La mediazione pedagogica: Un percorso da Socrate a Reuven Feuerstein
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La mediazione pedagogica - Mario Martinelli
MARIO MARTINELLI
LA MEDIAZIONE PEDAGOGICA
Un percorso da Socrate a Reuven Feuerstein
ISBN: 9788838247484
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
INTRODUZIONE
I. LA MEDIAZIONE IN PEDAGOGIA E DIDATTICA
Mediazione nel contesto educativo
Rapporto tra persona, comunità e cultura
Pedagogia della mediazione
Mediazione e personalizzazione
Mediazione e cooperazione
Mediazione e integrazione
II. UNO SGUARDO STORICO
La mediazione maieutica di Socrate
L’impiego del dialogo socratico nella concezione dell’educazione secondo natura nel pensiero di Platone
L’impiego del dialogo socratico nell’educazione dell’uomo secondo Aristotele
La mediazione tra Dio e l’uomo nel pensiero di Agostino
La mediazione nel passaggio dalla conoscenza in potenza alla conoscenza in atto nel pensiero di Tommaso d’Aquino
Johann Heinrich Pestalozzi: la mediazione della madre
Maria Montessori. La mediazione dalla mente assorbente alla mente cosciente
John Dewey. La mediazione come educazione alla democrazia
Edouard Claparède. La mediazione nella Scuola su misura
Ovide Decroly. La mediazione nel metodo globale: osservazione, associazione, espressione
I pedagogisti e la scuola attiva di seconda generazione
William Heard Kilpatrick. La mediazione e il metodo dei progetti
Carleton Wolsey Washburne. La mediazione e la ricerca collettiva
Célestin Freinet. La mediazione nella cooperazione
Robert Dottrens. La mediazione e il lavoro individualizzato
Jean Piaget: la mediazione come sostegno allo sviluppo dell’intelligenza
Lev Vygotskij: mediazione e zona di sviluppo prossimale
Mediazione, cultura e significati nella riflessione di Jerome S. Bruner
David Ausubel e la mediazione per l’apprendimento significativo
Carl R. Rogers: mediazione e comprensione empatica
Mediazione e pedagogie della parola e del dialogo
Howard Gardner. La mediazione nell’educazione delle intelligenze multiple
La mediazione nelle pedagogie dell’apprendimento e nella pedagogia differenziata
III. REUVEN FEUERSTEIN
La biografia, gli studi e i primi impegni educativi
La valutazione del potenziale di apprendimento
Mente, comportamento ed apprendimento
Teoria della modificabilità cognitiva strutturale
Presupposti della modificabilità cognitiva strutturale
Modificazione attiva e accettazione passiva
Mediazione
Caratteristiche costitutive dell’esperienza di apprendimento mediato
Categorie della mediazione
Caratteri distintivi della mediazione
Programma di Arricchimento Strumentale e Modellamento degli Ambienti Modificanti
Cause di fallimento o di assenza della mediazione
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
BIBLIOGRAFIA
INDICE DEI NOMI
CULTURA
Studium
137.
Scienze dell’educazione,
pedagogia e storia della pedagogia
Mario Martinelli
La mediazione pedagogica
Un percorso da Socrate a Reuven Feuerstein
Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura
ed Universale
sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.
