3:00: Gialli
By Nick Pirog
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Henry Bins indaga su un omicidio efferato:
una sola ora a disposizione al giorno, e poche persone dalla sua parte.
(la descrizione del libro non é stata inserita nel manoscritto)
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Book preview
3:00 - Nick Pirog
Indice:
:01
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:07
:08
:09
:10
:11
:12
:13
:14
:15
:16
:17
Note dell’autore.
3:10 a.m.
:01
:02
:03
:04
MATERIA GRIGIA
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
3:00
Nick Pirog
www.nickthriller.com
:01
Un'ora. Sessanta minuti. Tremilaseicento secondi: il tempo che ho a disposizione ogni giorno. Il tempo in cui sono sveglio. Non starò qui a tediarvi con spiegazioni scientifiche. Meglio raccontarvi la mia storia. E che storia... Ma ho solo un'ora per potervela raccontare. Vi basti sapere che ho consultato qualsiasi specialista, provato qualsiasi medicina ma niente: nulla è mai cambiato. Mi sveglio alle 3:00 ogni mattina e mi riaddormento un'ora dopo. Poi dormo ventitré ore. E poi da capo. Non è una gran bella vita, ma è l'unica che ho.
Ho trentasei anni.
Alla mia età, la maggior parte delle persone sono già state sveglie per duecentomila ore. Io meno di quattordicimila. A sentire i medici, nella storia si sono contate solo tre persone con questo disturbo. Disturbo, sì, lo chiamano così: non patologia, né malattia: disturbo. Oltre a me, ce l’hanno anche una bambina Taiwanese, ed un ragazzo in Islanda. Ma l'hanno battezzato con il mio nome: sono stato io il primo. Henry Bins: lo chiamano così. Sono Henry Bins ed ho l’Henry Bins.
Vi starete chiedendo come riesca a mettere due frasi corrette in fila se sono stato sveglio meno di un normalissimo bambino di tre anni. Che dirvi? Sono un prodigio! Dio, probabilmente, dopo avermi donato l’Henry Bins – sì sono Henry Bins ed ho L’Henry Bins – ha ritenuto opportuno fare ammenda donandomi una mente fantastica.
Ora sono le 3:02: meglio che mi dia una mossa.
...
Apro gli occhi di colpo.
È il 18 aprile. Ne sono certo: ieri era il 17. C’è anche un orologio digitale gigante sul mio comodino che me lo conferma. I suoi tizzoni verdi mi informano in oltre del fatto che sono già le 3:01.
Un minuto è andato.
Mi libero dalle coperte e salto fuori dal letto. Sono già vestito: pantalone di una tuta grigio, felpa marrone con il cappuccio, Asics verde acido. Prossima fermata? La cucina. Il mio portatile è sul tavolo, un tocco sul mouse pad e lo schermo nero sparisce, rimpiazzato dall’immagine di un castello. Sto guardando il Trono di Spade in bocconi da dieci minuti. Un tocco sulla barra spaziatrice e riparte. Tenendo un occhio puntato sullo schermo, apro il frigo, prendo un panino al roastbeef (e un sacco di senape), e un frullato al burro di arachidi. Entrambi sono stati preparati da Isabel, una donna messicana che cucina, lava e fa un sacco di cose che io non posso fare.
Controllo il telefono: nessuna chiamata e tre messaggi. Tutti rigorosamente di mio padre... tra cui due foto del suo cane. Gli rispondo che ha bisogno di trovarsi una donna e mi siedo al computer. Sbrano letteralmente il panino e quasi mi strozzo con lo smoothie mentre apro una nuova finestra ed entro nel mio account di e-trading. È tutta una questione di multitasking. Ma non riesco a non buttare occhiate continue verso l’angolino in basso a destra...
Le 3:04.
Quattro minuti sono andati.
