Storia della letteratura italiana del cav. Abate Girolamo Tiraboschi – Tomo 1. – Parte 2: Dalla letteratura degli Etruschi fino alla morte di Augusto
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TITOLO: Storia della letteratura italiana del cav. Abate Girolamo Tiraboschi – Tomo 1. – Parte 2: Dalla letteratura degli Etruschi fino alla morte di Augusto
AUTORE: Tiraboschi, Girolamo
TRADUTTORE:
CURATORE:
NOTE: Il testo è presente in formato immagine sul sito The Internet Archive (http://www.archive.org/). Alcuni errori sono stati verificati e corretti sulla base dell'edizione di Milano, Società tipografica de' classici italiani, 1823, presente sul sito OPAL dell'Università di Torino (http://www.opal.unito.it/psixsite/default.aspx).
CODICE ISBN E-BOOK: 9788828101284
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/
COPERTINA: [elaborazione da] Maschere tragiche e comiche
mosaico romano - Musei Capitolini - Roma - https://it.wikipedia.org/wiki/File:Tragic_comic_masks_-_roman_mosaic.jpg - Pubblico Dominio.
TRATTO DA: Storia della letteratura italiana del cav. abate Girolamo Tiraboschi ... Tomo 1. [-9.]: 1: Dalla letteratura degli Etruschi fino alla morte d'Augusto. - : presso Molini Landi, e C.o, 1805. - 2 pt. (XII, 244 ; VII, [1], 246-476 p.)
CODICE ISBN FONTE: n. d.
1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 9 dicembre 2013
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PUBBLICAZIONE:
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Indice
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Liber Liber
Indice (questa pagina)
INDICE, E SOMMARIO DEL TOMO I. PARTE II.
STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA
PARTE TERZA CONTINUAZIONE DELLA STORIA LETTERARIA DEI ROMANI FINO ALLA MORTE DI AUGUSTO.
CAPO II. Eloquenza.
Origine del fervore con cui i Romani coltivarono l'eloquenza.
Elogio dell'eloquenza de' due Gracchi.
E di Cornelia lor madre.
Carattere dell'eloquenza di L. Crasso e di M. Antonio.
Morte infelice del secondo.
Qual fosse l'eloquenza di Calvo e di Ortensio.
Vicende della fama da lui goduta nel foro.
Cagioni di queste vicende tratte dal carattere stesso della sua eloquenza.
Sua figlia essa pure celebre per l'eloquenza.
Celebrità del nome di Cicerone.
Mezzi da lui usati per divenire eloquente.
Carattere e forza della sua eloquenza.
Sua morte ed elogi di essa fatti.
Diversi giudizj intorno al doversi a lui, o a Demostene il primato dell'eloquenza.
Confronto di questi due oratori.
Critiche da alcuni fatte dell'eloquenza di Cicerone.
Suoi libri intorno all'eloquenza.
Cesare egli ancor valente oratore.
Notizie di Tirone liberto di Cicerone.
Decadimento dell'eloquenza romana dopo la morte di Cicerone.
Ragioni arrecatene nel Dialogo su questo argomento, e prima la viziosa educazione.
La cessazione dei motivi che animavano gli oratori.
Il cambiamento del governo.
Si mostrano non bastevoli queste ragioni a spiegare il decadimento dell'eloquenza.
Ragioni addotte da Seneca e da altri.
Distinzione tra le scienze e le belle arti: le prime difficilmente declinano dalla loro perfezione.
Le seconde più facilmente decadono, e per qual ragione.
Il decadimento dell'eloquenza romana deesi principalmente a Pollione.
Carattere della sua eloquenza.
Le circostanze de' tempi vi concorser non poco.
Se Cassio Severo vi avesse parte.
Altri oratori di que' tempi poco noti.
CAPO III. Storia.
Fino ai tempi di Cicerone non avea Roma avuto un elegante storico.
Ortensio, Attico, Lucceio e Cicerone sono i primi a scriver la storia romana.
Grande ingegno e studj di C. Cesare.
Sue diverse opere ora perdute.
