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Omicidio alle Cinque Vie
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Omicidio alle Cinque Vie

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About this ebook

Una nuova indagine per il nostro commissario Pasubio: nel centro di Milano, alle "Cinque Vie" una ricca ereditiera, donna Isabella van der Meulen, viene trovata morta nel suo letto dal domestico. Suicidio o omicidio? Indagando, Pasubio è trascinato dagli eventi dentro il passato di questa donna e si troverà ben presto coinvolto emotivamente nella risoluzione del caso. Faccendieri senza scrupoli, ex mariti e nipoti di coloro che giurarono fedeltà all'ultimo Zar di Russia confondono Pasubio nel corso delle indagini che si riveleranno più complicate del previsto. Al suo fianco Elena Lauria, la collega quasi fidanzata, e tutta la squadra del commissariato di Piazza San Sepolcro. E come se non bastasse una giovane donna, Anna, incontrata per caso, sconvolgerà l'esistenza del poliziotto.

Come nei precedenti romanzi, da queste pagine fa capolino Milano, la città che Pasubio ama di più, e della quale è in cerca dell'anima, quella vera.

Riuscirà a trovarla?
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateOct 12, 2018
ISBN9788827851050
Omicidio alle Cinque Vie

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    Book preview

    Omicidio alle Cinque Vie - Lorenzo Roberto Quaglia

    Indice

    Nota dell’autore per il lettore

    Uno

    Due

    Tre

    Quattro

    Cinque

    Sei

    Sette

    Otto

    Nove

    Dieci

    Undici

    Dodici

    Tredici

    Quattordici

    Ringraziamenti

    Lorenzo Roberto Quaglia

    Omicidio alle Cinque Vie

    Un nuovo caso per il commissario Pasubio

    Romanzo

    ISBN | 9788827851050

    Prima edizione digitale: 2018

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti  dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    Questo libro è dedicato ai fedeli lettori del commissario Pasubio.

    Le storie sono strumenti per vivere.

    Kenneth Burke

    Giorno dopo giorno cerchiamo una risposta all’eterna domanda

    che Aristotele si pose nell’Etica:

    come dovrebbe condurre la propria vita un essere umano?

    Robert McKee

    Nota dell’autore per il lettore

    Quello che stai iniziando a leggere è il terzo romanzo che vede come protagonista il commissario Pasubio. Come i precedenti, anche per questo libro ho scelto di utilizzare la forma del self-publishing.

    Ritengo che l'auto-pubblicazione sia una delle più importanti forme di libertà di cui oggi godiamo, ottenuta grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie. Se ci pensi, non è mai accaduto prima che un tuo scritto avesse la possibilità di essere letto praticamente in ogni parte del mondo, senza dover ottenere l’approvazione di un editore. Se non è libertà, questa!

    Ma, c’è sempre un ma, questa libertà porta con sé anche una grande responsabilità: quella di proporre al lettore un libro di qualità e credo che su questo punto sarai d’accordo con me. Quante volte abbiamo dato fiducia al romanzo di un autore sconosciuto, pubblicato da un editore, e poi siamo rimasti delusi? A maggior ragione, cosa si potrebbe dire di un romanzo auto-pubblicato scadente?

    E allora arrivo al dunque, amico lettore: ti assicuro di aver profuso il massimo impegno nella revisione di questo mio terzo romanzo. Ciò non significa che ti dovrà piacere di sicuro (io lo spero), ma che ti stai apprestando a leggere un manoscritto che è stato sottoposto ad un processo di editing approfondito e dettagliato. Il resto è in mano tua.

    Io credo fermamente che la fortuna di un libro dipenda dal lettore e da nessun altro. E, proprio per questo, se al termine della lettura lascerai sui social che frequenti un tuo commento, ne sarò felice e te ne sarò grato, perché un libro auto-pubblicato vive anche grazie al tuo passaparola!

    Uno

    Il conflitto tra i palazzi di tre piani delle viuzze che stava percorrendo e i grattacieli, che in un decennio avevano modificato il profilo della metropoli, quella mattina gli sembrava irriducibile. Era come se ci fossero due Milano, entrambe vere, reali, ma profondamente diverse tra di loro; due città che insistevano sul medesimo luogo.

