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Baiosi
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Baiosi

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About this ebook

Quando si parla di cultura underground si parla di un mondo che si stacca dalla cultura di massa, dal quotidiano. I Baiosi possono essere considerati senza ombra di dubbio un movimento underground, legato alla musica, al modo di essere, con il proprio stile di vita e comportamento.

Tratto da una storia vera, una compagnia di baiosi ricalca esattamente le gesta di tutti i ragazzi d'Italia e d'oltralpe che hanno sposato questo credo. Ritrovi in piazza, feste private, discoteche, vagabondaggi giorno e notte, amori, eccessi di ogni tipo.

Questo libro, con illustrazioni a colori, non è solo un libro da leggere, è anche un libro da ascoltare. Ogni tanto c'è il riferimento a qualche brano musicale per impersonarsi meglio nel mondo dei baiosi.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateAug 3, 2018
ISBN9788827826195
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    Book preview

    Baiosi - Marco Bonafini

    Indice

    L’animale più brutto è il baioso col ciuffo.

    Angeli per strada.

    Spensieratezza.

    Persi, completamente persi.

    La consacrazione del baioso.

    Una tribù in movimento.

    Vagabonds.

    The Loss’ Club.

    Party, party, party.

    La baia è morta, ma gli angeli volano ancora.

    Curiosità

    Recensioni

    Marco Bonafini

    Baiosi

    ISBN | 9788827826195

    Questo libro è stato realizzato con PAGE di Youcanprint

    Youcanprint.it

    Marco Bonafini

    Baiosi

    La Baia è morta ma gli angeli volano ancora.

    Dedicato a tutti quelli che condividevano l’amicizia nelle piazze.

    Tratto da una storia vera.

    L’animale più brutto è il baioso col ciuffo.

    Fee fie fo fum. We’re looking down the barrel of the devil's gun. Nowhere to run... (C.j & Co. - Devil’s Gun)

     La Vespa, cotonata nella nebbia, trombetta verso la casa di un suo amico. La moto non ha ancora la marmitta Pinasco, quella che fa sentire fighi quando si percorre la via principale del paese, ma nel tenebroso inverno, dove per strada non c’è un’anima viva, poco importa. Sboro. Sboro è sinonimo di freddo e, per combatterlo, si siede sulla punta della sella rischiando di scivolare col culo. Le ginocchia si toccano nei menischi interni e urtano il troncone centrale della moto. Per ripararsi il più possibile dietro gli alettoni, la configurazione degli arti vede il resto delle gambe divergere verso la pedana, a v. Il muso è attaccato al parabrezza, ma, tra il vapore del respiro da una parte e la polvere di gocce dall’altra, non vede un cazzo. Prova a sputarci addosso, come si fa sulla maschera da snorkeling per sgrassare l’opacità, ma, spalmare con la mano la saliva striata di catarro non viene bene. Vadano a cagare i consigli di questa gente, sembra dire mentre tenta di asciugare la melma con l’avambraccio. Deve uscire con mezza testa lateralmente e guardare il ciglio stradale, la sinusite è in agguato. Finalmente arriva a destinazione, la strada da Londra a San Giovanni è particolarmente lunga in queste condizioni.

     «Ciao Federico, come va? Novità?»

     Federico risponde quasi sempre con una voce, tipo francese, che si sposa benissimo con la r moscia:

     «Merda, meerrrrrgggdaaa, sono nella meerrgdaaaa!»

     È la sua espressione tipica per far capire che ancora non ha trovato una ragazza. Se è sopra il livello della merda vuol dire che tutto va bene, se è sotto, si immagina.

     Si fa chiamare Laura e quindi, quando Enge glielo richiede:

     «Ciaoooo, Lauggrrrraaaa come vaaaa? Sei nella meeeerggdaa Lauggraaa?»

     La casa è alquanto singolare. Circondata da palazzine alte tre, quattro piani, è bassa, semplice. Immersa in una radura, è circondata da una canaletta dove d’estate vi scorre l’acqua, per irrigare i campi ben molto più lontani. Nulla di strano fino a qui, tranne il fatto che, una volta entrati in sala, ci si trova in una coltre bianca. No, non è ancora la nebbia, sono i lenzuoli che la mamma stende su ogni suppellettile per conservarli dall’usura e proteggerli dalla polvere. In questa stanza si resta in piedi per poco, il tempo di due cazzate, un Martini, procurato dal mobiletto degli alcolici del papà e poi, come al solito, via con i motorini. Tranne questa volta però, Laura gli porta una novità:

     «Lo sai chi viene?»

