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Nell'ombra
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Nell'ombra

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About this ebook

I fantasmi esistono. Quest’affermazione è ormai considerata come un dato di fatto, come è un dato di fatto che esistono i ricordi, le impressioni, le emozioni e i mostri. Come sarebbe se una sera in un bar con i tavoli appiccicosi e una cameriera svogliata, mentre lavori ad un caso con una persona che poche ore prima ti ha puntato una pistola alla testa scoprissi che esistono cose che pensavi potessero essere considerate reali solo nei tuoi più remoti e profondi incubi? I loro nomi sono Lara e Marco: una traduttrice trasformata in investigatrice e un poliziotto; una studentessa di economia e un aspirante medico che insieme si troveranno a dover fronteggiare una delle minacce più grandi che da sempre colpisce le menti di bambini e adulti: le ombre. Cosa sono le ombre? Possono essere riflessi, scherzi della luce o giochi della nostra mente, i nostri occhi stanchi o il nostro subconscio che si prende gioco di noi. Ma quando le ombre si trasformano in dense creature nere che si impossessano dei vivi, morti, ragazzi e anziani come si fa ad esorcizzare la paura? C’è un problema più grande però, che si trova alle radici della situazione: se possono vivere in sintonia uomini e donne, anziani e bambini, culture e religioni diverse o anche, se possono vivere in sintonia spiriti, fantasmi e la ragione umana… perché le ombre no? Dal momento in cui in una singola ombra ha deciso di essere migliore delle altre sono iniziati i problemi. Problemi tali che hanno iniziato ad affettare il mondo reale al punto in cui un’ ombra ha dovuto abbassare la testa e chiedere aiuto. In una situazione al limite del reale e della ragione umana Lara, Sophia, Julian e Marco avranno un unico e grande compito: ristabilire la pace e impedire che i due mondi entrino in collisione. In un romanzo tra il thriller e il fantasy che vuole coinvolgere il lettore appassionandolo alla storia e ai personaggi, mentre con innumerevoli colpi di scena, vuole passare il messaggio che nessuno è meglio di nessuno. Nemmeno tra le ombre.
LanguageItaliano
Publishereditrice GDS
Release dateOct 24, 2018
ISBN9788867828807
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    Nell'ombra - Alice Milanese

    Alice Milanese

    NELL’OMBRA

    Alice Milanese

    Nell’ombra

    Editrice GDS

    Via Pozzo 34

    20069 Vaprio d’Adda-Mi

    Tel 02.90970439

    www.gdsedizioni.it

    www.gdsbookstore.it

    TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    Immagine copertina reperita da Alice Milanese.

    Ogni riferimento descritto nel seguente romanzo a cose, luoghi o altro sono da ritenersi del tutto casuale

    DISPONIBILE ANCHE IN FORMATO CARTACEO

    «Lara!»

    Una voce familiare e preoccupata giunse alle orecchie della ragazza che si trovava riversa su un fianco su un pavimento sudicio.

    Lentamente aprì gli occhi cercando di calmare il respiro che si stava facendo sempre più rapido e irregolare e, con uno sforzo che le sembrò immenso, riuscì a girarsi sulla schiena mettendola a contatto con il pavimento freddo.

    Non appena si fu voltata tutte le ossa del suo corpo cominciarono bruciare di dolore dandole l’impressione che qualcuno la stesse pungendo con tanti piccoli spilli.

    Lo scontro che aveva affrontato era stato pesante; Lara era sicura di essersi ferita un braccio e di avere un brutto taglio sulla fronte, ma quello che la preoccupava maggiormente era il fatto che aveva battuto la testa diverse volte e ora si sentiva sul punto di perdere i sensi.

    Erano ormai passati quasi due minuti da quando aveva messo fuori gioco il ragazzo che l’aveva aggredita ed era stata costretta a terra da un pesante capogiro.

    Se Julian o Elias avessero avuto bisogno lei ancora lì e, probabilità ancora meno allettante, se il ragazzo che aveva steso fosse tornato sarebbe stato anche peggio.

    Lentamente si portò una mano sulla fronte dove sapeva di essersi ferita e si mise prima a sedere poi in piedi.

