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Fantasy Quest - Alla ricerca dell'urna perduta
Fantasy Quest - Alla ricerca dell'urna perduta
Fantasy Quest - Alla ricerca dell'urna perduta
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Fantasy Quest - Alla ricerca dell'urna perduta

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About this ebook

Il viaggio che la giovane elfa Yuviél sta per intraprendere insieme ai suoi amici alla ricerca di un artefatto perduto rischia di trasformarsi in una trappola mortale. Al di fuori della capitale imperiale le forze del Kaos sono potenti più che mai. L’Arcidemone, l’antico nemico dei popoli liberi, sta per tornare a questo mondo e gli antichi eroi che un tempo lo sconfissero, i Black Wolfs, sembrano scomparsi nel nulla. Ma forse qualcuno esiste ancora, un ultimo discendente a cui è affidato il destino del mondo e di tutti i popoli.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateNov 20, 2018
ISBN9788827840221
Fantasy Quest - Alla ricerca dell'urna perduta

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    Fantasy Quest - Alla ricerca dell'urna perduta - Manuel Mura

    Indice

    La grande quest

    Il viaggio del destino

    Incontri del destino

    Il villaggio della paura

    Una difficile battaglia

    Il lato oscuro della magia

    Dubbi e sacrifici

    Ritorno alla realtà

    Pericoli in agguato

    Fuga disperata

    Scelte difficili

    Follia e coraggio

    Verso l'Urna Celeste

    Preoccupazioni e pericoli

    Le prove

    Prova finale

    Manuel Mura

    Fantasy Quest

    Alla ricerca dell'urna perduta

    Youcanprint Self-Publishing

    Fantasy Quest - Alla ricerca dell'urna perduta

    © 2018 - Manuel Mura

    ISBN | 9788827840221

    Prima edizione digitale: 2018

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    La grande quest

    I movimenti della giovane elfa Yuviél erano ostacolati, non solo dai numerosi passanti che occupavano la grande piazza del mercato ma soprattutto da tutti gli strumenti che trasportava.

    Aveva le braccia piene di aste di legno, quadri, libri, carta e cartoni oltre a sacchi della spesa che visto si trovava in quella zona aveva approfittato per prendere.

    Anche se fisicamente era superiore alla media della sua razza faticava non poco a trasportare tutte quelle robe che sembravano sfuggirle da un momento all'altro per disperdersi nella confusione generale.

    La gente che affollava il mercato a quell'ora del giorno - dove il sole della bella giornata estiva era alto nel cielo - era davvero tanta, come del resto si conviene alla città di Alfort capitale dell'Impero.

    La giovane si sentiva molto fortunata a vivere in un luogo così bello e grande, affollato di gente di tutti i tipi e razze, compresa la sua.

    Di solito la maggior parte degli elfi non si mischiavano con gli umani e ancora meno con i nani e gli hobbit, lì invece convivevano tutti insieme in armonia nel vasto ambiente che rappresentava quell'enorme città.

    Certo, non era sempre facile la convivenza con così tante persone di cultura diversa e non mancavano i tafferugli che a volte sfociavano in piccole guerre di quartiere, tuttavia il servizio d'ordine era di prim'ordine.

    Guardie imponenti appartenenti alle quattro razze, che indossavano scintillanti armature color oro, erano disposte in ogni angolo della città sempre pronte a mettere fine sul nascere a qualsiasi disputa.

    Le leggi erano molto severe e per chi le infrangeva spettavano punizioni esemplari che scoraggiavano altri a fare lo stesso, per cui difficilmente qualcuno le trasgrediva.

    Inoltre, c'era anche un'altra presenza in quella grande città che intimoriva ancora più delle guardie: i maghi.

    Per lo più umani, ma anche diversi elfi, erano i conoscitori dell'antica magia.

    Nessuna città come quella ospitava al suo interno la più grande e prestigiosa accademia di maghi di tutto l'Impero.

