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Corniola: Le Pietre del Tempo
Corniola: Le Pietre del Tempo
Corniola: Le Pietre del Tempo
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Corniola: Le Pietre del Tempo

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Libro Primo della Saga "Le Pietre del Tempo".

Tutti abbiamo un passato, ma non per tutti è così lontano come per Seth Sangre. Il suo passato risale letteralmente a migliaia di anni fa e l’ha condotto nel presente alla ricerca di qualcosa che possa aiutarlo a salvare il suo Paese dalla distruzione. Si trova nel presente da più di tre anni, ormai, e ha appena trovato ciò che stava cercando.

Mari sognava il college come un nuovo inizio per lei, un modo per ricominciare da zero e non perdere la testa per un bel giocatore di football come le era capitato al liceo. Sfortunatamente per lei, è proprio un bel giocatore di football che le cade in grembo il primo giorno in cui si trasferisce nel dormitorio. Ora deve cercare di rimanere fedele alla sua promessa di non innamorarsi dell’affascinante Seth Sangre. Lui, però, non ha intenzione di rendergli le cose semplici. Seth l’ha già designata come sua prossima conquista. Con il tempo, Mari scoprirà che Seth ha un passato… letteralmente nel passato. All’improvviso, Mari si trova a dover mettere in discussione sia il suo futuro che il suo passato. È molto più legata a Seth di quanto potesse immaginare e forse lui non è il playboy che pensava che fosse. Se Mari riuscirà a fidarsi del suo cuore abbastanza da seguirlo, Seth la guiderà nell’avventura della sua vita, rivelandole segreti di famiglia che lei non sapeva nemmeno esistessero.

LanguageItaliano
Release dateOct 28, 2018
ISBN9781547534326
Corniola: Le Pietre del Tempo

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    Book preview

    Corniola - B. Kristin McMichael

    Prologo

    Tra le ombre proiettate da una torcia, un giovane uomo dai capelli scuri si inginocchia davanti a un altare. Dietro le candele accese, c’è già una statuetta di pietra. Con precisione sistema ogni statua recuperata nella settimana precedente accanto a quella già presente. Ha chiesto aiuto a ogni singola divinità di cui si è ricordato. La sua terra è in guerra con le regioni a est e a sud. Infiniti scontri riempiono i giorni e le notti. Sono forti, ma non è sufficiente. Non ci sarà mai fine. L’attuale re ha spodestato il suo predecessore e il caos domina fuori e dentro i confini del Paese. Senza un erede, nemmeno l’attuale re durerà a lungo. Cambiano i regnanti, cambia la fede, eppure il cambiamento non porta alcuna pace. Sono ancora in guerra. Il suo Paese si sta sbriciolando.

    La sua guardia personale è in piedi accanto all’ingresso della grotta. Sono troppo lontani dalla città per poter trovare un tempio vero e proprio, e quel posto è l’unica cosa a portata di mano che ci assomiglia. Anche nell’arido deserto la gente adora ancora i propri dèi. I suoi migliori amici si inginocchiano accanto a lui, uno su ciascun lato. Quello alla sua sinistra gli passa la pietra che hanno custodito nelle ultime settimane. È la loro ultima possibilità. Quando riprenderanno la loro marcia, sarà verso la guerra.

    Il giovane rimane inginocchiato, in attesa. Ha dedicato la sua intera esistenza al bene del suo Paese. È pronto a fare il possibile per salvare la sua gente, la sua famiglia. L’amuleto con la pietra rosso scuro che tiene tra le mani è incrostato di sangue. Lo bacia e continua a pregare, chinando il capo in segno di rispetto per gli dèi antichi, gli dèi deposti e quelli attuali. Rivolge la sua supplica a chiunque possa aiutarlo. Passando le dita sulla pietra liscia, chiude gli occhi e continua a ripetere la stessa frase ancora e ancora.

    Dèi, aiutateci prima che sia troppo tardi.

    Capitolo 1:

    Benvenuta al College

    Nella mia testa, sapevo perfettamente come sarebbe stato partire per il college. Mi sarei trasferita nei dormitori il primo giorno possibile. La mia famiglia mi avrebbe accompagnata e mia madre avrebbe pianto al pensiero di me che diventavo grande, specialmente considerando che ero la sua unica figlia. Sarebbero rimasti nei dintorni, senza voler ripartire, finché alla fine non avrei dovuto cacciarli via, rassicurandoli che sarei stata bene. È così che tutti se lo immaginano. Eppure eccomi qui, in ritardo di un giorno, a fissare quella che sarebbe stata la mia nuova casa, completamente da sola.