    Parigi aveva un’anima, Londra aveva un’anima, anche Barcellona ne possedeva una, ma quale era quella di Milano? Quella vera?

    A questo stava riflettendo il commissario Paolo Pasubio quel martedì 25 marzo, mentre scivolava per Via Bocchetto alle nove di mattina, con la testa ben piantata nel mezzo del suo corpo ma, come spesso gli capitava, immersa tra le nuvole, a diecimila metri d’altezza.

    Quel giorno, Pasubio si era svegliato con il desiderio di fare quattro passi prima di rinchiudersi in ufficio e con la metropolitana era sceso alla fermata di Cordusio, dove aveva lasciato che le gambe lo conducessero a destinazione; del resto quelle stradine caratteristiche della Milano di una volta, le Cinque Vie, le poteva percorrere ad occhi chiusi.

    Arrivato al crocicchio svoltò a sinistra in Via del Bollo e fece in tempo a percorrere solo pochi passi che fu ricondotto sulla terra dalla richiesta di aiuto urlata da un uomo, il cui vestito lasciava intendere che fosse il domestico di qualche famiglia agiata abitante in zona.

    Pasubio gli si avvicinò e si qualificò.

    Por Dios y todos los santos juntos! Mi chiamo Felipe, la mia signora è stesa nel letto, in casa, sembra morta, prego mi segua gli disse il ragazzo visibilmente scosso, indicando il piccolo portone aperto del civico due.

    Pasubio diede una rapida occhiata all’edificio. Passava da quella via più volte al giorno, da quando lavorava al commissariato centrale, ma non aveva mai alzato lo sguardo verso quel vecchio palazzo. Curioso, pensò: era come con i suoi vicini di condominio, non ne conosceva uno. Che sia questa l’anima di Milano, l’anonimato? - pensò per un secondo. Questo domestico, chissà quante volte l’avrò incrociato per la strada, eppure il suo volto mi risulta completamente nuovo.

    Dopo aver fatto queste brevi riflessioni, gli chiese: "Che significa sembra morta?". 

    Quando sono entrato nella sua camera, l’ho vista ancora a letto e con moltissime pillole bianche sparse sulla coperta e per terra. L’ho chiamata, ma lei non mi ha risposto.

    E tu cos’hai fatto? Ti sei avvicinato? L’hai toccata per capire se per caso fosse ancora addormentata?.

    No, señor, ho avuto paura e sono sceso giù a cercare aiuto.

    Va bene, adesso calmati. Andiamo da lei. E così dicendo lo prese per un braccio, lo tranquillizzò e lo invitò a fargli strada. Entrarono nel portoncino e si trovarono davanti una rampa di scale piuttosto ripida.

    Non c’è ascensore in questo palazzo spiegò Felipe. Non c’è spazio.

    Lo vedo rispose Pasubio, E neanche molta luce. A che piano abita la signora?.

    Al terzo.

    Il commissario ebbe un piccolo sgomento momentaneo, dovuto più che altro all'abitudine che aveva acquisito, da quando abitava a Milano, di usare le scale mobili e gli ascensori. Tuttavia, uno sprazzo di memoria e di orgoglio valtellinese lo scosse e si ricordò quando in estate, da giovane, si arrampicava per i sentieri alpini. Era tale la sua caparbietà nell'affrontare le salite che gli amici l'avevano iniziato a chiamare lo stambecco. Si fece coraggio. Prima di iniziare a salire, notò in un angolo una carrozzina per disabili, piegata in due in modo da occupare poco spazio che, in quell’ingresso, era già ridotto ai minimi termini.

    Di chi è? chiese, indicandola a Felipe.

    Quella è del signore del primo piano. Non muove le gambe.

    E come fa ad usarla? Cioè, come fa a scendere le scale senza ascensore?.

    Oh, lui esce poco.

    Pasubio lo fissò per un attimo e gli fece cenno di iniziare la salita.

