Ora sono qui: Storie per attraversare la tempesta
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About this ebook
Dai cortili di Bari alle corti di Montecarlo, aspirante giornalista a Modena, sociologo nei campi nomadi, uomo d'affari a Dubai, a Beirut. Una galleria di personaggi, di luoghi, di esperienze.
Le avventure di un uomo, le esperienze sorprendenti di una vita.
Questi non sono racconti di fantasia. Ogni riferimento a persone, cose o fatti realmente accaduti non è puramente casuale.
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Book preview
Ora sono qui - Romolo Ferorelli
Romolo Ferorelli
ORA SONO QUI
Storie per attraversare la tempesta
Digital Index
Editore
Scrivere. Raccontare storie vere.
Mettere vita nelle pagine.
Vivere. Combattere.
Ora sono qui. In mezzo alla tempesta. Quando sei nel mezzo della tempesta puoi radicarti nel momento presente, puoi stare nel qui e ora
.
Solo quando sei nel mezzo della tempesta puoi capire che uomo sei.
Scrivere è ciò che ho sempre fatto per combattere la paura, per capire cosa succedeva, per attraversare la tempesta.
Scrivere per capire. Da dove vieni.
Le tue storie. La tua storia.
DELLA PAURA. TOPINI A BARI
Ora ho dieci anni e vivo a Bari. Sono più basso del più basso della classe. So fare bene solo una cosa: scrivere. Non so fare a mazzate. Stasera i miei genitori mi portano al Teatro Petruzzelli, a vedere Rudolf Nureyev. Scrivo i temi di italiano anche a Gino. Gino è il figlio del bidello. Quando gli scrivo i temi lui mi difende.
Oggi è il 16 di marzo del 1978. Ricordo tutto di questo giorno. Pioviggina. Sono gocce tiepide, l’aria è elettrica, lo scirocco sta per arrivare. Non posso dimenticare il 16 di marzo del 1978 perché oggi ho preso mazzate da Francesco Lorusso il Topino. Da oggi prendo mazzate non solo dai miei compagni di classe, ma anche da Francesco il Topino che non viene neanche nella nostra scuola. Ora la sera prima di addormentarmi mi viene paura. La mattina quando mi sveglio ho paura. Faccio le preghiere e mi chiedo tutte le sere:
Perché devo prendere le mazzate?
Le mazzate le prendo perché ho un nome strano?
Perché sono più basso del più basso della classe?
Perché ho gli occhialetti neri che sembro un cieco?
Ma è perché non so fare a mazzate.
Prendere mazzate è brutto. Quando uno che ha la tua età è sopra di te e ti dà dei pugni in capa e non si ferma, e non si ferma neanche quando piangi, anzi, se piangi te li dà ancora più forti, è in quei momenti che pensi che puoi morire. Ti viene la paura. La paura è quando una cosa brutta è sopra di te e non puoi fare niente.
Francesco il Topino. Lo chiamano così Francesco Lorusso. Topini, li chiamano così a Bari i ragazzi di strada. I Topini sono di una razza diversa. Li ho visti buttarsi a mare a maggio, sul lungomare, dagli scogli, senza costume da bagno, in mutande. I Topini vivono in mezzo alla strada. Non hanno paura di niente. Sono rossi in faccia, le mani sono sempre nere. Molti Topini sono rasati a zero. Non si sa perché, ma è così. Bambini rasati a zero li ho visti solo in campagna, a Conversano, sono i figli dei contadini e li tosano così prima di partire per le colonie, per non fargli prendere i pidocchi. Forse anche i Topini li rasano a zero per via dei pidocchi, o forse perché così si riconoscono subito che sono Topini. I Topini provengono da Bari Vecchia o dal Quartiere San Paolo o dal CEP, che sono i rioni delle case popolari. A Bari il CEP è chiamato Centro Esportazioni Pidocchi o Centro Elementi Pericolosi. Se vuoi fare paura a qualcuno a Bari digli che abiti al CEP o a Bari Vecchia. Ma devi averci pure la faccia da Topino. I Topini si attaccano come dei ragnetti dietro gli autobus, si aggrappano con le mani e con i piedi dietro il filobus e poco prima di arrivare alla fermata saltano a terra. Vanno in giro così per tutta Bari e non gli succede niente. Infatti non ho mai sentito di un incidente a un Topino, o di un Topino all’ospedale. Quando siamo giù in cortile a giocare a pallone e vediamo arrivare dei Topini, che di solito girano a due o a tre insieme, buttiamo subito il pallone sotto la macchina, perché è già successo che o ce lo rubano o ce lo forano con la molla, il coltello. Molti Topini hanno dieci anni e girano con la molla. Penso: cosa diventa da grande un Topino? Dopo che sei stato Topino puoi diventare scippatore, oppure vai a rubare nelle case o spacci la droga.
Oggi è il 16 marzo 1978. Sto leggendo I ragazzi della via Pal e mi sento come il piccolo Nemeczek.
Non posso dimenticare questo giorno anche perché il bidello è entrato in classe con una faccia tutta preoccupata. Corre dalla maestra per dirle qualcosa sotto voce. La nostra maestra cambia faccia. Dice di fare silenzio e con una voce quasi di pianto guardandoci uno per uno: «Bambini… è successa una cosa bruttissima. Stamattina a Roma… hanno rapito l’onorevole Aldo Moro». Poi scoppia a piangere. Non è la prima volta che la maestra piange in classe. Andrea Gambotto dice sottovoce: «Ma non è che Aldo Moro è un parente della maestra?».
Oggi 16 marzo è un giorno che non dimenticherò non solo perché hanno rapito Moro ma anche perché Francesco il Topino mi ha aspettato fuori da scuola.
Dopo il 16 marzo Francesco il Topino mi aspetta fuori da scuola, tutti i giorni, sempre a chiedermi la cinquemila lire: «dammi la cinquemila lire se no ti buco con la siringa e diventi drogato». Francesco il Topino per me è la prima volta che incontro qualcosa di brutto, di male. È cattivo Francesco, peggio di quel cane rabbioso che ho visto in campagna l’estate scorsa a Conversano. Era un cane sbucato da dietro la chiesa di Santa Caterina, tutto ammaccato, senza un occhio, mi ha inseguito per mezz’ora e mi sono chiuso con i miei fratelli nella masseria mentre ringhiava fuori, con la bava alla bocca e con un occhio solo fuori dalla testa. Quando penso a Francesco penso a quel cane senza un occhio. Francesco il Topino non è tanto più grosso e più alto di me ma è cattivo come uno che va alle Scuole Medie. Un Topino può anche non essere grande e grosso perché quando sei un Topino sei cattivo e puoi dare mazzate pure a quelli più grossi. Gli occhi spiritati e le labbra tutte screpolate fanno schifo e fanno paura. Poi quello che fa più paura è tutto quello che mi dice e