Volume realizzato con il contributo del
Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione
dell’Università degli Studi di Torino
Copyright © 2018 by Edizioni Studium - Roma
ISBN 9788838247484
www.edizionistudium.it
Ai miei genitori, Biancamaria e Giuseppe,
i miei mediatori
La loro umanità è stata il più grande insegnamento della mia vita
Agisci in modo da considerare l’umanità,
sia nella tua persona
sia nella persona di ogni altro,
sempre anche come scopo,
e mai come semplice mezzo
Immanuel Kant
INTRODUZIONE
Con questo libro vogliamo sottolineare l’importanza della mediazione pedagogica e, in particolare, attraverso questa, ricordare la figura e l’opera di Reuven Feuerstein, scomparso il 29 aprile 2014, in quanto il suo pensiero ha svolto un ruolo fondamentale nell’evoluzione del concetto e della pratica di accoglienza e valorizzazione delle persone con disabilità e non solo, nel contesto sociale e nella scuola, nel nostro Paese come in molti altri e, ancor oggi, può svolgere un ruolo fondamentale nella formazione degli educatori. È possibile, infatti, riscontrare un importante influsso del tema della mediazione e del pensiero dello studioso sia nella formazione del clima culturale che, in Italia, ha accompagnato l’esperienza d’integrazione degli allievi con disabilità, difficoltà e svantaggi [1] nella scuola di tutti nei decenni passati, sia nel dibattito che negli ultimi anni ha investito la riflessione sul valore dell’integrazione nei confronti dell’inclusione così come, invece, quest’ultima è stata intesa nei paesi anglosassoni. Proprio l’importanza della riflessione svolta dall’autore, il ruolo avuto dal suo pensiero, i concetti che egli ha elaborato, l’impostazione stessa della concezione della modificabilità di ogni essere umano, in qualunque condizione questi si trovi, motivano una specifica riflessione approfondita sulla sua opera e sul percorso che ha condotto all’elaborazione più compiuta di questi concetti. Ciò al fine di introdurre gli educatori a una fondamentale modalità pedagogica di gestione del rapporto tra insegnamento ed apprendimento: la mediazione. Il volume è destinato, perciò, agli educatori, in particolare a coloro che già operano come insegnanti nella scuola o nelle professioni educative, così come ai giovani studenti futuri insegnanti o educatori di professione.
La pedagogia della mediazione è una scuola di pensiero, infatti, che riconosce Reuven Feuerstein come padre fondatore, pur al termine di un lungo percorso di riflessione che, nella sostanza, prende avvio sin dall’antica filosofia greca. Il nostro intendimento non è ricostruire un percorso filologico né storiografico del concetto di mediazione, ma individuare un punto di vista pedagogico che consenta di riconoscere e caratterizzare un cammino costituito da alcuni autori fondamentali nella costruzione del concetto di mediazione, per l’appunto, in una prospettiva pedagogica. La mediazione, nella sostanza, risulta un approccio ottimista, pur in un quadro realistico, che pone al centro dell’attenzione una concezione dell’educazione consapevole delle possibilità di crescita e di miglioramento dell’essere umano in quanto tale: in particolare fondata sull’idea di intelligenza umana plastica e dinamica, affidata alla capacità dell’adulto di mediare
il rapporto con la realtà.
Non si tratta di immaginare impossibili processi fantasiosi di arricchimento infinito, tanto irreali quanto poco avveduti. Si tratta invece di prender atto che ciascuno alla nascita, per il solo fatto di appartenere al genere umano, dispone di preziose potenzialità sia dal punto di vista cognitivo, sia dal punto di vista più generale dello sviluppo della personalità. È necessario un lungo processo, del quale il soggetto stesso è e rimane il protagonista fondamentale, perché l’essere umano possa valorizzare le sue potenzialità ed, in particolare, lo sviluppo della sua intelligenza. L’uguaglianza delle possibilità appartiene a tutti: l’uguaglianza delle opportunità nel contesto storico, invece, non esiste per natura, ma è il risultato di un impegno sociale, politico, economico e culturale.
L’accettazione e la condivisione del principio di uguaglianza delle opportunità, necessita perciò dell’impegno perché alle annunciazioni teoriche facciano seguito comportamenti coerenti. Nell’ambito pedagogico ciò si traduce nell’esigenza di creare le condizioni più favorevoli nelle quali ogni soggetto ed, in particolare, coloro che mostrano le maggiori difficoltà, possano sviluppare nella misura massima possibile le proprie capacità.
È proprio in questo contesto che si inseriscono i principi caratterizzanti la pedagogia della mediazione: l’azione dell’ambiente sul soggetto non è casuale, né in alcun modo automatica, ma essa dipende in gran parte dal ruolo che assume l’adulto educatore, ossia il mediatore che si interpone, da un lato, tra le esperienze che nell’ambiente è possibile svolgere e, dall’altro, il soggetto che in questo ambiente si trova e deve condurre innanzi il proprio processo di formazione ed apprendere. Ciò significa che, a determinare lo sviluppo effettivo, non è l’esperienza in sé, che può essere vissuta e sperimentata persino nello stesso momento da più soggetti oppure anche soltanto in tempi successivi, ma dal modo in cui il mediatore riesce a far sì che l’esperienza diventi un evento significativo per la persona in formazione, in grado di condurre anche ad un apprendimento.