     «No, chi?»

     «Marco, sì, Trapano!»

     «Pauuraaaa! Sentiamo un po’ cosa ci racconta stavolta.»

     Marco, è un compagno di scuola e un amico di adolescenza e sa, e fa, cambiare la società. Vive con uno zio semi invalido, fascistone e, sinceramente, non si sa dove avesse appreso quello stile di vita e comportamento antagonista che influenzerà da qui in avanti molti ragazzi appartenenti alla generazione baia, per così dire. Da quando ha ricevuto il Ciao, gira per San Giovanni in maglietta bianca, salopette in jeans scolorito, sgualcito e rattoppato, capelli tagliati a caschetto fin sotto le sopracciglia, occhiali con lenti gialle e zoccoli di legno da infermiere bianchi. Si girano tutti, tutte.

     Da allora la moda degli zoccoli bianchi imperversa tra i giovani in ogni angolo della città e lo si nota soprattutto nelle vicine discoteche, Piqù, Vrrrr2000, Papillon. Si accompagnano spesso con i jeans stracciati e stretti in fondo, a tubo. Per quanto riguarda proprio i jeans, anche quest’ultimi hanno avuto un’involuzione. Sulle tasche delle chiappe viene cucita una pezza di stoffa, in bianco e nero, raffigurante qualche mito trasgressivo di qualche tempo fa, tipo Marylin Monroe o James Dean e non solo.

     «Eccolo quaa, ciao Marcooo!»

     Esclamano sussultando come quasi fosse arrivata un’energia che gli carica la barra della vita.

     «Ciao vecchi, guardate cosa ho portato, a proposito Enge, ti sei divertito la settimana scorsa?»

     Marco gli aveva fatto sapere che era programmata un’azione di disturbo nelle scuole. Si dovevano trovare davanti al Big-Ben, una sala biliardi, alle nove, per poi iniziare a far casino. Quel giorno Enge fece berna e si recò sul posto per unirsi a Trapano e gli altri. Erano in una trentina, tutti ragazzi quindicenni, sedicenni e, fra questi, si distinguevano quelli della compagnia delle Due Campane e del Motta. Gruppi della città molto chiacchierate perché sono, per molti, un riferimento per il modo di divertirsi, vestirsi, comportarsi di tutta la generazione. Lo scopo era di occupare le scuole, anche se non era il giorno delle matricole.

     Veramente Enge non ne sapeva il motivo, forse nemmeno esisteva, ma l’idea di fare un giorno di vacanza e farlo fare a tutti gli studenti di Verona, sembrava inebriante, sembrava essere grandi, di rompere gli indugi di comunicazione con gli altri, di mettersi in gioco. Prima le Bon Brenzoni poi il Nanni e via via fino alle Solap, tutto il gruppo irrompeva negli istituti e si divideva in manipoli per entrare in più classi possibili, per interrompere le lezioni. Al massimo in due, entravano gentilmente nella classe e gli studenti, come se li stessero aspettando, li guardavano incuriositi e sorridenti mentre l’insegnante rimaneva confusa al suo posto. Al loro avvicinamento alla cattedra, e difronte alla dichiarazione:

     «Lezione finita! Scuola occupata!»

     La prof balzava in piedi e, scansandosi a un lato, lasciava libera la postazione. Il primo allora si sedeva sopra ammirando suo fratello, così si chiamano fra loro, che invece saliva sopra e, in piedi, iniziava il classico discorsetto per evacuare l’istituto.

     Un successo. Tutti si riversarono nelle strade, accompagnati dai urli e fischi fino a quando l’azione finì per causa di qualcuno che aveva chiamato la Polizia e, nel momento del loro arrivo, gli occupanti sono dovuti saltare dalle finestre e dileguarsi.

     «Come noo, è stata una vascheriaa, che casino butei!»

    Butei è il plurale di butto che è sinonimo di germoglio. È come dire ragazzi e cioè giovani, germogli di una società.

     «Ma, cosa hai portato Marco? Un megastereo?»

     «Sì, sì, a parte lo stereo, è la cassetta che c’è dentro, che è qualcosa di strafigo.»

