La storia di Tom
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Il cervello umano è l’organo più complesso che esista. È in grado di sviluppare varie personalità allo stesso tempo, provocare cambiamenti nel corpo o decidere di lasciarsi morire. Nessuno psichiatra è riuscito, fino a ora, a trovare una soluzione per i vari disturbi relativi alla personalità che esistono e sono conosciuti. Cosa succede però con quelli ancora ignoti? La Fede e la Follia sono due cose che possono esistere solo all’interno del cervello e manifestarsi in maniera ossessiva. Questa è la storia di Tom. Una persona capace di sviluppare molteplici personalità e con identità diverse che vanno ad aggiungersi al suo leggero ritardo mentale.
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La storia di Tom - Claudio Hernández
La storia di Tom
Claudio Hernández
Prima edizione eBook: marzo, 2017.
Titolo originale dell’opera: La historia de Tom
Traduzione di Ingrid Vaccino
© 2017 Claudio Hernández.
© 2017 In copertina illustrazione di Iván Ruso
––––––––
Tutti i diritti riservati.
Nessuna parte di quest’opera, inclusa l’illustrazione in copertina, può essere riprodotta, conservata in un sistema di archiviazione o trasmessa in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, di fotocopia, registrazione o altro senza la previa autorizzazione degli aventi diritto. Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.
Questo libro è dedicato a mia suocera Carmen, che fortunatamente è sopravvissuta alla perdita improvvisa di mio suocero. Loro sono stati, e sempre saranno, per me dei genitori anche oltre la morte così presente nelle nostre vite.
Prefazione
Il cervello umano è l’organo più complesso che esista. È in grado di sviluppare varie personalità allo stesso tempo, provocare cambiamenti nel corpo o decidere di lasciarsi morire. Nessuno psichiatra è riuscito, fino a ora, a trovare una soluzione per i vari disturbi relativi alla personalità che esistono e sono conosciuti. Cosa succede però con quelli ancora ignoti? La Fede e la Follia sono due cose che possono esistere solo all’interno del cervello e manifestarsi in maniera ossessiva. Questa è la storia di Tom. Una persona capace di sviluppare molteplici personalità e con identità diverse che vanno ad aggiungersi al suo leggero ritardo mentale.
Introduzione
Lettera scritta da Amelia a Tom Lee Rush, mai ricevuta e datata 13 agosto 1984; trovata sulla sua tomba. Eccone la trascrizione:
È una mattina luminosa e il sole risplende come è solito fare da due mesi a questa parte. Adoro l’estate perché mi permette di indossare una semplice gonna corta e una maglietta scollata...ma non è questa la ragione per cui ti scrivo. Non lo faccio nemmeno per parlare a te, Tom, per due ragioni.
In primo luogo perché non sai leggere molto bene e non lo fai nemmeno velocemente.
Secondo, perché ormai non sei più tra noi.
In qualche modo questa lettera è per tutti. Per coloro che albergano nella loro mente la tua immagine annebbiata e oscura. Per tutti quelli che si voltano quando passano davanti alla tua casa. Per tutti coloro che indicano la tua tomba con dita tremolanti e sorridono quando se ne allontanano. Queste righe sono per tutti e ognuno di loro, ma anche per gli assenti di quella notte. In qualche modo la colpa ricade un po’ su tutti.
Per questa ragione scrivo questa lettera e la lascio sulla tua tomba, scavata con mano esitante da un vecchio stupido che non faceva altro che sputare mentre interrava il tuo corpo. Io c’ero e ne sono testimone. Sono sempre stata al tuo fianco, nonostante non sia venuta a trovarti durante l’ultimo anno, cosa di cui ora mi pento amaramente, ma la colpa fu di tua madre: quella maledetta non mi permetteva nemmeno di entrare in casa.
Tuttavia sai che ti scrivevo attraverso il monitor del computer. Ti ricordi...lo schermo su cui potevi disegnare; all’inizio erano immagini belle che però con il tempo sono diventate terrificanti. Immagino che la parte finale della tua esistenza sia stata molto difficile e io non sono stata in grado di comprendere ciò che ti stava realmente succedendo.
Rammento anche le nostre lunghe conversazioni telefoniche.
Road House è un paesino e, in quanto tale, qualsiasi notizia si diffonde come il vento. Tu sei sempre stato sulla bocca di tutti e continui a esserlo nonostante sia ormai passato un mese da quando ci hai lasciati.
A quell’idiota che raccoglierà questa lettera dirò che...
