadenza derivata dalla perdita delle province sottomesse, insieme ai relativi tributi, ne avesse prosciugato le risorse, indebolendone le difese.

    Il progetto finale di quell’imponente baluardo difensivo era divenuto realtà all'inizio di novembre dell'anno 447, quando una potente scossa di terremoto aveva distrutto gran parte della cinta originaria. Teodosio II in persona aveva comandato a Ciro Panopol, che allora ricopriva la prestigiosa carica di praefectus urbi, di supervisionare le riparazioni, affinché fossero immediate e veloci, dato l'imminente pericolo costituito dalla presenza di Attila nella vicina Ungheria.

    Ciro aveva impiegato i lavoratori provenienti dalla fazione dei Rossi del Circo e, grazie al loro aiuto, era riuscito a ricostruire le mura in soli sessanta giorni. Lo testimoniavano le due iscrizioni in greco e latino sulla Porta di Rhegio, nota per questo come la Porta dei Rossi.

    Le mura avevano resistito all’ultimo assedio ottomano del 1422, quando le truppe del sultano Murad II erano state respinte ancora una volta, sebbene con notevole fatica, date le forze soverchianti messe in campo dai turchi. Esse avevano svolto efficacemente il compito per cui erano state erette mentre si succedevano le dinastie imperiali, a protezione di quell'ultimo gioiello di un dominio ormai disgregato. Erano l’estremo legame con una storia gloriosa che risaliva ai Cesari e ultima barriera a contrastare l’invasione dell’Europa da parte dell'impero turco.

    Come ogni altra testimonianza della grandezza di una civiltà millenaria, le mura si innalzavano sopra i resti di strutture precedenti, meno colossali e più consone a quella che all'inizio era stata una città in forte espansione.

    Costantino il Grande, nel trasferire la capitale a Bisanzio, ne aveva ampliato notevolmente l'area popolata, circondandola con una nuova cinta muraria lunga quindici stadi. Il tracciato di quell'antica opera difensiva andava dalla zona di Porta Plateia fino alle mura marittime, vicino alla Porta di San Aemilianus. Le mura Costantiniane erano rimaste sostanzialmente immutate per gran parte del periodo bizantino sino a quando, nel 408, era stata decisa la costruzione di una nuova cinta tra il Mar di Marmara e il borgo delle Blacherne, in prossimità del Corno d'Oro.

    I lavori erano iniziati quando l'imperatore Teodosio II aveva solo sette anni ma, ciò nonostante, l'imponente opera gli aveva reso omaggio prendendo il nome di mura teodosiane. La direzione dei cantieri era stata affidata al prefetto del pretorio d'Oriente Flavio Antemio, che aveva completato l'opera nel 413.

    La cinta di pietra era stata poi prolungata, raggiungendo la sua lunghezza definitiva di circa trenta stadi: da sud a nord, dalla Torre del Marmo sulla costa della Propontide fino alle Blacherne. In tal modo aveva racchiuso tutti e sette i colli della città, meritandole il nome di Eptalofos, titolo che prima era spettato solo alla Vecchia Roma.

    Le millenarie vicende delle mura di Costantinopoli erano quasi sconosciute a Lucrezia; dopo il suo arrivo a Bisanzio nell'autunno del 1448, a bordo di una galea veneziana, aveva ottenuto il permesso di percorrerne la doppia cinta sotto la scorta di Giorgio Sfranze, governatore di Mistra e fedelissimo alla dinastia dei Paleologi, cui apparteneva l'attuale imperatore. Li accompagnava il capitano della guardia variaga, un uomo austero e tarchiato che portava con orgoglio le insegne della milizia personale dell’imperatore.

    Procedevano a passo spedito sotto i tiepidi raggi di un pallido sole di ottobre, che aveva fatto capolino nella velatura di nubi di quella mattinata grigia. Il diplomatico stava descrivendo in dettaglio la conformazione di quella formidabile barriera, orgoglioso di presentarne all'ospite straniera le caratteristiche strutturali, come se avesse personalmente contribuito alla sua edificazione.

    Sfranze era nato nel primo anno del nuovo secolo, il quattordicesimo dalla nascita di Cristo, in quella città che considerava una delle meraviglie del mondo conosciuto. In quello sfarzoso guscio vuoto che era la decadente corte imperiale, contava di trascorrere serenamente gli ultimi giorni della propria vita, al servizio del basileus.