    Mia madre e mio nonno avevano affrontato insieme a me il viaggio di sette ore da Chicago a Minneapolis, ma il nonno era stato richiamato a casa per motivi di lavoro e mamma era dovuta andare con lui. Dopotutto, era lui il suo passaggio a casa. Nonno si occupava di antiquariato e aveva molti clienti potenti e facoltosi. Ormai ero abituata al fatto che lo convocassero all’improvviso. Percorsi le restanti due ore che mi dividevano dal Lago Superiore e da Castor, la bella cittadina universitaria in cui sorgeva la Morton Carole. Avevo scelto una scuola lontana da casa e ora me ne stavo pentendo, seduta fuori dai dormitori del campus, a riflettere sui miei primi passi nel mondo degli adulti.

    Indipendenza. Ecco cosa significava il college per me. Avevo passato tutta la vita con mio nonno e mia madre, e sì, mia madre era opprimente. Non mi aveva mai permesso di andare in gita con i miei amici, oppure di lasciare la città senza di  lei al mio fianco. Si preoccupava ogni giorno del percorso che facevo a piedi per andare a scuola. Odiava le auto e temeva che potessi avere un incidente. Fortunatamente il nonno l’aveva convinta che avrei avuto bisogno di una macchina al college, quindi ora avevo quattro ruote. Sembrava non rimanere mai a corto di cose di cui preoccuparsi.

    Seduta nella mia Civic di seconda mano, mentre guardavo gli enormi dormitori brulicanti di gente, l’indipendenza mi faceva paura da morire. In quel preciso momento, l’unica cosa che ogni neodiplomato voleva mi stava guardando dritto in faccia e io non desideravo altro che restituirla al mittente. Mi stavo trasformando nella matricola più timorosa della storia. Grazie, mamma!

    Dopo aver fatto un profondo respiro, rilassai i nervi e finalmente spensi la macchina per andare al banco d’immatricolazione posizionato fuori. Racimolai tutto il coraggio che riuscii a trovare e aprii la portiera. Il grande edificio squadrato di mattoni davanti a me sarebbe stato casa mia per i prossimi quattro anni. Ero intimidita ed elettrizzata allo stesso tempo. Il college era l’apice del processo di crescita e non vedevo l’ora. Era tempo di iniziare un nuovo capitolo della mia vita.

    Il banco d’immatricolazione era circondato da diversi studenti, seduti tutt’intorno in attesa. I cinque metri che mi separavano dalla postazione furono lancinanti. Mi sembrava che ogni passante fissasse me, la matricola terrorizzata. In realtà, probabilmente nessuno aveva lanciato nemmeno uno sguardo nella mia direzione. Il trasferimento ufficiale era stato il giorno prima, e io mi ero persa l’opportunità di mescolarmi alla massa di studenti nuovi. Ero in ritardo di proposito. Aspettandomi che la quantità di gente sarebbe stata minore, avevo pianificato di arrivare quel giorno con mamma e nonno per darmi una mano. Cercai di concentrarmi sul tavolo, sperando di vedere un viso compassionevole, ma la ragazza che vi trovai mi lanciò un’occhiataccia mentre mi avvicinavo. Attraversai il parcheggio e aspettai. La bellissima brunetta dalle gambe lunghe che mi aveva guardato male ora mi ignorava e parlava con la ragazza accanto a lei. Erano chiaramente amiche. La bruna continuava a parlare e l’altra ragazza continuava ad annuire, senza riuscire a infilarci nemmeno una parola. Rimasi lì ferma, in attesa. Pensavo che il banco d’accoglienza fosse lì per accogliere gli studenti nuovi, ma quella ragazza era tutto fuorché accogliente.

    Sono sicura che entro la fine della settimana tornerà da me. Torna sempre. Sai che non può trovarne una migliore di me. disse la bruna all’amica.

    Povero ragazzo, avrei voluto aggiungere. Ero cresciuta con ragazze come quella. Tutto in lei era falso, dalle ciglia alle tette. La scuola privata mi aveva preparata contemporaneamente a due cose: alle ragazze false e ad avere a che fare con persone con cui non vorresti mai essere collegato.  Quella ragazza ne era l’esempio perfetto.

    Tossii per attirare la loro attenzione. Non mi serviva sapere altro sul povero ragazzo su cui aveva messo gli occhi. La bruna alzò lo sguardo, sorpresa di trovarmi lì.