Abbraccia ogni sorta di erudizione.
Suoi Commentarj.
Vita, carattere e Opere di Sallustio.
Notizie di Cornelio Nipote.
Storie di Asinio Pollione.
Altri storici dei tempi di Augusto.
Notizie di Livio, ed elogi della sua Storia.
Difetti da alcuni appostigli.
Da alcuni de' quali non può difendersi.
Favole sparse intorno a diversi codici interni della sua storia.
Uno di essi credesi da taluno nascosto nella biblioteca del gran Turco.
Altri codici segnati dalla medesima storia.
Scoperta del preteso sepolcro di Livio.
Notizie di M. Terenzio Varrone.
Elogi di esso fatti.
Ampiezza della sua erudizione, e sue opere.
CAPO IV. Filosofia e Matematica.
La filosofia greca coltivasi in Roma con molto ardore.
Vicende delle Opere di Aristotile, e lor trasporto a Roma.
La filosofia di Aristotile più conosciuta in Roma che nella Grecia.
Cicerone è uno de' più solleciti nel coltivarla.
Sue opere di tale argomento.
Dubbiezze ed oscurità nelle quali egli si trova riguardo alla religion naturale.
E non si lega ad alcuna setta determinata.
E parla perciò diversamente in diverse occasioni.
Si mostra nondimeno inclinato a una soda e verace filosofia.
Sua morale.
Altre sue opere filosofiche perdute.
Fra esse quella de Gloria conservossi fino a' tempi del Petrarca.
Accusa data da alcuni all'Alcionio di averla soppressa.
Si mostra l'accusa inconsistente.
Anche coll'esame dello stile dell'Alcionio.
Errori di alcuni scrittori francesi su questo argomento.
Se il libro de Consolatione sia stato supposto dal Sigonio.
Fama di uom dotto in astronomia, che ebbe ai suoi tempi Nigidio Figulo.
Il qual però sembra che fosse coltivatore dell'astrologia giudiciaria.
Quando essa s'introducesse in Roma e quai vicende vi avesse.
Altri filosofi in Roma.
Studio delle matematiche: M. Varrone.
Notizie di Vitruvio.
Altri architetti.
Riforma del calendario fatta da Cesare.
Quistioni intorno all'obelisco trasportato dall'Egitto.
Chi fosse l'artefice del gnomone, o dell'orologio solare aggiuntovi.
Quando s'introducesser in Roma gli orologi solari.
Errori intorno a ciò del Montucla.
Divisione delle ore presso i Romani.
Scrittori d'agricoltura.
CAPO V. Medicina.
In qual senso si dica da Plinio che niuno tra i Romani fin allora aveva scritto intorno alla medicina.
E che Roma stette secento anni senza medici.
Medici greci venuti a Roma, e odio di Catone contro di essi.
Motivi di questo odio.
Se i medici greci fosser cacciati da Roma.
Venuta di Asclepiade a Roma, e suo carattere.
Suoi discepoli, e in primo luogo Temisone.
Antonio Musa medico d'Augusto; suo metodo di curare.
Altri medici in Roma, e loro diverse classi.
Se tutti fossero schiavi.
CAPO VI. Giurisprudenza.
Onori e vantaggi di cui godevano in Roma i giureconsulti.
Alcuni di essi più illustri, e in primo luogo Q. Muzio Scevola.
Servio Sulpicio Rufo.
Elogio funebre fattone da Cicerone.
Publio Alfeno Varo.
Disordine delle leggi romane corretto in qualche modo da Cesare.
CAPO VII. Gramatici e Retori.
Quali fosser le pubbliche scuole di Roma, e metodo in esse tenuto.
I professori in Roma son premiati e onorati.
Molti gramatici da Roma si spargono in altre città d'Italia.
I retori son cacciati da Roma.
Motivi di questo sì severo decreto.
Lucio Plozio Gallo è il primo retore latino in Roma.
Altri retori a Roma.
Loro esercizj.
CAPO VIII. Biblioteche.
Tardi si cominciò a formar biblioteche in Roma.