    Una volta che si fu alzata trasse un sospiro di semi-sollievo che si dovette rimangiare presto perché notò con orrore che la mano che poco prima aveva posato sulla fronte era imbrattata di sangue.

    «Mi mancava solo questa» sbuffò raccogliendo da terra la sua pistola

    Si rialzò e lanciò uno sguardo di sufficienza al ragazzo che ancora era in terra svenuto. Gli scostò un braccio con la punta de piede quando sentì un primo colpo di pistola seguito dalla voce Elias.

    Lara alzò la testa e caricò l’arma pulendosi la fronte con la manica della giacca.

    Si sporse dallo stipite della porta, lanciò uno sguardo alle scale e sentì nuovamente la voce di Elias chiamare suo fratello.

    Stava per dirigersi verso la scala quando uno scricchiolio alle sue spalle la fece voltare di scatto con il dito fermo sul grilletto e le braccia tese.

    Alle sue spalle era comparso un ragazzo un’arma puntata su di lei.

    Era, come lei, interamente vestito di nero; indossava una giacca di pelle con diversi segni di usura che a Lara sembrò di aver già visto e un paio di anfibi allacciati storti. Il volto in ombra e semi nascosto dalle mani ma Lara poteva ugualmente vedere che aveva una ferita sul sopracciglio destro.

    L’unica nota di colore era, oltre al sangue scuro sulla fronte, una bandana rossa legata intorno al braccio destro.

    La ragazza stava per fare l’ultima leggera pressione con l’indice quando i suoi occhi misero a fuoco un viso familiare.

    Il suo cuore fece una capriola e cominciò a battere sempre più forte mano a mano che i ricordi le affioravano alla mente.

    Rendendosi conto che anche il suo volto era coperto Lara alzò la testa rivelando gli occhi e scostando una ciocca di capelli dal volto.

    Il ragazzo restò impassibile per qualche secondo poi nei suoi occhi brillò una luce sorpresa. I due restarono svariati secondi entrambi immobili a fissarsi con la pistola puntata uno sull’altro.

    Un momento che sembrò durare in eterno.

    Cosa poteva fare? Sparare? Scrollarlo brutalmente per ricordargli chi aveva davanti?

    «Marco?» sussurrò alla fine senza abbassare l’arma

    Lui la fissò dritta negli occhi e Lara gli vide passare per il viso una luce di puro stupore «Sei davvero tu?»

    Lara annuì facendo un passo indietro verso l’uscita «Cosa ci fai qua?»

    «Devi uscire di qua, sta per saltare in aria tutto»

    Tipica risposta da Marco quando non voleva farle sapere qualcosa.

    Le braccia di Lara tremarono come se di punto in bianco la pistola avesse cominciato a pesare insostenibilmente, poi strinse le mani intorno all’arma con più forza.

    Anni che non si vedevano e osava darle degli ordini? Aveva per caso dimenticato con chi stava parlando?

    Avrebbe fatto meglio a sparargli.

    «Perché non abbassi quella pistola?» replicò indurendo il tono di voce

    «Perché non lo fai tu?»

    Il ragazzo pronunciò quella frase con tanta serietà che per poco a Lara non sfuggì dalle labbra una risposta tagliente istintiva.

    «Io lo farei» spostando impercettibilmente il polso lo mise fuori mira «Ma…»

    Un sorrisetto arrogante comparve sulle labbra del ragazzo «Di questo non ne sarei così certo…»

    Lara stava ancora pensando cosa avrebbe potuto fare quando sentì suo fratello gridare Fuori! seguito da un rumore sordo di qualcosa che esplodeva e il pavimento che tremava sotto ai suoi piedi.

    Sempre più preoccupata la ragazza tornò a voltare la testa dove prima si trovava Marco ma notò con stupore che era sparito.

    Non fece in tempo a chiedersi come avesse fatto a scomparire quando sentì la pressione di due mani forti sulle spalle.

