Una lettera solo per te
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Una lettera solo per te - Laura Inzerillo
Indice
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Epilogo
Laura Inzerillo
Una lettera solo per te
Youcanprint Self-Publishing
ISBN | 9788827804940
Questo libro è stato realizzato con PAGE di Youcanprint
Youcanprint.it
Le vicende e i personaggi del libro sono opera della fantasia dell’autrice. Ogni riferimento a cose, fatti o persone è puramente casuale.
1
Sulla banchina del porto di Atene una serie di auto erano in coda per salire sul traghetto diretto ad Ancona. Da una nuova Lancia Ypsilon viola scuro scese dal lato del passeggero una ragazza piccola di statura e minuta di fisico con una massa di riccioli color pasta di nocciola, che svolazzavano di qua e di là a causa del vento. Stringendo sull’anca la sua borsetta in cuoio e allo stesso tempo tenendo a bada la gonna del vestitino giallo, ricolmo di fiori rosa e fucsia, spostò la testa da un lato all’altro fino a quando non sorrise a qualcuno che le interessava.
Con passo deciso si incamminò verso un uomo con una capigliatura riccia e della sua stessa tonalità di colore con qualche ciuffo bianco sulle tempie, una donna di colore con dritti capelli neri, che non si facevano intimorire dalle forti folate di vento, e due bambine con shorts e canotte colorate. La ragazza mosse una mano sopra la testa attirando l’attenzione dell’uomo, che fece segno alle altre di seguirlo. Quando la raggiunse, lui parlò stritolando la ragazza fra le sue grosse e pelose braccia:
«Mi mancherai tanto, Ilaria»
«Anche tu, papà» rispose chiudendo gli occhi per assaporare quel gesto d’affetto.
La donna di colore si schiarì la voce con le mani poggiate sulle spalle delle figlie e sdrammatizzò la situazione con il suo forte accento americano:
«Edo…non sciuparla troppo…anche noi vogliamo salutarla»
Edoardo liberò la figlia dall’abbraccio e le sorrise prima di rivolgersi alla moglie:
«E’ tutta tua Naomi»
La donna rise togliendo le mani dalle figlie e con un sorriso bianco, accentuato dal suo scuro incarnato, si mise davanti alla ragazza dicendo:
«E’ stato un piacere passare queste vacanze con te, Darling. Dobbiamo ripetere»
«Certo! Anche perché mi ha fatto piacere conoscere meglio le mie due sorelline» affermò spostando lo sguardo sulle due bambine, che avevano la sua stessa massa di capelli.
Naomi l’abbracciò brevemente sovrastandola in altezza e con un ultimo sorriso incitò le figlie:
«Forza, Ashley e Maria, salutate Ilaria!»
Ashley, la più grande, si avvicinò alla ragazza e con lo stesso sorriso della madre la salutò:
«Ciao Ilaria…s…»
Edoardo l’aiutò:
«Spero»
«Yeah…spero di rivederti presto»
«Anch’io» ammise abbracciandola con gli occhi chiusi.
Maria si sistemò il cerchietto rosa con una grossa margherita di lato, che cercava di mettere ordine fra i suoi riccioli, e silenziosa le si avvicinò. La guardò negli occhi piccoli e azzurri, identici a quelli del suo papà, e velocemente le abbracciò la vita. Ilaria ridacchiò e le scompigliò i capelli dicendole:
«I hope to see you soon»
«Me too» bisbigliò Maria lasciandola per sistemarsi il cerchietto.
Ilaria ridacchiò, mentre Edoardo le poggiò una mano sulla spalla e le annunciò:
«Tanto ci vediamo a settembre che veniamo tutti e quattro per il tuo compleanno»
«Se riesco a convincere la mamma, quest’anno starete a casa nostra che c’è tanto spazio» esclamò con gli occhi brillanti per la felicità.
«Non so se tua madre sarebbe d’accordo, però in qualche modo faremo» la rassicurò con un mezzo sorriso.
Ilaria trattenne le labbra guardando gli occhi del padre. Le ritornarono alla mente tutte le lamentele di sua madre, quando il padre dagli Stati Uniti veniva a Genova per farle visita, ricordandole tutte le sue assenze e le sue mancanze. Edoardo studiando gli occhi della figlia capì all’istante che cosa stesse pensando, così si rabbuiò.
Su di loro calò un silenzio triste, così Naomi intervenne per riportare l’allegria.
«Non fate quelle facce! E’ l’ora dei saluti, non degli addii…Forza, Love and Darling, sorridete»
Edoardo sorrise alla moglie e riguardando la figlia le disse:
«Fai buon viaggio e mi raccomando, okay?!»