Paolo Emilio e Silla sono i primi a darne esempio.
Biblioteca di Tirannione.
Di Lucullo, e elogio di esso.
Notizie di Attico, e del suo carattere e della sua biblioteca.
Biblioteca di Cicerone.
Questi fa ancor raccolta di antichità.
Biblioteca di Quinto Cicerone.
Altre biblioteche.
Giulio Cesare pensa di aprire una pubblica biblioteca.
Asinio Pollione è il primo ad eseguirne il disegno.
Augusto ne apre due altre.
Pubbliche biblioteche indicate da Ovidio.
Leggi per la lor fabbrica prescritte da Vitruvio.
Nomi di alcuni bibliotecari di questi tempi.
Erano comunemente liberti o schiavi.
CAPO IX. Greci eruditi in Roma.
Quanto fossero in Roma stimati i Greci eruditi.
Gran numero di essi che perciò vi concorre.
CAPO X. Arti liberali.
Le statue innalzate furono in Roma agli dei e agli uomini.
Gli scultori e gli incisori.
E così pure i pittori, dei quali però alcuni furono romani.
Architettura da chi coltivata ed esercitata in Roma.
Catalogo
Note
STORIA
DELLA
LETTERATURA ITALIANA
DEL CAV. ABATE
GIROLAMO TIRABOSCHI
TOMO I. - PARTE II.
DALLA LETTERATURA DEGLI ETRUSCHI
FINO ALLA MORTE D'AUGUSTO
www.liberliber.it
INDICE, E SOMMARIO DEL TOMO I. PARTE II.
CAPO II.
Eloquenza.
I. Origine del fervore con cui i Romani coltivarono l'eloquenza. II. Elogio dell'eloquenza de' due Gracchi. III. E di Cornelia lor madre. IV. Carattere dell'eloquenza di L. Crasso e di M. Antonio. V. Morte infelice del secondo. VI. Qual fosse l'eloquenza di Calvo e di Ortensio. VII. Vicende della fama da lui goduta nel foro. VIII. Cagioni di queste vicende tratte dal carattere stesso della sua eloquenza. IX. Sua figlia essa pure celebre per l'eloquenza. X. Celebrità del nome di Cicerone. XI. Mezzi da lui usati per divenire eloquente. XII. Carattere e forza della sua eloquenza. XIII. Sua morte ed elogi di essa fatti. XIV. Diversi giudizj intorno al doversi a lui, o a Demostene il primato dell'eloquenza. XV. Confronto di questi due oratori. XVI. Critiche da alcuni fatte dell'eloquenza di Cicerone. XVII. Suoi libri intorno all'eloquenza. XVIII. Cesare egli ancor valente oratore. XIX. Notizie di Tirone liberto di Cicerone. XX.. Decadimento dell'eloquenza romana dopo la morte di Cicerone. XXI. Ragioni arrecatene nel Dialogo su questo argomento, e prima la viziosa educazione. XXII. La cessazione dei motivi che animavano gli oratori. XXIII. Il cambiamento del governo. XXIV. Si mostrano non bastevoli queste ragioni a spiegare il decadimento dell'eloquenza. XXV. Ragioni addotte da Seneca e da altri. XXVI. Distinzione tra le scienze e le belle arti: le prime difficilmente declinano dalla loro perfezione. XXVII. Le seconde più facilmente decadono, e per qual ragione. XXVIII. Il decadimento dell'eloquenza romana deesi principalmente a Pollione. XXIX. Carattere della sua eloquenza. XXX. Le circostanze de' tempi vi concorser non poco. XXXI. Se Cassio Severo vi avesse parte. XXXII. Altri oratori di que' tempi poco noti.
CAPO III.
Storia.