    Istintivamente si voltò con il braccio chiuso pronta a dare una gomitata in piena faccia all’aggressore, ma una mano lui le fermò il braccio e si ritrovò faccia a faccia con il ragazzo che le sfilò l’arma di mano e bloccandole un braccio dietro la schiena

    Poi, alzò la pistola tenendola sotto al suo naso con una mano

    «E dai Lara, sbagli ancora queste cose da principianti?» la prese in giro avvicinando il volto al suo «Questa te l’ho insegnata io, dovresti ricordartelo»

    Lara lo colpì alla spalla con la mano aperta innervosita da sé stessa e dal suo errore basilare e si allontanò di scatto riprendendosi la pistola

    «Come hai fatto?»

    Lui la ignorò avvicinandosi di un passo «Sono semplicemente più bravo, esci di qua Lara, adesso»

    Prima che potesse replicare un’altra esplosione fece tremare leggermente il pavimento e la ragazza sentì la voce di Elias chiamarla preoccupato

    Stava per muovere un passo verso l’uscita quando lanciò un’ultima volta uno sguardo arrabbiato e dubbioso a Marco, poi prese dalla tasca dei pantaloni una fiala contenente del liquido bianco che una volta scagliata in terra faceva salire un denso fumo bianco.

    «Vedi di uscire vivo anche tu da qua» esclamò intimandogli con lo sguardo di stare attento a quello che faceva «Perché poi te la vedrai con me»

    Con un’occhiata Marco le fece capire di farla esplodere e lei la buttò sul pavimento dirigendosi verso l’uscita.

    «Mi sei mancata» gli sentì dire mentre era già sulla porta

    CAPITOLO  1

    «Lara, ehi, stai bene?»

    La ragazza alzò finalmente lo sguardo dal bullone che stava fissando da cinque buoni minuti.

    Era riuscita a uscire dalla casa in cui entrati appena prima di un’altra esplosione ed era saltata sul furgone dove Elias e suo fratello la aspettavano.

    I ragazzi erano entrati in quella casa credendo sarebbe stata una ricerca veloce e indolore di un documento di vitale importanza, invece si era rivelato più pericoloso del previsto.

    Stando ai piani i ragazzi dovevano entrare, in quella che doveva essere la casa di una facoltosa persona che era stata complice di alcuni casi mai completamente risolti e cercare dei documenti contenenti delle testimonianze e portarli via.

    Così che dopo Lara avrebbe potuto e consegnarle a chi di dovere per poter finalmente chiudere il caso di un assassino che andava avanti da anni ormai.

    Quella di quel giorno era una squadra piccola composta da cinque persone; due dovevano restare fuori dalla casa mentre gli altri entravano e controllavano la sezione dell’abitazione che avevano scelto.

    Però, chiaramente, le cose non erano andate come previsto.

    Appena entrata uno strano brivido era corso per la schiena di Lara come se volesse metterla in guardia; non era stata paura, né un brivido di freddo; si era sentita come osservata.

    Le stanze che aveva da controllare lei erano due, il salotto e la cucina.

    Due stanze facili le aveva detto il suo amico e collega Elias che si era scelto le camere da letto. Lara per risposta aveva alzato un sopracciglio con aria di sfida incrociando le braccia al petto pronta a rispondergli che se avessero trovato qualcosa non sarebbe sicuramente stato sotto al materasso, ma suo fratello l’aveva fermata prima che aprisse la bocca tirandole un pugno scherzoso dicendo

    «Elias meno fai meno faresti»

    Una volta arrivata per prima cosa era andata in cucina; la casa che stavano perquisendo era enorme, ma la cucina era stata ricavata in quella che una volta doveva essere stato uno sgabuzzino.

    C’era solo una piccola finestrella scrostata con una zanzariera talmente vecchia che il metallo delle giunture stava facendo la ruggine negli angoli.

    Per non parlare della famiglia di ragni che aveva deciso che quella sarebbe stata la sistemazione perfetta per mettere su famiglia.

    Il resto della stanza era stato arredato con un vecchio tavolo di legno con quattro sedie di misure altezze e colori diversi che, a occhio e croce, viste le ammaccature dovevano aver visto tempi migliori.

    Per terminare il quadretto un frigorifero, che non si chiudeva nemmeno del tutto, occupava i tre quarti della stanza con a fianco un piano cottura talmente sporco che avrebbe tranquillamente fatto venire l’orticaria a suo fratello, maniaco del pulito, solo alla prima occhiata.

