Nella luce degli aironi
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Book preview
Nella luce degli aironi - Carlo Bramanti
dipinto
I
Gli chiesi cosa fosse per lui l’autunno.
Che stupido.
Dove avevo pescato quella domanda?
La malattia era in stato avanzato e gli concedeva ormai soltanto qualche sprazzo di lucidità, di cui ero avido per i miei appunti.
Un bacio
, rispose, non aggiungendo altro, gli occhi oltre la finestra e i miei dubbi.
Non scrissi nulla, lo confesso, ma fantasticai cento volte su quel bacio, tra una foglia caduta e una finestra dimenticata.
Dio sì.
Sì, era questo l’autunno.
~
Dopo l’eclissi
Sulla Forsizia bianca
l’orma di un ladro
II
Con sei figli, possibile che nessuno di loro potesse prendersi cura di lui?
Perché affidarlo alle mani di un estraneo?
Alla fine avevo smesso pure di chiedermelo e mi erano venute in mente le parole di mia madre: una mamma dà sempre la vita per suo figlio, ma non viceversa.
Il signor Luca Romano non si poteva certo definire un tipo che si faceva impaurire dal lavoro duro, così mi avevano riferito. Aveva fatto di tutto nella vita per mantenere la sua famiglia, dal cameriere all’elettricista, dal camionista al muratore. Si era rimboccato le maniche, accettando anche di lavorare all’estero, coltivando in cuor suo un piccolo grande sogno: aprire un locale a Londra che potesse far apprezzare in tutto il mondo il cibo italiano e soprattutto la pizza del Bel Paese. Sogno che naturalmente si era via via infranto contro le barriere burocratiche e ottuse della realtà.
Che strana abitudine aveva la vita, di lasciare cose e persone in sospeso, avevo pensato, mentre le ore si rincorrevano monotone.
Luca, come me, era rimasto un patito della pizza ca pumarora in coppa: in gioventù, con gli amici, aveva perfino millantato origini napoletane affermando che Napoli e la pizza erano un tutt’uno. I sei figli, quattro maschi e due femmine, tutti sposati, abitavano a pochi passi da lui, ma soltanto Mario, il maggiore veniva di tanto in tanto a fargli visita.
Di certo era stato poco fortunato il signor Luca.
A due anni dalla pensione, quando aveva pensato di potersi godere la vecchiaia a gambe stravaccate, il mondo gli era crollato addosso in un piovoso mattino d’autunno: il suo medico di fiducia, Vittorio Parise, soprannominato Garibaldi, era stato sincero e chiaro.
Romano, lei ha l’Alzheimer.
Che diavolo sta dicendo, dottore?
aveva sussurrato Luca, tormentandosi le mani e facendo in mille pezzi un fazzoletto di carta alla menta trovato sulla scrivania dell’eroe dei due mondi.
Ma quest’ultimo aveva insistito, massaggiandosi la barba brizzolata e incolta.
Ha mai avuto difficoltà a ricordare la sua storia personale? A vestirsi? Ha mai avuto dei grossi vuoti di memoria? Sia sincero, la prego, non serve mentire.
Quel giorno non l’avrebbe più scordato.
Al centro dello studio campeggiava il classico lettino grigio in acciaio con testiera reclinabile coperto da un lenzuolo igienico di settanta centimetri circa. Dal soffitto già preso da angoli di muffa e umidità pendeva una lampadina gialla a spirale. Tutto odorava di alcol in quella stanza ed era così scontato da ispirare un senso di vuoto. Luca era un leone in gabbia.
Io... io... Dannazione! Io non voglio diventare un relitto umano! Non voglio trasformarmi in un peso per la mia famiglia. Mi dica che c’è una cura, la supplico...
La scrivania in legno truciolato del dottore brulicava di libri impilati in maniera disordinata; da uno dei due cassetti l’uomo in camice bianco tirò fuori un tomo dalla copertina blu con un titolo incomprensibile, eccetto per l’ultima parola: Alzheimer.
Quell’uomo, a giudicare dalla quantità di libri presenti nel suo studio e diplomi appesi alle pareti color neve, sembrava potesse risolvere ogni problema del mondo. E per un attimo Luca ci sperò.
Purtroppo
ribatté il Dio in camice "tuttora non vi sono medicine capaci di bloccare la malattia. Ci sono però gli inibitori dell’acetilcolinesterasi, farmaci indicati in terapia per alleggerire i sintomi o comunque prolungare i tempi della prima e della seconda fase del morbo di Alzheimer. Queste due fasi, come può immaginare, hanno sintomi più lievi e sfumati rispetto alla fase avanzata", il tono del medico era pacato e la sua sedia girevole ferma.
Le pareti di neve si sciolsero, lasciando che la riproduzione del quadro di Monet La Grenouillère
fluttuasse nel vuoto, o così almeno parve a Luca.
Il leone affamato di speranze rimase in silenzio per cinque lunghi secondi, poi sferrò un