«Certo, papà»
Ilaria corse fra le braccia del padre per un ultimo abbraccio, mentre la base di Perdono
di Tiziano Ferro l’avvertì dell’arrivo di un messaggio. Si sciolse dall’abbraccio del padre scusandosi:
«Deve essere Olivia che mi avverte della fine del carico delle auto»
Estrasse lo smartphone dalla borsetta e lesse la nuvoletta spedita dalla cugina:
Muoviti che fra un po’ si parte
«Era lei» avvisò la sua famiglia e guardandoli uno dopo l’altro affermò «Vi aspetto a Genova a settembre, così possiamo fare una rimpatriata in ricordo di questa vacanza a Santorini, d’accordo?!»
Le bambine le sorrisero con una mano della loro mamma sulla spalla, Naomi le fece l’occhiolino con le sue labbra tinte di color pesco allargate in un sorriso ed Edoardo le diede una piccola pacca sulla scapola e guardando negli occhi la ragazza la redarguì:
«Mi raccomando…Appena puoi facci sapere come è andato il viaggio di ritorno tramite skype. Noi rimarremo ad Atene ancora per una settimana e poi ritorneremo a New York, che Broadway mi aspetta»
Ilaria ridacchiò, gli fece un cenno di saluto con il capo, perché se avesse provato a parlare sicuramente avrebbe pianto, e salutando i quattro con la mano si allontanò da loro.
Ilaria deglutì diverse volte per impedirsi di piangere, in fondo avrebbe voluto sempre avere suo padre accanto, dato che da quando aveva sei anni lui si era trasferito negli Stati Uniti e da allora lo vedeva molto poco al compleanno e a qualche Natale o Pasqua. Poi, da quando erano esplose le tecnologie, si parlavano spesso attraverso una webcam.
Accodandosi ai passeggeri pronti a imbarcarsi sul traghetto Ilaria rifletté su quanto fossero fortunate le sue sorellastre ad avere il loro papà sempre presente ogni giorno. Avrebbe voluto anche lei ricevere tutte quelle attenzioni, quando era piccola. Sua madre invece aveva scombussolato la sua vita decidendo di divorziare da suo padre. Edoardo Rebora era un uomo più giovane di lei di dieci anni con un futuro lavorativo ancora tutto da scriversi, quindi per una discendente di una delle più importanti famiglie di Genova non era più abbastanza. Come odiava questi comportamenti classisti. Erano nel 2016 e si viveva ancora seguendo delle considerazioni medioevali, anzi no paleolitiche, in cui le persone illustri non potessero mischiarsi con la plebaglia. Suo padre però aveva dato dimostrazione che anche le persone umili potessero avere successo senza l’aiuto di nessuno; infatti suo papà era uno dei registi più richiesti di Broadway.
Ilaria annuì con un’espressione orgogliosa dipinta sul volto, mentre ultimava di salire la scaletta del traghetto. Una voce maschile con un forte accento marchigiano la ridestò dalle sue riflessioni.
«Signorina! Il biglietto, per favore»
Ilaria frugò nella sua borsetta e porse al marinaio il biglietto di viaggio. L’uomo lo lesse rapidamente e restituendoglielo le sorrise mostrando tutte le rughe, che le tante ore di mare gli avevano scalfito il volto. Ilaria contraccambiò il sorriso e lo sorpassò guardandosi intorno alla ricerca di sua cugina. Il cellulare l’avvisò di un nuovo messaggio, in cui Olivia la informava di raggiungerla a poppa perché suo padre e la sua famiglia erano ancora lì per salutarla un’ultima volta.
Tenendo lo smartphone in mano accelerò il passo per raggiungere la cugina. Notò subito la chioma biondo cenere di Olivia, così fece una corsetta nella sua direzione e, salita a sua volta sul sedile, la cugina la guardò un istante prima di indicarle con un cenno del capo sotto di loro. Ilaria si tenne alla ringhiera del parapetto e li vide, che la stavano salutando muovendo le braccia sopra le teste. Lei sorrise e mosse la manina in risposta.
«Che scena commuovente! Peccato che il tuo paparino si ricordi di te una volta all’anno» commentò la cugina in modo sprezzante.
Ilaria scosse la testa scacciando dalla mente le sue parole e continuò a rispondere ai loro saluti. Olivia la osservò sconcertata per il suo comportamento così affettuoso verso un padre che non c’era mai stato, con un mugugno scese dal sedile allontanandosi. Ilaria, invece, rimase lì, anche quando la nave si mosse e prese il largo per lasciare le coste greche e approdare in quelle italiane, lasciando che il vento le scompigliasse ancora di più i capelli.
2
La Lancia Ypsilon color viola scuro, scintillante per i brillantini che andavano a cogliere ogni raggio di sole, salì la trafficata strada. Olivia azionò la freccia di destra e dopo essersi fermata voltò il capo alla sua destra dicendo:
«Eccoci! Ilaria ce la fai da sola o devo scendere?»
«Ce la faccio, grazie» le rispose aprendo la portiera.
