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L'uomo che uccise Dio
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L'uomo che uccise Dio

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Padre, morirà tra sette giorni.

Padre Dimitri si prepara, come d'abitudine, a compiere i suoi lavori domenicali, ma la scoperta di un inquietante biglietto e l'esplosione di una bomba proprio nelle vicinanze della chiesa stravolgerà tutto.

Nel frattempo Gabriel, un giovane la cui vita è stata segnata da una terribile tragedia comincia ad essere perseguitato da due loschi individui che iniziano a giocare con la sua mente. Un'inaspettata catena di eventi finiscono per scaraventarlo nell'occhio del ciclone. Il giovane si ritroverà al centro di una terribile lotta scatenata dal desiderio di vendetta di una mente sadica, rischiando di essere accusato ingiustamente di terrorismo.

Entrambi, il sacerdote e il giovane saranno costretti a risolvere un terribile mistero che metterà a dura prova la loro fede e tutto ciò in cui credono.

Con l'aiuto di Elisa, eccellente psichiatra, e Halloran, commissario di polizia Gabriel e Dimitri avranno solo sette giorni di tempo per schivare la morte e avere salva la vita.

Inganno, azione e mistero si coniugano perfettamente in uno dei thriller più audaci degli ultimi decenni. 

LanguageItaliano
Release dateNov 10, 2018
ISBN9781547555857
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    Book preview

    L'uomo che uccise Dio - Juan Carlos Arjona Ollero

    L’UOMO CHE UCCISE DIO

    Gabriel si alzò lentamente, trascinando i suoi piedi pesanti come piombo. Stava ancora dormendo? Non lo sapeva. Sembrava uno di quei casi in cui non riusciva mai a capire bene se si trovasse ancora nel regno di Morfeo o stesse deambulando con il letargico passo di un morto vivente nel modo reale; preda di un attacco di sonnambulismo. In ogni caso, gli era impossibile uscire da quella condizione. Camminava lentamente ma con andatura regolare lungo il corridoio. Nonostante penombra della notte, riuscì a distinguere delle sagome, figure confuse, dovevano essere i suoi mobili e il resto degli oggetti che arredavano la sua casa.

    Gabriel sentì qualcosa e immediatamente dopo un colpo. In qualsiasi altra situazione quel rumore gli avrebbe fatto rizzare i capelli in testa, eppure in quel momento sembrava sedato da una pericolosa calma. La paura, come meccanismo di difesa, che doveva indurlo a nascondersi da un possibile intruso non si era nemmeno affacciata alla sua mente; sentì la porta chiudersi e si affrettò per raggiungerla e verificare cosa stesse succedendo.

    I piedi di Gabriel recuperarono la loro forza, si mossero di nuovo spinti da un impulso che non avrebbe saputo descrivere.

    Sarebbe potuto succedere qualcosa più strano di ciò che vide?

    La porta che adesso aveva aperto conduceva a un unico posto, e ciò che vedeva dipingersi davanti ai suoi occhi non poteva che essere l’inferno.

    Un albero con i suoi rami deformati come mai ne aveva visti prima apparì davanti a lui... in cima a quei rami c’era una donna impiccata con gli occhi aperti, nessuno si era preso il fastidio di chiuderli. Quell’espressione di perpetua fatalità s’inchiodò direttamente negli occhi di Gabriel. Il suo corpo non rispondeva, era solo un contenitore vuoto derubato della sua capacità motoria nell’esatto istante in cui le pupille della donna morta erano entrate in contatto con le sue. In quel momento, e per alcuni secondi, Gabriel fu convinto che non potesse essere altro che un brutto sogno.

    Soffiò una brezza gelata; tutti poterono sentirla, non importava dove fossero, se dormissero o fossero svegli, se colpevoli o innocenti, quella brezza e la notte divennero testimoni, stava per succedere qualcosa di spaventoso.

    Capitolo 1

    Distinti saluti, la Morte

    Padre, morirà tra sette giorni.

    Dimitri contemplò per la terza volta quella sottile grafia. Aveva trovato il biglietto alcuni minuti prima, appena entrato in sacrestia. Sbottonò il colletto della tonaca nel vano tentativo di respirare meglio, dopotutto, i sacerdoti non sono abituati a sussulti del genere.

    -Da dove è saltato fuori questo biglietto?- pensò.

    Il sacerdote esaminò gli angoli della chiesa meticolosamente, perlustrando fino al più piccolo dettaglio, se qualcuno si fosse intrufolato in chiesa, avrebbe dovuto lasciare qualche indizio. Le sedie, la scrivania, i cassetti e persino il tappeto si trovavano nella stessa posizione in cui erano stati lasciati. Nonostante il biglietto fosse abbastanza esplicito, tornò a leggerlo come per trovarne un significato ulteriore.