    You look so self - possessed. I won't disturb your rest. It's lovely when you’re sleeping... (Ian Dury - Wake up and make love with me)

     Ogni generazione cresce con un proprio ritmo. La musica è a braccetto con la vita, ma quella che vivi nella giovinezza vibra di più di quella che ti accompagna nel quotidiano, quando sei grande.

     «Questa viene dalla Baiaaaa degli Angeliiii cazzoo! Una roba da capottarsi vecchiiii! La Baiaa! La Baiaa!»

     «Va bene ho capito, dalla discoteca di Gabicce.»

     Laura guarda Enge facendogli intendere che qualcosa di nuovo sta per arrivare. Quell’angioletto con aureola e alette, il simbolo della discoteca, li avrebbe fatti muovere in maniera diversa da quella che facevano in casa, da soli, guardando Piccolo Slam o Discoring.

    Chains, your chains of love. When something is busting loose, and your heart needs a boost.(Gregg Diamond & Bionic Boogie - Chains)

    Ora si capisce il perché di quelle pezze cucite sulla culatta dei jeans. Tra le feste della Baia degli Angeli, quella sicuramente tra le più riuscite fu il Marylin Party, le gigantografie dell’attrice tappezzavano ogni angolo del locale, ma era la consacrazione del funky e del disco-funky, per opera di Mozart e Baldelli, a riecheggiare nella stanza dove Laura, Enge e Trapano si muovono cercando di non spandere il Martini.

     «Sentite questaaaaaa!» Divinizza Trapano.

    Listen to the beat! Listen to the beat! The beat! The beat!

    (Hamilton Bohannon - Bohannon's Beat)

    «Dai vecchi! Stasera da Pancio eh? Fuma rosso fuma sano, fuma nero pakistano! E poi in disco!» Incita Trapano.

     Che roba volesse dire questo lo avrebbero saputo presto, è lo spinello, lo si sente solo dall’odore simile agli aghi di pino essiccato e fumato arrotolato dentro a un foglio di calendario, tipo velina, sì, di quelli fatti a blocchetto, quelli attaccati a un cartoncino e appesi con un chiodino a un muro. Dopotutto se uno non ha i soldi per comprarsi l’hashish dovrà pure trovare un rimedio. Si è menzionata Londra, ma non è altro che l’anagramma di Raldon, un paese dove, nel 1969, è nata una pizzeria, forse la prima pizzeria in Italia. Questo paese, a ridosso di San Giovanni, è il posto dove sguazza Pancio, e quindi un luogo d’incontro per certe occasioni. Conserva tra l’altro, vecchie amicizie, come Pioppa, che ha fatto conoscere a Enge un buco di discoteca in città, il Papion, ovviamente completamente cancellato dal momento in cui le corriere della discoteca Vrrr2000 hanno iniziato a partire dal centro città, destinazione Pozzo. È bene sottolineare il fatto che spesso gli amici non si chiamano con il proprio nome, ma con un nomignolo ricalcante o richiamante qualcosa di personale o forse storico. Pioppa per esempio, è dato dal fatto che è molto alto. Lo stesso Marco, Laura lo ha nominato Trapano, e questa volta per causa di quel circolo vizioso con la droga che lo ha portato a bucarsi.

     «Ehi! Butei! Lo sapete?» Di nuovo Trapano.

     «Spara.»

     «Aprono una nuova discoteca sul lago, e sembra che il dj sia quello della Baia.»

     «Noooooo! Daaaaa fogoooo!»

     Anche questa è un’espressione di quando gli animi si incendiano, si infiammano per qualcosa di straordinariamente fantastico.

     La sorpresa tra Laura e Enge è evidente. Visto il fatto che il Vrrr2000 è un ritrovo irrinunciabile per migliaia di ragazzi provenienti da e fuori provincia, una nuova disco, con un dj della Baia degli Angeli, avrebbe spostato chissà quali interessi.

     «Sicuro? E quando l’inaugurazione?»

    Chiedono a Trapano con fare di come quelli che sono avidi di notizie, per poi approfittarne facendo i saccenti in giro con gli amici.

     «Ho sentito questa primavera, maggio o giugno, vi tengo informati va bene? Dai, adesso andiamo a concludere questa serata.»