    - Siete certa di non volere che mandi qualcuno in città a recuperare una portantina? Sarei più tranquillo se potessi risparmiarvi questa fatica. Trovo insolito che un ospite del vostro lignaggio faccia richiesta di percorrere a piedi il tracciato delle mura. Ancora più inaspettato è che tale richiesta venga esaudita. Quando ho saputo del vostro desiderio mi sono sentito in obbligo di accompagnarvi. La compagnia dei soldati mal si addice ad una nobildonna raffinata come voi. Scusate capitano, spero che le mie parole non vi abbiano offeso.

    Il militare sbuffò risentito ma non replicò all’insulto: non era prudente inimicarsi un uomo che poteva contare sulla protezione del probabile successore dell'attuale imperatore.

    Lucrezia gratificò Sfranze con un sorriso vezzoso, per mostrargli quanto apprezzasse il pur maldestro complimento; si sarebbe aspettata una dimostrazione di galanteria più elegante da parte di uno dei più abili diplomatici dell'imperatore. In realtà avrebbe preferito di gran lunga la presenza della sola guardia variaga, essendo stata sin da bambina abituata a destreggiarsi nell'ambiente rude dell'esercito.

    - Lasciate che vi spieghi quello che potrebbe apparirvi solo come un capriccio. Mio padre non ha mai nascosto la propria delusione nel vedersi consegnare dalla provvidenza una femmina, invece di un erede maschio. Per attenuare la frustrazione, mi ha consentito di compiere studi sulle tecniche militari, sulla strategia delle grandi battaglie e sui condottieri famosi, ovviamente tramite precettori privati e ufficiali in congedo.

    Ciò non ha fatto di me un soldato, ma mi ha permesso di comprendere meglio gli uomini e le motivazioni che li spingono a cercare la conquista del potere. Ancora adesso ad un bel gioiello o ad un abito elegante preferisco la visita ad una fortezza o ad un campo di battaglia. Le mura di Costantinopoli sono certamente il miglior sistema difensivo mai edificato negli ultimi mille anni; osservarne la struttura e comprenderne le debolezze è per me fonte di piacere.

    Sfranze fissò con attenzione la donna che aveva dinnanzi, sorpreso dalle rivelazioni inaspettate: chi era davvero quell'ospite misteriosa, così diversa dalle cortigiane che frequentavano la corte del basileus dei romei? Perché era giunta dall'Italia in un momento tanto critico per l'impero, assediato com'era dalla pressione continua dai turchi ottomani e all'indomani del concilio di Firenze, con cui l'imperatore e il papa avevano solennemente sancito la scellerata riunificazione tra la Chiesa Greca e la Chiesa Cattolica?

    Ci sarebbe stato tempo per indagare in merito: ora il suo compito era quello di fare gli onori di casa mostrandosi un ospite amabile e disponibile, cosa che con una donna così sensuale e affascinante non gli sarebbe rivelato molto oneroso.

    Con un ampio gesto indicò il doppio tracciato che cingeva la città, seguendo le lievi ondulazioni del terreno. L’imponenza dell'opera era evidenziata dalle massicce torri che, a intervalli regolari, si innalzavano sul profilo merlato, simili a giganti di pietra schierati in formazione sino all'orizzonte.

    - Come potete vedere, le mura sono state erette su due linee difensive, precedute all'esterno da un fossato e da un antemurale. La cinta muraria interna è chiamata Megateichos e ha una struttura estremamente solida: lo strato esterno è composto di blocchi di calcare accuratamente intagliati, in modo da incastrarsi senza fenditure che possano indebolirne la stabilità, mentre quello interno è stato riempito con malta di calce e mattoni schiacciati. Vedete quelle undici fasce di mattoni che ne attraversavano la struttura? Rappresentano sia una forma di decorazione che un rinforzo, capace di aumentare la resistenza in caso di terremoti.

    Ogni quaranta passi si incontra una torre merlata: ve ne sono ben novantasei lungo il percorso, costruite per consolidare la robustezza delle mura, disporre di postazioni fortificate d'osservazione e consentire un rapido accesso al camminamento. Tutte le torri hanno due o tre piani e sono provviste di feritoie e di un terrazzo d'osservazione. La camera inferiore, che si apre al livello della strada, viene solitamente utilizzata per lo stoccaggio di merci o armamenti. 

