Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Pioggia
Pioggia
Pioggia
Ebook107 pages1 hour

Pioggia

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Luca ha trentaquattro anni, suona la batteria in una band dal nome non proprio rassicurante, The Schiamazzi, vive con i genitori e il gatto Gobbolino. Poco attratto dallo studio, si è ritrovato a lavorare come pasticcere almeno fino al giorno in cui, intento a fare il cascamorto con una bella cliente, lascia bruciare cinquantanove torte. Preoccupato per il probabile e minacciato licenziamento, vagabonda in cerca di un pub in cui affogare i dispiaceri e si imbatte in una locanda mai notata prima. Entrato per curiosità, incontra la bella e conturbante proprietaria la quale gli fa una strana proposta che ha a che fare con Adamo ed Eva e il paradiso perduto. Ma si può credere alle parole di una strega che sogna la solitudine eterna?
Un romanzo di esordio non convenzionale, in bilico tra grottesco e ironia, esplora senza alcun intento programmatico né tantomeno didascalico i rapporti primigeni tra gli esseri umani, le relazioni intessute per amore e per necessità. Fa da sfondo una natura incontaminata, in un tempo in cui tutto ancora può accadere e il melograno deve essere ancora colto.
LanguageItaliano
Release dateOct 1, 2018
ISBN9788832922370
Pioggia

Related to Pioggia

Related ebooks

General Fiction For You

View More

Related articles

Reviews for Pioggia

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Pioggia - Giampiero Curti

    34.

    1

    Se dovessi iniziare il racconto da qualche parte lo inizierei con queste parole.

    Lei è licenziato! Si rende conto che mi ha bruciato cinquantanove torte già prenotate?!

    Le chiedo scusa signor Merani, non so come scusarmi, ero da solo e dovevo sia tenere d’occhio il banco sia controllare le torte...

    Ma cosa vuole che mi interessi delle sue scuse? Per lei, oggi è l’ultimo giorno di lavoro da noi! Ah, chiaramente il costo delle torte bruciate lo trattengo dalla sua liquidazione. Adesso finisca la giornata senza fare altri danni e non si disturbi a tornare domani!

    Eccolo qua, l’incipit: avevo bruciato un botto di torte, il signor Merani, delle rinomate pasticcerie Merani dolci buoni e sani – che mi aveva sempre dato del tu e pensavo provasse per me almeno una garbata simpatia – ora mi dava del lei, bestemmiava, e mi ricopriva di insulti intimandomi di non tornare il giorno dopo. La cosa che più mi faceva andare nel panico e sudare freddo era che quelle torte le avevo bruciate perché due ore prima, quando il fumo nero aveva cominciato a uscire dal forno in modo minaccioso preannunciando qualcosa di vagamente carbonizzato (le mie torte per l’appunto), ero sì al banco a servire, ma completamente perso negli occhi (perché, nelle tette no?), nella voce (perché, nelle cosce no?), nel sorriso (perché, nel culo no?) di Marianne, una ragazza italo-francese che ogni mattina passava per comprare una brioche, o meglio – come diceva lei, con un’erre moscia da paura (eros allo stato puro) – un croissant, quasi sempre ai frutti di bosco, ultimamente alla crema. Ma sto divagando…

    Intanto mi presento: mi chiamo Luca Secchi, ho trentaquattro anni, lavoro, anzi, lavoravo come pasticcere; non mi è mai piaciuto troppo a dire il vero, ma incalzato dai miei genitori sicuri che io non avessi le capacità per frequentare una scuola con materie come matematica, scienze, lingue straniere, letteratura, filosofia, e altre mille che – devo convenire con loro – mi sembravano ostacoli impossibili da sormontare, mi sono dato all’arte dei dolci e dei forni.

    La mia passione quella vera, Marianne e altre trecentoquarantasettemila ragazze a parte, è la musica, infatti suono la batteria in una band: The Schiamazzi. Ma, sarà per il nome della banda non proprio rassicurante, sarà perché invece di fare cover abbiamo deciso di puntare su pezzi nostri originali (e in Italia si sa che questo è un peccato quasi capitale, vai a sapere perché tra l’altro), ultimamente i nostri concerti non sono poi così tanti; certo potremmo anche vagliare la possibilità che facciamo cagare, ma non ci voglio pensare neppure per un secondo.