    La discoteca Vrrr2000, comunemente nominato Due, si raggiunge come si vuole. La maniera più piacevole però, è con il motorino taroccato. Sembra scomodo andarci in due, infatti ci si porta dietro, sul portapacchi o sulla sella, l’amico o l’amichetta avvinghiata, ma quando si installa una sella lunga o le pedaline alle ruote posteriori, tutto diventa più semplice. Poi, la moto è la cosa più sexy, se hai il Ciao, il Bravo, o qualsiasi altro due ruote, si cerca di accelerare in modo che la ragazza dietro si attacchi ai tuoi fianchi e si frena, per sentire le tette appoggiarsi alla schiena.

    I believe in miracles. Where you from, you sexy thing, sexy thing you.  (Hot Chocolate - You sexy thing)

     Il budget personale è molto basso, in linea con la stragrande maggioranza dei ragazzi, a parte chi ha iniziato a lavorare a quattordici anni che ha qualche soldo in più. Si opta quindi di andare in discoteca la domenica pomeriggio, per le tre. Il sabato sera è un po' più difficile anche se il più delle volte si riesce a fare uno strappo trovando degli stratagemmi.

     Appena entrati, sulla destra, si trovano la biglietteria e il guardaroba. Subito dopo lo strappa biglietti, sulla sinistra, ci sono i bagni. Qual è la prima cosa che si fa appena entrati? Si va ai bagni. Si va ai bagni perché sono foderati di specchi. Nonostante i kili di Topexan usati a casa, bisogna darsi una sistemata, prima di confondersi in quel giro infinito di ragazzi e ragazze che girano, girano, girano attorno alla pista centrale. I bagni della discoteca sono una tappa obbligata per molti. C’è chi si sistema il ciuffo, se lo aveva coltivato sapientemente nei mesi precedenti. Chi è un iniziante baioso invece, si pettina i capelli concentrandoli sulla fronte e tirandoli al tal punto che seguono lo stampo del cranio. Nel bagno ci si cambia perfino, forse per non apparire stranamente vestiti davanti ai genitori o mica normali durante il tragitto fino alla disco, ma di sicuro qualcuno esce trasformato, come Trapano, che gli amici lo vedono spesso in completo raso rosso stile Amii Stewart. La musica è soft prima di iniziare, a volte sembra quella di un sottofondo di un film porno. Tutta questa gente baia gira in senso antiorario e orario con lo scopo di incrociare gli sguardi, per copiare uno stile, per trovare l’anima gemella, per discostarsi dall’uniformità. La pista è circondata da divani posti su varie gradinate, a volte si passa in mezzo per cercare un posto libero per sedersi, magari vicino a un paio di ragazze, nel tentativo di incominciare un approccio, una conversazione. C’è un bar, anzi due. Quello che si vede dall’altra parte dell’entrata è più grande, ben circoscritto. È dove i più vecchi consumano i superalcolici e si isolano dal resto della massa. C’è anche un piano superiore, è la zona imboscamento o imboscation, costellata di divani color blu zaffiro oscurati da una tenue luce che ti permette di infilate le mani nei pantaloni del partner senza sguardi analizzanti, anche se una volta lì, non si fa caso più a nessuno, sia intorno, sia che seduto sullo stesso divano. Si pensa solo a contattare la lingua e a cercare il pelo.

    I'd give you everything and more, and that's for sure. I'd bring you diamond rings and things right to your door. (Chilly - For Your Love)

     Chi resta giù intanto continua a girare, talvolta invertendo il giro per vedere nuove situazioni. C’è un collo di bottiglia proprio sotto Rudy Corradi, il dj, e quella strozzatura è in concomitanza a un’entrata segreta, una specie di cunicolo dove si va veramente a trombare. Improvvisamente arriva la sigla. Un vrrrrrrduemilalala echeggiante interrompe la musica da ristorante vintage e parte irrompente Espagnolada dei New Trolls. Come se quel brano fosse un catalizzatore, la massa gironzolante si ribalta sulla pista e, per sparare ancora un’udibile cazzata, si devono aspettare i lenti. Sì, i lenti, una discoteca che lascia un piccolo spazio per gli infigati. Il brano disco o funky determina l’afflusso sulla pista o la dispersione fra i divani per una sigaretta. Se il pezzo richiama pochi ragazzi, riesci a vedere con che stile un tipo balla, il più fantastico è quello delle ragazze che vengono in pista con la borsetta o la sacca, l’appoggiano per terra, le ballano intorno e poi la riprendono per andarsene.

