The last prince - La leggenda della Tigre e il Dragone
By Manuel Mura
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The last prince - La leggenda della Tigre e il Dragone - Manuel Mura
Indice
Prologo
Il giovane Drago
Nuovi incontri
Il viaggio del destino
Attacco a sorpresa
Tradimenti e nemici
Fuga disperata
La sfida del Serpente
Nuovamente in azione
Pericoli all'orizzonte
L'addestramento continua
Sotto il segno del Serpente
Verso la prova decisiva
Il patto dell'assassino
Ombre del passato
Il Rito del Drago
La prova della vita
Ultime lotte e amori
Manuel Mura
The Last Prince
La leggenda della Tigre e il Dragone
Youcanprint Self-Publishing
Titolo | The Last Prince. La leggenda della Tigre e il Dragone
Autore | Manuel Mura
ISBN | 9788827835135
Prima edizione digitale: 2018
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce
www.youcanprint.it
info@youcanprint.it
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Prologo
Le guardie asserragliate davanti alla residenza del principe Wo resistevano eroicamente all'assalto degli assassini delle Lame Nere ma, per quanto determinati a compiere il loro dovere, non riuscivano a tenergli testa.
L'addestramento ricevuto dal loro maestro Gongyen Yong, che dal tetto dell'edificio laterale a quello del principe guardava lo spettacolo dei suoi che facevano strage di guardie, era qualcosa di sovrumano.
Da sempre considerato il migliore assassino del Sacro regno di Bayan per la sua straordinaria capacità di manipolare il Chi si era macchiato dei crimini più efferati e ucciso tutti gli eredi al trono del regno.
Se fosse riuscito a uccidere anche il principe Wo, l'ultimo dei dodici fratelli, il regno sarebbe stato senza un erede al trono. Di conseguenza le lotte di potere tra i signori della guerra sarebbero divampate senza sosta portandolo alla disfatta.
Secoli di stabilità e pace conquistata a caro prezzo sarebbero stati vanificati e il regno sprofondato in un baratro oscuro da cui non era detto si riprendesse più.
L'alba di un'era oscura incombeva mentre nella notte senza luna il sangue scorreva a fiotti riempiendo in breve il grande spiazzo sulla collina davanti alla residenza del principe.
Essersi rifugiato lì, nel mezzo della natura lontano dalle grandi città e circondato dai suoi uomini più fidati, non l'aveva salvato dalla furia delle Lame Nere.
Nel mezzo della battaglia un uomo robusto vestito da monaco con strani tatuaggi che gli coprivano il cranio rasato si faceva strada senza problemi tra i difensori a colpi di mazza da guerra che muoveva con disinvoltura tra le braccia possenti.
Li stava sbaragliando uno dietro l'altro insieme a una donna sensuale vestita di rosso dai capelli scuri legati in una lunga treccia e occhi verdi che spaziavano in cerca di prede da divorare. E in effetti stava facendo proprio quello. La sua agilità sovrumana unita alla perfetta tecnica di spada le permetteva d'avere la meglio sugli esterrefatti nemici. Non le serviva neanche usare la seconda spada legata al fianco e solo di rado estraeva la sterminata quantità di coltelli se non per colpire i nemici più lontani.
A quelli armati di archi e balestre ci pensava un enorme individuo dalla barba folta anche più possente del monaco e addestrato nell'uso dell'arco lungo da cui riusciva a lanciare più frecce contemporaneamente: nessuna mancava mai il bersaglio.
Loro tre da soli avevano ucciso dozzine di guardie e con l'appoggio dei loro assassini - vestiti di scuro con scoperti solo gli occhi - sbaragliarono in breve l'ultima resistenza.
Si fermarono davanti alla porta della residenza del principe dove li raggiunse il grande capo che a testa del gruppo entrò da trionfatore nella grande casa.
Gongyen Yong era un uomo non di certo bello ma possente e molto più alto della media con occhi chiari così freddi da sembrare di ghiaccio. I neri capelli lunghi e folti erano intrecciati l'uno con l'altro tanto da sembrare un nido di serpenti mentre il corpo atletico dalle larghe spalle era pronto allo scatto. Non dovette impegnarsi contro le poche guardie a protezione del sovrano che i suoi gli spianarono la strada eliminando l'ultima resistenza.