I. Fino ai tempi di Cicerone non avea Roma avuto un elegante storico. II. Ortensio, Attico, Lucceio, e Cicerone sono i primi a scriver la storia romana. III. Grande ingegno e studj di C. Cesare. IV. Sue diverse opere ora perdute. V. Abbraccia ogni sorta di erudizione. VI. Suoi Commentarj. VII. Vita, carattere e Opere di Sallustio. VIII. Notizie di Cornelio Nipote. IX. Storie di Asinio Pollione. X. Altri storici dei tempi di Augusto. XI. Notizie di Livio, ed elogi della sua Storia. XII. Difetti da alcuni appostigli. XIII. Da alcuni de' quali non può difendersi. XIV. Favole sparse intorno a diversi codici interni della sua storia. XV. Uno di essi credersi da taluno nascosto nella biblioteca del gran Turco. XVI. Altri codici segnati dalla medesima storia. XVII. Scoperta del preteso sepolcro di Livio. XVIII. Notizie di M. Terenzio Varrone. XIX. Elogi di esso fatti. XX. Ampiezza della sua erudizione, e sue opere.
CAPO IV.
Filosofia e Matematica.
I. La filosofia greca coltivasi in Roma con molto ardore. II. Vicende delle Opere di Aristotile, e lor trasporto a Roma. III. La filosofia di Aristotile più conosciuta in Roma che nella Grecia. IV. Cicerone è uno de' più solleciti nel coltivarla. V. Sue opere di tale argomento. VI. Dubbiezze ed oscurità nelle quali egli si trova riguardo alla religion naturale. VII. E non si lega ad alcuna setta determinata. VIII. E parla perciò diversamente in diverse occasioni. IX. Si mostra nondimeno inclinato a una soda e verace filosofia. X. Sua morale. XI. Altre sue opere filosofiche perdute. XII. Fra esse quella de Gloria conservossi fino a' tempi del Petrarca. XIII. Accusa data da alcuni all'Alcionio di averla soppressa. XIV. Si mostra l'accusa inconsistente. XV. Anche coll'esame dello stile dell'Alcionio. XVI. Errori di alcuni scrittori francesi su questo argomento. XVII. Se il libro de Consolatione sia stato supposto dal Sigonio. XVIII. Fama di uom dotto in astronomia, che ebbe ai suoi tempi Nigidio Figulo. XIX. Il qual però sembra che fosse coltivatore dell'astrologia giudiciaria. XX. Quando essa s'introducesse in Roma e quai vicende vi avesse. XXI. Altri filosofi in Roma. XXII. Studio delle matematiche: M. Varrone. XXIII. Notizie di Vitruvio. XXIV. Altri achitetti. XXV. Riforma del calendario fatta da Cesare. XXVI. Quistioni intorno all'obelisco trasportato dall'Egitto. XXVII. Chi fosse l'artefice del gnomone, o dell'orologio solare aggiuntovi. XXVIII. Quando s'introducesser in Roma gli orologi solari. XXIX. Errori intorno a ciò del Montucla. XXX. Divisione delle ore presso i Romani. XXXI. Scrittori d'agricoltura.
CAPO V.
Medicina.
I. In qual senso si dica da Plinio che niuno tra i Romani fin allora aveva scritto intorno alla medicina. II. Roma stette seicento anni senza medici. III. Medici greci venuti a Roma, e odio di Catone contro di essi. IV. Motivi di questo odio. V. Se i medici greci fosser cacciati da Roma. VI. Venuta di Asclepiade a Roma, e suo carattere. VII. Suoi discepoli, e in primo luogo Temisone. VIII. Antonio Musa medico d'Augusto; suo metodo di curare. IX. Altri medici in Roma, e loro diverse classi. X. Se tutti fossero schiavi.
CAPO VI.
Giurisprudenza.
I. Onori e vantaggi di cui godevano in Roma i giureconsulti. II. Alcuni di essi più illustri, e in primo luogo Q. Muzio Scevola. III. Servio Sulpicio Rufo. IV. Elogio funebre fattone da Cicerone. VI. Publio Alfeno Varo. VI. Disordine delle leggi romane corretto in qualche modo da Cesare.
CAPO VII.
Gramatici e Retori.