    La mia storia con Marianne non esiste, cioè non so nemmeno come fa di cognome o dove abita; non che io non ci abbia prontamente provato, ma provarci alla mia maniera significa farla ridere, poi farla ridere, poi farla ridere e poi se riesco farla ridere ancora… risultato? Sono un pirla oppure l’amicone, insomma così va il mondo. Ora devo capire cosa fare con il Merani, che se mi lascia davvero a casa, posso pensare serenamente al suicidio…

    Diceva sul serio! Porcaccia vacca! E adesso cosa dico ai miei?

    Perché nonostante abbia cercato mille volte di andare a vivere per conto mio alla fine della fiera sono ancora a casa con madre più padre più gatto, chiamato Gobbolino, omaggio a una vecchia fiaba che mi piaceva molto. A questo punto, se fosse un film, vagherei per la città sotto la pioggia in cerca di qualche locale dove sbronzarmi da solo e pensare ai miei fallimenti, ma sfortunatamente sono astemio... ah ah ah, c’eravate cascati?! Insomma, tra tutte le sfighe che mi competono non ho quella di non potermi godere una birra o un buon bicchiere di vino, quindi farò proprio come se fosse il film di cui accennavo prima, anche se oggi fa caldo da morire e non piove.

    Ho sempre vissuto nella stessa cittadina e conosco praticamente tutti, mi ritengo simpatico, un po’ ansioso, bravo in quello che faccio (come brucio le torte io non le brucia nessuno), dall’aspetto piacevole e dall’ormone scorrevole, ma assolutamente incapace di relazionarmi con il sesso opposto al mio. Conosco anche perfettamente le vie del mio paese, quindi trovarmi di fronte a un locale che non avevo mai notato prima in una zona dove passo praticamente tutti i giorni era un’opzione non concepita, perché il problema non era il non sapere dell’esistenza di quel locale – poteva essere un nuovo esercizio appena aperto – era che perfino l’edificio dove era ubicato, la parete dove la porta era agganciata, forse anche la via dov’era il Sutica Pub (questo il nome del locale) con un gatto completamente nero a eccezione degli occhi verdissimi sulla sua insegna, mi parevano mai esistite nella mia esistenza!

    Rimasi per un attimo a pensare, cazzo! Cinquantanove torte! Quindi entrai.

    2

    Ohi, italiano! Vedi di chiuderla ancora più forte la porta!

    E io: Va bene.

    Sbradadangabadadanga!

    Che botta ragazzi! Insomma, fin da bambino ero così: non capivo mai niente. Il gioviale signore che mi apostrofava con voce gentile e simpatica come quella di Germano Mosconi alla cresima di sua nipote mentre recitava il Credo, altri non era che il custode del condominio di mia zia che faceva dell’ironia sui miei modi non proprio ortodossi di chiudere le porte; io, invece, l’avevo preso dannatamente sul serio, e presa una rincorsa apocalittica avevo riaperto e poi richiuso la porta con una violenza atroce e inaudita. Il vetro rimasto su per miracolo e la bocca del custode ormai muta e aperta in una smorfia incredula.

    Tutto ciò per dire che quel sbradadangabadadanga lo sentii nella mia testa non appena entrai nel Sutica Pub; sulla soglia della porta di legno scuro si odorava profumo di limoni, all’interno il locale ben tenuto, quasi in stile piratesco ma con colori chiari e tenui, luminoso, con tavolini dello stesso colore della porta, il pavimento completamente bianco, una musica esoterica e ipnotica cullava le mie orecchie, ma in modo innaturale, infatti non riuscivo a vedere nessun impianto di amplificazione. Da dove arrivava la musica? Intanto, sempre fermo sulla soglia, era come se il locale non molto grande in verità fosse infinito, come se avessi delle vertigini in orizzontale, verticale e obliquo, e non avevo ancora bevuto nulla! Provai finalmente a muovermi, qualche passo verso il bancone, dove potevo vedere sugli scaffali bottiglie di liquori, stranamente senza alcuna etichetta, e sul fronte del banco le spillatrici per la birra, anche loro senza alcun simbolo di riconoscimento, che strano. E dietro al bancone… Oh my God...

    3

    Un pugno di nero in un occhio di luce. La ragazza più bella che avessi visto negli ultimi tre giorni. Più mi avvicinavo al banco, più riuscivo a scorgere particolari del suo orizzonte. Come ho sottolineato con la frase da figo all’inizio del paragrafo, la cosa che balzava subito agli occhi era la sua estraneità in quel locale assurdamente luminoso, perché lei era nera.

    Appoggiata al bancone con braccia semi aperte fasciate da un vestito aderentissimo, le maniche che non si fermavano ai polsi ma proseguivano sulle mani lunghe e affusolate, con dita da pianista e unghie appuntite, gli

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1