Ho ucciso e altri racconti (Tradotto): Salmo. Il fuoco del khan. L'incursione. La corona rossa. L'eruzione stellata. Ho ucciso
By Bulgakov and Bruno Osimo
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Ho ucciso e altri racconti (Tradotto) - Bulgakov
Michail Bulgakov
Ho ucciso e altri racconti
Salmo. Il fuoco del khan. L’incursione. La corona rossa. L’eruzione stellata. Ho ucciso
a cura di Bruno Osimo
Copyright © Bruno Osimo 2020
Titolo originale dell’opera: Я убил
Traduzione dal russo di Bruno Osimo
Bruno Osimo è un autore/traduttore che si autopubblica
La stampa è realizzata come print on sale da Kindle Direct Publishing
ISBN 9788898467877 per l’edizione cartacea
ISBN 9788898467419 per l’edizione elettronica
Contatti dell’autore-editore-traduttore: osimo@trad.it
Traslitterazione
La traslitterazione dei nomi è fatta in base alla norma ISO 9:
â si pronuncia come ‘ia’ in ‘fiato’ /ja/
c si pronuncia come ‘z’ in ‘zozzo’ /ts/
č si pronuncia come ‘c’ in ‘cena’ /tɕ/
e si pronuncia come ‘ie’ in ‘fieno’ /je/
ë si pronuncia come ‘io’ in ‘chiodo’ /jo/
è si pronuncia come ‘e’ in ‘lercio’ /e/
h si pronuncia come ‘c’ nel toscano ‘laconico’ /x/
š si pronuncia come ‘sc’ in ‘scemo’ /ʂ/
ŝ si pronuncia come ‘sc’ in ‘esci’ /ɕː/
û si pronuncia come ‘iu’ in ‘fiuto’ /ju/
z si pronuncia come ‘s’ in ‘rosa’ /z/
ž si pronuncia come ‘s’ in ‘pleasure’ /ʐ/
Sommario
Salmo
Il fuoco del khan
L'incursione
Nella lanterna magica
La corona rossa
Historia morbi
L'eruzione stellata
Ho ucciso
Nota del traduttore
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Questa collana
Affiliazione del curatore
Salmo
1923
Inizialmente sembra un ratto che gratta alla porta. Ma si sente una voce molto cortese:
« Posso entae? »
« Avanti, prego. »
Cantano i cardini della porta.
« Vieni e siediti sul divano! »
[Dalla porta.] « Come fazzo a camminae sul pac ché? »
« Cammina tranquillo e non scivolare. Allora, che c'è di nuovo? »
« Niente. »
« Ma come, chi era che stamattina singhiozzava in
corridoio? »
[Pausa pesante.] « Eo io. »
« Perché? »
« La mamma me le ha date. »
« Che cos'hai fatto? »
[Pausa di tensione.] «Ho dato un mosso all'oecchio a Sukka.»
«Però.»
«La mamma dize che Sukka è un bibbante. Mi fa i dispetti, mi ha peso i soldini.»
«Non importa, non sta scritto da nessuna parte che per un soldino si mordano le orecchie alla gente. Allora sei uno sciocchino.»
[Offeso.] «E io con te non zi zoco.»
« Tanto meglio.
[Pausa.] Quando viene papà, glielo dico. [Pausa ] ». « Così ti spaa. »
« Ah sì? Allora non lo faccio il tè. Tanto, se poi mi fucilano... »
« No, tu fai il tè. »
« E tu lo bevi con me? »
« Con i zoccolatini? Eh? »
« Certo. »
Due corpi umani accoccolati, uno grande e uno piccolo. La teiera bolle emettendo un suono musicale e un cono di luce calda illumina una pagina di Jerome K. Jerome.