    La ragazza, armata di guanti, aveva esaminato ogni minima parte di quella cucina: cassetti nascosti sotto sedie e tavoli, dietro le finestre e in mezzo alle minime fessure.

    Aveva ripercorso il perimetro della stanza a grandi passi per sentire se qualche vecchia trave cigolava, ma niente.

    Stava per rinunciare con la cucina quando aveva notato davanti a sé un’ombra allungarsi. Non potevano essere né Julian né Elias perché sapevano che arrivarle di sorpresa alle spalle significava, se andava bene, prendersi un pugno in piena faccia.

    Non l’aveva mai fatto apposta, ma non le era mai piaciuto essere presa di sorpresa e i ragazzi l’avevano imparato con l’esperienza.

    Lara era sempre stata una persona ansiosa in perenne tensione pronta a scattare ogni secondo.

    Le persone la prendevano spesso in giro per quello dicendole di rilassarsi un po’, ma solo lei Julian ed Elias sapevano quante volte questa sua paranoia li avesse aiutati a non peggiorare una situazione, o meglio, salvarla.

    Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio le diceva suo padre quando era piccola

    Grazie all’ allenamento che negli anni aveva seguito e al suo sangue freddo la ragazza era riuscita a mettere al tappeto la persona che l’aveva aggredita, anche se non ne restò completamente indenne: si era procurata una bella collezione di lividi che le avrebbero fatto compagnia per diverso tempo, insieme alla ferita sul braccio sinistro e un brutto taglio nella parte destra della fronte.

    Due dita schioccarono davanti ai suoi occhi facendole finalmente alzare completamente la testa.

    Guardò prima suo fratello, poi Elias con aria scocciata.

    Suo fratello, Julian, anche se di quattro anni più grande era la sua copia in versione maschile. Era alto con le spalle grosse e un braccio quasi interamente ricoperto di tatuaggi; negli anni aveva cambiato tante volte il colore di capelli e, dopo essere rimasto per molti anni con il verde, ora li aveva colorati di un blu acceso.

    Per chi non lo conosceva poteva sembrare una persona arrogante e minacciosa, ma bastavano poche parole per far cambiare idea a chiunque.

    Julian era la perfetta incarnazione della frase l’abito non fa il monaco nonostante si vestisse e comportasse come un ragazzo arrogante e che si credeva al di sopra di tutti era una persona gentile e disponibile con chiunque.

    Lara non aveva mai conosciuto qualcuno più paziente di lui.

    Essendo fratelli loro due litigavano spesso e volentieri, ma non c’era mai stata volta in cui lei avesse avuto bisogno che lui non l’avesse aiutata.

    Sfortunatamente non poteva dire lo stesso di sé stessa: capelli castani e occhi scuri e i lineamenti del viso morbidi ereditati da sua mamma, ma a differenza di Julian, Lara era sempre stata definita come una persona fredda, cinica e distaccata da tutti.

    Non amava affezionarsi alle persone né alle cose né alle persone; amava viaggiare, cambiare amici di continuo e sognare molto in grande verso il suo futuro.

    Detestava il fatto di dover dipendere da qualcuno anche per le minime cose e piuttosto che farsi aiutare rinunciava ai progetti.  

    In più aveva zero pazienza con chiunque.

    Elias invece era molto più semplice di suo fratello; infatti la prima volta che Lara lo aveva conosciuto lo aveva definito un Hippie di prima categoria

    Aveva i capelli neri come la pece talmente lunghi che gli arrivavano fino alle spalle.

    In quasi tre anni che lo conosceva Lara non lo aveva mai visto preoccupato o arrabbiato, salvo quando si trovavano in pericolo, era sempre pacato, rilassato e contento.

    «Cosa?» chiese sbuffando incrociando le braccia al petto

    In quel momento il furgone prese una buca mandando Elias contro la parete con una risata stanca.

