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Due cuori sotto l'albero: The Brown Sisters Series
Due cuori sotto l'albero: The Brown Sisters Series
Due cuori sotto l'albero: The Brown Sisters Series
Ebook297 pages3 hours

Due cuori sotto l'albero: The Brown Sisters Series

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About this ebook

Megan Brown, ventisettenne, single, gestisce la contabilità nel ristorante della sua cittadina incastonata tra le splendide montagne del Vermont e lavora part-time nell’unica libreria presente, la “Books and dreams”, che rischia di chiudere.
È una divoratrice seriale di libri, per lo più storie romantiche e sogna la sua, da sempre.
Sta per arrivare il periodo più suggestivo e magico dell’anno, il Natale.
Tra mercatini natalizi, abbondanti nevicate e la sua nemesi, Matt Collins, presente nelle sue giornate ora più che mai metteranno a dura prova il suo povero cuore da troppo tempo assopito.
In vista di un matrimonio speciale e l’arrivo di un ex sgradito, sarà dura per la razionale Megan sopravvivere anche alle feste natalizie insieme alla sua rumorosa e invadente famiglia.
E se proprio la persona che più non si sopporta al mondo risultasse quella che può salvarti?
Due che litigano da anni, si danno addosso e il più delle volte si insultano possono diventare in breve tempo indispensabili l’uno all’altro?
Le strade del destino sono infinite, ma a volte fanno dei giri immensi per tornare dove tutto ha avuto inizio…addirittura al primo amore.
LanguageItaliano
PublisherAriel
Release dateNov 5, 2018
ISBN9788829544790
Due cuori sotto l'albero: The Brown Sisters Series

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    Due cuori sotto l'albero - lucia

    Due cuori sotto l’albero

    Lucia Buono

                                                                                                          Alle sognatrici,

    alle più romantiche,

    a quelle che ancora arrossiscono

    e si emozionano con poco,

    a quelle che credono ancora

    al vero amore e alla favola.

    Alle mie amiche,

    compagne di vita e di mille avventure.

    Capitolo 1

    «Al momento le sto dicendo che vi è il quindici per cento di sconto su ogni libro esposto in libreria.»

    «Solo il quindici? Siamo a Natale se n’è accorta?» Urla John, il nipote del sindaco della città.

    «A dire il vero mancano venti giorni a Natale e per dirla tutta…» Rispondo innervosita. Come se non mi fossi accorta in che periodo dell’anno ci troviamo! Le prime lucine nei negozi e le temperature che scendono vertiginosamente ogni notte ne erano un chiaro indizio!

    «Non m’importa.» Esplode bruscamente. «Penso sia meglio andare in qualche altra libreria dove facciano veri sconti.» Lo dice con il solito sguardo arcigno e tono brusco. Poco dopo si gira, apre la porta e se ne va lasciando dietro di sé quell’odoraccio che si ostina a mettere ogni mattina spacciandolo per profumo di gran classe.

    «Non riesco a crederci…» Borbotto tra me. Sembro una pentola a pressione, in procinto di scoppiare.

    «Ogni giorno sempre la stessa storia.» Continuo con il mio soliloquio e contemporaneamente sistemo gli ultimi pacchi arrivati in libreria.

    Sono i nuovi arrivi, freschi di stampa. Riesco a sentirne l’odore ancor prima di togliere la protezione e rigirarmeli fra le mani. Inizio a sfogliarli e ad annusarli. Sembra la mattina di Natale!

    Sono bellissimi e profumano di speranza, di gioia, di amore, di forza e di nuove possibilità.

    O almeno è ciò che i libri mi trasmettono in maniera incondizionata da anni.

    Improvvisamente ero tornata alla calma, era il potere dei libri. Non pensavo più a quell’avaro di John, ma solo allo scaffale migliore dove posizionare quei gioielli della narrativa.

