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Erea
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Al di fuori di qualunque genere e di qualunque definizione, il libro di Khrystyna Gryshko non può essere rinchiuso in nessuna categoria. Fantasy, fiaba, romanzo d’amore, d’avventura e d’amicizia, adatto ai bambini, perfetto per gli adulti, ricco di sentimenti, velato di soprannaturale e di spiritualità. Una miriade di personaggi, umani e non, popolano questa lunga narrazione che si srotola lungo il proprio tempo per generazioni, lasciando cadere qua e là vaghi riferimenti a testi sacri del passato.  Avvincente e incredibilmente vario, un romanzo che ci trasporta in un mondo magico e incantato dove troviamo, tra gli altri, la bella Elisabeth con i suoi disegni molto speciali, Dodo e le sue lacrime magiche, Wolfy il lupo e Susy la volpe con un rapporto tutto loro… e ancora re e regine, l’acqua della vita e lo spirito creatore… elementi grandiosi che non permetteranno di staccarsi dalle pagine e di abbandonare il fantastico regno di Erea.

Khrystyna Gryshko è nata in Ucraina nel 1992, ma dall’età di 13 anni abita a Como ed è proprio qui che coltiva la sua più grande passione: la scrittura. Questa è la sua seconda pubblicazione, ma è la prima per quanto riguarda la narrativa per i ragazzi e la nostra casa editrice. Khrystyna, infatti, a soli 25 anni, aveva già pubblicato un libro dal titolo Benvenuti a Neverland (romanzo psicologico/adulti) presso Arduino Sacco Editore. 
 
LanguageItaliano
Release dateOct 6, 2018
ISBN9788893847810
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    Book preview

    Erea - Khrystyna Gryshko

    figli!

    PREMESSA DELL’AUTORE

    Tutte le storie importanti nascono dalle semplici coincidenze. Ogni essere, quindi, indipendentemente da chi sia, l’uomo o l’animale, ricco o povero, forte o debole, sano o malato, bianco o nero, una strega, uno stregone… tutti possono ritrovarsi all’improvviso coinvolti nelle storie importanti e vedere la loro piccola vita diventare parte integrante di una storia. La cosa buffa e strana è che non sempre chi ne fa parte, nel momento della coincidenza, o incrocio con questa storia, chiamatelo come volete, si rende conto del cambiamento che quella coincidenza gli ha apportato alla vita. Tutto sembra lo stesso fino a quando non ci si ritrova personalmente a dover difendere con pugni le proprie convinzioni, i propri valori, e dare così un suo personale contributo alla storia.

    Anche i nostri primi due eroi, immersi nella loro quotidianità, non si resero da subito conto di far parte di questa storia. Non oso dire una storia importante. Se lo è o meno spetta a voi decidere.

    1 INCASTRATO FRA GLI ALBERI

    A tutti capita ogni tanto di incastrarsi nei guai!

    Solitamente, quando il sole iniziava a sorgere in quel bosco, in cui ha luogo l’inizio della nostra storia, tutto d’intorno dormiva e nulla disturbava la sua risalita. Quel giorno, però, sin dalla prima mattina, ancora lontano dalla piazzola, i rumori di una controversia disturbarono la sua quiete.

    -Ehi, tu hai rubato la mia lepre, - si sentiva l’eco rimbombare nell’aria mentre due esseri arrabbiati uno contro l’altro camminarono fianco a fianco, dirigendosi alla radura.

    -No, non sono stata io, - si giustificò subito la voce femminile. - Ti ho visto con i miei occhi ingoiare in un boccone quella poveretta.

    - Sei una bugiarda! Voglio giustizia! Voglio giustizia! - gridò così il lupo, il quale di fatti era la vittima di un furto. La sua vicina di casa, Susy, la volpe, pochi giorni fa gli aveva rubato una lepre.

    -Ehi, mi stai accusando per niente, - rispose alle grida Susy e più lei rinnegava la sua colpa, più il lupo diventava furioso.

    -Sei una bugiarda! - troncò quello, strinse fortemente i denti e, senza trattenersi, corse per prenderla o solamente per spaventarla e condurla in quel modo di confessare la verità.