    Chi lo stava minacciando? In fin dei conti, Dimitri era solo un sacerdote come tanti altri in una città qualunque. Girò il biglietto e si rese conto che sul retro si era lasciato sfuggire qualcosa, una foto o, per meglio dire, il frammento di una foto nel quale si poteva osservare un bosco dall’aspetto sinistro che, per qualche ragione, a Dimitri sembrò familiare.

    Non le venga in mente di chiamare la polizia...

    Quella frase era scarabocchiata con la stessa grafia del messaggio sull’altro lato del biglietto.

    -Dio...

    Avvicinò a sé la sedia della sua scrivania e si lasciò cadere pesantemente su di essa, sentiva la paura.

    La situazione era tanto inaspettata quanto terrificante. Il sacerdote si sentì immerso in uno di quei film emozionanti che tanto adorava quando era giovane. Eppure, tutto ciò, lontano dal divertirlo, gli faceva provare una paura totalmente aliena. In quel momento ebbe solo voglia di uscire correndo per andare direttamente in commissariato o verso l’ufficio del detective privato più vicino. E invece Dimitri fece l’unica cosa che gli riusciva meglio, quella che aveva sempre fatto tutte le volte che la situazione era diventata troppo grande per lui: cominciò a pregare.

    -Signore, Re del Cielo, Dio Padre onnipotente al cui sguardo nulla sfugge. Oh, Padre! Non abbandonarmi in questa notte buia, invia i tuoi angeli a proteggere il mio cammino.

    Angeli

    Quella parola catturò la sua attenzione tanto quanto bastava perché la sua preghiera cessasse di colpo.

    Dimitri si alzò e camminò fino al ripiano, dove si trovavano tutti i volumi che componevano la sua magnifica collezione. Fece strisciare le sue lunghe dita sui dorsi impolverati di quei libri. Era fermamente convinto che fosse vera la teoria secondo la quale era possibile conoscere una persona attraverso i libri che leggeva.

    -Dove stai? Viscido... ah! Trovato! – esclamò il prete nell’imbattersi con il volume che stava cercando; lo estrasse con grande attenzione, come chi maneggia un tesoro d’inestimabile valore. La copertina del libro era decorata con una grafia perfetta.

    FILII DEI

    Dimitri prese il libro e ammirò la copertina. Sentì quel piacevole brivido percorrere la sua schiena come tutte le volte che entrava in contatto con quel libro, sebbene libro era forse un termine esagerato per il suo personale Diario dei sogni. Aveva cominciato a scriverlo parecchi anni fa, talmente tanti anni fa che non riusciva a ricordare di preciso quando lo avesse cominciato. Tastò affettuosamente la copertina con le sue dita, sentiva un affetto speciale per quel manoscritto. Lo aprì e la foto del piccolo Gesù lo salutò con l’inerzia e il silenzio di sempre.

    -Non c’è nulla da temere fino a quando Dio è dalla mia parte.

    Dimitri parlava a voce bassa, nella forma di un voluttuoso sussurro incontrollabile, come se le parole non fossero capaci di rimanere dentro di lui. Le sue dita si muovevano velocemente passando in rassegna le pagine in cerca di qualcosa; non sapeva di cosa si trattasse in realtà, ma sentiva che lo avrebbe scoperto non appena l’avesse visto. Tuttavia alla stessa maniera in cui era cominciata la frenetica ricerca, si arrestò di colpo giungendo alla sua conclusione.

    Il libro rimase aperto verso la metà, si bloccò su una pagina che in quel momento non ricordava di aver scritto, ma che senza dubbio apparve interessante ai suoi occhi.

    MANUS DEI

    Era il titolo che sovrastava l’illustrazione. In essa si notava una coppia di angeli, in ginocchio, con spade fiammeggianti, mentre pregavano. Il disegno era così bello, dettagliato e artistico che si sarebbe potuto facilmente pensare fosse un’opera di Da Vinci o Michelangelo. Un’illustrazione meravigliosa che sarebbe potuta tornare utile per alcuni dei brani delle costose Bibbie romane conservate in chiesa. Se non fosse stato per quel dettaglio così macabro: gli angeli non avevano le ali, al loro posto si trovava quel che restava di un arto sanguinante che doveva essere stato amputato in maniera dolorosa. La cosa più bizzarra dell’illustrazione era che gli angeli non mostravano dolore sui loro volti, come se la loro incrollabile fede li rendesse immuni a tale mutilazione.