    «Tutto bene?» chiese Julian sedendosi in terra di fronte a lei «Sei strana…»

    Lara scrollò la testa come se niente fosse «Tutto bene, sto solo pensando»

    Elias prima di rispondere appoggiò la testa contro alla parete sospirando «Lara, Lara, Lara ci ho messo quasi due anni per riuscire a capire quando dici la verità o no e tuttora a volte sbaglio, ma ora si vede lontano un chilometro che hai qualcosa che non va»

    «Non è niente» mentì lei nuovamente alzando le spalle e scrollando via i capelli «Sono solo stanca di queste ricerche inutili»

    «Continuo a non crederti, ma non fa niente»

    Lara roteò gli occhi provocandosi una leggera fitta alla fronte «E allora non credermi!»

    Fu Julian a mettere fine a quella specie di discussione che stava nascendo avvicinandosi a Lara e tamponandole delicatamente la fronte con il disinfettante.

    Il bruciore fu breve ma la ragazza si ritrovò comunque involontariamente a stringere con forza la stoffa dei pantaloni nel pugno.

    Una volta che furono tutti e tre medicati i ragazzi tirarono fuori ciò che avevano trovato nella casa.

    Parte dei documenti che cercavano li aveva trovati Julian nelle cantine, parte li aveva trovati Lara sotto un asse in salotto e Elias aveva trovato un vecchio registratore con su scritto Secret project

    «Mica male!» commentò Julian mettendo tutti i documenti dentro una busta sigillata Lara alzò nuovamente gli occhi al cielo, questa volta quasi senza rendersene conto.

    Non era assolutamente mica male era semplicemente male… molto molto MOLTO male.

    Tutto era cominciato tre anni prima quando, dopo che Lara era uscita da scuola, era tornata a casa ed era stata aggredita da una ragazza che diceva di cercare un codice per sbloccare dei documenti.

    Da lì in avanti la vita di Lara aveva cominciato a correre talmente veloce che per poco lei era riuscita a starci dietro.

    Aveva scoperto che suo fratello lavorava per una piccola agenzia di investigatori privati.

    Ci era entrato tramite uno stage che aveva ottenuto tramite i suoi studi e poi, trovandosi bene con il capo aveva cominciato a lavorare seriamente.

    Il ragazzo aveva insistito affinchè Lara si trasferisse nel suo appartamento per questioni di sicurezza visto che, entrambi i suoi genitori, importanti avvocati, erano fuori praticamente tutto il giorno e non amava l’idea che la sorella passasse le giornate sola in una grande casa in mezzo alla campagna.

    Lei non ci aveva pensato su due volte, visto che aveva vissuto per quasi diciotto anni della sua vita in aperta campagna l’idea di non dover più fare quaranta minuti in autobus insieme a gente che spingeva e persone che avevano litigato da bambini con il deodorante per raggiungere una zona minimamente abitata, aveva accettato subito l’offerta.

    Tutto era tornato abbastanza tranquillo nella sua vita: studiava, lavorava dando ripetizioni qua e là e faceva da baby sitter mentre cercava di dare un senso ai suoi studi.

    Finchè una sera Julian era tornato a casa con un plico di documenti scritti fitti fitti che doveva tradurre.

    Lara, che aveva studiato lingue per cinque se non più anni e incuriosita dal lavoro di suo fratello, si era messa e aveva tradotto con lui tutti i documenti.

    Quando il suo capo l’aveva scoperto aveva cominciato a chiamare Lara ogni qual volta ci fosse bisogno di tradurre qualcosa.

    Inizialmente i due non si erano piaciuti, ma dopo che Lara aveva aiutato a risolvere un caso a cui lavoravano da mesi correggendo una frase tradotta male Andrew, il capo, aveva cominciato a trattarla meglio e i due erano diventati amici.

    Da quel momento Lara aveva cominciato a mettere le mani anche in alcuni casi e progetti più importanti.

    Tutto era andato per il meglio fino al momento in cui Andrew non era dovuto assentarsi per un periodo di tempo lasciando tutto nelle mani di un certo Frank.

    Un ragazzo molto più giovane di Andrew che era lo stereotipo del figlio di papà e aveva subito cercato di fare leggi e imporsi su tutto e tutti.

    Con Lara ciò però non aveva funzionato e i due avevano subito trovato da litigare su tutto.

    «Oh, Lara!» Elias la scrollò per un braccio facendola tornare alla realtà «Ci sei?»

    La ragazza alzò gli occhi dalla benda che si stava arrotolando distrattamente intorno al dito; aveva sentito vagamente la domanda che gli aveva fatto ma non gli aveva prestato troppa attenzione.