    Veniva chiamata semplicemente la Magic Prestige ed era un edificio a se stante posto in collina con quattro alte torri che eguagliavano quelle del palazzo reale per imponenza e splendore.

    Svettavano sulla città visibili da ogni angolo e anche se non avevano lussuosi vessilli o grandi bandiere come quelle del palazzo reale possedevano un fascino innato negato a tutti gli altri.

    Era così antica che le cui origini si perdevano nella leggenda ed erano ancora materia di studio.

    La teoria più accreditata era che fossero state erette più di tremila anni fa dai grandi maghi del passato, gli stessi che avevano portato il mondo sull'orlo della distruzione.

    Accecati da un potere così grande che non riuscivano a controllare avevano portato le schiere del caos nel mondo: demoni, spiriti maligni, viverne, orchi, goblin, troll e mille altri orrori provenienti da chissà quale inferno erano stati catapultati nel mondo dagli antichi maghi.

    Questi li usavano come pedine dei loro eserciti con i quali avevano marciato sul mondo.

    Era nato così il primo Pandemonium della storia del mondo, come veniva chiamato quell'assemblaggio di creature del caos con a capo gli antichi maghi.

    Sarebbero riusciti a conquistare il mondo se, accecati dall'ambizione e dall'egoismo, non si fossero combattuti tra di loro indebolendosi a vicenda.

    Del resto, le stesse orrende creature che avevano evocato erano molto instabili e si combattevano in continuazione, tenute insieme unicamente dalla paura dei loro capi.

    Quando l'unione di questi venne meno anche il grande esercito che avevano evocato si indebolì fino a disperdersi ed infine venire sconfitto dall'unione dei quattro popoli.

    Prima disuniti o in lotta tra loro erano stati esortati da un gruppo d'individui appartenenti a tutte le razze che si erano prodigati di far sì che ognuno mettese fine agli antichi dissapori per unirsi contro il comune nemico.

    Era così sorto il gruppo dei Black Wolf, come vennero in seguito chiamati i fautori di tale unione e le quattro razze: umani, elfi, nani e hobbit trovarono da quel momento l'unione che dura tutt'oggi.

    Quando quella storia vecchia di tremila anni veniva raccontata era presa spesso con ilarità e per lo più rimaneva una favola per bambini, ma a Yuviél era sempre piaciuta e soprattutto le appariva veritiera.

    Perché non poteva essere andata proprio così, si disse più volte esprimendolo anche a gran voce?

    L'origine di creature che venivano definite del Kaos era tutt'ora ignota ma la loro esistenza purtroppo certa e una piaga per il mondo.

    Anche se restavano relegate in territori per lo più selvaggi e poco abitati rimanevano una calamità che costringeva a continue lotte oltre a rendere la vita incerta e pericolosa per molti.

    Secondo lei erano nati o meglio evocati proprio da una magia malvagia, altrimenti perché la chiesa del Creatore tutt'oggi sorveglierebbe i maghi e il loro operato affinché non facciano uso di incantesimi cosiddetti proibiti?

    A quanto diceva la storia in passato i maghi vennero considerati degli emissari del male e banditi da tutti i regni, cacciati e perseguitati fino ad esecuzioni di massa.

    In seguito si comprese che non era la magia in sé ad essere malvagia ma solo le persone che mal la utilizzavano, oltre a essere una forza che poteva servire al mondo e a ogni popolo.

    Anche se non portentosa come narravano le leggende, la magia era una forza primordiale che poteva aiutare la vita di molti con i suoi infiniti utilizzi e in campo militari i maghi potevano fare spesso la differenza in battaglia.

    Così col tempo vennero reintegrati e ammessi in tutti i regni, anche se sempre sotto stretta sorveglianza della chiesa e nel rispetto delle leggi vigenti.

    Adesso, dopo tanti secoli di dicerie su di essi, avevano nuovamente prestigio ed erano sorte accademie di magia in tutto il regno, nessuna però era imponente come la Magic Prestige presente nella capitale dell'Impero.