La porta scorrevole da cui si accedeva alla stanza del principe venne letteralmente polverizzata così che l'assassino e il suo seguito entrarono indisturbati mentre il giovane al suo interno, imperturbabile, li aspettava seduto a un tavolo.
Wo era poco più che un ragazzo, di media altezza e corporatura con un pizzetto scuro sul volto scarno ma ben fatto mentre gli occhi marrone si posavano senza timore sull'uomo che si ergeva minaccioso davanti a lui.
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L'assassino dalla voce tagliente e autoritaria aveva già estratto la lunga spada leggermente ricurva la cui lama era cosparsa di ideogrammi che brillavano di rosso: era il suo stesso spirito furente e pieno di odio ad alimentarli. L'aria vibrava intorno a lui e la spada stessa sembrava fumare: i suoi compari fecero un passo indietro dandogli campo libero.
Wo non perse la calma e prese anch'egli una spada mettendosi in posizione di guardia.
Anche se giovane era considerato uno dei più abili spadaccini del regno e come ogni membro della famiglia reale riusciva a padroneggiare il Chi fin dalla tenera età senza addestramento.
Era una dote innata che distingueva il casato reale dalla persone comuni ma lui l'aveva sempre visto come un dono da usare per il popolo e non contro come faceva il suo nemico.
Quel folle uomo voleva portare il regno alla guerra e la popolazione alla morte ma l'avrebbe fermato e vendicato i suoi fratelli uccisi.
Si gettò fulmineo contro di lui muovendosi così rapido che per una persona comune era impossibile vedere i suoi movimenti, ma non per il nemico che li anticipò di gran lunga.
La lama del principe nemmeno sfiorò l'assassino che con un unico fendente mieté l'ultima vittima della sua vendetta e l'inizio del suo trionfo.
Non si sarebbe accontentato della morte dei principi, no lui voleva di più, voleva che tutti soffrissero e pagassero per l'affronto che gli avevano fatto e ora il suo desiderio si stava per concretizzare.
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La donna gli buttò una rapida occhiata piena d'ammirazione che sfociava in qualcosa di più di quello che a parole le era concesso di dire e si inginocchiò.
Lo stesso fecero il monaco e l'arciere seguiti dai numerosi assassini.
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I suoi emisero un grido d'approvazione e la donna fu l'unica ad alzare lo sguardo verso il suo signore vedendolo dopo tanto tempo felice. Anche se non era un esempio di bellezza con il naso grosso e curvo, il pizzetto scuro che non migliorava i tratti marcati e in generale non aveva il fascino innato dei monarchi con solo gli insoliti occhi chiari a risaltarlo, per lei era magnifico. L'aveva seguito fin da giovane diventando la prima dei suoi assassini e ora che la guerra era finita il suo sogno di diventarne sposa si sarebbe concretizzato.
L'arrivo di un sicario che irruppe rapido nella stanza e si inginocchiò al suo signore dicendo che aveva un messaggio urgente da riferire fece perdere l'incanto. La notizia che portò tolse del tutto il buon umore che aleggiava: un principe era ancora vivo, sopravvissuto al sistematico sterminio.
La notizia giunta improvvisa e inaspettata accese la rabbia dell'uomo ma non per questo fu meno sicuro della vittoria.
Volle sapere tutto a riguardo e il soldato proseguì dicendo che si trattava di un bastardo concepito con una popolana e nascosto agli occhi di tutti in un lontano villaggio. Ora che tutti gli altri eredi erano morti toccava a lui riscattare le sorti del regno. Già era stato mandato un guerriero per proteggerlo e scortarlo fino a Chinagok la capitale del regno di Bayan. Ovviamente gli assassini non si sarebbero fatti fermare da niente e nessuno: l'avrebbero ucciso.
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I tre fedeli servitori scattarono sull'attenti pronti a eseguire la missione.
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Il grosso arciere poté solo annuire dato gli mancava il dono della parola.