    «No Elias, non so quante persone erano in quella casa»

    Senza neanche guardare Lara sapeva che i due ragazzi si erano scambiati uno sguardo preoccupato.

    Era consapevole del fatto che si stava comportando in maniera strana, ma non riusciva a non pensare a Marco.

    Cosa diavolo ci faceva lui in quella casa? E perché non l’aveva riconosciuta?

    Insomma, aveva tagliato via più di venti centimetri di capelli da quando si erano lasciati, ma non era cambiata poi così tanto.

    Julian scivolò contro la parete del furgone e si mise seduto vicino a lei mettendole un braccio intorno alle spalle

    «Lara, che è successo?»

    La ragazza soppresse uno sbadiglio appoggiando la testa contro la sua spalla.

    «Niente, sono solo stanca e preoccupata»

    Distogliendo lo sguardo dagli occhi di Elias Lara afferrò i fogli che aveva trovato cercando di cominciare a tradurli per capire se avevano trovato quello che gli interessava.

    Erano fogli scritti fitti a mano da qualcuno che sicuramente era mancino, dato le innumerevoli sbavature la minuscola e disordinata calligrafia.

    Le servirono poche righe per rendersi conto che quello che cercavano non era contenuto in quei fogli, ma avrebbe dovuto leggersi e rileggersi almeno cento volte prima di trovare il messaggio nascosto che l’autore delle carte voleva passare.

    Alla fine il viaggio durò meno del previsto, visto l’orario impensabile le strade erano quasi completamente vuote e Lara immaginò che chi era alla guida avesse saltato alcuni semafori.

    «Dove stiamo andando secondo voi?» chiese Elias ad un certo punto con tono stanco

    Anche lui, come gli altri, si era seduto e aveva appoggiato la testa contro la parete del furgone con aria stravolta.

    «Spero vivamente a casa» rispose Julian alzando le spalle «Non potrei sopportare anche Frank a quest’ora»

    Dopo quasi altri venti minuti di scossoni il furgoncino fermò di colpo e Cole, che stava chiacchierando da tutto il viaggio di niente, battè un colpo sulla parete di lamiera; segno che erano arrivati.

    Julian fu il primo ad alzarsi seguito subito a ruota da Elias, sbloccò la serratura della portiera del furgone e saltò per terra stiracchiandosi la schiena.

    Lara si alzò con tutta calma assicurandosi di avere con sé il cellulare poi afferrò la mano che Elias le tendeva e saltò giù dal furgone.

    «Grazie» disse distrattamente all’amico

    Lui le sorrise facendo un cenno con la testa guardandosi intorno sbuffando affranto

    A Lara era bastato uno sguardo per capire dove si trovavano: Cole li aveva portati direttamente davanti all’entrata dello studio di Andrew.

    L’edificio dove si trovava lo studio era in aperta campagna appena dopo un paesino quasi più piccolo di quello dove aveva vissuto lei per anni.

    La costruzione da lontano poteva essere scambiato per un vecchio casolare ormai disabitato da quanto l’esterno era distrutto e decadente.

    Però bastava entrare e ci si dimenticava completamente dell’esterno.

    Andrew, passati due controlli di guardie e metal detector, aveva allestito tutta la sua centrale lì dentro: c’erano computer di ultima generazione, macchinari che potevano rilevarti da metri di distanza o altri che rispondevano ad una semplice richiesta vocale.

    In più aveva ricavato, ancora Lara non aveva capito bene come, sopra il suo studio una mega palestra, anche quella super attrezzata, dove allenava tutti i suoi collaboratori come amava chiamarli lui.

    «Cole?»

    Lara si voltò con uno sospiro nervoso a cercare l’amico

    Il ragazzo si strinse nelle spalle con aria dispiaciuta

    «Perdonatemi, ma Frank ha chiesto di portarvi qua appena dopo la ricerca»

    Lara maledisse quell’uomo in tutte le lingue che conosceva e si incamminò con passo deciso verso l’entrata.

    Passò davanti al primo controllo senza farci quasi caso; fortunatamente ai primi controlli c’erano due ragazze che la conoscevano bene e, sicuramente notando il suo umore, decisero di farla passare senza problemi.