In altre parole ciò significa che gli accadimenti in sé non necessariamente determinano un miglioramento del livello di sviluppo della personalità di un essere umano, delle sue capacità di vivere nel mondo, né comportano senza dubbio un’acquisizione di cognizioni e conoscenze. Lo sviluppo della personalità di un soggetto è il frutto della sua riflessione: è, per così dire, la formalizzazione di ciò che la realtà suggerisce al soggetto, quando quest’ultimo riesce a cogliere in essa tutti gli elementi che lo conducono a formare una propria weltanschauung, una concezione della vita, del mondo e del ruolo dell’essere umano stesso. Questa, ancorché non necessariamente manifesta e chiara al soggetto stesso, è posta a fondamento dell’essere nel mondo della persona con propria individualità, carattere, inclinazioni, temperamento, disposizione d’animo, estro, qualità individuali e così via. Ciò, tuttavia, non accade sempre, né in modo del tutto spontaneo: riveste un ruolo fondamentale, al contrario, l’educatore nella sua funzione di mediatore, appunto, fra il soggetto e tutto quanto esiste in modo esplicito ed implicito nella sua realtà.
In questo quadro, anche lo sviluppo intellettivo e l’apprendimento specifico di un essere umano risultano dalla rielaborazione cognitiva da parte del soggetto e ciò avviene in qualità e misura differenziate a seconda dell’efficacia del mediatore. Tutto ciò, da un lato, dà ragione delle diversità individuali tra le persone mentre, dall’altro, fornisce indicazioni precise perché possa essere attuato un intervento finalizzato a prestare l’aiuto necessario a coloro che non raggiungono risultati soddisfacenti a causa di problemi fisici, neurologici, anatomici, fisiologici, ma anche psicologici, mentali, morali, così come sociali, economici, culturali e così via.
La pedagogia della mediazione, dunque, ha come finalità il potenziamento della personalità e delle capacità di ogni soggetto, senza porsi in modo sterile il problema di quali siano le possibilità massime o, in termini negativi, quale sia il limite oltre il quale la persona non può procedere: al contrario, riconosciuto in linea di principio come gli esseri umani, proprio in quanto tali, hanno possibilità analoghe, si pone il problema di come sia possibile creare le condizioni affinché il singolo soggetto possa migliorare le proprie competenze.
Proprio questo risulta il più originale ed importante insegnamento di Feuerstein: l’intelligenza di un essere umano non è predeterminata alla nascita, né è mai data una volta per tutte, ma si tratta di un aspetto plastico ed evolutivo; ciò è vero anche per le persone in situazione di disabilità o comunque in grave difficoltà. Le esperienze svolte con persone con disabilità, difficoltà e svantaggi di ogni età dimostrano come la modificabilità cognitiva strutturale non sia un puro artificio teorico, ma una realtà vera che consente agli esseri umani di rendere più autentica la realizzazione delle proprie caratteristiche nell’esistenza.
La mediazione, pertanto, è congiunta in modo significativo con la personalizzazione didattica in modo da creare condizioni ad hoc per ogni singolo soggetto. Come quest’ultima, in verità, anch’essa non è costituita da un rapporto esclusivo tra educatore ed allievo in solitudine: in realtà il rapporto di mediazione trova il suo ambiente più proficuo nella cooperazione in quanto solo in tale condizione essa può sviluppare tutte le sue potenzialità educative e didattiche, consentendo al soggetto di conoscere meglio se stesso e gli altri, proporsi ed individuare con maggior consapevolezza la propria personalità e le proprie caratteristiche in uno scambio continuo con il prossimo.
L’esperienza della mediazione deve avvenire in un ambito realistico. Chi svolge il ruolo di educatore conosce, infatti, le gravi problematicità presenti nel nostro tempo: la pedagogia della mediazione, a questo proposito, non sottovaluta queste difficoltà, ma costituisce una possibilità per l’educatore di affrontarle con la consapevolezza della loro complessità e dell’impegno necessario per superarle.