Sembra ieri ma è passato un mese. Il tuo ricordo è vivido nella mia mente e a volte mi sembra di vederti, tra le ombre della notte, nel buio della mia stanza, che ti avvicini.
Tom Lee Rush non aveva amici e raramente usciva di casa, per cui non potete giudicarlo come invece state facendo. Non lo conoscevate. Usciva solo con il calar del sole, non so per fare cosa. Questa è la verità e loro tornavano da lui. O era lui a portarli, non lo so, ma questo ormai non ha importanza.
Il mio amato cugino soffriva di un lieve ritardo mentale che, sfortunatamente, fu la conseguenza della meningite che lo colpì all’età di un anno. Se così non fosse stato, a quest’ora sarebbe ancora tra noi. Quel lieve handicap lo aveva portato, un po’ alla volta, all’abiezione e all’immeritata e prematura morte. Anche se bisogna chiarire che non fu tutta colpa della leggera insufficienza mentale e che non fu l’unica responsabile di ciò che accadde.
I disturbi di cui soffriva erano diversi come diverse erano le personalità e le identità che mostrava, tanto da mascherare quella sua disabilità. Ma posso riferire solo le parole del suo psichiatra perché non notai mai nulla di tutto ciò e Tom non me ne fece mai parola. Forse nemmeno ne era cosciente. O dovrei contraddirmi perché a volte mi riferiva ricordi che gli risultavano estranei. Ma erano solo accenni vaghi, lampi fugaci che potevano tranquillamente essere frutto della sua immaginazione. O aveva ragione e io non diedi mai il giusto peso alle sue parole?
Tom Lee Rush non era cattivo, devo ribadirlo. Non era altro che un ragazzo ritardato privato dell’affetto dei genitori. Era una persona che, a causa della sua condizione, non era in grado di distinguere il bene dal male, una cosa del tutto giustificabile. Poi c’era quel maledetto disturbo della personalità e qui torno a ripetermi...
La sua condizione peggiorò velocemente, al pari di una mela che marcisce, in concomitanza con gli attacchi di panico di quella disgraziata di sua madre e, ancor di più, quando quella presuntuosa di Samantha si trasferì nella casa a fianco. Fu lei ad aggravare le cose e anche i vicini vennero coinvolti.
Ma quella era una stupida provocatrice.
E mentre lei continua a vivere lui, invece, è deceduto. Quella bastarda è libera di muoversi come e quando vuole mentre Tom è ricoperto di terra. Gli altri non so dove siano. Non credo nemmeno a una parola di ciò che afferma la polizia e, a conti fatti, non ha nemmeno tanta importanza. Può darsi che, in questo, ci assomigliamo un po’ io e mio cugino. Forse anche io sono così.
Ma sai cosa ti dico?
Che sono sicura che Tom le farà pagare ciò che ha fatto, anche dall’oltretomba. E con loro, eccoli di nuovo che saltano fuori, con loro deve aver fatto quel che doveva fare e che non rimanga altro da aggiungere.
Non sono matta. Solo gli volevo un bene dell’anima e avrei voluto condividere con lui quella sua straordinaria capacità.
Non posso credere che sia morto. Nutro ancora la speranza di vedermelo comparire davanti, un giorno o l’altro, mentre passeggia per strada, solo o accompagnato.
E non mi interessa cosa pensiate; è il momento che tutti voi la finiate di additare la sua tomba con un sorriso isterico stampato sul volto.
E poi, perché ha raccolto questa lettera?
Se lei fa parte della polizia, voglio comunicarle che siete solo un branco di incapaci che arrivano sempre troppo tardi. Nemmeno gli psichiatri l’hanno aiutato. Disturbi mentali, personalità multiple. È forse un male? Probabilmente sì, ma non è che ora importi molto.
Un’ultima cosa... Stanotte ho potuto sentire Tom piangere mentre supplicava che lo si perdonasse.
E tu, sì proprio tu che stai leggendo, rimetti a posto la lettera.
Amelia
13 agosto 1984
L’inizio
Charlie
Lo psichiatra gli aveva diagnosticato diversi disturbi di personalità, tra cui quello da personalità multiple e l'adozione di varie identità. Quest'ultima era una malattia che creava divisioni mentali in persone affette da disturbo di identità dissociativo. Soffriva anche di un leggero ritardo mentale provocato da una malattia letale. Sua madre diceva che era posseduto dal diavolo in persona e pregava per ore davanti a un grande Cristo che non staccava mai gli occhi da terra, afflitto dal dolore, in una posizione immutabile scolpita nel legno. E Tom Lee Rush, intanto, ingurgitava giornalmente un bicchiere di pillole di tutti i colori (specialmente Sedum) e viveva con la misera pensione che gli passava lo Stato per la sua invalidità permanente. Ma tutto ciò non era sufficiente: continuava a trasformarsi e a vederli.