    Molti dei quali sicuramente prima di Natale sarebbero entrati di diritto nella mia di libreria, ma questo ormai era una tradizione per le libraie. Lavorare in una libreria aveva i suoi mille vantaggi e per me era un sogno occupare quella posizione, ma alla fine del mese nella cassa ci lasciavo molto più di quanto guadagnassi, in realtà.

    Ero ben felice di farlo, i libri sono i migliori compagni che si possano avere in questo grande viaggio chiamato vita e io questo lo sapevo bene.

    In quell’inchiostro e in quelle semplici pagine bianche io da sempre trovavo qualcosa che mi aiutasse…erano il mio antidoto personale alla malinconia. Esattamente come riusciva a esserlo una cioccolata calda o una fetta di torta al momento giusto.

    Perché sì, io Megan Brown, nonostante lo dessi a vedere a pochi, non sempre ero felice e soddisfatta. Non come avrei voluto, per lo meno.

    Mi crogiolo da sempre in mille dubbi e paure che non mi permettono di vivere serenamente. Avere ventisette anni e gestire la parte contabile di un ristorante non mi entusiasma da troppo tempo ormai, ma in compenso mi permette un minimo d’indipendenza economica. Non si può avere tutto dalla vita.

    Per di più donare il proprio tempo libero per dare una mano alla cara signora Grace, proprietaria della Books and dreams, unica libreria locale incastonata tra le splendide montagne del Vermont, mi riempie di gioia, certo, ma porta via le ultime forze che possiedo e in serata non vi è nulla che non contempli un letto e un sonno inevitabilmente comatoso.

    Quindi inutile anche accennare alla mia vita sentimentale. In teoria difficile e poco fattibile. In pratica inesistente.

    «Tesoro, non borbottare sempre, con quell’espressione così irritata, ti si formeranno delle rughe…su.» Sento dirmi dalla cara signora Grace.

    «Sì, mi scusi, è solo John.» Rispondo sconfitta.

    «Ecco cos’era quella puzza! Prima o poi qualcuno dovrà dirglielo che deve cambiare l’eau de toilette.»

    Io riesco solo a farle un sorriso e mi rimetto immediatamente a riempire gli scaffali.

    Stavano già prendendo forma, creando un’atmosfera unica. Era un paradiso per gli occhi e per il cuore vedere tutte quelle storie che aspettavano solo di essere sfogliate, lette e amate.

    Chissà che per Natale la cassa della Books and Dreams potesse riempirsi. La libreria arrancava da diverso tempo, nonostante la signora Grace non volesse ammetterlo.

    Purtroppo la lettura non era una passione di molti e neppure un semplice hobby e con i grandi negozi virtuali le persone si erano allontanate fisicamente da questi luoghi così intrisi di fascino, di storia e magia.

    Dopo aver sistemato gli ultimi libri, prendo gli scatoloni rimasti vuoti e inizio a portarli tutti nel magazzino adiacente, così che si possano poi riutilizzare, magari proprio per la prossima tinteggiatura della libreria che prevedo avvenga in primavera.

    Ritorno impolverata e stanca alla cassa. Ormai è quasi orario di chiusura. Sto per prendere i soldi della giornata e riporli nella cassaforte, quando sento il campanello sulla porta tintinnare, alzo lo sguardo e vorrei così tanto aver chiuso cinque minuti prima.

    Ad apparire oltre la soglia sono le due arpie, le due pettegole più stronze della cittadina, madre e figlia, Beth e Susan.

    «Oh, lo dicevo io che sarebbe stata aperta…come potrebbe essere il contrario?!Con tutti i problemi finanziari che hanno!» Disse a squarciagola e fintamente dispiaciuta Beth, l’acerrima nemica della mamma.

    «Problemi finanziari? Di cosa state parlando signore?» Dico prontamente, alzando il viso e guardandole negli occhi.

    «Oh, devi scusarci cara, ma lo sanno tutti, non ve la state passando bene qui…» Indicò con gesto teatrale la libreria.

    «Non so davvero chi vi abbia informato. Nessun problema finanziario.» Rispondo di getto.