I. Quali fosser le publiche scuole di Roma, e metodo in esse tenuto. II. I professori in Roma son premiati e onorati. III. Molti gramatici da Roma si spargono in altre città. IV. I retori son cacciati da Roma. V. Motivi di questo sì severo decreto. VI. Lucio Plozio Gallo è il primo retore latino in Roma. VII. Altri retori a Roma. VIII. Loro esercizj.
CAPO VIII.
Biblioteche.
I. Tardi si cominciò a formar biblioteche in Roma. II. Paolo Emilio e Silla sono i primi a darne esempio. III. Biblioteca di Tirannione. IV. Di Lucullo, e elogio di esso. V. Notizie di Attico, e del suo carattere e della sua biblioteca. VI. Biblioteca di Cicerone. VII. Questi fa ancor raccolta di antichità. VIII. Biblioteca di Quinto Cicerone. IX. Altre biblioteche. X. Giulio Cesare pensa di aprire una pubblica biblioteca. XI. Asinio Pollione è il primo ad eseguirne il disegno. XII. Augusto ne apre due altre. XIII. Pubbliche biblioteche indicate da Ovidio. XIV. Leggi per la lor fabbrica prescritte da Vitruvio. XV. Nomi di alcuni bibliotecari di questi tempi. XVI. Erano comunemente liberti, o schiavi.
CAPO IX.
Greci eruditi in Roma.
I. Quanto fossero in Roma stimati i Greci eruditi. II. Gran numero di essi che perciò vi concorre.
CAPO X.
Arti liberali.
I. Le statue innalzate furono in Roma agli dei e agli uomini. II. Gli scultori e gli incisori. III. E così pure i pittori, dei quali però alcuni furono romani. IV. Architettura da chi coltivata ed esercitata in Roma.
STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA
PARTE TERZA
CONTINUAZIONE DELLA STORIA LETTERARIA DEI ROMANI FINO ALLA MORTE DI AUGUSTO.
CAPO II.
Eloquenza.
Origine del fervore con cui i Romani coltivarono l'eloquenza.
I. Se il diletto che reca la poesia, fu cagione ch'essa prima dell'eloquenza fosse coltivata in Roma, il vantaggio e l'onore che a' Romani veniva dall'eloquenza, fu cagione che questa prima della poesia giungesse alla sua perfezione. Già abbiam veduto il felice progresso che essa avea fatto fino innanzi all'ultima guerra cartaginese. L'onore in cui erano gli oratori, il potere ch'essi aveano nella Repubblica, e le dignità a cui l'eloquenza conduceva, determinarono molti tra' Romani a coltivarla con ardore e con impegno sempre maggiore. Ma dappoichè la conquista della Grecia, che non molto dopo la distruzione di Cartagine fecero i Romani, un libero e frequente commercio introdusse tra le due nazioni, gli oratori greci uditi con piacere, e letti con maraviglia da' Romani, una lodevole emulazione risvegliarono in questi e un vivo desiderio di pareggiarne la gloria.
Auditis, dice Cicerone (l. 1 de Orat. n. 4), oratoribus græcis, cognitisque eorum literis, adhibitisque doctoribus, incredibili quodam nostri homines dicendi studio flagraverunt. Excitabat eos magnitudo et varietas multitudoque in omni genere causarum, ut ad eam doctrinam, quam suo quisque studio assequutus esset, adjungeretur usus frequens, qui omnium magistrorum præcepta, superaret. Erant autem huic studio maxima, quæ nunc quoque sunt, proposita præmia vel ad gratiam, vel ad opes, vel ad dignitatemnota_1.
Così da tutti questi motivi portati allo studio dell'eloquenza i Romani, non è maraviglia che vi giugnessero a tal perfezione che potesse destar timore ne' Greci di esserne superati. La bellissima ed esattissima storia che Cicerone, come nel Capo antecedente si è detto, ci ha lasciato della romana eloquenza nel suo libro de' celebri Oratori, fa che non mi sia qui necessario il distendermi a lungo. Tutti gli oratori che in Roma ebbero qualche nome, si trovano ivi annoverati, di tutti si forma il carattere, se ne rivelano i pregj, non se ne tacciono i difetti. Così ci fosser rimaste alcune delle migliori loro orazioni; che noi potremmo in esse vedere i principj e i progressi dell'arte oratoria, e i diversi generi d'eloquenza, che a' diversi tempi usati furono in Roma. Io accennerò solamente alcuni di quelli che con maggiori encomi celebrati vengono da Cicerone.