    Quella poderosa struttura difensiva rappresentava davvero una delle grandi meraviglie del mondo conosciuto e Lucrezia, dovunque la conducessero le sue missioni, qualunque fosse il compito che le veniva affidato, non tralasciava mai l’opportunità di estendere le proprie conoscenze.

    Studiava dal vivo le bellezze uniche che ogni luogo racchiudeva, sapendo che prima o poi la follia dell'uomo le avrebbe destinate alla decadenza e alla distruzione. Sognava spesso un mondo di pace e saggezza, in cui le opere dei grandi artisti di ogni tempo venissero preservate, perché trasmettessero ai posteri il proprio mirabile messaggio, ma sapeva che non sarebbe vissuta abbastanza a lungo da farne parte.

    Sfranze si fermava spesso nei punti dove erano meglio visibili i particolari della struttura muraria che andava descrivendo. A volte invitava Lucrezia a sporgersi nel vuoto, solo per poterle cingere la vita con il braccio, con la scusa di volerle impedire una rovinosa caduta.

    Poiché le sue avances si limitavano solo a quel fugace contatto, la donna aveva deciso di tollerarle, trovando non troppo sgradevole la vicinanza del proprio accompagnatore. Benché prossimo alla cinquantina, il diplomatico bizantino conservava una corporatura asciutta e atletica che, insieme ai capelli corti e ricci, appena spruzzati di grigio, gli conferivano un aspetto piacevolmente maturo.

    - L'accesso alla città è garantito da numerose porte, troppe a mio avviso, dato l’attuale numero di guardie a disposizione del megadux. Un tempo Costantinopoli era una città sicura, protetta da un invincibile esercito e circondata da province fiorenti e tranquille; la mole dei traffici commerciali che confluivano via terra nella capitale dell'impero d'oriente era tale, da richiedere e giustificare la presenza di tanti varchi. 

    Ai nostri giorni le cose sono molto diverse: il nostro vicino musulmano non si accontenta più di vederci sottomessi alla Sublime Porta. Vorrebbe prendersi la città e magari farne la nuova capitale del proprio impero. Con questa minaccia che pende sulle nostre teste, le porte sono divenute un rischio per la sicurezza, una debolezza in queste mura che ancora ci proteggono.

    Perdonate le mie divagazioni, forse vi ho annoiato con le vicende politiche di Bisanzio, per cui immagino non abbiate alcun interesse. Dove eravamo rimasti? Certo, parlavamo delle porte. In base all'utilizzo che ne viene fatto, vengono suddivise in accessi civili e militari: i primi sono muniti di un ponte sul fossato, i secondi sono designati da un numero d'ordine, che di solito viene esteso come nome ai quartieri adiacenti: abbiamo così la borgata di Deuteron, quella di Trìton, quella di Pèmpton. 

    Per proteggere la sede imperiale non si è ritenuta sufficiente un'unica cinta muraria: parallela a quella interna, che stiamo percorrendo, si innalza la linea dell'Exoteichos, anch'esso rinforzato da torri d'osservazione. Un camminamento rialzato, che prende il nome di Peribolos, separa le due strutture. Questo è il tratto della cinta muraria che protegge la città dagli attacchi via terra. Le mura proseguono anche lungo il lato che si affaccia sul mare e impediscono le aggressioni provenienti dal porto. Per bloccare l’accesso ai moli da parte di una flotta nemica, vengono distese lunghe catene galleggianti tra il Corno d'Oro e la penisola di Galata.

    Nel punto in cui il tratto terrestre delle mura si congiunge con quello marino si apre l'accesso monumentale della Porta Aurea, così chiamata per via del suo antico rivestimento in foglia d'oro, voluto da Teodosio II. È quella più distante dal palazzo imperiale delle Blacherne e viene solitamente usata nel corso delle cerimonie che celebrano o commemorano qualche vittoria militare. Soltanto in questa occasione vengono spalancati anche i battenti della grande porta centrale, mentre quelli laterali rimangono sempre aperti. È stata costruita con larghi blocchi squadrati e levigati di marmo ed è ornata da numerose decorazioni scultoree, con alla sommità una Vittoria alata su quadriga bronzea. 