    Arrivato al primo piano, vide la porta dell’appartamento dell’uomo paralizzato, chiusa e senza alcuna targhetta indicante un cognome. Salirono al secondo, stessa scena: una porta chiusa, ma questa volta con un riferimento: Lamberti.

    Finalmente arrivarono all’ultimo piano: la porta era rimasta aperta e un gatto di color grigio topo, immobile sullo zerbino come una sfinge, per poco non lo fece inciampare.

    Oh, scusi tanto disse Felipe. Lei è Nabila, la gatta certosina della signora.

    Pasubio fece una smorfia che poteva assomigliare a un sorriso poco convinto ed entrò. Quello che lo colpì immediatamente fu la quantità di libri. Fatti due passi dentro casa, ovunque il suo sguardo potesse infilarsi vedeva solo libri, scaffali e libri. Libri all’ingresso, libri lungo tutto il corridoio, libri a destra e a sinistra, e dentro le stanze, a mano a mano che avanzava. I volumi arrivavano fino in cima alle pareti e il commissario rimase stupito di non vederli appesi anche al soffitto.

    Venga, di qua, prego, venga a vederla disse Felipe con tono angosciato e, passando in mezzo a qualche migliaio di tomi, si fermò di fronte alla camera della signora e accese la luce.

    Nabila, nel frattempo, aveva anticipato il commissario e si era posizionata vicino allo stipite della porta, senza entrare nella stanza. Mentre seguiva il ragazzo, il naso di Pasubio percepì nell’aria una fragranza dolciastra, al limite del nauseabondo, che al momento immagazzinò nella mente, ma che ignorò subito dopo.

    Appena il poliziotto fissò il volto della donna, intuì che il domestico aveva ragione. Stette fermo un attimo per farsi un’idea della scena che si trovava davanti, e poi mosse alcuni passi verso di lei, cercando di non calpestare o toccare nulla. Le prese la mano, ormai fredda, e le tastò il polso. S’inginocchiò e avvicinò un orecchio al viso, sperando in qualche segnale vitale, che non arrivò. Si rimise in piedi e l’osservò meglio. Aveva due ampi cuscini dietro le spalle e in questo modo il suo corpo risultava semi sdraiato, in una posizione comoda per la lettura. Il piumino le copriva a metà il seno, lasciando in evidenza il pizzo della camicia da notte e, rovesciate sul letto, vi erano almeno una ventina di pastiglie, probabilmente barbiturici. La boccettina, al momento, non era visibile. La testa era rivolta verso l’ingresso della stanza, il braccio destro pendente dal letto e la mano aperta, mentre il sinistro correva lungo il corpo. Le palpebre erano spalancate e gli occhi apparivano bellissimi, nonostante tutto. Lo sguardo di quella donna doveva essere stato magnetico, pensò Pasubio. I capelli, neri come la pece, le arrivavano alle spalle, nascoste dalla camicia da notte. Tutt’intorno al letto di ottone, che il commissario stimò essere di una misura superiore alla media, vi erano scaffali pieni di libri, ad eccezione di un armadio a tre ante e di un piccolo mobile da toeletta, dall’aspetto prezioso, forse un pezzo d’antiquariato.

    Come si chiamava la signora? chiese a bassa voce, girandosi all’improvviso.

    Isabella, ma gli amici sentivo che la chiamavano Isabelita rispose secco Felipe che chiese a sua volta: È morta, vero?.

    Pasubio fece di sì con la testa. E di cognome?.

    Van Mulen, ma non so bene come si scrive. La signora lo pronunciava così. Il commissario se lo scrisse sul blocco appunti dello smartphone, e domandò: Era di origini straniere?.

    Credo di sì, però l’italiano lo parlava bene. Purtroppo, non è molto che sono al suo servizio

    Sai quanti anni aveva?.

    Non lo so, señor.

    Viveva sola?.

    .

    Dopo alcuni secondi, il commissario continuò con le domande: Quando sei entrato in casa questa mattina e sei arrivato davanti alla camera della signora, ti ricordi se la porta era aperta o chiusa?.