L’insegnamento insuperabile
Ciò significa, in altre parole, che proprio gli insegnamenti di Feuerstein, i principi che hanno caratterizzato il suo pensiero, le metodologie e gli strumenti che egli ha prodotto nel tempo, hanno influito sul processo complessivo di cambiamento dell’approccio a livello internazionale al tema. La sua attività è risultata nella sostanza una forma di ricerca e di sperimentazione che, nel tempo, ha condotto ad un processo di rinnovamento e di miglioramento a livello generale e non solo in campo educativo. Anche se, com’è naturale, un processo siffatto non può mai dirsi concluso e la necessità di rispondere alle domande formative sempre nuove non permette a nessuno di abbandonare lo spirito di ricerca che lo ha contraddistinto, senza dubbio il pensiero di Feuerstein ha svolto un ruolo fondamentale nell’indirizzare le idee degli organismi internazionali e dei singoli paesi verso questa concezione dei rapporti educativi, interpersonali e sociali, che coinvolge a pieno titolo anche le persone con disabilità, difficoltà e svantaggi, nella loro umanità più piena.
Possiamo perciò considerare lascito fondamentale di Feuerstein il principio secondo cui il ritardo dello sviluppo delle strutture cognitive e l’inadeguatezza delle prestazioni non siano provocate da cause innate, tanto meno di origine biologica, ma al contrario essi siano frutto del venir meno dell’esperienza di mediazione nell’apprendimento. Lasciato privo di aiuto e di mediazione, il soggetto può non riuscire a sviluppare in modo adeguato le capacità cognitive. La vita stessa dello studioso è stata una testimonianza volta alla fiducia nell’educabilità dell’essere umano, di tutti gli esseri umani, anche di chi si trova nelle condizioni più difficili. Per questo crediamo di poter affermare che dalla sua vita stessa e dal suo pensiero consegue ora un impegno nel futuro per chi voglia condurre innanzi l’idea di eguaglianza, di giustizia e di equità tra gli esseri umani.
[1] Si preferisce l’impiego della formula suggerita dall’OCSE «persone con disabilità, difficoltà o svantaggi» a quella purtroppo molto diffusa ma concettualmente errata di «bisogni educativi speciali» poco rispettosa della persona e delle sue caratteristiche. Cfr. OECD, Equity in education. Students with disabilities, learning difficulties, and disadvantages – Statistics and indicators, OECD Publications Service, Paris 2004.
I. LA MEDIAZIONE IN PEDAGOGIA E DIDATTICA
Mediazione nel contesto educativo
L’educazione è il cammino attraverso il quale un essere umano, per così dire, prende forma . È, in altre parole, un processo attraverso il quale ciascun soggetto diviene se stesso: una persona con una propria identità, un suo punto di vista sul mondo esterno, nel quale è immerso, un suo modo di interpretare i fenomeni e gli accadimenti, una sua modalità di attribuire significati all’esperienza, di formalizzare gli apprendimenti, di creare simboli, di condividerli con gli altri: un suo modo, in altri termini, di essere presente e di agire nella realtà, di costruirla.
Ciò si deve al fatto che il genere umano è dotato di ragione, a differenza di tutte le altre forme di vita, dagli organismi unicellulari sino ai mammiferi con l’intelligenza più perfezionata. Come ha insegnato Aristotele [1] , l’intenzionalità che viene consentita dalla ragione si può considerare, a buon diritto, ciò che caratterizza l’umanità e la distingue dagli altri esseri viventi. Agire sul fondamento della razionalità, infatti, rende possibile alla persona possedere non solo la semplice coscienza della situazione nella quale si trova, ma anche una coscienza riflessiva di secondo grado: la coscienza di avere coscienza di essere in situazione. La conseguenza è che l’essere umano può ragionare sulla propria condizione e scegliere come agire: proprio questa possibilità lo rende libero e responsabile delle proprie decisioni e gli dà la possibilità di realizzarsi in modo personalizzato nel mondo.
Non esiste, infatti, per gli esseri umani l’ineluttabilità di assumere comportamenti dettati dalla necessità, quali istinti, pulsioni, impeti, reazioni, meccanismi, automatismi e così via. Senza dubbio esistono aspetti di questo genere nella psiche e nella personalità dei singoli soggetti: ciascuno, tuttavia, pur dovendo fare i conti con tali elementi della propria individualità, ha poi la possibilità di rielaborare ciò che proviene anche dalla propria interiorità più profonda, riflettere sulla propria condizione, individuare possibili soluzioni alternative e, infine, definire in modo consapevole la soluzione, assumendosi la responsabilità di ciò che decide.