    - L'ho veduta al mio arrivo in città, provenendo da Hebdomon. Una struttura veramente imponente: le tre arcate incombono maestose sul viaggiatore da un'altezza superiore a trenta piedi. Quella centrale sembra larga a sufficienza da consentire il passaggio di almeno trenta cavalieri affiancati.

    Lucrezia ricordava con grande intensità quel varco colossale fatto per stupire il visitatore con la propria magnificenza e per rammentare, nelle occasioni speciali, i fasti di un'antica opulenza. La corte cinta da mura al di là della porta era gremita da carretti di venditori ambulanti e brulicava di una folla eterogenea. Vi aveva incontrato una moltitudine variegata composta da ogni genere di commercianti: contadini vestiti con tuniche strette in vita da una cintura di cuoio intrecciato, che indossavano brache di pelle, Greci facoltosi che portavano caffettani di seta dalle tinte sgargianti e dalle ampie maniche, ricamati con fili d’oro e d’argento. Turchi dai voluminosi turbanti ed ebrei barbuti in papalina, italiani dalla pelle olivastra in farsetto di velluto con le spalle imbottite, stretto in vita sopra calzoni aderenti alla coscia, legati sotto il ginocchio da quelle sciarpe di stoffa chiamate poste.

    Un caleidoscopio di razze e costumi provenienti da terre vicine e lontane, che per secoli avevano subito l’influenza economica e culturale della civiltà bizantina. Era rimasta a fissare con stupore caucasici dagli occhi azzurri, valacchi con capelli scuri, pelle chiara e tratti affilati, africani neri come la notte. Una stupefacente babele di lingue aveva travolto le sue orecchie e, sebbene avesse studiato molte di esse sui libri o apprendendole dagli eruditi che l'avevano istruita, sentirle sovrapporsi con accenti così inusuali le rendeva tutte egualmente incomprensibili.

    Il suo accompagnatore aveva continuato il proprio erudito monologo, mentre lei si perdeva nei ricordi e nelle sensazioni che quel primo incontro con la grande Bisanzio aveva suscitato nel suo animo, affamato di novità.

    - Dalla Porta Aurea inizia il percorso della via Trionfale, che si ricongiunge con la Mese, il grande viale centrale che attraversa il Foro di Arcadio e il Foro Boario, per sfociare nella piazza triangolare del Philadelphion, dove la Mese si divide in due rami. Attraversati il Foro di Teodosio e il Foro di Costantino, si giunge al cuore della città e dell'Impero, simboleggiato dal cippo del Milion, nonché ai complessi monumentali dell'Augustaion, del Gran Palazzo, dell'Ippodromo e della basilica di Santa Sofia.

    Forse desiderate completare la vostra esplorazione della città visitando anche queste vestigia del fasto imperiale? In tal caso sarò felice di farvi da guida, mettendo a vostra disposizione i cavalli migliori e più docili che le scuderie imperiali possano offrire.

    Lucrezia registrava ogni parola del governatore, pronta a sorridere delle sue arguzie. La sua mente era però concentrata sul vero scopo di quella visita a Costantinopoli. Ripensò alla missione che le era stata affidata a Roma dal Vicario di Cristo. Il pontefice sapeva che la riunificazione, concordata durante il concilio di Firenze, era stata sollecitata dalla paura e dalla necessità di ottenere un appoggio militare in grado di contrastare le mire espansionistiche dell'impero ottomano. Quell'accordo rappresentava tuttavia la migliore occasione per sanare la frattura tra le due più grandi chiese cristiane e porre fine allo scisma del 1054.

    Da parte sua Sfranze non aveva cessato un istante di studiare con discrezione la sua compagna e solo la consumata abilità di diplomatico dell'impero gli aveva consentito di mantenere il distacco necessario a non lasciarsi distrarre dalla sua voluttuosa avvenenza. Dietro quella bellezza, che il pittore Tiziano non avrebbe esitato a celebrare in un dipinto, aveva ravvisato una volontà di ferro e una feroce determinazione, che la vivace intelligenza riusciva solo a mascherare. Eleganza e fascino, ingegno e sottigliezza si componevano in una equilibrata miscela che rendeva unica quella donna misteriosa.