    I problemi sorsero quando arrivò ai secondi controlli; un ragazzo, di cui Lara non ricordava il nome le si parò davanti con aria decisa.

    «Chi sei tu per saltare i controlli?» chiese con aria arrogante

    Lei alzò lo sguardo cercando di mantenere la calma, Julian ci aveva già litigato tempo prima e non aveva risolto niente, perciò si prese tutto il tempo del caso per leggere il nome sul cartellino del ragazzo.

    «Josh» disse poi con calma fissandolo dritto negli occhi «Come minimo è tre anni che mi vedi tutti i giorni e mi pare di non avere la faccia da terrorista. Ora, sono le due della mattina, sono appena tornata e ho un mal di testa atroce; perciò evita di farmi perdere tempo grazie»

    Questo non si mosse di un passo e alzò un sopracciglio con aria scocciata.

    «Ascoltami» sbuffò Lara questa volta al limite della pazienza «Sono tre anni che tutte le volte fermi solo me e mi metti le mani addosso con la scusa della perquisizione. Questa sera non sono dell’umore giusto, quindi levati di torno»

    Approfittando dello stupore del ragazzo la ragazza ricominciò a camminare scansandolo con una spallata e dirigendosi dritta verso lo studio di Frank.

    «Lara fermati per cortesia»

    La voce di Julian la raggiunse appena prima che la ragazza travolgesse dalla porta dello studio.

    «Jul, che vuoi?» chiese voltandosi con aria stizzita

    «Calma, magari vuole solo sapere come è andata»

    «Dici sul serio? Ci chiama solo quando ha bisogno, figurati se gli interessa sapere come è andata»

    «Ti prego Lara non entrare lì a dichiaragli guerra» la pregò Elias con aria stanca «Non ho voglia di dividervi per evitare una rissa»

    «Lo dici solo perché con te va d’accordo» Lara alzò gli occhi al cielo con aria stanca «E allora parlateci voi»

    A quel punto Julian, dopo averle lanciato un’occhiata indecifrabile, spinse la porta borbottando qualcosa che Lara non capì.

    Lei invece restò un momento tentennante sulla porta finchè Elias non le mise le mani sulle braccia e la spinse dentro delicatamente.

    «Ragazzi, siete tornati finalmente!» esclamò Frank appena li vide entrare alzandosi in piedi Lara lo degnò solo di uno sguardo veloce disprezzante.

    L’uomo, chiaramente vestito di tutto punto in giacca e cravatta, era bello comodo nella sua mega poltrona che faceva le parole crociate.

    «Allora?» chiese poi vedendo che nessuno diceva niente.

    Lara si morse la lingua e strinse i pugni per non rispondere niente.

    Julian allargò le braccia scrollando le spalle «Mi dispiace tanto ma è stato l’ennesimo buco nell’acqua»

    La ragazza si voltò verso Elias lanciandogli uno sguardo dubbiosa e lui per risposta le strofinò le mani sulle braccia come faceva ogni volta che lei aveva freddo come per dire sa cosa sta facendo

    I due parlarono per diverso tempo mentre il mal di testa di Lara continuava ad aumentare ed aumentare ed aumentare.

    «Lara invece tu?» chiese ad un certo momento di punto in bianco

    «Mi stai chiedendo come sto o stai cercando di capire se Julian ti ha mentito?»

    La ragazza si pentì di quella risposta appena vide l’occhiataccia che il fratello le rivolse.

    «Come è andata?» richiese appoggiando i gomiti sul tavolo e fissandola con aria di sfida

    «Ascolta è la quinta casa che ci mandi a perquisire e la quinta volta che non troviamo niente»

    «Ne sei così sicura?» chiese nuovamente con aria innocente

    «No, ti sto mentendo giusto per il gusto di farlo. Sono qua, alle tre della mattina, con uno sbrago in testa e dopo che mi hanno sparato solo perché mi diverto a prenderti in giro e litigare con te»

    Frank sorrise come divertito e si riappoggiò allo schienale con calma

    «Oh mi dispiace tanto, ma magari potresti proporre tu qualcosa ogni tanto»

    Lara, al limite della pazienza, lo fulminò con lo sguardo «Sai, di solito sei odioso, ma alle tre di mattina riesci proprio a superarti.»