    Il lupo, che a proposito si chiamava Wolferston ma tutti nel bosco lo chiamavano Wolfy solo per prendersi gioco di lui, iniziò a correre al massimo della sua velocità in direzione della volpe, ma Susy non mosse nemmeno la coda per scappare. Lei era certa che Wolfy non le avrebbe mai fatto del male per un semplice motivo, e lei lo sapeva bene, che Wolfy era un lupo buono e di conseguenza incapace di fare del male. Il povero lupo, infatti, nel momento adatto per il salto, iniziò a frenare con tutte quattro le zampe. Ma purtroppo la velocità con cui egli correva era troppo elevata per arrestarsi all’istante. Era come se le sue zampe non volessero più obbedirgli. Lo scontro era inevitabile. Vedendo la criticità della situazione, la volpe d’istinto riuscì in tempo a balzar via dalla sua strada e il lupo, proseguendo con la corsa, finì ad incastrarsi in mezzo ai due alberi.

    -Aiuto, aiutatemi! -gridò egli sommerso dal dolore, - Qualcuno venga ad aiutarmi. Liberatemi!

    -Beh, - sospirò la volpe con voce tranquilla, - qui non c’è nessuno oltre noi due. Se vuoi posso aiutarti io?

    -Vattene, maledetta, è tutta colpa tua! - ringhiò il lupo. - So bene come fai dei favori. Prima offri il tuo aiuto spontaneamente, ma il giorno dopo vuoi qualcosa in cambio.

    -È così che funziona il mondo, no?

    A questo Wolfy non seppe cosa rispondere.

    -Meglio rimanere intrappolato qui e morire di fame, che esserti schiavo per il resto della mia vita! - poi disse.

    -Oh, ma chi ti vuole come schiavo? - ribadì la volpe col tono stufo. -Voglio solo aiutarti dato che sappiamo entrambi benissimo come sono andate le cose.

    Il lupo però non capì a cosa lei si stesse riferendo e quindi le chiese delle spiegazioni.

    -Come a cosa! -esclamò sorpresa Susy e poi iniziò a beffarsi di lui. - Ho sempre saputo che i lupi sono le creature più stupide di entrambi i boschi ma ora non mi sorprenderei affatto se qualcuno mi dicesse che sono degli esseri più ignoranti dell’universo; e tu ne sei il migliore esempio, carissimo Wolfy.

    Quando la volpe pronunciò il suo soprannome, negli occhi di lupo si accese una scintilla ed egli andò su tutte le furie. Wolfy sicuramente l’avrebbe morsa se solo fosse stato libero o se solo avesse potuto raggiungere con i suoi denti almeno un pezzetto del suo corpo. Ma lui non lo era. No, non lo era. Malgrado ciò egli continuava a lanciare dei morsi nel vuoto. Susy, al contrario di spaventarsi, prese il gusto a vederlo così arrabbiato ed impotente, e si mise persino a ripetere di proposito il suo soprannome ovviamente con l’intenzione di beffarsi di lui a lungo.

    - Wolfy... Wolfy... svegliati... non mi prendi! -ripeté lei.

    -Ah, smettila Susy, non è divertente. Basta, aiutami.

    -Va bene, - sussurrò la volpe un può delusa dato che lei aveva ancora tanta voglia di giocare. - Ecco, stavo dicendo, (prima che tu mi interrompesti), visto il ritardo del giudice...- I due infatti erano venuti nella parte chiara del bosco per risolvere la questione sulla lepre. - Conoscendo i fatti, ho pensato che sarebbe stato bello se noi ci scambiassimo dei favori.

    - E cioè? - chiese un po’ perplesso il lupo.

    - Beh...visto che sei messo così male, fra gli alberi... e… visto che sappiamo benissimo chi ha mangiato la lepre, ti libero, caro Wolfy o Wolferston, (come preferisci), solo se ritirerai le tue accuse contro di me... Allora, che ne dici?

    - Dammi il tempo per pensare.

    - Pensar a cosa? - lo interruppe Susy. - Qui non c’è nulla da pensare. Qui ci siamo solo io e te. Solo io ti posso aiutare, capisci? O ti vuoi per caso trovare dal giudice in questo stato? Che figura faresti?

    - No, non voglio, - borbottò il lupo fra i denti con testa bassa e, non avendo altra scelta, accettò la proposta.