« La poesia l'avrai dimenticata, no? »
« No, non l'ho dimenticata. »
Su, dilla. »
« Dunque... Compeò e scappe... »
« Per il frac. »
« Pe il fac e canteò di notte... »
« Un salmo. »
« Un salmo... E mi pendeò... un cane... »
« Non... »
« Non fa nulla... »
« Ce la faremo. »
« Faemo. Ze la. »
« Appunto. Quando il tè fischia, lo beviamo. Ce la faremo. »
[Profondo sospiro.] « Ze la faemo. »
Suono. Jerome. Vapore. Cono. Il parquet riluce.
« Sei solo. »
Jerome cade sul parquet. La pagina si spegne.
[Pausa.] « Chi te l'ha detto? »
[Quieta evidenza.) « La mamma. »
« Quando? »
« Quando ti attaccava il bottone. Cuziva. Cuze e dize a Nataska... »
« Ops. Aspetta, aspetta, non girarti se no ti scot to... Aiu. »
« Scotta, aiu. »
« Prendi il dolcino che vuoi. »
« No, io voglio quello al zoccolato. »
« Soffia, soffia e non muovere le gambe. »
[Voce di donna fuori scena.] « Slavka! »
Bussano alla porta. I cardini cantano piacevol mente.
« È ancora da lei! Slavka, vieni a casa. »
« No, no, stiamo bevendo il tè. »
« L'ha appena bevuto. »
[Tranquilla sincerità.] « Io... non l'ho bevuto. »
« Véra Ivànovna, venga a bere il tè. »
« Grazie, l'ho appena.. »
« Venga, venga, non la lascio andare... »
« Ho le mani bagnate... sto stendendo la biancheria».
[Un difensore non richiesto.) « Non povae a tiae mia made pe il baccio. »
« Va bene, non la tiro... Véra Ivànovna, si sieda... »
« Aspetti, finisco di stendere e vengo. »
« Meraviglioso. Non spengo il fornello. »
« E tu, Slavka, bevi e vieni a casa. A dormire. Non la disturba? »
« Non distubbo. Non spocco. »
I cardini emettono un suono spiacevole. Coni in varie direzioni. La teiera è muta.
« Hai già sonno? »
« No, non ho za sonno. Accontami una fiaba. »
« Hai già gli occhi piccoli. »
« No, piccoli no, accontamela. »
« Su, vieni da me, posa la testa qui. Così. Una fia ba? Che fiaba vuoi che ti racconti? Eh? »
« Quella del bimbo, di quel... »
« Del bimbo? Ragazzo mio, ma quella è una fiaba difficile. Va bene, per questa volta. Dunque, c'era una volta un bambino. Piccolo, aveva più o meno quattro anni. A Mosca. Con la mamma, E questo bambino si chiamava Slavka. »
« Uuuh... Come me? »
« Un bimbo piuttosto bello, ma era, purtroppo, un attaccabrighe. E faceva a botte con quello che gli ca pitava: pugni, calci, persino galosce. Una volta sulle scale una bambina del numero otto, una bella bambina , tranquilla, buona, la picchiò in faccia con un li bro. »
« È stata lei a cominciae... »
« Aspetta. Non è su di te la fiaba. »
« E un altro Slavka? »
« Completamente diverso. Allora, dov'ero arriva to? Sì... Naturalmente a questo Slavka le davano tutti i giorni, perché effettivamente non si può lasciare che i bambini si picchino. Slavka però non si perse d'animo. E un giorno finì per litigare con Surka, un altro bambino e, senza pensarci tanto, gli morse un orec chio e gliene mangiò mezzo, Si sollevò un baccano! Surka urla, poi le danno a Slavka e urla anche lui. In qualche modo incollarono l'orecchio di Surka con la colla. Naturalmente Slavka lo misero in castigo... E d'un tratto... suonano alla porta, Viene un signore completamente sconosciuto con un'enorme barba rossa e occhiali blu e domanda con un vocione: 'Scus i è Slavka?' Slavka risponde: 'Sono io Slavka', Slavka, sono il sorvegliante di tutti gli attaccab righe e ho il dovere, caro il mio Slavka, di allonta narti da Mosca. Nel Turkestan.' Slavka vede che le cose si mettono male e si pente onestamente.