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Seguiti da una trentina d'assassini a cui ne sarebbero aggiunti altri strada facendo si incamminarono per rimuovere l'ultimo ostacolo sul cammino del loro signore, l'ultimo principe di Bayan.
Il giovane Drago
Il giovane Long era un ragazzo di media altezza, piuttosto robusto e dai modi pratici oltre perennemente disordinato: la tunica da lavoro era sempre fuori posto e i folti capelli scuri scompigliati.
Del resto lavorava ai campi dei suoi genitori dalla mattina alla sera e non aveva tempo né interesse a curarsi dell'aspetto.
Era un lavoro duro e richiedeva sapersi adattare a tutti i tempi, cosa che gli riusciva facile: non si era mai lamentato.
Gli piaceva quella vita ma allo stesso tempo ne sognava una più avventurosa combattendo e sconfiggendo nuovi nemici, salvando villaggi e fanciulle in pericolo e girando per il mondo.
Gli sarebbe piaciuto vederlo tutto, non solo il regno di Bayan su cui poggiava i piedi ma poter andare oltre verso territori lontani e sconosciuti mai varcati da nessun umano.
Era un sognatore con il corpo plasmato per il lavoro nei campi ma anche un ragazzo determinato, cosa che si rifletteva nei suoi occhi grigi, una caratteristica molto insolita nel suo popolo.
Quasi tutti avevano capelli e occhi scuri e pochi facevano eccezione, spesso considerati benedetti degli dèi o maledetti: lui pensava la prima delle due.
Un giorno avrebbe viaggiato fino alle terre lontane e saziato la sua voglia innata di visitare il mondo ma anche aiutato i bisognosi.
Era un ragazzo di cuore che mal sopportava i soprusi e in generale i prepotenti come i soldati che spesso venivano dai suoi genitori a pretendere più della metà di quello che guadagnavano.
Dicevano che erano le tasse da pagare al sovrano, che era loro dovere servirlo, ma a Long sembrava solo un modo come un altro per estorcergli ciò che non si erano guadagnati.
Un giorno avrebbe riscattato i suoi dalle loro umili origini e fatta pagare ai prepotenti che ne approfittavano: in qualche modo ci sarebbe riuscito.
Ora doveva darsi da fare con la zappa facendo forza con le braccia e sudando al sole cocente dell'ora di punta in attesa dell'agognata pausa pranzo.
Sicuramente sua madre gli aveva preparato lo stufato di anatra, sentiva già l'odore da lì.
Buttò l'occhio verso la piccola abitazione dietro di lui.
Era una casa di legno modesta ma ben delineata e squadrata, giusta per poche persone come erano loro; a lui sembrava un paradiso.
Guardò un attimo sulla sinistra dove c'era la casa dei vicini, una famiglia con due figli già grandi a cui si era aggiunta di recente una donna molto bella.
Forse era la fidanzata di uno dei due fatto sta che non poteva fare a meno di ammirarla anche perché era solita comparire sull'uscio in quel momento e guardare proprio in sua direzione, anzi guardava lui.
A dire il vero gli pareva impossibile, non che fosse brutto ma era ancora molto giovane mentre quella ragazza doveva avere almeno il doppio dei suoi anni anche se la bellezza che la contraddistingueva la faceva apparire più giovanile.
Guardò in quella direzione ma non la vide e la cosa lo lasciò un po' deluso; era raro non ci fosse e questo lo preoccupò.
Sapeva che i genitori dei ragazzi erano anziani più dei suoi e non stavano molto bene: si chiese se non gli fosse successo qualcosa.
Un forte rumore di cavalli al galoppo lo distrasse dai suoi pensieri.
Dalla strada poco lontano arrivarono spediti una grande quantità di uomini, una ventina, vestiti di nero con una leggera armatura e il volto coperto da delle maschere dello stesso colore.
La cosa strana era che puntavano proprio verso la sua casa.
Molti avevano delle fiaccole malgrado fosse pieno giorno e senza ritegno le lanciarono sulla casa che in un attimo prese fuoco.
Long corse rapido per raggiungere i suoi ma in quel momento vide sua madre uscire seguita dal padre.