    Julian si spostò immediatamente di fronte a lei sfilandosi le mani dalla tasca

    «Non ti conviene ragazzina» la minacciò Frank appoggiando le mani sul tavolo «Io posso…»

    «Cosa puoi fare eh? Il peggio che può succedermi è che tu ti troverai senza qualcuno che ti traduca i documenti» replicò lei alzando gli occhi al cielo «Ah ma aspetta… tu non sei il mio capo. Non puoi fare assolutamente niente»

    A quel punto Elias le strinse le mani intorno alle braccia con più forza, Lara sapeva che quello era un punto particolarmente dolente e che aveva esagerato.

    Frank andava molto fiero di essere diventato il capo e non faceva altro che vantarsi del suo potere.

    Si alzò con impeto sbattendo con forza le mani sul tavolo

    «Cosa scusami?»

    Lara stava per rispondere quando Elias le mise una mano sulla bocca facendola voltare e iniziando a spingerla fuori dalla stanza

    «Niente, niente, né io né Julian abbiamo forze ora per una discussione. Ne riparlerete domani!

    Buona serata capo!»

    CAPITOLO 2

    Quando finalmente Marco arrivò a casa si sentiva tutto il corpo dolorante e stanco; che brutta brutta brutta idea che aveva avuto.

    Lui e Jo dovevano semplicemente entrare in quella casa per cercare dei documenti ed erano quasi saltati in aria entrambi a causa di qualcuno che aveva piazzato dei maledetti esplosivi.

    I due ragazzi avevano passato quasi due settimane controllando e ricontrollando che in quella casa non ci fosse veramente nessuno, ma chiaramente nella notte in cui avevano deciso di entrare loro, avevano trovato il finimondo.

    «Ottima organizzazione veramente» borbottò tra sé e sé mentre saliva gli ultimi gradini.

    Appena si trovò davanti alla porta d’entrata girò la chiave lentamente e aprì la porta dell’appartamento cercando di fare in maniera più silenziosa possibile per non svegliare Sophia.

    Era ormai diverso tempo che la ragazza si era trasferita e che condividevano l’appartamento, ma ancora ogni volta che rincasava tardi si sentiva quasi come un ladro per non fare rumore e svegliarla.

    Il ragazzo richiuse la porta con una smorfia quando la serratura scattò e lanciò uno sguardo al salotto dove vide una luce azzurrina brillare.

    Si sfilò le scarpe e il giaccone godendosi il riscaldamento della casa; era appena cominciata la stagione invernale e il meteo già prometteva pesanti nevicate e forti piogge.

    Strofinandosi le mani si avvicinò con passo felpato alla stanza illuminata e trovò Sophia rannicchiata sul divano con una coperta bianca avvolta addosso che riposava.

    Marco l’aveva conosciuta quasi due anni prima quando aveva iniziato a lavorare nella centrale di polizia: era successo un noioso venerdì di dicembre, la centrale era semivuota e nessuno stava lavorando con interesse quando era entrata una signora gridando contro la figlia perché si era dimenticata qualcosa.

    Le due avevano discusso con toni accesi per svariati minuti poi la madre si era allontanata con aria furiosa con un agente lasciando la figlia ad aspettare.

    Lei senza farsi tanti problemi aveva lanciato uno sguardo al cellulare e si era girata andandosene.

    A quel punto Marco, un po’ curioso di sapere cosa stesse succedendo e un po’ per gentilezza, era uscito per scambiare una parola gentile con la ragazza che sembrava tanto furiosa quanto triste di aver litigato con la madre.

    E, dopo che alle sue prime domande a cui lei gli aveva risposto soffiandogli un anello di fumo in faccia, i due ragazzi avevano cominciato a frequentarsi e Sophia gli si era affezionato come se lui fosse stato suo fratello maggiore.

    Il vero nome della ragazza Marco non lo sapeva, ma si era sempre fatta chiamare Sophia da tutti perciò anche lui aveva adottato quel nome.

    Era una persona particolare; non amava parlare di sé ma da quel che sapeva aveva lasciato la scuola

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