    Poso lo sguardo sul viso della signora Grace e mi si stringe il cuore nel leggerne dolore.

    «Davvero?» S’intromise Susan, la figlia, la tettona di plastica che odiavo dal liceo, con un sorrisino arrogante.

    «Sì, Davvero.» Affermo risoluta.

    «Strano, non riesco a capire come possiate fare affari in un luogo così…» Si mise a gesticolare indicando gli scaffali, la cassa, gli scatoloni… «Chi potrebbe voler mettere piede in un negozio che vende questa roba…» e lo afferma con tono di sdegno.

    Le faccio un piccolo cenno per avvicinarsi e le dico: «Come potresti…dovresti saper leggere prima per poter entrare in un luogo come questo e carpirne la bellezza!». Lo dico in tono quasi solenne. MAI offendere o schernire una libreria in mia presenza!

    Le sue labbra a canotto rosse formarono inizialmente una O, poi si ridussero a fessura, almeno per quanto fosse possibile. Poi la sentii dire: «Mamma, andiamocene, presto di questo posto non rimarrà che un ricordo.» E con la sua chioma fluente girò i tacchi e uscì. Di seguito la mamma arpia disse: «Lo farò presente a tua madre, possibile che Janet abbia fatto delle figlie così maleducate e irrispettose?! Voglio dire…anche tua sorella Lily, sembrerebbero averla vista in compagnia del signor Cooper. Lui era fidanzato, per Dio!» Cerco di contare fino a dieci come mi aveva insegnato la mamma, ma non arrivo neppure al numero tre che scoppio.

    «Signora, non penso sia affar suo ciò che fanno nella loro vita privata mia sorella e il signor Cooper. Non pensa? E comunque, per la cronaca, Alicia era la sua ex fidanzata.» Ci tenni a chiarire.

    Mentre lei tentava di carpire altre informazioni rincarai la dose. «E comunque penso che La Cittadina (Per non dire solo lei e la figlia) dovrebbe pensare a cose molto più serie, che alla vita sentimentale di mia sorella…non crede?»

    Mi lancia un altro dei suoi sguardi accigliati e segue la figlia.

    Appena la porta si richiude. Mi tolgo il sorriso beffardo dal viso e rivolgo lo sguardo più triste e sincero che avessi verso la Signora Grace.

    «Sta bene?» Mi accerto.

    «Sì, cara, ma è vero, questo posto chiuderà se non troverò al più presto una soluzione!» Lo afferma con un tono così sofferente e addolorato che mi sale il magone.

    «La troveremo. Lasci fare a me!» Ne ero certa!

    «Non posso lasciarti questo peso. Devo occuparmene io. Hai già la contabilità del ristorante e poi mi aiuti qui. Cara, devi avere del tempo per te, per la tua vita.» I suoi occhi erano colmi di affetto.

    «Ma questa è la mia vita!» Rispondo rapidamente. E appena le parole escono fuori mi accorgo che ciò che ho detto è la pura e semplice realtà dei fatti. La libreria per me era tutto. Lo sentivo dal profondo di me. Lì mi sentivo bene. Lì mi sentivo a casa. Mi sentivo utile. Amavo quel posto.

    La signora Grace mi rivolge uno sguardo pieno d’amore. Mi accarezza piano il viso e dice: «Sei un tesoro Meg.» E io grata di rimando le faccio un sorriso.

    «Allora cos’è questa storia? Lily e Trevor insieme?» Mi chiede curiosa.

    «Sì. Era solo questione di tempo. Quei due si appartenevano dal primo giorno che le loro strade si sono scontrate» E sorrido al ricordo del loro primo incontro in aereo.

    «Sono davvero felice per loro. Mi piacciono insieme.» Dichiara. «Sì, anche a me!» Lo affermo pensando ai mille ostacoli che hanno dovuto superare in così poco tempo, e al grande amore che li lega.

    Chissà se un giorno anche io potrò vantarmi di un amore come il loro?!

    Mi ero lasciata trasportare da quei pensieri, quando sento lo sguardo della signora Grace che mi scruta.