     Ogni mattina ci si ritrova presto in centro città. Punto di arrivo delle corriere da tutta la provincia e raccolta di tutti gli studenti. Fra tutte le cazzate che girano in questa generazione qualche notizia seria trapela. Sono gli albori dell’anno e il passare delle ore in quelle giornate avrebbero riscaldato l’aria e aumentato la salivazione nei ragazzi. Il caldo porta allo scoprimento dei gusti e delle grazie personali, magliette e corpo sono la miscela perfetta per passare da uno scambio infinito di cazzate agli apprezzamenti. La vera notizia seria però la dà Trapano, questa mattina. Scende dall’autobus con un giubbino di raso giallo e con un ciuffo che gli copre un occhio. Il ciuffo non si sistema in laterale sopra l’orecchio con una mano ma, per riacquisire la vista totale, gli si dà un colpo con il capo dalla stessa parte, prendendo prima una leggera rincorsa dalla parte opposta. Il rischio tic è molto serio. Forse per quello che è nato il detto: L’animale più brutto è il baioso col ciuffo. La notizia è che finalmente hanno aperto il CosmiC, la tanta annunciata discoteca a Lazize. Questo evento ha portato un entusiasmo e un successo senza precedenti. Ad aprile, causa l’afflusso di gente baia, non sono bastate quattro serate per fare l’inaugurazione.

     Tutto inizia alla fine anni '70 primi '80. Nel 1975 a Gabicce Monte apre la discoteca Baia degli Angeli, ed è stata proprio quella discoteca che ha generato i baiosi. Tra l’accavallamento della seconda parte dei turbolenti anni 70, le brigate rosse, i rapimenti e i prestigiosi anni 80, lo sviluppo economico, il computer Vic 20, si inseriscono i baiosi, una fetta di persone frequentatori della Baia. Questi ragazzi e ragazze stanno vivendo l’invasione americana e in generale anglosassone delle correnti modaiole di quegli anni. I grandi miti della storia del rock inglesi e americani come i Rolling Stones, Doors, Who, Janis Joplin vestivano con il più disparato abbigliamento, seguendo una moda psichedelica e anche inventata, personale. Non solo, ma nello stesso periodo ci fu anche una reazione contro il dominio della musica rock che prese il nome di disco music, soprattutto seguita dai frequentatori di club delle società afro. Questa situazione ha portato i jeans slavati color acquamarina, le camicie usate, le espadrillas, i sandali indiani, le clarks, la t-shirt con i grandi miti, le toppe sui giubbini di jeans, il logo di Marylin, il logo dell’uomo con la chitarra, il Vagabond. Il logo della mitica e mistica Donna che fuma, i maglioni larghi, il safi. I luoghi di frequentazione dopo la Baia degli Angeli si allargano e si ritrovano in discoteche come CosmiC, Typhoon, Melody Mecca, New York, Les Cigales, Chicago e centinaia altre, dove la musica proposta era il funky, la disco-music e tutte le varianti fino all’elettronica. D’estate, oltre alle discoteche e le piazze, si frequentavano, senza distinzioni politiche per la testa, le feste dell’Unità e dell’Avanti. Le loro icone erano i bonghi, il djembè, la chitarra a spalle, le cassettine con le serate originali delle disco, il cilum, gli adesivi delle grandi disco-club. E perché no, anche i mezzi di trasporto erano proprie e vere icone. Anche se si faceva l’autostop per la disco del sabato sera erano immancabili le vespe bardate di adesivi, per esempio l’angioletto stilizzato con la scritta Cocaine, e col bauletto trasformato in impianto stereo con due woofer e soprattutto il Px125 con il portapacchi davanti e dietro. E ancora, il Ciao, il Cagiva con i cerchi in lega. Le Citroen sono le più gettonate. La Due Cavalli, la Dyane o il mitico DS Pallas chiamato lo Squalo con le casse dello stereo da casa come impianto in auto e le luci rosse all’interno, e infine la Renault 4 con l’adesivo dell’uomo con la chitarra su cofano posteriore. Dormivano fuori, sotto una tenda, con la radio e chissà dove forse in compagnia di uno spinello, forse un trip o un sorso alcolico, o forse con l’amore per quanto era possibile libero.

    Capire i baiosi:

    Vascheria: quando tutto è positivo, bellissimo, strafigo.

    Tranqui: rilassati.

    Maraja: compagnia, gruppo.

    Pauuraa!: esclamazione di stupore.

    Cana: Carabinieri.

