La famiglia Ziegler: Ogni famiglia nasconde un segreto...
By Ada Franchi
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Ma il suo oscuro passato sta per ritornare...
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La famiglia Ziegler - Ada Franchi
inaspettata
LA FAMIGLIA ZIEGLER
Ogni famiglia nasconde un segreto…
Ada Franchi
I
Il segreto di Julia Obenoff
8 Novembre 2017
JULIA
Julia Obenoff si svegliò di soprassalto anche quella mattina, come le accadeva ormai da venticinque anni.
Aveva trascorso l’ennesima nottata densa di incubi, rivivendo la sera in cui aveva ucciso.
Non è stata colpa mia!!
Aveva ucciso a quindici anni, una sera d’inverno del 1992.
Era morta la sera in cui aveva ucciso, ed era rinata il giorno dopo nei panni di una piccola, troppo giovane assassina.
Adesso Julia era una donna sposata e soddisfatta. Ma nessuno conosceva il segreto che custodiva da anni. Aveva cambiato identità e si era trasferita in Germania.
Ma il fantasma di lei, piccola e bionda, con i capelli incrostati di sangue e un coltello pesante brandito nelle mani, che assestava colpi ripetutamente e si sporcava di sangue il viso, accompagnava le lunghe notti nel suo letto caldo, accanto a suo marito.
Sì, quell’uomo era colpevole. Aveva abusato di lei. E Julia l’aveva ucciso ed aveva occultato il suo cadavere nel buio di una notte gelida e piovosa.
Sei un’assassina! E una vile bugiarda…
Ma questo era accaduto tanto tempo fa.
Mamma!
La voce di sua figlia Agnes distolse la sua attenzione dal quel ricordo terrificante.
Era domenica mattina. Il cielo era terso, l’aria novembrina fresca entrava dal terrazzo, il sole sbucava tiepido tra le fronde degli alberi dell’immenso parco in cui era collocata l’imponente ed elegante dimora della famiglia Ziegler.
I coniugi Ziegler erano stimati ed apprezzati dalla loro cerchia di amici e conoscenti. Erano entrambi abili e capaci professionisti: lui professore di storia in uno dei più prestigiosi licei della città, lei un rinomato cardiochirurgo, avevano raggiunto traguardi importanti nelle loro carriere e crescevano amorevolmente le due figlie Agnes e Camille.
Arrivo, tesoro!
Julia diede un’occhiata al suo riflesso nello specchio. Era una comune donna tedesca. Nessuno avrebbe pensato che era italiana di nascita: capelli biondi, lisci e corti, occhi azzurri e pelle chiara. Alta e magra, il fisico tonico scolpito dalle tre sedute di pilates settimanali.
Cosa c’è? – chiese ad Agnes affacciandosi alla porta della sua camera.
Dov’è il mio vestito rosso? Mi serve per la festa di stasera!
Dovrebbe essere ad asciugare, controlla in lavanderia.
Ho già visto e non c’è! – Agnes la guardò con aria di rimprovero.
Guarda meglio – Julia le fece l’occhiolino e scese le scale.
Al tavolo della cucina erano già seduti Noah e Camille.
Noah aveva preparato la colazione come piaceva a Julia: cereali, yogurt, frutta, crepes alla crema e marmellata e michkaffe caldo .
Camille stava già addentando la sua crepe sporcandosi la bocca di granelli di zucchero.
Buongiorno, mamma! – la salutò con la bocca piena.
- Buongiorno, mamma – le fece il verso Noah, rivolgendole uno sguardo complice.
Agnes dov’è? – chiese Noah.
Rispose prontamente Camille: - Agnes sta decidendo cosa mettersi per la festa di stasera, anche se mancano… - rivolse uno sguardo all’orologio sulla parete – ben dieci ore!!
Quando avrai la tua età farai anche tu così, poi vedrai.
Non credo proprio!
Quella piccola scena di vita quotidiana continuò per svariati minuti, durante i quali Julia ripensò a cosa aveva visto la sera prima, di ritorno da una cena con Noah e una coppia di amici.
Non poteva essere Derek . Non l’aveva più sentito in questi anni, non poteva essere a Berlino. Eppure le era sembrato di scorgere proprio lui, invecchiato e con il viso ombreggiato da una sottile barba, davanti alla casa di fronte alla sua, che era in vendita qualche mese.
Un pensiero la tormentava: era Derek il nuovo inquilino della casa di fronte?
Cara, cosa c’è? Non ti piace la colazione che ho preparato? Mi sono impegnato tanto e tu non tocchi nulla – Noah stava fissando sua moglie con aria curiosa.
Ho solo mal di testa – gli rispose Julia cercando di scacciare via dalla mente la visione inquietante della sera precedente.
AGNES
La camera di Agnes era immensa, arredata in stile chabby chic , ed emanava un senso di eleganza, raffinatezza ed opulenza da qualsiasi parte ci si voltasse a guardarla. Agnes era seduta sull’ampio letto a due piazze, rivestito da un morbido copriletto lilla, con cuscini tono su tono sistemati all’americana, sul quale qualche minuto prima, in un impeto di impazienza tipica del suo carattere, aveva rovesciato quasi l’intero contenuto della sua cabina armadio: abiti firmati coloratissimi, eleganti e dai tessuti preziosi avevano formato una montagna che stava quasi per seppellirla. E lei li stava guardando immobile, pensando che quella sera doveva essere perfetta. Voleva essere la più bella, doveva guardarla e rimpiangerla, quel cretino di Hansel, il suo ex. L’aveva lasciata due settimane prima e non doveva capire che lei ci pensava ancora. Ma se non trovava il vestito rosso, come avrebbe fatto?
Sua madre sicuramente non l’aveva lavato. Si era probabilmente perso nel mare di biancheria del fine settimana. Sua madre era sempre distratta quando si trattava di loro o della casa: veniva prima il suo lavoro, poi se stessa, poi papà e Camille, e infine Agnes. Anzi, non credeva di contare qualcosa per lei, era troppo egocentrica per dedicarle attenzioni.
Non le restava che prendere l’autobus fino al centro commerciale per comprarsi qualcosa di nuovo e carino. Prese il cellulare per inviare un messaggio a Helga, che era sempre disponibile quando si trattava di shopping, quando sì sentì chiamare da una voce maschile.
Ehi ciao! Posso chiederti un’informazione? Per caso qui vicino c’è un negozio di ferramenta?
Agnes alzò lo sguardo e si trovò davanti quello che Helga avrebbe considerato un gran figo . E in effetti lo era, anche se leggermente vecchio. Sui trentacinque, alto e con un gran fisico, sentiva che la stava fissando dietro gli occhiali da sole in attesa di una risposta.
- Sì, a dieci minuti di strada. Ma lei è il nuovo vicino? – gli chiese cercando di assumere un’aria indifferente.
Be’, direi di sì. Ci siamo trasferiti ieri. Piacere, Henrike Hermann.
Le tese una mano mentre con l’altra