Gli uomini circondarono la casa e lanciarono una salva di frecce contro i suoi genitori: suo padre morì all'istante trapassato in più punti e la madre rimase ferita alle gambe e al corpo.
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Uno scese per finirlo, aveva una grossa spada e la affondò sul ragazzo che all'ultimo dimostrò grande prontezza di spirito evitando il colpo.
Si rialzò e invece che tentare la fuga diede un calcio all'uomo colpendolo alle parti basse: si piegò in due dal dolore.
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Long cercò di colpirlo nuovamente ma venne preso alle spalle da un bastone ed altri scesero da cavallo per finirlo.
Cercò di difendersi ma era circondato: l'uomo che aveva colpito urlò agli altri di tenerlo fermo che voleva essere lui a finirlo. Si avvicinò con lo spadone e gli occhi iniettati di sangue.
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Fece per affondare l'arma ma all'ultimo rimase paralizzato e si accasciò a terra esanime.
Aveva una corta spada conficcata nella schiena ed era riverso in una pozza di sangue.
Tutti si girarono notando una figura ammantata di bianco che li fissava con occhi scuri come la notte simili a quelli di un predatore che sta per abbattere senza pietà le prede inermi.
Era una donna dalla straordinaria bellezza: alta, slanciata non mancava di seno che pareva, la splendida veste bianca lunga e larga riccamente decorata, non riuscire a contenere.
I lunghi capelli neri svolazzavano al vento mentre la spada jiàn dalla lama dritta e flessibile si faceva largo tra i nemici mietendo una vittima dietro l'altra.
Long la riconobbe come la donna che lo fissava sempre, eppure in lei c'era qualcosa di diverso dalla solita persona dallo sguardo innocente che lo guardava con un misto di ingenuità e indulgenza.
Lì c'era una donna dallo sguardo freddo e determinato che rivelava uno spirito audace da cui non trapelava emozione se non la voglia di sangue e una rabbia che pareva divorarla dentro.
La scatenò con impeto contro tutti gli uomini che la stavano osservando ammaliati.
Si mosse con grazia e fluidità uccidendone altri con una naturalezza incredibile tanto che pareva raccogliesse fiori da come si muoveva con disinvoltura.
Era una macchina per uccidere, un misto di grazia, agilità e potenza che non mancava di determinazione e intuito anticipando gli affondi nemici: non facevano in tempo ad arrivare che già aveva colpito fulminea con la spada portatrice di morte.
Tagliava teste, arti e affondava nei cuori abbassandosi svelta o ruotando in aria fino ad arrivare a quelli che tenevano Long facendogli fare la stessa fine dei loro compari prima ancora di rendersene conto.
I pochi rimasti la guardarono con gli occhi iniettati di terrore.
La sua splendida veste si era tinta di rosso e le conferiva un aspetto ancora più terrificante, facendola sembrare un dio della morte.
Il suo sguardo voglioso di sangue continuava a puntare i pochi rimasti la cui sicurezza venne meno: fuggirono via terrorizzati.
L'unico a reagire fu quello che aveva decapitato la madre di Long che armato di un lungo bastone con la lama ricurva attaccò la donna. Con grazia e maestria evitò l'attacco muovendosi di lato e sferrando un rapido colpo di spada.
L'uomo dapprima rise sicuro d'aver evitato il colpo ma il dolore improvviso a una gamba gli fece capire di non esserci riuscito.
Vide incombere la spada della donna verso il suo collo e poté solo ripararsi con le braccia che mise a protezione: vennero staccate al posto della testa.
Urlò disperato mentre il sangue inondava il terreno circostante mischiandosi a quello dei suoi compari che giacevano morti intorno a lui con la consapevolezza che li avrebbe raggiunti presto.
Long prese una delle spade degli uomini e la affondò nel cuore dell'uomo urlando dalla rabbia.
L'uomo morì sul colpo mentre il ragazzo urlò al cielo la sua rabbia e il suo dolore con quanta più forza aveva.
La giovane donna aspettò che si sfogasse ma non poteva indugiare oltre, così lo prese a sé trascinandolo via.
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Anche la sua voce era forte e tagliente ma lo sguardo che riversava su di lui non era d'odio bensì nascondeva un affetto innato.
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