    Pula: Polizia.

    Giusta: le forze dell’ordine.

    Tirare in torta: coinvolgere.

    Tirare la torta: fare uno scherzo.

    Tirare il pero: disattendere a una promessa.

    Tresca: fare qualcosa di nascosto, sotterfugio.

     Enge si trova ancora da Laura. Gli interessi ovviamente girano su due aspetti: le fighe, dove trovarle, e il divertimento. La sommatoria di questi temi porta a un unico risultato: la discoteca.

     «Allora, hai sentito che hanno aperto il CosmiC e che c’è stato un casino della malora?»

     «Ma dai! Come ha fatto questa notizia spargersi per tutta Italia?»

     «Non so, forse è successo qualcosa di strafigo, deve essere una roba unica.»

     «Sicuramente, Trapano mi ha detto che viene gente da ogni città, chi in macchina chi in Vespa, a piedi, forse è la musica.»

     «Dobbiamo andarci, e dobbiamo andarci vestiti da baiosi, che dici?»

     «Cazzo è vero! Al momento non ho in casa qualcosa di adatto da mettermi per andare là, però posso chiedere a Trapano se ci può prestare qualcosa di usato.»

     «Ottima idea! Fai presto però eeee, come facciamo andar via da casa con addosso la roba usata?»

     «Non ti preoccupare, io ho una sacca, la mettiamo lì dentro e poi prima di arrivare al CosmiC ci cambiamo lungo la strada.»

     «Vascheria! Questa sì che è un’idea!»

    Sono tempi che i capi usati vanno forte fra il popolo dei baiosi. In particolare in via Roma c’è un negozio dell’usato. L’America. Un negozio unico nella sua specie. Quando entri sembra di essere in un grande ripostiglio con tutta roba appesa facendo strati di maglioni, magliette, giubbotti e per terra facendo strati di braghe e indumenti di tutti i tipi. Il negozio non ha capi indirizzati a un particolare pubblico: motociclisti, punk, militari, hippy ma è un crogiolo di tutto l’abbigliamento del mondo. Puoi trovare un giubbino in jeans con l’aquila americana cucita dietro, come il sari indiano. Per trovare qualcosa bisogna rumare perché neanche la commessa sa cosa ha in negozio, caso mai si presta solo a sistemare qualcosa non appena un’ondata di ragazzi fosse uscita per far posto a un successivo gruppo. Il prezzo si fa al momento, senza logica, ma sicuramente vantaggioso, viste le esigue mance date dai genitori.

     Si sente un motorino. Entra nella corte. Si ferma. Si spegne. Scende un tipo strano. È Ugo. Veramente un tipo strano perché, aldilà dei pantaloni rossi e la capigliatura riccia a forma di cespuglio, ha un fanalone saldato sul mini portapacchi posteriore del suo Ciao. Un fanalone che non si capisce il significato se non attenti al culo!. Non glielo hanno chiesto al momento, perché è più importante sapere cosa fossero quei segni circolari, quelle abrasioni simili ad anelli, sul mento e sulle guance. Ugo ha la barba, e per rasarla del tutto, ha premuto le testine del rasoio elettrico sulla pelle, risultato, un tipo strano.

     «Ciao Ugo! Eccoti qua! Come va a scout?» Chiede Laura.

     «Bene! Benissimo! Abbiamo buttato giù il programma estivo e penso che in tenda quest’anno sarà da fogo!»

     «Perfetto! Al prossimo incontro verrò anch’io così mi farai sapere i dettagli, ma intanto lascia che ti presenti Enge, un amico che spesso andavamo insieme alle gare di motocross.»

     «Ah ciao! Come va?»

     «Ah bene! Sono qua da Laura perché stiamo pensando di andare fino a Lazize in motorino, sai, fino al CosmiC, verresti anche tu?»

     «Vengo anch’io sì! Fatemi sapere cosa avete intenzione di fare in particolare.»

     «Beh! Il problema principale è trovare dei vestiti per l’occasione, ma sembra che Trapano, possa prestarceli.»

     «Ah sì? Che tipo di vestiti?» Chiede incuriosito Ugo.

     «Beh! Innanzi tutto dobbiamo andare in città a comprarci i sandali indiani, o all’America o a quel negozio ai Filippini, sai, ormai gli zoccoli bianchi non si portano più, e poi diciamo jeans slavati e roba del genere.» Suggerisce Enge.