La possibilità di ragionare per teorie, cercando di conoscere ciò che esiste, porsi domande, elaborare risposte, darsi spiegazioni, individuare cause ed effetti rende possibile, in altre parole, la guida della propria azione nella realtà non semplicemente a causa di schemi irriflessi di risposta alle sollecitazioni ed ai bisogni, ma secondo decisioni prese consapevolmente in base non solo alla conoscenza della situazione data, ma anche sul fondamento della consapevolezza di ciò che è bene fare, di ciò che è giusto fare, di ciò che si deve fare. L’impegno e la decisione nell’azione dipendono da fattori diversi resi possibili, per l’appunto, dalla razionalità che ci consente di individuare cosa si può fare, come farlo ed in che modo agire per realizzarlo.
Nella sostanza, l’essere umano è l’unico essere vivente che può immaginare se stesso nel futuro, diverso da come è nel momento attuale, con la possibilità di impegnarsi ed operare per cercare di diventare effettivamente la persona che si è immaginata.
L’adesione del soggetto alla propria umanità, tuttavia, non è innata: è connaturata all’essere umano solo allo stato potenziale ma, perché l’individuo possa essere in grado di agire secondo razionalità, è necessario sia attuato un processo che renda possibile la coincidenza tra l’umanità e le diverse forme della razionalità intenzionale. Questo processo è intrinsecamente antinomico e si svolge in modo dialettico nel contrapporsi di libertà ed autorità, natura e cultura, bisogni intrinseci di sviluppo ed affermazione del soggetto da un lato ed interventi formativi degli educatori e, più in generale, dell’ambiente educativo dall’altro.
Le antinomie individuate sono contraddittorie ed insuperabili, ma non è possibile sottrarsi alla loro azione né sfuggire il confronto con esse: trasmettere i valori fondamentali di una cultura, ambire a formare la personalità di un figlio, voler riprodurre in un giovane un ruolo socialmente riconosciuto è tanto apprezzabile quanto l’aspirazione alla propria libertà, alla ricerca di nuovi ideali e significati, ad una maggior giustizia e così via.
In questo senso il soggetto, mediante le esperienze, fa proprie le forme di razionalità che trova nell’ambiente, nella cultura di riferimento, negli incontri con gli altri esseri umani. Si tratta, in altre parole, di qualcosa di esterno al soggetto che quest’ultimo, tuttavia, può interiorizzare grazie alle potenzialità intellettive che possiede in quanto appartenente al genere umano. L’umanità non solo ha potuto costruire le forme di razionalità, ma è anche in grado di tramandarle da una generazione all’altra: in questo senso l’educazione è il processo mediante il quale l’ambiente agisce nei confronti del soggetto affinché egli possa interiorizzare e faccia proprio qualcosa di estraneo a lui: in sostanza la cultura ed i mezzi che mettono in relazione soggetto, educatore, ambiente e cultura stessa. In questo modo, però, potrebbe sorgere un grave fraintendimento: attribuire il ruolo attivo al solo educatore, mentre al soggetto stesso potrebbe essere riservata una condizione di mera ricezione di ciò che gli altri hanno costruito prima di lui.
Come s’è detto, tuttavia, il processo educativo non è così semplice e lineare: in realtà, parte altrettanto essenziale del processo è l’azione del soggetto nel mondo. Si tratta dell’iniziativa che l’individuo assume nei confronti di ciò che lo circonda, il suo tentativo di incidervi, di riorganizzare la realtà secondo il proprio punto di vista, rifiutando la funzione meramente ricettiva, in favore di un ruolo attivo che contrapponga progetto a progetto, azione ad azione, energia ad energia, che tenti di imprimere il proprio marchio alla realtà. In effetti, nel rapporto tra individuo e mondo esterno, non esiste mai una sorta di materia primigenia, priva di strutture sulla quale operare, così come non esiste soggetto umano quale tabula rasa, sulla quale sia possibile incidere qualunque cosa. Tanto l’ambiente quanto il soggetto sono comunque strutturati: l’ambiente è il risultato dell’azione di tutti i soggetti che agiscono nello stesso momento, modificando ciò che le generazioni precedenti hanno a loro volta costruito; il soggetto, a sua volta, ha una personalità ed una mente strutturate in base alle esperienze precedenti ed alle riflessioni realizzate. Il rapporto tra soggetto e realtà, dunque, non può essere altro che un incontro dialettico, destinato ad una negoziazione e ad una modificazione reciproca. Del