    Aperta, señor.

    E la luce?.

    No, quella era spenta e le persiane chiuse.

    Allora era buio in camera. Come hai fatto a vedere la signora nel letto e capire che era morta?.

    Prima di entrare in camera ho acceso la luce. Non pensavo di trovare la signora.

    Però, quando sono arrivato qui, la camera di Isabella era di nuovo al buio. Avevi spento la luce prima di scendere in strada a chiedere aiuto?.

    Questo sinceramente non me lo ricordo. Ero molto agitato.

    Pasubio si fermò alcuni secondi a riflettere, poi riprese: La porta di casa come l’hai trovata?".

    Era chiusa, señor. Ho aperto io con il mio mazzo, come facevo sempre.

    E non ti sei stupito di non averla né vista, né sentita muoversi quando sei entrato in casa?.

    Non più di tanto. Capita a volte che la signora esca prima del mio arrivo.

    A che ora prendi servizio?.

    Alle nove, señor. Ma di solito arrivo qui dieci minuti prima.

    Mentre stava per uscire dalla stanza, Pasubio lanciò un ultimo sguardo al corpo della donna, quando un raggio di luce, riflesso da una goccia del lampadario di cristallo di Murano, attraversò il pizzo della camicia da notte della defunta, e gli fece scorgere una piccola macchia scura che non aveva notato prima. Si riavvicinò e scostò leggermente il piumino e l’indumento. All’altezza del cuore, proprio nel mezzo del seno sinistro, sporgeva la testa metallica di un chiodo, ancora infilato nel corpo della donna, circondato da un alone di sangue, scuro e rattrappito. Pasubio non lo toccò, ricoprì il tutto e, senza dire una parola, prese sottobraccio Felipe che non si era accorto di nulla, ed insieme uscirono dalla camera, anticipati dalla gatta.

    Entrarono in quella che doveva essere la sala, ma che a prima vista poteva sembrare una stanza della Biblioteca Sormani. Due ampie finestre si affacciavano su Via del Bollo e illuminavano bene l’ambiente. Il poliziotto notò una composizione di fiori freschi di pesco e mimose posta al centro del tavolo da pranzo, sul lato sinistro del locale, inserita in un vaso di cristallo vuoto, senz’acqua.

    Di che si occupava la padrona?.

    Non lo so, señor. Per quello che vedevo io, passava il tempo a leggere o davanti al computer.

    Pasubio si guardò intorno e alla fine lo trovò, chiuso, semi nascosto dai cuscini del divano. Diede un veloce sguardo alla stanza e non rilevò segni di lotta o violenza, tutti gli oggetti apparentemente si trovavano al loro posto: le fotografie disposte in ordine sul pianoforte, sistemato nell’angolo destro del locale, i vasi di piantine grasse sulla mensola sopra il camino, che sembrava non utilizzato da tempo; i cuscini sui divani, i libri e le riviste sparpagliati un po’ ovunque, ma secondo una certa logica, a dire del commissario. Insomma, per Pasubio la sala era a posto e totalmente diversa dallo stato in cui versava la sua, dopo l’aggressione subita dai finti Mormoni due anni prima. 

    A che ora sei uscito da qui ieri sera?.

    Verso le nove, señor. Ho preparato la cena alla signora, ho pulito la cucina e poi sono tornato a casa mia.

    Pasubio lo guardò con stupore, pensando ai piatti che poteva cucinare. Lui parve indovinarne il pensiero perché aggiunse: Ho fatto un corso di cucina italiana organizzato dal Comune. Cucino bene io. Pastasciutta, cotoletta alla milanese, cannelloni ripieni, parmigiana.

    Pasubio non rispose, ma gli vennero in mente i pizzoccheri preparati da sua madre. Semplicemente meravigliosi. Tornò a guardarsi intorno. Quando sei arrivato questa mattina hai trovato tutto a posto?.

    Sì, tutto a posto.