    La semplice vista di tale immagine avrebbe sorpreso, disgustato e persino terrorizzato chiunque, eppure Dimitri sorrise.

    Era stata una pura casualità che la sua preghiera disperata lo avesse portato a prelevare il suo Diario dei sogni? Era davvero una coincidenza il fatto che si fosse imbattuto in un disegno che non ricordava di aver realizzato?

    Non poteva essere in alcun modo una coincidenza. Per il sacerdote era un segnale inequivocabile che Dio voleva sostenerlo, perciò, non doveva temere, né preoccuparsi di nulla. Dio aveva parlato attraverso quel libro.

    -Grazie, Signore- disse Dimitri già più sollevato di quanto non fosse stato fino a pochi minuti prima. Il minaccioso biglietto che aveva ricevuto non lo preoccupava più tanto, sebbene continuasse a ritenerlo misterioso. Il sacerdote camminò nuovamente verso la libreria e tornò a fissare il Filii Dei tra il resto dei polverosi volumi.

    -La cosa migliore sarà pensarci con calma...

    Dimitri lanciò un’occhiata di traverso alla scrivania sulla quale aveva trovato il biglietto. Per il momento avrebbe cercato di non pensarci. Avrebbe occupato la sua mente e il suo tempo con i suoi lavoretti domenicali per distrarsi dalla minaccia. Questo pensiero lo confortò e iniziò a considerare l’idea che probabilmente si trattasse di un crudele scherzo di cattivo gusto. A volte doveva trascinare fuori dalla chiesa un paio di adolescenti ribelli che rimanevano più tempo del dovuto in chiesa, dedicandosi ad accedere alle zone vietate al pubblico, come la sua sacrestia.

    -Sì, probabilmente è andata così.

    Si avvicinò all’ampia finestra del suo ufficio, fece scorrere le tende e si rallegrò nel vedere le persone camminare in tutta tranquillità per i marciapiedi; andavano e venivano senza alcuna preoccupazione e molte di loro si dirigevano verso la porta della chiesa. Il sacerdote si sentì sollevato nel vedere che il suo gregge si preparava a partecipare all’incontro con Dio. Quel pensiero fece sì che un sorriso si disegnasse sul suo volto, anche se svanì con la stessa velocità con cui era apparso.

    Il suono sottile delle lancette del piccolo orologio sulla parete annunciò le undici in punto e per tanto era giunta l’ora di cominciare il servizio religioso. Controvoglia, iniziò a retrocedere e allontanò lo sguardo dai suoi fedeli. Fu proprio in quell’istante che notò qualcosa d’inusuale: si allontanavano, seguendo la strada, due uomini che non aveva mai visto prima, considerevolmente alti e con i capelli biondi come l’oro, si allontanavano a grandi falcate. Le persone intorno restarono indifferenti e non sembrarono badare a quei due, come se fossero stati invisibili alla vista di quelle persone terrene.

    -Angeli... - pensò Dimitri involontariamente.

    Perché, non somigliavano forse agli angeli che tante volte aveva visto nei dipinti, nei disegni e nei sogni? Come se non bastasse, successe qualcosa di ancora più bizzarro: uno dei due uomini si fermò all’improvviso e si voltò in direzione della chiesa. In quell’istante Dimitri entrò in contatto visivo con l’estraneo che alzò la mano per salutarlo. Di seguito, l’uomo riprese il suo cammino accanto al tipo che lo accompagnava ed entrambi sparirono.

    Improvvisamente una macchina parcheggiata di fronte alla chiesa esplose lanciando una pioggia di vetri. Per Dimitri successe tutto a rallentatore, tutta la luce sembrò sparire risucchiata via dall’epicentro dell’esplosione. Le fiamme e l’onda d’urto fecero volare via i vetri della finestra.

    -Mio Dio!

    Le grida si alzavano dalla strada in un lamentoso coro di feriti; nella sua mente, il ricordo di varie persone camminare là fuori lo assalì alcuni secondi prima di essere sommerso dal mare dell’incoscienza.

    ***

    Giuda percorse lentamente il corridoio. Il suono dei suoi piedi che strisciavano sul pavimento di pietra giungeva alle sue orecchie come un’eco proveniente da un posto lontano; eppure tutto ciò non gli sembrava per nulla strano, dopotutto, i morti non potevano sentire... e lui era morto.

    Morto. Morto. Dannatamente morto.

    Il contatto della sua pelle contro le pareti di arenaria, il sapore della sua ultima cena o l’ultima volta che aveva annusato la polvere da sparo, tutte quelle sensazioni sembravano un vago ricordo, semplici reminiscenze di un’altra epoca, una nella quale conservava ancora la sua vita.