Controllo le mie azioni: sembra tutto a posto (ho fatto quasi ottomila dollari nelle ultime ventiquattro ore), qualche piccola modifica alle impostazioni per gli acquisti e le vendite. Chiudo la finestra. Entro su OkCupid, un sito di incontri, ed inizio a dare un’occhiata ai vari messaggi. Nulla di che. Il mio user, NIGHTOWL3AM attrae solo le scoppiate. Come immaginerete, incontrare una donna si è rivelato alquanto difficile: per molti anni ho provato a frequentare i negozi di libri aperti la notte, bar, porcari, ma dopo tre giri al pronto soccorso ed il tentativo di una donna di disfarsi del mio cadavere con l’aiuto di suo fratello, beh, ho lasciato stare.
Chiudo la finestra e dedico tre minuti della mia totale attenzione al Trono di Spade. Adoro Tyrion.
Alle 3:10 metto in pausa, prendo il mio iPhone, gli auricolari e sono fuori dalla porta.
La primavera è iniziata e l’aria di Alexandria è fredda. Mi rimprovero per non avere indossato un berretto, ma non oso perdere tempo per tornare indietro e rimediare. Per le strade un silenzio di tomba. Le tre del mattino devono proprio essere le ore più silenziose del giorno. Anche la gente della notte
è rientrata, i pazzi mattinieri sono ancora nascosti...al sicuro. Ma ancora una volta mi rendo conto di non avere termini di paragone: conosco solo la mezz’ora che passo fuori di casa: anche se è in muto non cambia niente. Corro sotto i lampioni, la cosa più simile al sole che io conosca, e mi concentro su ogni sensazione. L’acido lattico nei polpacci, l’aria fredda che entra nelle narici e siede sui miei polmoni.
Mi sforzo di restare nel presente, non ho tempo per il passato né per il futuro. La mia vita è il presente. In passato non ero così: per molti anni ho giocato al gioco delle possibilità E se avessi avuto una vita normale?
, Dove sarei?
, Sarei sposato?
, Figli?
e così facendo sprecavo venti, trenta minuti: buttati, per di più pensando a cose che non posso nemmeno cambiare. Che sono immutabili.
Ascolto tre canzoni dei Lumineers, il mio nuovo gruppo preferito, cinque minuti di Nutri il Maiale
, un podcast sulla finanza. A due miglia dal Potomac, un’autostrada di acqua che divide la Virginia dal Maryland, passo un minuto esatto a guardare un peschereccio risucchiato dalla corrente, nera ed informe. Una volta mi chiedevo spesso come tutto potesse apparire durante il giorno: come si presentasse l’acqua sotto un sole cocente e delle belle nuvole vaporose, ma il giorno non esiste nel mio mondo. Esistono solo la notte e l’oscurità.
Mentre ritorno, noto un’auto che gira nella strada di fianco: la prima macchina che vedo in sei giorni. È una Focus. Nuova. Le azioni della Ford hanno chiuso a +13.02. Così, per dire.
Faccio quattro miglia in meno di ventotto minuti e quando arrivo alle scale del mio palazzo sono le 3:38.
Rimangono ventidue minuti.
Faccio qualche push-up e qualche piegamento per tre minuti.
Faccio una doccia da quattro minuti.
Il tempo di indossare un completo pulito praticamente identico a quello che avevo prima e sono in cucina: si sono fatte le 3:48.
Dodici Minuti.
Prendo un’insalata dal frigo: verdure, carote, pomodori, quinoa e pollo. Roba salutare. Poi una mela, due biscotti con le gocce di cioccolato ed un grande bicchiere di latte. Mi siedo al tavolo e apro il mio Kindle. Sto leggendo Lone Survivor, la storia di un soldato della marina sopravvissuto ad uno scontro a fuoco nell’area delle montagne afgane controllata dai talebani. Roba assurda.
Mangio piano, assimilo ogni parola.
Finisco l’ultimo morso del secondo biscotto alle 3:58.
Spengo il kindle, mi alzo e cammino verso la camera da letto.
Mi siedo sul letto alle 3:59.
Questo è il momento in cui sento la donna strillare.
Mi alzo e corro alla finestra. Dall’altra parte del palazzo c’è una villa con un grande giardino ed un signor cancello. La Focus che ho visto prima è parcheggiata nella strada proprio di fronte. Non ho idea di chi abiti lì, mai visti. Potrei dire lo stesso di tutti i miei vicini.