    Dopo queste parole ci fu il silenzio, il quale nessuno dei due osava rompere. Wolfy per tutto quel tempo guardava la volpe con degli occhi dubbiosi e nello stesso tempo pieni di speranza in attesa di una sua iniziativa. Susy, invece, accortasi del proprio errore di non aver pensato prima su come liberare il lupo, si sbrigò a risolvere il problema.

    Se ora me ne scappo, -pensava lei- Wolfy dirà tutto al giudice e sarò condannata per avergli rubato la lepre… E se rimango? Che fare? Lo può dire anche se rimango…

    Alla fine della meditazione Susy scelse di rimanere e fidarsi del lupo. In realtà, però, lei rimase non solamente per il suo egoistico interesse. Il vero motivo, anche se Susy dentro sé lo rinnegava, era che anche lei, come Wolfy, era incapace di fare del male. Sì, aveva rubato il coniglio al lupo, ma non lo aveva fatto per cattiveria o per dispetto, lo aveva fatto semplicemente poiché aveva tanta fame. Sì, prendeva spesso Wolfy in giro, ma lo faceva solamente perché egli le piaceva. Prendendolo in giro Susy cercava solamente di sprezzarlo di fronte ai propri occhi. Pensava che in quel modo avrebbe smesso di provare quell’affetto che nutriva nei suoi confronti, incondizionatamente, indipendentemente da ogni cosa. Susy era ancora troppo giovane per sapere che quel sentimento sorge e cala quando gli pare e che non c’è alcuna forza che lo possa dominare, malgrado lei lo desiderasse tanto. Quel sentimento si chiamava amore.

    Dopo il secondo minuto di silenzio Wolfy iniziò a perdere la pazienza, come accade sempre per chi è in attesa della propria sorte. E, per farlo capire a Susy, iniziò a battere la zampa contro le larghe radici dei due castagni che lo tenevano imprigionato. La volpe gli diede solo un’occhiata e si girò dall’altra parte per pensare.

    -Ehi, dove vai? - chiese il lupo vedendola voltarsi indietro.

    - Da nessuna parte, - rispose Susy. -Faccio solo un giro per vedere da che parte è meglio tirare... Ecco! - esclamò dopo qualche secondo, - questo mi sembra il posto giusto.

    Quindi Susy si mise a tirarlo per la coda con tutta la forza che aveva, tenendola stretta fra i denti e facendo attenzione di non morderla troppo. Wolfy però iniziò comunque a gridare e lamentarsi.

    - Ehi, mi stai facendo male! - borbottò.

    - Non ti lamentare, - ribadì la volpe. - Sto facendo del mio meglio. Un po’ di pazienza, ti prego. Abbi ancora un po’ di pazienza.

    E infatti, con un po’ di pazienza e molto sforzo fisico, Susy riuscì a liberarlo dagli alberi. Una volta fuori, il lupo si alzò, scosse per qualche secondo la testa e poi si voltò di nuovo per guardare i due castagni che lo tenevano imprigionato.

    - Ma chi vi ha piantati qui?!- chiese egli ridendo e ringhiando.

    - Oh, non dire adesso che la colpa è degli alberi! - sorrise anche Susy.

    - Certo che no, - borbottò il lupo. - La colpa è solamente tua! Se tu non avessi mangiato la mia lepre allora io non sarei dovuto venire qui e…

    Susy voleva ancora dire qualcosa, voleva interromperlo, ma capì che era solo una beffa e rimase in silenzio. Solo un pochino dopo, facendo un grande inspiro e facendo silenzio, Wolfy si rese realmente conto di essere di nuovo libero.

    - Sono libero! - gridò egli. - Le mie zampe, la mia coda... posso di nuovo vederla! È meraviglioso. È meraviglioso! - e si mise persino a rincorrere la propria coda come di solito fanno i cani lasciati liberi nel giardino di casa.

    È difficile per me ora descrivere la gioia di Wolfy altrettanto quanto per lui era difficile afferrare la propria coda. Come si fa a descrivere la felicità se essa certe volte ci sembra niente più e niente meno che il momento (brevissimo) che arriva soltanto dopo un pericolo passato? Certe volte sembra tanto inutile esaltare la propria felicità. Certe volte pensiamo: A che serve gioire se la vita non è altro che un susseguirsi di disgrazie?. Ed invece... no! Non è inutile e non esistono solamente le disgrazie nella vita. Non vi è nulla di inutile in questa vita. Se non gioiamo ora che abbiamo tutto il necessario per essere felici, come potremo superare la seconda prova in cui non avremo nulla? Come potremo essere felici per il poco che avremo se non riusciamo nemmeno ad esserlo quando abbiamo tutto? E queste, secondo me, sono delle domande che non hanno una risposta, ma anzi, hanno qualcosa di magico che ci dà la forza di andare avanti con i nostri progetti, le nostre ambizioni, il nostro lavoro e la nostra vita: è qualcosa che ci dà la forza di vivere.