La casa accanto, abitata da vicini sempre diversi che ogni volta finivano per scomparire, era spesso vuota. Adesso però era il momento di ricevere un'altra visita e Tom la attendeva impaziente con il naso schiacciato contro la finestra, formando piccoli rigagnoli opachi con il muco che gli scendeva dalle narici. Le sue grandi mani erano appoggiate, con il palmo aperto, sugli infissi e i suoi occhi erano appena visibili dietro allo strato di sporco che ricopriva il vetro. Ma nonostante ciò, lui continuava a vederli e decine di braccia erano pronte a penetrare nella casa quando una folata di vento apriva improvvisamente la finestra. Erano arti violacei con brandelli di pelle più scura che cadevano sul pavimento della sua stanza mentre mani come artigli cercavano di afferrare il vuoto. Si fermava a osservarle con una delle sue tante personalità: poteva essere un bambino atterrito di fronte a un cane inferocito e sbavante oppure trasformarsi in un matto che pensava di suicidarsi facendo saltare per aria tutta la casa con una carica di dinamite mentre sorseggiava un whisky insieme a sua madre. E così continuava all’infinito; loro arrivavano e poi se ne andavano, ma solo per tornare nuovamente.
Tom Lee Rush era malato.
1
Tom Lee Rush è un ritardato mangia-merda...
Questa era solo una delle tante scritte che si potevano leggere sulle panchine del parco davanti alla casa di Tom.
«P...prima del c...centouno, c...c’è il no...novanta c...cinque», sussurrava con il naso schiacciato contro il vetro della finestra di camera sua che si affacciava sulla via assolata mentre del muco scendeva de una delle sue enormi narici. Appoggiava entrambe le mani sul vetro e, con le dita sporche, disegnava strane forme appiccicose.
Fuori splendeva il sole e alcuni bambini, di non più di dieci anni, con le loro rispettive madri, si dondolavano in quel parco che Tom non avrebbe mai calpestato, almeno non alla luce del sole. Lo faceva solo di notte, quando non c’era nessuno nei paraggi e sua madre dormiva ubriaca fradicia. Il parco, quando tutto avvenne, era vuoto.
Quando usciva però non faceva solo questo.
...Quando riusciva a sgattaiolare via nella notte, cercava qualche gatto che avrebbe poi inchiodato sulla porta di un vicino. Fino ad allora, questo era stato il peggior gesto che avesse commesso e lo faceva quando la sua identità era quella di un bambino di tredici anni, dopodiché tornava a essere il Tom diciottenne.
I ragazzini si dondolavano sorridendo felici nel parco quando una delle mamme segnalò casa sua e rivolse alle amiche parole di scherno per deridere quel povero sventurato.
Tom Lee Rush era un ritardato, per cui non era in grado di fare determinate cose. O chissà lo era, ma ciò non lo trasformava in un essere malvagio. O forse sì. Semplicemente non aveva avuto modo di sviluppare il suo intelletto come gli altri ma ciò durava fino a un nuovo cambio di identità quando diventava intelligente, freddo e psicopatico.
Lo psichiatra gli aveva gli diagnosticato vari disturbi di personalità, quel leggero ritardo mentale e si era reso conto dei suoi cambi di identità. Lui stesso, in una fredda mattina d’inverno, aveva sentito un Tom quindicenne pronunciare frasi senza la minima esitazione, senza balbettare.
All’età di un anno, Tom aveva contratto la meningite che aveva aggiunto l’insufficienza mentale alla personalità complessa che lo segnava fin dalla nascita. A Road House esisteva una piccola clinica ma, per i casi più gravi, bisognava dirigersi a Portland; tuttavia, quando Tom era arrivato all’ospedale, era troppo tardi: lo avevano trasportato in coma lungo gli infiniti corridoi e, solo grazie all’intervento di Dio, si era risvegliato una settimana più tardi quando ormai era già avvenuto in lui il cambiamento ed erano già comparse le nuove identità. O forse questa fu una conseguenza della meningite? Probabilmente no.
Dopo un lungo periodo di degenza, Tom era tornato a casa con sua madre e suo padre che però lo aveva abbandonato dopo appena un anno per colpa di un cancro. Tom nemmeno se ne era reso conto, la sua mente era lontana dal concetto della morte, ma la madre aveva