     «Perfetto! Vedo cosa posso trovare a casa mia, magari trovo qualcosa di strano nei cassetti di mio papà, sai, camicie di vecchio uso o, non so, vediamo.»

     Giugno 1979, primo pomeriggio. Laura, Enge e Ugo partono, due motorini in tre, obiettivo Lazize. La strada è una sola, si va verso il Lago di Garda. Percorrere i 30 km che separano la città da Lazize, sedendosi sul portapacchi di un Bravo o sul sellino di un Ciao, il culo quadrato è assicurato. Poco importa, questa volta c’è un vespino 50.

     Ragazzi e ragazze, in due sui motorini, se ne vedono per la strada a bizzeffe. Si deve pensare che si è praticamente seduti sulla ruota posteriore e ci si aggrappa al sellino o all’addome dell’amico. Le gambe e i piedi sono in sospensione per non toccare l’asfalto. I più tecnologici hanno installato delle pedaline sull’asse della ruota per dare un sollievo al viaggio. C’è anche un’altra variante, sedersi tutti e due sul sellino, ma questa volta, a trovarsi un po’ scomodo, è il conducente che si impuntella sulla punta che prepotentemente gli separa le natiche. La ripresa ne risente, tanto da spingere il motorino con i piedi come se fosse una macchina dei Flintstones. Si viaggia alternativamente in fila indiana o appaiati. Questo perché quando si ha qualcosa da dirsi, o quello davanti rallenta per accostarsi a quello dietro, o quello dietro accelera per raggiungere quello davanti. Visto che di cose da dirsi ce ne sono una attaccata l’altra, il viaggio è praticamente una incessabile alternanza di spostamenti, sorpassi, rallentamenti. Bisogna immaginarsi quando la compagnia è composta da molti elementi. Il pericolo più importante è la polizia, prendere una multa, anche se non cospicua, significa quasi azzerare la paghetta settimanale. Le tattiche sono poche, una volta intravista la pattuglia il passeggero dietro smonta al volo, dopotutto la velocità è di circa 30, 40 km/h. Il conducente prosegue e passa il posto di controllo, dopodiché il compagno lo raggiunge a piedi e rimonta di nuovo dietro. Se c’è un’alternativa, è quando si cambia strada. L’aria calda scompiglia i capelli e la preoccupazione maggiore non sono i moschini che entrano nell’occhio ma come sistemarsi il ciuffo una volta arrivati, ma niente pauuuraaaa, ci sono i famosi bagni della discoteca.

     «A che ora apre?» 

     «Apre alle tre.»

     «Ce la facciamo in un paio di ore?»

     «Dobbiamo farcela a tutti i costi, ricordatevi che dobbiamo cambiarci, e quindi trovare anche il posto.»

     «Già! E dove andiamo a cambiarci?»

     «Guarda, per arrivare al CosmiC, invece di prendere il lungolago possiamo prendere una stradina di campagna e arrivarci da dietro.»

     «Ah già, con due scout che sanno leggere le cartine, figuriamoci se non conoscono strade alternative!» Puntualizza Enge.

     «Certo! Le cartine, noi, le studiamo, mica ce le fumiamo!»

     «Buona questa, dai vecchi via a manetta, jambooooo!» 

    Poco prima di Lazize girano a sinistra per imboccare una stradina che corre parallela alla statale sul lungolago. Rallentano per vedere se c’è un posto adeguato dove potersi cambiare. Trovato. Sicuramente nelle vicinanze della discoteca. È un campo di pannocchie. Si fermano, lasciano i motorini giù di strada e, con la sacca, si infilano nella coltivazione. Non si sono addentrati per molto, abbastanza per non farsi scorgere.

    «Che cosa c’è per me?» chiede curioso Ugo.

    «C’è la salopette di Trapano, quella vecchia scolorita, larga e sbragata.» Assicura Federico.

    «Ottimo! È un po’ unta ma va bene lo stesso.»

    «Ci credo! L’ha usata mezza città!» Chiarisce Enge.

    «Vascheria vecchi, dai! Dovremmo esserci! Sento che è vicino!»

     Riprendono i motorini che, con una pedalata o un colpo alla leva, vanno in moto. Girano la curva, una lunga siepe, alta, non vedono niente tranne alcune macchine parcheggiate ai lati della strada che, man mano che avanzano, si infittiscono come se lasciassero un messaggio di richiamo.

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