    Segretamente compiaciuto dall'acutezza del proprio spirito d'osservazione, l'uomo non riusciva tuttavia a discernere quale fosse il reale scopo che l'aveva condotta a Bisanzio. Si rassegnò ad attendere pazientemente, ripromettendosi di valutare con attenzione ad ogni sua mossa; forse la verità sarebbe emersa in un attimo di distrazione, anche se ne dubitava. Nel frattempo, poteva interrogare i suoi contatti a palazzo, per scoprire se disponessero di maggiori informazioni.

    - Non lontano dalla Porta Aurea sorge il monastero di San Giovanni di Studion e la Torre di Marmo, giunzione tra le Mura teodosiane e le Mura marittime. Il tratto compreso tra la Porta San Romano e Porta Charisio prende il nome di Mesoteichion. In questo segmento il fiume Lykus entra in città attraverso un canale sotterraneo: un possibile tallone d'Achille, nonostante i lavori fatti eseguire da Giovanni VIII per rafforzarne la sicurezza.

    Sfranze fu interrotto dall’arrivo di un messaggero che li raggiunse a passo di corsa, provenendo dall'accesso al camminamento di ronda della torre più vicina. Doveva aver compiuto diversi tentativi, cercando di individuare la posizione del drappello della guardia variaga. Affannato per le numerose rampe di scale percorse, si detergeva il sudore dalla fronte con il braccio magro e abbronzato.

    Si inchinò in modo cerimonioso e chiese il permesso di poter conferire in privato con la nobildonna appena giunta in città, per riferirle un messaggio riservato. Il capitano aveva riconosciuto il giovane servitore e fece un cenno di assenso, ritirandosi a qualche metro di distanza, seguito dal suo plotone.

    Sfranze si limitò a volgere le spalle ai due, fingendo di contemplare le massicce arcate sovrapposte dell'acquedotto di Valente, che riforniva le cisterne cittadine. Anche lui aveva identificato l'emissario dell'imperatore e lo infastidiva un poco il fatto che quest'ultimo non lo ritenesse degno di conoscere tutti i segreti di corte. La fiducia che in più di una circostanza si era faticosamente guadagnato, non era ancora sufficiente a porlo nella schiera dei funzionari più devoti di Giovanni VIII.

    Il messaggero confabulò brevemente a bassa voce con Lucrezia e poi ripartì verso la torre, attraverso cui sarebbe ridisceso in città, diretto alla destinazione successiva. Non era necessario presentarsi dal mittente per riferire l'assenso del destinatario: quando l'imperatore chiedeva qualcosa si trattava sempre di un ordine, anche se veniva formulato come un invito.

    La fanciulla rimase per qualche istante pensierosa, il volto altero da cui non traspariva alcuna emozione rivolto verso le sponde erbose del Lykus. In prossimità delle mura esterne alcuni operai erano impegnati in un lavoro di pulizia dalle piante acquatiche e dai canneti, i cui robusti steli crescevano rigogliosi dove il fiume rallentava in suo corso.

    Gli ibis eremita e le anatre marmorizzate avrebbero dovuto spostare i loro nidi, ormai non più protetti dalla vegetazione selvatica, lasciando spazio alle pavoncelle e ai rondoni. La vista delle placide acque che si increspavano tra le pietre e i morbidi cuscini di muschio riuscì a rasserenarla. Quando si rivolse al diplomatico, che aveva atteso pazientemente di conoscere le sue intenzioni, esibiva un sorriso luminoso fatto di denti perfetti e morbide labbra dal contorno sensuale.

    - Mi rammarico di dover interrompere il giro delle mura, ma la mia presenza è richiesta a palazzo. Spero di poter riprendere quanto prima la nostra visita: tanto più che la mia permanenza in città potrebbe non essere breve come temevo. Vi sarei grata se riusciste a trovare, tra i vostri numerosi impegni, un po' di tempo per tenermi compagnia. La vostra erudizione e competenza sono per me fonte di diletto e desidero poterne godere ancora in futuro. 