resto, secondo l’affermazione di Jean-Paul Sartre, un uomo può sempre fare qualcosa di ciò che è stato fatto di lui [2] . L’essere umano, perciò, non coincide mai con un presunto dover essere, ma si realizza sempre sul fondamento di un poter essere, che implica libertà e possibilità di scelta. Ciascuno, perciò, ne è sempre responsabile: la libertà è quel piccolo scarto che rende un essere sociale, destinato ad essere completamente condizionato dalla situazione, una persona che, invece, non si limita a riesteriorizzare nella sua totalità il condizionamento che ha subito. Nessuno è pienamente disponibile a soggiacere, senza minima resistenza, al tentativo di essere determinato dall’esterno nel proprio essere. Al contrario, ciascuno conserva sempre la volontà di contrapporre alla decisione ed alla risolutezza altrui le proprie, nel tentativo, inverso, di mettere in movimento la realtà per modificarla in direzione del proprio progetto. In questo senso ciascuno contribuisce ad arricchire l’umanità stessa: la realtà che consegue, fatta di soggetti, ambiente, cultura, mezzi, è il risultato della complementarità dei contributi di ognuno. Per questo motivo l’azione di ciascuno è comunque rilevante: sia dal punto di vista della cultura, perché il singolo contribuisce a costruire valori, tradizioni, idee, significati, sia dal punto di vista dell’agire pratico perché suggerisce comportamenti, abitudini, tecniche. Al tempo stesso nell’accogliere ciò che l’ambiente gli suggerisce il soggetto rielabora gli apprendimenti, li adatta alle proprie caratteristiche e, allo stesso tempo, li modifica e li adegua alle situazioni vissute, dando origine a nuove interpretazioni ed a nuovi significati.
La relazione tra persona e mondo esterno, perciò, è caratterizzata da una duplice attività: il soggetto esteriorizza la propria interiorità ed interiorizza l’esteriorità. È presente, cioè, un’attività attraverso la quale il soggetto cerca di agire sulla realtà, lasciando il proprio segno su di essa, ma al contempo, esiste un’attività attraverso la quale la persona fa propria la cultura contenuta nel mondo esterno. Mediante questa duplice operazione la contingenza della situazione, tanto dell’individuo quanto della realtà a lui esterna, viene continuamente superata, in direzione della novità e del futuro, ma al tempo stesso mantenuta, quale fondamento dei cambiamenti stessi. In questo senso l’individuo supera se stesso, oltrepassando le fasi della propria vita a cominciare dall’infanzia ma, contemporaneamente, conservandole nella propria personalità. Il soggetto, in altre parole, si protende verso il futuro, ma non può darsi un passato a proprio arbitrio né può generarsi senza un passato preciso, vissuto, storicamente determinabile. Proiettandosi verso il futuro, il soggetto percepisce la propria mancanza attuale: l’idea di poter essere in futuro qualcosa di differente da oggi e dal passato dà significato a ciò che egli è in questo momento e a ciò che è stato in precedenza. In questo modo, per dare significato al presente ed al passato, il soggetto rafforza la propria identità, superando le caratteristiche delle fasi precedenti della propria vita, senza tuttavia annullarle.
L’identità del soggetto, che si determina in questo modo, perciò, non è mai data e definita una volta per tutte. Nel tempo e nello spazio la persona cambia, si modifica, viene mutata dall’esterno attraverso le esperienze che conduce e le riflessioni che queste stesse esperienze le suggeriscono. Per questo motivo, sia in ragione di ciò che essa mette in atto, sia a causa di ciò che subisce, le modificazioni cui un essere umano è soggetto risultano costanti e continue: la mutabilità appare, non a caso, un’altra caratteristica peculiare del genere umano rispetto alle altre forme di vita.
La modifica, tuttavia, non è sempre generata allo stesso modo né con le medesime caratteristiche: essa può essere provocata di proposito dall’esterno attraverso influenze atte a suscitare i cambiamenti; questi ultimi talvolta, invece, risultano casuali, non intenzionali pur producendo ugualmente trasformazioni significative e durature. In altre occasioni ancora le azioni modificative sono volontarie, ma mirate ad ottenere risultati molto diversi da quelli in realtà conseguiti. Del resto l’individuo stesso in formazione spesso reagisce e filtra consapevolmente ciò che gli accade intorno, non permettendo alla realtà di determinare in ogni suo aspetto la propria personalità ed il proprio carattere. Le