    Wolfy non si porgeva mai queste domande. Tuttavia egli era sempre capace di fare la scelta giusta poiché egli sceglieva col cuore ed istinto. La sua scelta era di gioire di ogni cosa bella che gli capitasse nella vita. Il sorriso era ciò in cui egli fermamente credeva e lui, infatti, non smise di sorridere nemmeno quando arrivò il giudice, il gufo Leguit.

    Sebbene fosse vecchio, Leguit era ancora un gufo molto attraente. Aveva un bel becco leggermente sporgente, somigliante a una virgola o magari ad una patata. I suoi occhi erano gialli, un colore assai comune fra i gufi di quelle terre, ma nonostante ciò nessuno li aveva della sua stessa sfumatura e della sua stessa bellezza e saggezza. Inoltre, Leguit aveva delle ali meravigliose, grigie, come nondimeno era tutto il suo busto maestoso.

    - Ehi, non dimenticarti del nostro accordo, - sussurrò Susy al lupo vedendo il giudice volare verso di loro.

    - Mi ricordo, - troncò Wolfy ed avanzò di qualche passo per ascoltare meglio il gufo.

    - Allora, perché siete qui? - chiese Leguit atterrando su un ramo, senza esitare nemmeno che i due si presentassero. Il gufo, infatti, aveva una brillante memoria per gli animali e non di meno per le persone. - Cos’è successo? Raccontate!

    Nessuno dei due rispose e Susy allora morse leggermente la coda al lupo.

    - Sei tu quello che deve parlare.

    Wolfy si voltò, la guardò severamente, poi si fece coraggio e si rivolse al giudice.

    - Siamo venuti qua, -disse - per chiarire una faccenda alla quale sono interessati tutti i cittadini del bosco.

    - E che problema avete, signori? - chiese il giudice mostrando una certa curiosità alla faccenda.

    - Ha a che fare con Calvilupo. - improvvisò Wolfy all’istante.

    Appena sentito ciò, Susy gli morse la coda.

    -Ma cosa dici? – sussurrò.

    Nel bosco si diceva che Calvilupo fosse un animale feroce, proveniente dal lontano nord dove nessuno era mai stato. Si trattava di un animale di quasi due metri e mezzo d’altezza. Il suo corpo era qualcosa di misto tra un coccodrillo, un elefante ed un canguro, nel senso che aveva la pelle simile a quella di un coccodrillo, aveva una proboscide e poi infine una coda simile a quella di un canguro australiano. Non è difficile immaginare che il suo aspetto fosse assai sgradevole. In tutti e due i boschi, infatti, non si era mai visto un animale così brutto quanto lui e, proprio per questo, tutti alla sua vista provavano terrore. A nessuno veniva in mente che forse in realtà Calvilupo fosse un essere pacifico. Nessuno nella riunione del bosco si alzò a dire che forse l’aspetto fisico stava facendo un brutto scherzo e che esistono delle cose più importanti della bellezza... Il cuore, per esempio. E il suo cuore era buono, schietto, generoso, gentile, umile ma soprattutto molto timido. Tutti gli elementi che facevano di lui un essere splendido. Ma purtroppo nessuno credeva in ciò. Tutti credevano di conoscerlo, tutti parlavano di lui, ma nessuno lo conosceva per quello che egli era in realtà. Per quello che era davvero. Tutti si fermavano all’apparenza e quest’ultima era un inganno crudele.

    Tutti gli animali di quel bosco lo ritenevano un mostro malvagio e spietato. Si diceva che lui si nutrisse di lupi ed è proprio per questo che gli fu attribuito il nome di Calvilupo. In realtà egli era un animale del tutto erbivoro e in tutta la sua esistenza non aveva mai assaggiato la carne. Ogni giorno Calvilupo andava in cerca di vegetali. Ogni venerdì il suo vicino di casa, orso, gli portava del miele e delle dolci radici. Credeva che se non lo avrebbe fatto Calvilupo si sarebbe arrabbiato e avrebbe sbranato lui e l’intera sua famiglia, ma ovviamente ciò non era né più né meno che uno degli altri crudeli pregiudizi nati a causa dello sgradevole aspetto di Calvilupo.