    Sfranze non potè fare a meno di dichiararsi al suo servizio, nonostante la vaga inquietudine provocata in lui dall'episodio. Quanti emissari inviati a perorare gli interessi delle repubbliche marinare, quanti dignitari di corte erano stati scavalcati da quella sconosciuta appena giunta in città? Lucrezia rifiutò con cortesia e fermezza l'offerta di essere riaccompagnata alla Blacherne dalla guardia variaga e si allontanò da sola a piedi, con il proposito di prendere tempo per riflettere sull'incontro che l'attendeva.

    Il messaggero era venuto ad avvertirla della decisione da parte dell'imperatore di riceverla subito, invece che il giorno successivo come in precedenza concordato. Nonostante fosse una persona metodica, che non amava le sorprese, preferendo progettare con accuratezza le proprie mosse, aveva appreso la necessità di fronteggiare i mutamenti improvvisi della fortuna e di cogliere al volo le occasioni.

    CAPITOLO II

    Amburgo, anno 2015

    Il ticchettio ritmico dei martelletti sulla carta era l'unico rumore udibile nell’angusto ufficio sul retro della libreria. Di per sé la stanza non era affatto piccola, ma appariva talmente ingombra di mobili e mensole stipate di libri, che solo un minuscolo spazio rimaneva praticabile, intorno alla massiccia scrivania collocata al centro con simmetrica precisione. L'ingombrante oggetto era una delle tante suppellettili abbandonate dal precedente proprietario, troppo antiquata e pesante perché valesse la pena spostarla durante il trasloco.

    Il suo attuale possessore, al contrario di chi l’aveva preceduto, non apprezzava i moderni elementi di arredo. Si trovava maggiormente a proprio agio con le cose che portavano i segni di una storia vissuta, sebbene il tempo le avesse rese meno pratiche e funzionali. I cassetti che si aprivano a fatica, gli sportelli che grattavano sui cardini, gli ricordavano il lungo sforzo a cui quegli oggetti avevano dovuto sottostare, per svolgere fedelmente il proprio compito quotidiano.

    L'uomo smise per un momento di picchiare vigorosamente su tasti con le grosse dita, come in attesa di un’ispirazione che gli indicasse la giusta direzione. In realtà era stato il suo istinto di cacciatore a bloccarlo, facendogli presagire una qualche specie di pericolo, a cui non riusciva ancora a dare un nome.

    L'antiquata macchina da scrivere, una Remington Remette degli anni Quaranta dalla vernice antracite scrostata in più punti, rimase con il martelletto delle h bloccato, sollevato in una silenziosa interrogazione. L'uomo lo ricacciò indietro distrattamente, con un gesto reso meccanico dall’abitudine, strofinando sovrappensiero la punta del polpastrello, su cui era rimasta impressa una minuscola lettera nera. La sua attenzione era tutta concentrata sui rumori di sottofondo, che nel silenzio della stanza filtravano attraverso la porta.

    Il negozio di libri era in piena attività, affollato di clienti alla ricerca di un regalo originale, da scambiare con amici e parenti in occasione delle imminenti festività natalizie. Almeno ad Amburgo le persone continuavano ancora a leggere, invece che limitarsi a subire passivamente la conquista mediatica della televisione. La parola scritta aveva una profondità e una durevolezza, che gli insulsi sproloqui dei personaggi televisivi non erano ancora riusciti ad insidiare.

    Vladimir Stacenko spostò i pesanti occhiali rotondi sulla punta del naso, mentre controllava le ultime modifiche al testo impresso sul foglio infilato nel rullo. La sua vista era ancora ottima ma una leggera presbiopia, risultato di quel male incurabile che era la vecchiaia, l'aveva convinto a togliere dal baule dei ricordi domestici gli occhiali che il padre inforcava la sera per leggere il giornale, dopo che aveva rinchiuso il trattore nella rimessa e gli animali nelle stalle.

    Di origine serba, Anton Stacenko risparmiava faticosamente il denaro per l’abbonamento mensile alla Borda, il giornale nato a Zagabria ai tempi del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, che aveva seguitato ad uscire anche durante il successivo regno di Jugoslavia. Le notizie giungevano con un giorno di ritardo e spesso erano già state ampiamente commentate al bar del paese, ma non per questo suo padre rinunciava a dare pubblica lettura degli articoli. Quella piccola cerimonia quotidiana si svolgeva nella grande cucina al pianterreno della fattoria, dove la luce entrava

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1