    Marcella Navina dissi alla ragazza, indicando il mio nome sulla lista.

    Oh, una nuova matricola. disse la bruna, allungando la mano verso la ragazza accanto a lei. L’altra stava rovistando in una scatola, alla ricerca della chiave giusta. Finalmente la trovò e la passò alla brunetta. Benvenuta alla Morton Carole. Se hai bisogno di aiuto, sentiti libera di chiedere. Siamo tutti felici di aiutare le nuove matricole. Dal tono della sua voce, ne dubitavo. Tu sei al Murdley, che è all’altro capo del campus. Pronunciò il nome Murdley con disgusto, come se non riuscisse a immaginare che qualcuno potesse volere rimanere bloccato nel dormitorio dei secchioni. Allungò la mano e la sua leccapiedi vi posò una mappa. Puoi arrivarci attraversando il cortile, usando i corridoi di collegamento oppure passando dall’esterno. Stanza 215. Buona fortuna e benvenuta al college.  C’era un sorriso stampato sul suo viso, ma non arrivava fino agli occhi. Le restituii il mio miglior sorriso falso mente prendevo le chiavi e la mappa. La cartina non mi serviva davvero. L’avevo già memorizzata settimane prima.

    Mentre mi allontanavo, ma sempre a portata d’orecchi, sentii la brunetta aggiungere: Odio le matricole. Pensano sempre di essere migliori di tutti noi. Hai visto come ci parlava dall’alto in basso? Ovvio che avevo parlato loro dall’alto in basso, visto che erano sedute. Non era di certo la più intelligente, immaginai.

    Odio la gente falsa. aggiunsi a bassa voce, mentre ritornavo alla macchina.

    Aprii il bagagliaio e guardai le mie poche cose. Avevo solo un paio di valigie e due scatoloni. Per fortuna i dormitori erano ammobiliati. Guardai i miei miseri possedimenti e sospirai. Stavo finalmente realizzando di essere da sola per la prima volta. Presi lo scatolone più leggero e feci un profondo respiro. Era tempo di andare alla gogna.

    È strano come si possa infilare la propria vita in poche scatole. Mi ci volle un massimo di tre viaggi alla macchina per portare la mia vita nella mia nuova stanza. Non mi ci volle molto nemmeno per disfare i bagagli.  Per quanto mi sembrasse strano, quella stanza di tre metri per tre con due letti, due cassettoni e due armadi sarebbe stata il luogo in cui avrei passato gran parte del tempo per i prossimi quattro anni.

    Mi sedetti sul mio letto e guardai quello vuoto sull’altro lato della stanza. La mia compagna, Sim, sarebbe arrivata più tardi. Era stata in India per tutta l’estate e sarebbe arrivata dopo di me. Non vedevo l’ora di conoscerla, ma non mi dispiaceva stare da sola. Mia madre e mio nonno spesso se ne andavano per brevi viaggi nei finesettimana, lasciandomi alle cure della governante. In più, il sito dei dormitori diceva che il Murdley era quello tranquillo, per quelli che volevano un po’ di solitudine al college. Non mi dispiaceva minimamente. In effetti, io non ero finita al Murdley come gran parte degli studenti. Avevo scelto io quel dormitorio. Non volevo vivere in quello dei festaioli, il Mordoch, che era da tutt’altra parte rispetto al Murdley. I dormitori del Morton Carole erano quattro edifici connessi in modo da formare un quadrato con un cortile interno. Il Murdley rappresentava uno dei lati del quadrato, con il Mordoch sul lato opposto. Ero stata felicissima di scoprire che la mia stanza non si affacciava nemmeno sul cortile interno. Avrei avuto tutta la pace che volevo, e forse un po’ di più.

    Fuori dalla mia finestra, che si affacciava sui tortuosi sentieri del campus che serpeggiavano tra enormi alberi antichi, gli studenti della Morton Carole gironzolavano senza meta. Molti probabilmente erano arrivati il giorno prima e si stavano già facendo degli amici. Non conoscevo nessuno che frequentasse la Morton. Ero a chilometri di distanza da casa mia e da tutti i miei amici delle superiori. L’idea di ricominciare da zero mi faceva un po’ paura, ma era la cosa migliore. Mi sarebbero mancati davvero solo alcuni dei miei amici, e non mi avrebbero scaricata solo perché me ne ero andata in una piccola scuola in mezzo al nulla.