So che sarebbe meglio tornare a letto, che sto per andare giù ma non ci riesco: sono incollato alla finestra. Potrei anche essere incastrato nel doppio vetro e i secondi, mi salutano, uno ad uno.
Il cancello si apre ed un uomo esce frettolosamente.
Mentre apre la porta della Focus, si dirige proprio verso i lampioni e, come se mi percepisse alza gli occhi: i nostri sguardi si incrociano, quindi sale in macchina e se ne va.
Il mio ultimo pensiero mentre i miei occhi si chiudono e inizio a cadere sono i lineamenti duri dell’uomo ed il suo sguardo tagliente.
Il Presidente degli Stati Uniti.
:02
Il tempo di mettere i piedi giù dal letto, ed il primo minuto della mia giornata è andato. Il mio collo è contratto, a causa della posizione assurda in cui ho dormito, ma mi reputo ancora fortunato. Non ho battuto la testa. Non c’è sangue. Non ho preso colpi.
Mi massaggio il collo mentre guardo fuori dalla finestra. L’immagine della faccia del Presidente mi torna in mente. Scuoto la testa per scacciarla. Con questo giochetto scateno un dolore lancinante attraverso il mio sternocleidomastoideo, il lungo muscolo che parte dalla clavicola ed arriva fin sotto l’orecchio. Era veramente lui? Certo che era lui: non c’era ombra di dubbio sul fatto che io avessi visto proprio Connor Sullivan, il 44esimo Presidente degli Stati Uniti.
Vado in cucina e mi siedo al computer. Dopo qualche secondo, sono lì che leggo la biografia di Connor Sullivan su Wikipedia. Tre volte governatore della Virginia, capelli castano scuro con riporto da sinistra ed occhi grigioverdi, tipo i miei. Ma qui le cose in comune finiscono. Sullivan è il presidente più alto, facendo sembrare Lincoln un nano, con sette centimetri e Madison addirittura più basso di lui di quaranta centimetri. È una ventina di centimetri più alto di me, quindi potrei essere ad altezza occhi con la fossetta nel mento più celebre nel mondo libero. Il fatto che fosse un giovane campione di basket alla Dayton può solo accrescere il suo fascino.
Pensavo di aggiungere qualcosa alla sua lunga e noiosa pagina di Wikipedia: 18 aprile: Uccide donna ad Alexandria, Virginia.
A proposito, inizio a cercare tra le notizie locali qualcosa su un’aggressione o un omicidio... ma non trovo assolutamente nulla.
Il mio cellulare squilla e rispondo velocemente ai sei vivo?
di mio padre consapevole che ora sarà finalmente in grado di dormire sapendo che il suo bambino sta bene. Mia mamma è andata via quando avevo sei anni: non riusciva a sopportare la mia malattia e ha lasciato mio padre da solo a prendersi cura di me. Da allora mio padre ha sempre fatto due lavori, sedici ore al giorno, ma era sempre con me di notte quando mi svegliavo alle 3:00. Ha cercato di rendermi la vita il più normale possibile. Quando ero un bambino, facevo venti minuti di scuola ogni mattina con il Professor Bins. Matematica, scienze, grammatica: mi insegnava tutto. Mio padre era fiscale sul fatto che io socializzassi e pagava, letteralmente, i genitori di altri ragazzi per venire a giocare al computer o a fulmine, o a ping pong con me per mezz’ora (sono ancora in contatto con alcuni di loro su Facebook). Chiedeva favori o raccoglieva grandi somme di denaro per strutture varie in modo che organizzassero cose speciali per me. Per il mio decimo compleanno mi svegliai alle giostre. Abbiamo avuto il parco a nostra disposizione per un’ora. Quando ho fatto 18anni ha organizzato un ballo per me: ci sono andato con la figlia di una sua collega, per niente carina, ma era tutto comunque eccitante e sono riuscito anche a baciarla di sfuggita. Mi ha fatto passare la maturità nell’arco di dieci notti, tenendo i tempi delle prove con un