    Il poliziotto fece un giro veloce delle altre stanze, cucina, bagno, ripostiglio e un piccolo studio, poi ritenne che per il momento aveva visto abbastanza. Anche se era cosciente di non stare seguendo la procedura ordinaria, considerata la vicinanza del commissariato all’appartamento, decise di lasciare le cose così come stavano, accompagnare Felipe in ufficio e chiamare da lì la Scientifica e tutto il resto.

    Vieni, Felipe, andiamo in commissariato. Dobbiamo denunciare la morte di Isabella.

    Ma io che c’entro, señor? Devo venire anch’io?.

    Come, che c’entri? Sei tu che hai trovato la signora morta nel suo letto, o sbaglio? E poi di cosa hai paura? Tu sei solo un testimone. Dovrai rilasciare una breve dichiarazione di come sono andate le cose, ripetere quello che hai detto a me, poi firmi e te ne torni a casa tua, non qui. La casa della signora è sotto sequestro fino a quando non abbiamo eseguito tutte le nostre indagini. Hai capito?.

    Il domestico annuì. 

    Dammi le chiavi dell’appartamento, per il momento le tengo io.

    E io come faccio?.

    In che senso?.

    Quando posso tornare qui a prendere le mie cose?.

    Lascia un recapito al collega che scriverà la tua deposizione e quando noi avremo finito con il lavoro, ti avviseremo e ci metteremo d’accordo per farti venire a prendere le tue cose, va bene?.

    Felipe sembrò rassegnato. Povera signora Isabelita disse, voltandosi verso la stanza da letto Decidere di morire, che brutta scelta che ha fatto. Forse si sentiva sola… concluse il domestico.

    Pasubio non replicò. Chiuse la porta della camera da letto, gli prese il braccio e fece per condurlo fuori, sul pianerottolo. All’improvviso Nabila ricomparve in corridoio, si fermò di traverso e si mise a fissargli i piedi. Poi girò la testa all’insù e i due si osservarono per un secondo negli occhi.

    Vuoi abbandonarmi così? - sembrava dire la gatta.

    Mentre Pasubio valutava le alternative, Felipe intervenne: Señor, Nabila è una gatta abituata a stare anche con gli altri condomini. Si adatta molto bene, le bastano coccole e cibo. Se vuole possiamo portarla al signore del secondo piano, vedrà che se ne prenderà cura volentieri.

    Il commissario però non voleva perdere ulteriore tempo prima di avvisare la Scientifica e far partire le indagini. Inoltre, avrebbe dovuto dare spiegazioni al tizio del piano di sotto e non gli sembrava il caso. La donna era stata sicuramente uccisa e per il momento chiunque poteva essere implicato, anche chi abitava sotto di lei.

    Facciamo così propose, Adesso la gatta la lasciamo qui tranquilla, e ce ne andiamo in commissariato. Più tardi ritorno io a prenderla e in qualche modo la sistemo. Gli occhi di Nabila sembrarono aver intuito la soluzione. Si grattò con la zampina dietro l’orecchio, fece dietro front e sparì dalla loro vista, in direzione della cucina.

    Meglio così, pensò Pasubio. Chiuse a chiave la porta e insieme scesero le sei rampe di scale, senza incontrare nessuno.

    Ormai erano quasi le dieci di mattina e in commissariato le attività erano in pieno svolgimento. Si fermò da Esposito che lo aveva subito notato, non appena i due avevano svoltato l’angolo del portone d’ingresso, e gli affidò Felipe. Conduci il giovane in una saletta e verbalizza le dichiarazioni che ti rilascerà. È il testimone del ritrovamento del cadavere della sua datrice di lavoro, una signora residente in Via del Bollo, al civico due.

    Esposito lo fissò con uno sguardo che lasciava trasparire una montagna di stupore per le parole appena udite. Devo andare dal vicequestore Rossi a fargli rapporto continuò, Tu verbalizza quello che Felipe ti dirà, e poi lascialo libero dopo esserti fatto dire come possiamo contattarlo.

    Agli ordini, commissario rispose l’agente.

    Pasubio salì di corsa le scale e si diresse immediatamente verso l’ufficio di Rossi, capo del commissariato Centrale.

    I due uomini

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