    «Direi che è arrivato il momento di andare a casa. Domani è un altro giorno, e come dice una vecchia canzone che adoro… Que sera, sera...». Mi sorride e cominciò a spegnere alcune delle candele che avevamo acceso per rendere l’atmosfera della libreria più gradevole e suggestiva.

    Allora mi appresto a prendere la borsa, a indossare il cappotto verde, la sciarpa color crema e il cappello coordinato ed esco accolta dall’aria rigida e pulita che da giorni promette neve.

    «Eccomi, amore mio, sono a casa. Dove sei? È tornata la mamma…» Dico con la mia solita voce da scema. Nessun rumore.

    «Darcy?»

    Nessun rumore.

    «Darcy, dove sei?» Lo dico in tono allarmato questa volta.

    A un tratto lo vedo. Con la sua testolina nera sbuca da sotto il letto e mi fa tornare il sorriso e il mio cuore riprende a battere regolarmente.

    Lo prendo in braccio e dopo averlo strapazzato di baci e coccole, lo lascio sul divano dove pensa bene di mettersi comodo e nascondersi sotto l’enorme plaid rosso.

    Io nel frattempo indosso il pigiamone rosa oversize con gli orsetti. Era il mio preferito, anche se non l’avrei ammesso neanche sotto tortura. Prendo in cucina una tazza dove rovescio dell’acqua calda fumante. Mi preparo un sandwich e mi accoccolo accanto a Darcy. Il mio compagno di vita.

    Dopo aver letto soli tre capitoli di Cime Tempestose, chiudo di colpo il volume e capisco che mi sarei concentrata poco per quella sera…almeno fin quando non avessi trovato una soluzione valida per salvare la libreria. Altrimenti non mi sarei mai potuta godere a pieno la struggente storia tra Heathcliff e Catherine.

    Dovevo fare qualcosa, ma cosa?!

    Capitolo 2

    Saluto Darcy come al mio solito, baciandolo e accarezzandolo e do inizio alla mia giornata.

    Dopo una notte agitata e insonne mi stringo sempre più il cappotto verde addosso e nascondo il viso nell’enorme sciarpa per cercare di sprofondare nel mio stesso tepore. Le temperature sono troppo rigide per sperare nella discesa della tanto attesa coltre bianca. In realtà già a novembre aveva fatto capolino, ma con le feste alle porte vi era più attesa del solito.

    Sono ancora le sette del mattino e c’è pochissima gente in giro. I negozi pian piano aprono le loro porte e ne fuoriescono i primi profumi. L’odore del pane riempie l’aria come i biscotti appena sfornati, le fragranze delle bevande aromatizzate con cannella, timo e coriandolo mi provocano l’acquolina in bocca.

    Mi fermo al chioschetto di Anne e prendo il mio solito caffè lungo con una spruzzata di cannella e tanta panna.

    Ormai la metto dappertutto, e non solo perché siamo in pieno clima natalizio. L’adoro.

    Mi dirigo al ristorante e mi metto subito al lavoro.

    Lo gestisco da almeno quattro anni, da quando sono tornata in città, dopo essermi laureata in lettere. Mi occupo dei libri contabili, perché oltre ad avere da sempre la passione per la lettura sono brava anche con i numeri.

    Al contrario di Matt, che a stento riusciva a terminare un’equazione di primo grado. Penso.

    Cerco di scacciare Matt, l’odioso Matt, dalla mia testa e al fatto che potrei vederlo in città per tutto l’inverno. Lavora alla fabbrica di legnami del padre. Suppongo dovrò abituarmi all’idea di poterlo incontrare per strada.

    Rassegnata all’idea, mi concentro sul mio progetto per incrementare i guadagni alla Books and Dreams.

    Dopo averci lavorato per almeno tre ore di fila e aver sparso nel piccolo studio, una miriade di foglietti volanti con percentuali e operazioni. Esulto entusiasta. «Siiiiiii!» Inizio a improvvisare un balletto tutto mio per festeggiare.