    Mentre perdevo tempo, cercando di inventarmi qualcosa da fare, un grosso acero fuori dalla mia finestra attirò la mia attenzione. Sembrava il perfetto albero da lettura. Mi sarei potuta sedere fuori e godermi la brezza, invece di rimanere chiusa della mia nuova casa soffocante. Mi diressi verso l’albero con il libro sotto braccio. Un albero da lettura era esattamente ciò che mi serviva. Mi sarei fatta nuovi amici più tardi, dopo aver finito il mio ultimo romanzo.

    Riaprii il libro al punto in cui mi ero fermata. Era nuovo e le pagine scricchiolavano. La maggior parte dei miei libri era malridotta a causa delle letture multiple, ma questo no. Era il terzo volume dell’ultima serie a cui mi ero appassionata. L’avevo comprato il giorno stesso in cui era uscito, due giorni prima, e l’avevo già quasi finito.

    Ripresi a leggere. Marie, la protagonista, aveva appena scoperto che la sua migliore amica era in realtà un demone. Che tristezza. La famiglia di Marie discendeva dagli angeli, che cacciavano i demoni. Soffrivo per lei. Fu facile perdermi nella storia e dimenticarmi del mondo che mi circondava. Continuai a leggere e ignorai la persona che mi si sedette accanto sotto il mio nuovo albero da lettura. Nessuno sarebbe riuscito a distrarmi dal mio piccolo mondo. Avevo bisogno di sapere cosa avrebbe fatto Marie. Avrebbe dato la caccia alla sua migliore amica? Potevo sentire una musica immaginaria mentre la storia mi assorbiva sempre più. Se avessi saputo comporre, avrei creato una colonna sonora per ogni libro che leggevo. Il mondo reale era completamente svanito mentre proseguivo nella lettura con la canzone che risuonava nella mia testa. Voltai pagina dopo pagina, senza nemmeno rendermi conto da quanto tempo mi trovassi lì. L’ultima pagina arrivò troppo velocemente e il libro finì. Come per gli altri libri della serie, l’avrei dovuto rileggere da capo.

    Chiusi il libro e alzai lo sguardo da sotto la chioma dell’acero verso il cielo azzurro. Avevo una vita normale, ma le ragazze dei libri vivevano sempre delle avventure. Immaginai che per me l’avventura fosse l’essermene andata così lontano per il college. Il mio futuro era già pianificato, ma avrei dato qualunque cosa per essere una di quelle eroine. Volevo vivere la vita che trovavo in quei libri. Ero ancora persa nei miei pensieri riguardo al finale quando sentii qualcosa cadermi in grembo. C’erano degli studenti che camminavano nei dintorni e alcuni si stavano lanciando un pallone da football. Abbassai lo sguardo, aspettandomi di trovarne uno.

    Non era un pallone da football. La testa di un ragazzo estremamente carino era posata sul mio grembo. Si era ribaltato dopo essersi addormentato accanto a me e aveva continuato a dormire, anche dopo essere caduto. Lo guardai e aspettai che si svegliasse. Cioè, la sua caduta mi aveva distolta dai miei sogni a occhi aperti, eppure lui non dava cenno di volersi svegliare. Continuava a dormire pacificamente.

    Era stupendo, roba da modello di intimo. I capelli scuri avevano un riflesso rosso e gli ricadevano sulla fronte. Aveva zigomi alti e labbra perfettamente disegnate. C’era un’ombra di barba sulle sue guance, come se non si radesse da giorni. Guardai i suoi occhi addormentati che tremolavano sotto le palpebre, e mi chiesi di che colore fossero. L’uomo del mistero continuò a dormire, come se gli capitasse spesso di ritrovarsi sul grembo di ragazze sconosciute e la cosa non lo disturbasse. Dovevo muovermi al più presto, ma ero bloccata e non potevo far altro che ammirarlo. Non aveva la maglietta. Era parzialmente drappeggiata sulla sua spalla, ma soprattutto a terra sotto di lui. I miei occhi vagarono sul suo corpo, notando che era davvero in forma. Tutti i muscoli delle spalle e delle braccia erano perfettamente definiti, così come i suoi addominali. I pantaloncini sportivi erano a vita bassa e mostravano più di quanto avessi mai visto, visto che avevo frequentato un liceo femminile. Distolsi lo sguardo prima che i miei occhi si spingessero più in là. Dovevo smetterla di studiare quel tizio. Voglio dire, era vero che lui mi era letteralmente caduto in braccio, ma io stavo iniziando a sentirmi una maniaca. Com’era possibile che stesse ancora dormendo?