Con un colpo secco la richiuse e si diresse dal portabagagli. Aprì anche quello e facendo una smorfia fece cadere sull’asfalto un mega trolley verde smeraldo di Carpisa. Sbatté la portiera e con entrambe le mani fece scorrere le ruote della valigia per salire sul marciapiede.
Ilaria iniziò a tirare il trolley su per la salita, quando sentì urlare sua cugina dalla Lancia. Si voltò e la vide sbracciarsi muovendo la sua scompigliata e bionda chioma riccia, così tornò indietro e si accucciò dal finestrino aperto.
«Sarai svampita! Mi vuoi lasciare la tua borsa!?» la rimproverò scuotendo vigorosamente il capo.
«Oh!» esclamò aprendo la portiera posteriore e afferrando la borsa si giustificò «Scusami Olivia…non so proprio dove ho la testa»
«Io so dov’è la tua testa» si interruppe per ridacchiare e con gli occhi blu maliziosi la prese in giro «Si è persa fra le strade di Santorini»
«Non è come pensi! Non sto pensando per niente a Hektor» borbottò increspando la fronte.
«Sì, come no! Tu non stai pensando ad Hektor e al suo megagalattico matrimonio» la derise con un sorriso malizioso fra le rosse labbra.
Ilaria scrutò per un secondo gli occhi della cugina e ammise un po’ scocciata:
«Va bene! Ci sono rimasta male…sei contenta?!»
«No. Io te l’avevo detto di lasciarlo perdere già la prima volta che lo incontrasti»
«Lo so…ma è…va beh, era così bello e misterioso e mi ricordava tanto…»
«Tiziano Ferro» Olivia concluse la frase al posto suo con voce annoiata.
Ilaria sospirò richiudendo la portiera e accucciandosi le confessò:
«Non è colpa mia se Tiziano Ferro è l’uomo più bello del mondo e non c’è nessun altro meglio di lui»
«Beh…Hektor, secondo i tuoi parametri, si avvicinava molto al tuo cantante preferito, tanto da flirtare con lui per…undici anni»
«Un po’ci assomigliava…» si interruppe perché la cugina scuoteva la testa e facendo una smorfia concordò «Va bene, non ci assomigliava per niente…ma è stato il mio unico grande amore»
Olivia sghignazzò e le fece notare con sarcasmo:
«Che grande amore il vostro!? Da quando hai sedici anni sarete stati insieme, sì e no, tre mesi per ogni anno»
«Prendimi pure in giro, ma io sono una romanticona e fino alla scorsa estate ho creduto che fosse una storia come quelle delle fiabe»
«Sì, certo. Vederlo solo d’estate nella sua scintillante armatura di pelle abbronzata era una storia uguale, uguale a quella delle favole» la prese in giro con sarcasmo.
Ilaria sbuffò e precisò mettendosi dietro l’orecchiò il ricciolo che le era scivolato dalla coda alta:
«Non sono così ingenua come puoi pensare, però voglio la fiaba»
«Nessuno te l’ha mai detto che l’erba voglio non cresce nel giardino del re»
«Va beh, vorrei. Sei più contenta?!» le domandò sgranando gli occhi.
Olivia sospirò, diede un’occhiata allo specchietto retrovisore, dato che una vecchia Opel Corsa aveva suonato il clacson, e le rispose guardandola:
«Potrebbe andare. Ora però vado se non voglio intasare il traffico…poi voglio arrivare a Quarto, prima che arrivino quei rompipalle dei miei»
«Va bene, cuginona. Ci sentiamo domani per quella festa» le ricordò allontanandosi dal finestrino.
«Va bene…Mi raccomando, fa attenzione al lupo cattivo, cuginetta» la salutò ridacchiando.
Olivia azionò la freccia di sinistra, mentre l’Opel Corsa ripartiva con un’altra suonata di clacson, e si immise nel traffico. Ilaria sbuffò, si agganciò la borsetta di cuoio e afferrò la maniglia del trolley, che si trascinò a fatica per la irta salita.
Gennaro uscì dal bagno e ritornò nell’area dello smistamento delle Poste. Si avvicinò agli altri dieci colleghi, di cui sei nuovi, e mise le mani dietro la schiena in attesa delle direttive del capo.
Avevano appena terminato di smistare la posta e dovevano ricevere gli ultimi ordini prima della consegna. L’uomo con la testa completamente calva uscì proprio in quell’istante dal suo piccolo ufficio avvicinandosi a loro e chinò il capo su un foglio. Si fermò accanto alle borse, da issare sui motorini o sulle auto, e facendo circolare lo sguardo sui presenti disse:
«Buongiorno…oggi avrete molto da lavorare perché molti sono ancora in ferie e le nuove reclute devono ancora imparare, non è vero Emanuele?!»
Il ragazzo interpellato annuì con un’espressione seria sul suo pallido viso. Il capo spostò lo sguardo da Emanuele al foglio e riprese:
«Quindi Giulia, Claudia, Francesca e Gennaro vedrete la vostro