    Anche in quel momento Yuviél buttò lo sguardo intenso dei suoi occhi color argento in quella direzione dove, tra le teste della gente che affollava quel luogo, spiccavano le alte torri dell'accademia.

    Da bambina ci rimaneva incantata per ore a guardarle dalla minima distanza che si poteva per chi non era un mago.

    Infatti, l'accesso a quel luogo era riservato solo agli apprendisti maghi che avevano superato una rigida selezione e possedevano i requisiti giusti e la determinazione necessaria per poter accedere agli studi sulle arti magiche.

    Non era facile ma lei intendeva riuscirci: da sempre il suo sogno era imparare la magia, diventare una maga ed era certa che presto si sarebbe realizzato.

    Aveva studiato tanto e continuava a farlo impegnandosi in ogni maniera al massimo delle sue capacità.

    Per la fine dell'anno scolastico che frequentava avrebbe conseguito il diploma per poi riuscire ad accedere alla specializzazione di maga apprendista e lì superare la difficile selezione.

    A dire il vero non sapeva esattamente che prova dovesse superare, tuttavia era pronta a tutto.

    Si sentiva preparata sia nello studio che nel fisico.

    Anche se la sua razza era solita essere più esile e longilinea rispetto a quella umana non pensava di differire poi tanto da essa se non per le tipiche orecchie a punta, in lei nemmeno tanto accentuate.

    Sempre nascoste dai lunghi capelli neri, che le arrivavano fino in fondo alla schiena, difficilmente si scorgevano a una prima occhiata.

    La sua altezza molto superiore alla media umana faceva subito comprendere che non appartenesse a tale razza come la sua forma longilinea che si poteva definire asciutta.

    Anche se di costituzione leggermente più magra della media umana aveva un fisico atletico e compatto con spalle larghe, un buon seno, addominali scolpite, braccia forti e lunghe gambe allenate. Appariva come una molto in forma dedita allo sport.

    Fin da piccola era una che non stava mai ferma se non per studiare e tra corse, cavalcate, scalate di alberi e rupi, tiro con l'arco, per non parlare del Fight-Ball, non si poteva dire che si facesse mancare niente.

    Soprattutto quest'ultimo, tipico gioco di norma di prerogativa maschile importato dai nani e migliorato dagli umani, aveva riscosso sempre grande successo dovunque diventando uno degli sport ufficiali di ogni regno.

    Lì nella capitale c'era la squadra considerata più forte dell'Impero costituita da energumeni umani e nani possenti.

    A ogni modo anche la sua piccola squadra di terza categoria si stava facendo strada e chissà che un giorno non rivaleggiasse con quelle di prima categoria.

    Sport di per sé violento, consisteva nel mandare una palla allungata e dura nella rete avversaria usando mani e piedi prima che la squadra rivale facesse lo stesso.

    Non c'erano regole precise a riguardo e le squadre di dieci membri spesso finivano la partita in meno della metà dei giocatori da tanto che erano di casa gli infortuni.

    Erano infatti ammesse spinte, cariche, colpi di gomito e calci e praticamente ogni cosa che allontanasse l'avversario e desse un vantaggio.

    Però anche lì, come in tutti gli sport di gruppo, l'importante per vincere era fare buon gioco di squadra, infatti una formazione compatta più debole poteva avere la meglio su singoli soggetti più forti ma disuniti.

    Era un po' il concetto generale che aveva, secondo la leggenda, salvato il mondo dalle forze del male.

    Lei, quando giocava, si sentiva come i Black Wolf che guidavano le genti contro le forze del male.

    Pensava che continuassero a difendere i popoli pronti ad intervenire se le forze del male si fossero mai unite minacciando la vita di tutti.

    Yuviél sorrise a quel pensiero con il suo fare gioviale e il viso solare pieno di vita dai magnifici lineamenti con ancora la vitalità e l'ingenuità della gioventù.