    Mormorò qualche parola nel sonno. Maat mitra. Non sapevo cosa significasse ed ero sicura che si trattasse di un’altra lingua. Quel bellissimo ragazzo parlava un’altra lingua, almeno nei suoi sogni. Una lingua che non avevo mai sentito prima. Continuò a parlare a voce così bassa che solo io potevo sentirlo, ma non c’era una parola in inglese o in qualsiasi altra lingua conoscessi. Era esotico, bellissimo e sdraiato mezzo nudo sul mio grembo. Se fossi stata un po’ più audace, avrei detto di aver vinto alla lotteria. Sarebbe di sicuro diventato il primo giorno di scuola più strano di sempre, ma anche il più imbarazzante non appena si fosse svegliato, trovandomi lì a sbavagli addosso.

    Mi guardai attorno. Nessuno sembrava aver notato il modello di intimo sdraiato sul mio grembo. O forse a nessuno importava. Questo tizio non aveva una ragazza che lo seguiva devotamente? Qualcuno là fuori doveva di sicuro avercela con me in questo momento. Abbassai di nuovo lo sguardo su di lui. Sì, probabilmente era il ragazzo più carino che avessi mai visto di persona, ma ciò non rendeva la cosa meno assurda. Dovevo darmi una mossa, prima che si svegliasse e rendesse tutto ancora più imbarazzante.

    Con delicatezza misi la mano sotto la sua testa. I suoi capelli erano morbidi, molto più di quanto mi aspettassi, e mi distrassero di nuovo. Il colore castano scuro ramato era particolare. Era quasi un castano cioccolato, ma il bagliore rossastro che lo attraversava lo rendeva diverso. Era un ragazzo, ma il colore era davvero grazioso. Il rosso era più lieve di quello dei miei capelli, che era molto acceso. Avrei dato qualsiasi cosa per avere dei capelli scuri come i suoi.

    Tornando alla mia missione, sollevai dolcemente la sua testa in modo da non svegliarlo. Era un po’ più pesante del previsto, ma ero decisa a procedere perché dovevo andarmene in fretta. Più rimanevo e più alta era la probabilità che si svegliasse, ricoperto dalla mia bava. Lentamente feci scivolare via le gambe da sotto di lui e spostai la sua testa a terra, sempre reggendola con la mano. Con l’altra afferrai il mio libro e mi misi in posizione accucciata. Tolsi lentamente la mano da sotto la sua testa e corsi dritta verso camera mia. Schivai gli altri studenti mentre svoltavo l’angolo dell’edificio, diretta alle scale. Si era già messo a sedere, finalmente sveglio, e si stava guardando intorno.

    Non notai i due studenti davanti a me finché non fu troppo tardi. Rimbalzai contro quello più grosso dei due. Era gigantesco – probabilmente il più grosso studente del college che avevo visto. Solo le sue spalle dovevano essere larghe quasi un metro. Mi sorrise e, rapido, mi afferrò per le braccia prima che potessi cadere. Non si mosse di un centimetro. Era tanto solido quanto massiccio, e io ero solo una misera mosca.

    Scusami. mormorai. Dovevo andarmene. Quando avevo svoltato l’angolo, mi era sembrato che il modello di intimo mi stesse cercando.

    Guarda dove vai. rispose il ragazzo alto e allampanato accanto a quello contro cui mi ero scontrata. Era incredibilmente alto, tanto quanto l’altro era grosso.

    Non c’è problema. disse quello contro cui ero andata a sbattere. Aveva la voce bassa, che nascondeva un lieve divertimento. Non mi dispiace quando delle belle ragazze mi vengono addosso. Puoi venirmi addosso quando vuoi, dolcezza. Mi fece l’occhiolino e io arrossii.

    Girai velocemente attorno ai due ragazzi e mi affrettai a tornare in camera. Decisamente un inizio imbarazzante. Mi lasciai cadere sul letto... Forse non sarei sopravvissuta, dopotutto. La Morton Carole era una piccola università con solo poche centinaia di persone per classe. Avrei di sicuro rivisto il modello di intimo, l’allampanato burbero e il tizio grosso nel campus. E, visto che la maggior parte degli studenti viveva nei dormitori, probabilmente li avrei rivisti in mensa più di quanto avrei voluto. Ugh. Il college era appena iniziato e già faceva schifo. Mi tirai il cuscino sulla testa. Forse avrei potuto mettermi sotto le coperte, andare a dormire e ricominciare quella giornata da capo.