    Fin quando non sento qualcuno tossire.

    Mi volto imbarazzata e scorgo un volto che avrei sperato di non rivedere mai più in vita mia.

    La mia felicità viene raggelata.

    «Wow. Che accoglienza.» Mi dice con il suo solito sguardo beffardo.

    «Jason.» Riesco a dire, in un sussurro. Sento la gola serrarsi. Il viso tirare e le parole mi muoiono in gola.

    «Megan. Devo dire che sei ancora più bella di quando ricordassi.» Lo dice squadrandomi per bene. Riuscivo a sentire i suoi occhi su di me. Sul mio corpo. Mi sentivo bloccata e sopraffatta.

    Bella…davvero? Eppure lui mi faceva sentire tutto il contrario un tempo. Penso.

    «Che ci fai qui?» Riesco a dire. Il suono che ne esce è timido. Come mi odiavo per essere così con lui!

    Mi fissa con i suoi grandi occhi azzurri che all’improvviso sembrano essere molto più gelidi di quando li ricordassi. «Sono tornato per le vacanze. Sai, ho ancora parte della mia famiglia qui e alcuni immobili di cui occuparmi.»

    Poi continua dicendo: «Ero certo di trovarti qui.» Trasalisco a quelle parole, mentre lui sembra esserne compiaciuto.

    «Su Megan, è passato così tanto tempo. Pensavo che…»

    «Che cosa?» dico aspramente. La mia voce finalmente reclamò parola.

    «Che potremmo ricominciare a vederci…sai, frequentarci. Siamo adulti adesso.» E mi rivolge un’altra delle sue occhiate eloquenti.

    Sento le gambe cedere e il respiro accelerare. Mi gira la testa.

    «Spero che tu stia scherzando. Noi due non abbiamo più niente da dirci. Ora se vuoi scusarmi, ho tanto lavoro.» Dico semplicemente.

    «Si, l’ho notato.» Dice e osserva il casino in cui versa il mio ufficio.

    Cerco di non guardarlo e torno convulsivamente sui miei mille fogli, per evitare d’incrociare il suo sguardo.

    «A presto Megan.» Mi rivolge risoluto. Più che un saluto alle mie orecchie è sembrata una minaccia.

    Appena Jason varca la soglia e lascia il ristorante mi accascio sulla sedia e mi torna in mente tutto. Tutto quello che ho vissuto. Tutto quello che ho cercato di dimenticare e di superare.

    Era tornato. Il mio ex fidanzato…. Era in città.

    Cazzo.

    Capitolo 3

    «Tesoro, ti vedo strana, sei pallida. Stai bene?»

    «Sì, signora Grace, non preoccupatevi.»

    Non stavo bene. Non da quando quella mattina avevo rivisto l’uomo che mi aveva reso debole per quattro anni. Quattro lunghi anni. L’uomo che pensavo un giorno sarebbe diventato addirittura mio marito. Sentivo la nausea assalirmi.

    Dovevo allontanarmi per ritrovare un po' di serenità, le mie insicurezze stavano tornando. Allora lascio Grace alla cassa data la poca affluenza e mi dirigo in magazzino dove effettuo la tecnica dell’espirazione e inspirazione così da portare nuovo ossigeno alle sinapsi e cercare di soprassedere al fatto che anche il mio ex si vedrà spesso in giro.

    Prendo la scala e per impegnare la mente decido di tirare giù gli scatoloni degli addobbi natalizi.

    È arrivato il momento di decorare la libreria. Mentre inizio a scendere, con un pacco di luci, mi accorgo che il piede salta uno scalino e sento la terra mancare sotto ai piedi. È un attimo. Penso già alla rovinosa caduta che mi aspetta, quando sento cingermi al volo da due braccia vigorose.