    Prima che arrivasse quest’ultimo, il Grande Orso era l’essere più forte e più temuto di entrambi i boschi. Era lui quello che comandava e che organizzava ogni cosa. Sopra di lui c’era solo un animale: il Leone, il re di tutto quel territorio e delle terre dove nessuno era mai stato. Dopo otto lunghi anni della sua prestigiosa posizione, per la prima volta il Grande Orso fu abbattuto, nel senso che per la prima volta egli s’accorse che nella foresta c’era un animale più forte di lui. Quest’animale era proprio Calvilupo…

    Per orso e per tutti quelli che lo seguirono l’arrivo di Calvilupo rappresentò una grande sconfitta. Più di tutti però soffriva Calvilupo. Egli era solo, spaesato, senza gli amici. Camminava sempre col muso triste, ma nessuno se ne accorgeva del suo stato d’animo. Tutti, dai più piccoli ai più grandi, avevano talmente tanta paura di lui che persino quel muso lungo gli sembrava una minaccia. Allora tutti piano piano cominciarono a offrirgli qualcosa. Calvilupo tentava di dirgli che non gli serviva nulla da loro, ma lui parlava un’altra lingua, la quale nessuno degli abitanti della foresta conosceva. Più lui lo diceva e più tutti pensarono che si stesse lamentando per le cose portate e così ne portarono delle altre, di più, di più e di più… sempre di più!

    Wolfy era a conoscenza di tutta questa situazione e, essendo ora nei guai, desiderava approfittarne. A questo punto la volpe, che non era affatto d’accordo col lupo, si arrabbiò e morse ancora più fortemente la sua coda.

    - Non coinvolgere nessuno, - gli sussurrò fra i denti. - Hai capito?

    - Sì, - borbottò il lupo ma, invece di smettere d’inventare, continuò con lo stesso tono al giudice. - Onorevole giudice, - disse - come sapete già, due giorni fa mi è stata sottratta una lepre. Essendo io un normalissimo abitante della foresta mi sono naturalmente immediatamente insospettito della mia vicina di casa, qui presente Susan e, a dire il vero, non mi sbagliavo.

    La volpe allora gli morse la coda per la terza ed ultima volta, ma il lupo non le rispose nulla e non si voltò nemmeno a guardarla tanto era preso a conversare col giudice Leguit.

    - La cosa che mi ha lasciato molto perplesso, - continuò Wolfy, - sta nel fatto che questa giovane volpe non ha rubato per sé stessa, ma è stata spinta da una profonda disperazione. Ho scoperto che Calvilupo precedentemente al reato le aveva ordinato di portargli qualcosa da mangiare sotto la minaccia di sbranarla. E lei, poveretta… cosa le restava da fare? Prego di non giudicarla severamente.

    - Non lo farò, non lo farò, - rispose Leguit e poi si rivolse a Susy. - È vero ciò che dice Wolferston?

    La volpe all’inizio esitava nel rispondere ma poi, per non mettere sé stessa e il lupo nei pasticci, dovette confermare.

    - Potete, allora, venire qui il lunedì, - concluse il gufo sbattendo le ali nella preparazione per il volo. – Ci sarà un consiglio su come risolvere la questione su Calvilupo e in ordine del giorno si delibereranno i provvedimenti.

    - Che genere di provvedimenti? - domandarono in coro Wolfy e Susy.

    - Spero che non saranno troppo severi, - continuò la volpe da sola.

    - Beh, ancora non so nemmeno io, – ribadì il giudice prendendo il volo. - Saranno gli altri a decidere. Forse lo cacceranno dal bosco o forse...

    Ma il gufo era ormai troppo in alto nel cielo per poter essere sentito.

    2 LA VECCHIA TALPA

    Per rispettare una vecchia persona a volte basta solo una piccola parola come chiamarla anziana al posto di vecchia ed alzarsi in bus per cederle il posto!

    Susy e Wolfy, come è stato già detto precedentemente, erano dei vicini di casa. Sfortunatamente loro vivevano nella parte oscura del bosco, situata ad ovest

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