Elogio dell'eloquenza de' due Gracchi.
II. I due famosi tribuni della plebe Tiberio e Caio Gracchi sono da lui nominati tra' più valenti oratori. E certo il poter ch'essi ebbero presso la plebe, n'è una troppo chiara riprova. Del primo, come pure di C. Carbone, dice Tullio (De cl. Orat. n. 27), che se il loro animo nel ben governar la Repubblica fosse stato uguale all'arte loro oratoria, niuno avrebbeli superati in onore e in fama. Ma poco tempo ebbe Tiberio Gracco a far pompa della sua eloquenza, ucciso l'an. 620 di Roma per sospetto di affettata tirannia. Del secondo de' Gracchi, che visse fino all'an. 632 in cui fu ucciso egli pure in una popolar sedizione, grande è l'elogio che fa Tullio, il quale uomo il chiama (ib. n. 33) di rarissimo ingegno e di grande e continuo studio, e aggiugne che niuno ebbe maggior copia ed eloquenza di favellare; che grande danno ebbe la romana letteratura dalla sua morte; che forse niuno avrebbe potuto a lui uguagliarsi nel ragionare se avesse avuta più lunga vita; che maestoso egli era nell'espressione, ingegnoso ne' sentimenti e grave in tutta la dicitura; e che, benchè le sue orazioni non potessero dirsi finite, egli era nondimeno oratore da proporsi al par di ogn'altro a' giovani per modello.
E di Cornelia lor madre.
III. La menzione che fatta abbiamo de' due fratelli Gracchi, ci conduce ad accennar qualche cosa ancora della lor madre Cornelia, una delle più illustri matrone che vivessero in Roma, e ch'è ben meritevole di aver luogo nella storia letteraria di questa repubblica e pel sapere di cui ella fu adorna, e per quello di cui volle adorni i figliuoli. Era ella figlia di Scipione Africano il maggiore. Poichè ebbe perduto il suo marito Tiberio Gracco padre de' due mentovati tribuni, invitata alle sue nozze da Tolomeo re di Egitto ricusonne generosamente le offerte per attendere all'educazione de' proprj figli; il che ella fece con tale impegno insieme e con tale splendore, che essendo essi, come dice Plutarco (Vit. Tib. e C. Gracch.), per grandezza di animo a tutti i Romani superiori di assai, sembrava nondimeno che più ancora li superassero nel sapere. In fatti narra Cicerone (De Cl. Orat. n. 27) che i più valorosi maestri della Grecia impiegò ella a tal fine, e singolarmente Diofane di Mitilene, il più eloquente uomo che allor ci vivesse, e che fu poi ucciso insieme con Tiberio Gracco (Plutarch. l. c.). Non è perciò maraviglia che i due suoi figli ella mostrasse a una straniera matrona come il più caro e il più pregevole ornamento della sua casa (Valer. Max. l. 4, c. 4, n. 1). Donna eloquente essa pure e in molte scienze istruita, scrisse più lettere che da Cicerone (loc. cit. n. 58) e da Quintiliano (l. 1, c. 1) sono sommamente lodate. Parte di una tra esse vedesi in alcune edizioni di Cornelio Nipote tra' frammenti di questo autore. Alcuni però muovono dubbio se essa debba riputarsi legittima (V. Freytag. Specimen Hist. Liter. p. 43). Ebbe ella il piacere di rimirare i suoi figli divenuti per la loro eloquenza arbitri, per così dire, del popolo romano; ebbe l'onore di una statua che dal popolo nel portico di Metello le fu innalzata con questa gloriosa iscrizione: Corneliæ Gracchorum Matri (Plutarch. l. c. e Plin. Histor. l. 34, c. 6).