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La retta è un cerchio che non si chiude mai
La retta è un cerchio che non si chiude mai
La retta è un cerchio che non si chiude mai
Ebook73 pages52 minutes

La retta è un cerchio che non si chiude mai

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About this ebook

Dal misterioso incontro tra due persone in un campo di grano, nasce il racconto di questa storia. Una storia diversa di un uomo diverso e di un Dio diverso.
[...] Combattuto nelle intenzioni e nelle emozioni, tornai di nuovo con lo sguardo sulla scena del funerale, ma realizzai che nel frattempo tutto era sparito: la lapide, la fossa, la bara, la gente, il prete e l’intero cimitero. Non c’era più niente, soltanto grano. Grano a perdita d’occhio.
LanguageItaliano
Release dateOct 25, 2018
ISBN9788899405847
La retta è un cerchio che non si chiude mai

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    La retta è un cerchio che non si chiude mai - Luca Francioso

    Narrativa

    Dello stesso autore:

    La retta è un cerchio che non si chiude mai

    A un passo

    The show

    Un ingannevole dubbio

    Uomini di confine

    12 birre

    Il sasso nell’acqua

    Luca Francioso è un artista poliedrico: suona la chitarra acustica, compone e insegna musica, scrive romanzi, racconti e poesie, disegna e si occupa di grafica e web design. Ha una prolifica produzione artistica e un’intensa attività concertistica, in Italia e all’estero.

    Luca Francioso

    LA RETTA È UN CERCHIO CHE NON SI CHIUDE MAI

    Romanzo

    fingerpicking.net

    Tutti gli accadimenti narrati nel libro sono frutto di fantasia e non sono riconducibili alla vita di nessuno, né dell’autore né di nessun’altra persona, in nessun modo.

    Luca Francioso

    www.lucafrancioso.com

    © 2018 Fingerpicking.net

    www.fingerpicking.net

    I edizione febbraio 1998

    II edizione novembre 2018

    ISBN eBook: 978-88-99405-84-7

    Codice: FNAR001E

    Tutti i diritti riservati

    Foto di copertina: Silvia Pasquetto

    Artwork: Luca Francioso

    Ciò che desidero, è che tutto sia circolare e che non ci sia, per così dire, né inizio né fine nella forma, ma che essa dia, invece, l’idea di un insieme armonioso, quello della vita.

    Vincent Van Gogh

    1

    Davanti a me, i quattro uomini delle onoranze funebri portavano sulle spalle la bara in ciliegio ricoperta da una coltre di velluto, dritti sulla schiena e senza apparente sforzo. Mentre li seguivo alla testa di un esiguo corteo, ne osservai a lungo l’abbigliamento scuro e l’incedere composto, figurandomi i loro volti congelati in un’espressione fintamente accorata.

    Nonostante la pioggia incessante, i quattro avanzavano senza esitare sul sentiero di ciottolato malmesso del cimitero, affondando, qualche volta, in piccole pozzanghere di acqua grigia. Quando a uno di loro cedeva la spalla, benché il movimento fosse impercettibile, la bara subiva un piccolo scossone ed io, istintivamente, scattavo in avanti con le mani, terrorizzato dall’idea che potesse cadere.

    Per un attimo provai a immaginare il corpo dentro la bara, afflitto dal timore che ne venisse scombinato il perfetto assetto nell’imbottitura a sacco di raso bianco e che il fazzoletto che gli copriva il volto scivolasse a lato. Quell’eventualità mi infastidiva, così come il fitto borbottio di lacrime trattenute del corteo alle mie spalle. Chi erano tutte quelle persone e che diritto avevano di essere lì? Soltanto io ero meritevole di camminare dietro al suo feretro, perché l’amore che avevamo condiviso negli anni vissuti insieme era stato unico e anche il dolore di quel momento, totale e incomparabile, doveva essere esclusivo.

    Invece, persone a me sconosciute e abili come i portantini a mostrarsi emotivamente coinvolti, si erano accodati al mio ombrello nero, ognuno sotto al proprio, in quel breve tragitto dal carro funebre alla tomba scavata davanti alla lapide, già adornata con girasoli e dalie colorate.

    Provai comunque a non pensare al corteo dei suoi amici, isolandomi nel microcosmo del mio ombrello, e tornai a concentrarmi sulla bara che avevo di fronte. Fui colto da immagini improvvise del suo corpo fra le mie braccia e del suo sangue sulla mia camicia bianca, ricordi che mi tolsero il fiato per interi secondi. Soltanto in quell’istante realizzai che quella era la prima volta che avevo a che fare con la morte e la rivelazione mi rese ancora più inquieto.

    Arrivammo davanti alla lapide in pietra naturale e fissai a lungo il crocefisso che vi era inciso, senza riuscire a trattenere la collera che mi sorprese. Quale Dio avrebbe permesso quella morte improvvisa e violenta? Nessun Dio, se ne fosse esistito uno, perché non avrebbe avuto alcun senso quella crudeltà né l’indifferenza necessaria a compierla.

    In quell’istante, di fronte a un emblema per me privo di qualsiasi significato e verso la cui mistificazione nutrivo numerose perplessità di natura rancorosa, mi pentii di aver scelto il rito della sepoltura cristiana per il suo funerale, considerato che, non potendo contare su nessun parente in vita, io ero l’unico a poterne scegliere la procedura. Tuttavia, benché fosse una cerimonia distante dalle mie ideologie, mi ero lasciato sopraffare dalla forza incondizionata del mio amore, preferendo dunque la funzione funebre prevista dalla sua fede.

    Mi vennero in mente le nostre lunghissime discussioni in merito, confronti che mai erano riusciti ad avvicinare le nostre opposte posizioni, ma che, allo stesso tempo, mai erano riuscite ad allontanarci. Avevamo sempre

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