    La porta si aprì con un click e mi ridestai dalla mia autocommiserazione. Entrò una ragazza piccina con la pelle olivastra e lunghi capelli scuri, seguita da un uomo con un turbante e da una donna in sari. La mia nuova compagna di stanza, Sim, era arrivata con il tempismo perfetto per distrarmi dal fallimento del mio primo giorno da adulta. Il suo sorriso si allargò quando mi vide e ignorò le ciance del padre venendo verso di me invece che andare nel punto che lui le stava indicando.

    Sono contenta di poterti finalmente conoscere. disse Sim, sempre ignorando i suoi genitori che ora stavano discutendo di qualcosa riguardante la stanza. Tutto quello che riuscii a capire fu che la stanza non era esattamente come quelli del dormitorio l’avevano descritta e la madre di Sim pensava che sarebbero dovuti venire a prendere le misure.

    Hai bisogno di aiuto? chiesi. Qualsiasi cosa era buona per distrarmi, a quel punto. Non c’era rischio che riuscissi a rendere quel giorno peggiore di così.

    Mamma, papà. Sim interruppe i suoi. Scendiamo a prendere le cose dalla macchina. I suoi genitori annuirono e ripresero a discutere dei dettagli della stanza. Mi sorprese che avessero effettivamente sentito Sim. Allungò una mano per prendere le chiavi dalle mani del suo agitato padre.

    Mi voltai per seguire Sim fuori dalla stanza. Serpeggiò attraverso i corridoi di collegamento che non avevo ancora usato. Tutti i quattro dormitori erano uniti, ma in verità era molto più complicato passare dall’interno degli edifici che uscire. Avrei dovuto dirglielo per il viaggio di ritorno. Percorrere gli stretti passaggi portando scatole sembrava promettere solo di peggiorare la mia terribile giornata.

    Quando sei arrivata? chiese Sim.

    Questa mattina. risposi. Abbiamo passato la notte a Minneapolis, piuttosto che presentarci qui alle dieci di sera.

    E i tuoi genitori se ne sono già andati? chiese Sim. Io dovrò letteralmente cacciare via i miei quando tutto sarà sistemato nella stanza, e anche a quel punto dubito che se ne andranno facilmente.

    Mio nonno è stato chiamato da un cliente. Si occupa di antiquariato per privati. Se un cliente ricco chiama, va immediatamente. Se ne sono andati ancora prima che arrivassi qui. Cercai di non farla sembrare una storia triste. Ormai ci ero davvero abituata. Il nonno era stato convocato lontano da casa quasi ogni finesettimana da che avevo memoria.

    Oh, ti sei trasferita tutta da sola? Sim sembrava triste. Anche se aveva appena finito di lamentarsi dei suoi genitori, sembrava apprezzare le loro attenzioni.

    Attraversammo il dormitorio che dava sul parcheggio e ci dirigemmo verso la macchina dei suoi genitori. La berlina di medie dimensioni era completamente ingombra. Non riuscii nemmeno a capire dove si fosse seduta durante il viaggio. Sim prese uno scatolone e una borsa.

    Puoi aspettare qui finché mio padre non scende? In teoria dovrebbe aiutare mentre mamma disfa i bagagli. spiegò Sim. Se c’è una persona che aspetta alla macchina, non dobbiamo continuare a lanciarci le chiavi tra di noi. I miei vogliono che io blocchi sempre le portiere. Han detto qualcosa sul fatto che l’America non è sicura. Sim alzò gli occhi al cielo all’ultimo commento.

    Certo. risposi. Sim tornò sui suoi passi attraverso il parcheggio.

    I miei pensieri iniziarono a vagare e subito mi tornò in mente il modello di intimo. Riuscivo ancora a sentire quanto fossero morbidi i suoi capelli. Avevo quasi voglia di toccarli ancora. Se fossi stata coraggiosa, probabilmente sarei rimasta là seduta con lui più a lungo. Cioè, quando mai mi sarebbe ricapitato di rimanere da sola con un ragazzo come quello? Dovevo smetterla di pensare a lui. Quei pensieri erano un pochino ossessivi e deprimenti, ma non riuscii a frenare la mia mente errante. Non dovevo davvero essere lasciata sola. Mi guardai attorno nel parcheggio, in cerca di distrazione. Non volevo vedere nessuno dei ragazzi che avevo incontrato quel giorno, ma avevo bisogno di qualcos’altro a cui pensare che non fosse

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