    Si trattenne di fronte alla porta di legno e spinse con dolcezza, si rese conto che era passato troppo tempo dall’ultima volta che aveva oliato quei cardini, poiché la porta aveva ripreso a cigolare mentre veniva aperta, non voleva svegliarla...

    Abbassò la maniglia e la porta cedette mostrando la stanza dei giochi. Appena varcò la soglia della stanza, gli sembrò di sentire urla isteriche e disperate di donna, come quelle di Marta. Per un istante considerò che le grida fossero reali e provenissero da un luogo vicino, però non era possibile. I morti non possono sentire. E lui era morto.

    I suoi occhi si erano abituati all’oscurità, al punto che il piccolo raggio di luce che s’intrufolava nel seminterrato attraverso le fenditure del tetto era più che sufficiente affinché potesse vedere chiaramente. Marta lo stava aspettando lì, come sempre, seduta sulla stessa sedia senza che avesse cambiato posizione dall’ultima volta che era sceso a visitarla.

    -Ciao, Marta- disse Giuda involontariamente; le parole erano sgorgate fuori dalla sua bocca senza che lui lo avesse voluto.

    Marta, come al solito, non rispose, non aveva voglia di parlare.

    -So che ho tardato molto, Marta... ma ero occupato.

    Lei rimaneva zitta, ma il silenzio fu nuovamente interrotto da qualcos’altro. Urla. Ancora urla.

    -Ti prometto che verrò più spesso, Marta. Non mi rimane molto, ho quasi terminato, dopodiché tornerò qui da te.

    Giuda abbozzò un sorriso ma il risultato fu una terribile smorfia. Si avvicinò verso Marta e la baciò sulla fronte. Dopo essersi congedato da lei, si voltò e s’incamminò in direzione della porta, le urla lontane continuavano a rimbombargli in testa come un martello pneumatico. Aveva bisogno di uscire da lì, salire le scale e iniziare a prepararsi.

    Quando fu sul punto di attraversare la porta, il suo sguardo incappò in un frammento di specchio rotto che stava appeso alla parete. In quella frazione di secondo si vide riflesso nel vetro, quello non era altro che ciò che più detestava vedere. Dopo che era successo quello che era successo con Marta, Giuda aveva evitato a tutti i costi di guardarsi allo specchio, la sua stessa immagine lo ripugnava.

    L’uomo che gli restituiva lo sguardo dallo specchio era spaventoso: la sua pelle di un grigio tenue era tirata sulle ossa in maniera innaturale, come se fosse tesa fin quasi al punto di strapparsi. I suoi occhi si mostravano coperti da un velo biancastro che annebbiava le sue iridi. I capelli erano caduti abbondantemente in diverse zone lasciando dei buchi qua e là. Sotto il suo naso, due grossi fiumi di sangue secco rappresentavano le uniche tracce rimaste della terribile emorragia che aveva sofferto. I suoi vestiti erano ridotti a brandelli pieni di macchie scure, non ricordava più se di sangue o di terra. Giuda contemplò per l’ultima volta quell’inquietante visione, allontanò lo sguardo dal frammento di specchio che gli restituiva il suo cadaverico riflesso, salì di nuovo le scale e tornò al piano di sopra.

    La grande ruota della vendetta doveva cominciare a girare e questa volta nessuno avrebbe potuto fermarla.

    Capitolo 2

    Il ragazzo dagli occhi viola

    -Sveglia!

    Gabriel aprì gli occhi rassegnato e assonnato; non si era riposato per nulla e adesso doveva sopportare quel tormento che si ripeteva tutte le mattine.

    -Su, Gabriel! È ora di svegliarsi!

    Uno dei cuscini di piuma lo colpì in pieno volto come avvertimento del suo compagno di stanza che lo avvertiva che non era disposto ad attendere oltre.

    -D’accordo, Marvin! Puoi smetterla di infastidirmi un secondo?- rispose Gabriel mentre si sedeva sul bordo del letto e stropicciava gli occhi. I raggi del sole penetravano attraverso la finestra della stanza. Un’occhiata all’orologio della parete rivelò che erano già le nove e mezzo del mattino. Doveva sbrigarsi o avrebbe fatto di nuovo tardi.

    -Se mi avessi ascoltato questa notte, saremmo già lungo la strada per lo studio della dottoressa. Non mi ascolti mai, Gabriel.- Questa volta la voce di Marvin veniva dal bagno. Gabriel rimase sorpreso dalla velocità con cui si muoveva. Guardò per

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