    Mi aggrappo a lui come se fosse la mia ancora di salvezza. Solo dopo essermi ripresa dallo shock iniziale mi accorgo che gli sono ancora in braccio e che gli sono avvinghiata al collo. Soltanto sentirne l’odore mi fa intuire chi sia. Lascio la presa sul suo collo e tendo di scendere ma la sua è salda. «Che fretta hai? Non sei comoda fra le mie braccia?!». Non ho bisogno neppure di vedere il suo viso per capire che ha stampato un ghigno divertito e gongolante.

    «Per niente, te l’hanno mai detto che questi così…» E gli tocco i muscoli delle braccia «sono ostici ed esagerati?»

    Lo sento ridere e le vibrazioni inondano anche il mio corpo. Mi lascia andare e mi rimette a terra.

    Mi volto e finalmente lo guardo. Matt Collins. L’uomo più egocentrico, fastidioso e farfallone che conosca.

    «Beh…nessuna si è mai lamentata.» Risponde sardonico.

    «Sfido io, esci con oche giulive che non sanno mettere neppure un piede dietro l’altro …»

    Lui sorride. Perché sorrideva sempre?!

    «Mmmh… allora?» Mi si avvicina con i suoi occhi verdi e vispi. All’improvviso il suo profumo di legna, aria aperta e bosco m’invade le narici.

    «Allora cosa?» Dico di rimando scrollandomi di dosso quella sensazione di benessere.

    «Sai, dalle mie parti si dice GRAZIE, quando qualcuno ti salva la vita.»

    «Salvare la vita? Addirittura! Neanche fossi Superman e mi avessi salvata da un grattacielo in fiamme.»

    «Quindi per ricevere un tuo grazie dovrei lanciarmi tra le fiamme? Questa me la segno. Non si sa mai che accada.» E mi regala un occhiolino.

    «Come ti pare. E comunque i tuoi mezzucci usali con le altre, non come me.»

    Mi guarda disorientato. «Mezzucci?»

    «Si, l’occhiolino…le altre ne morirebbero. Con me è sprecato.»

    «Al contrario a te non fanno effetto. Giusto?»

    Si avvicina ancor di più. Ho la schiena che poggia al muro e il suo maglione sfiora quasi il mio.

    Averlo così vicino mi rende impossibile non notare le pagliuzze dorate che ha nelle iridi. Le spalle ampie e il torace forte. Riesco a vedere anche la sua barba un tantino cresciuta. Le mie dita vorrebbero sfiorarla. Lo sento.

    «No. Nessun effetto.» Dico con la voce più ferma che possa adottare.

    Lui mi lancia uno sguardo indecifrabile. Sembrerebbe colpito ma anche pensieroso.

    «Devi prendere altri scatoloni per caso?» dice indicandomi la scala, lo chiede con tono meno scherzoso e mettendo un po' di distanza tra di noi, indietreggiando di qualche passo.

    «No, gli altri sono tutti in basso. Ce la faccio da sola.»

    Mi scruta per un attimo e mi saluta: «Allora, ci vediamo Meg.» con un cenno della testa.

    Chissà che gli è preso?!

    «Megan…il signor Collins è già andato via?» Mi chiede Grace tutta baldanzosa.

    «Sì, aveva fretta… forse qualche nuova conquista.»

    «Mmmh, non penso…secondo me è un gran bravo ragazzo!»

    «Non si faccia abbindolare dai suoi gran begli occhi, dai suoi muscoli ben torniti e dal suo sorriso smagliante.»

    «Mmmh…quindi anche tu l’hai notati eh?!» Mi schernisce la signora Grace facendomi un occhiolino. Oddio, anche la signora Grace ci mancava oggi.

    «Comunque, che peccato poteva aiutarci.» Dice cambiando, per così dire discorso…

    «Non c’è niente che non possa fare da sola, Signora Grace si fidi.»

    «Lo so, lo so…ma a volte si deve chiedere aiuto, fa sempre piacere avere anche la sola presenza di qualcuno nella propria vita.»

    «Forse ha ragione, ma non penso che la presenza di Matt sia indispensabile nella mia.» Lo dico in tono più sicuro di quanto volessi… "Ma perché in fondo sento di aver detto

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