    Sempre sorridente, pensava che bisognava essere positivi nella vita e contenti di viverla al pieno come faceva lei.

    Lasciò perdere gli altri pensieri e cercò di farsi largo tra le file di persone che si accalcavano per comprare o guardare le merci unite alle urla dei venditori che decantavano i loro articoli di meravigliose qualità come fossero oro.

    Tra le tante voci le parve di riconoscerne una che la chiamava insistentemente.

    Si guardò attorno tra la calca di gente a cui sempre più spesso andava a sbattere con tutti gli impicci che si portava appresso.

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    La voce forte la riconobbe come quella del suo amico Dimzad che distinse solo dopo un po' in mezzo a quella calca di gente che lo superava di una spanna.

    Era poco distante ma essendo un nano in mezzo a quasi tutti uomini e qualche elfo si distingueva solo per la voce possente tipica della sua razza.

    A dire il vero se c'era un esempio del classico nano rude e forte pensava che il suo amico ne fosse l'esatto opposto.

    Cresciuto in una famiglia di mercanti aiutava spesso il padre a vendere le sue innumerevoli merci che si espandevano in tutti i settori.

    Suo padre Orfregh era un vero genio del commercio e riusciva a venderti per buona la peggiore delle patacche, inoltre aveva affari con chiunque e non c'era merce che non fosse disposto a vendere.

    Alcuni, malignamente, dicevano che aveva venduto anche sua moglie che in realtà l'aveva lasciato tanto tempo addietro per un altro nano con le caratteristiche più tipiche della sua razza.

    Il giovane Dimzad non si curava troppo di quel che diceva la gente e sapeva che sopportare suo padre non era sempre cosa facile, tuttavia aveva imparato da lui tutte le malizie del commercio come la bravura nel saper convincere.

    Era molto sicuro di sé e giovane come lei. Avevano la stessa età di quarantacinque anni, poco più che adolescenti per entrambe le razze, anche se quella elfa viveva più a lungo di tutte.

    Seguendo la sua voce, Yuviél vide il punto dove si trovava e lo raggiunse fermandosi accanto a lui.

    Per essere un nano non era brutto con i capelli castani piuttosto folti e messi alla rinfusa uno sopra l'altro e gli occhi dello stesso colore. Il viso pieno e rubicondo era sempre allegro e gioviale come il suo e anche se aveva il naso grosso a patata i lineamenti erano meno marcati rispetto ad altri nani più abituati a menar le mani.

    Infatti si teneva lontano dalle risse e dal combattere, anche se come tutti i nani un po' l'ascia la sapeva usare.

    Più che combattere era per tagliare la legna e questo si denotava dalle sua mani ben curate che mal di addicevano a quelle rudi dei suoi simili abituati a combattere e picchiare.

    Anche la barba chiara era solo un accenno sotto il mento ma gli conferiva quell'aria più adulta e allo stesso tempo più sicura che piaceva alla gente che trattava con lui.

    Questa non si sostituiva alla lingua sciolta e al fare furbo che sembrava più tipico degli hobbit che vedevano in lui, e soprattutto nel padre, un temibile rivale negli affari.

    Anche le braccia di Dimzad non erano così muscolose come ci aspetta da un nano e solo il torace largo per la sua altezza di un metro e quaranta lo faceva sembrare uno che può intimorire se fatto arrabbiare.

    A dire il vero Yuviél non ricordava d'averlo mai visto arrabbiato. Era un tipo pacioso che amava la bella vita e le comodità ma quando doveva accompagnare il padre in qualche viaggio d'affari era sempre pronto a fare quello che considerava un dovere.

    Avviato com'era negli affari era chiaro il futuro che gli si prospettava davanti. Dal canto suo aveva capito che portavano più benessere e soldi quest'ultimi che i colpi d'ascia di cui bravura si vantavano i suoi simili.

    In effetti non si trovava molto con gli altri nani così rudi e rissaioli, preferendo la compagnia di gente più tranquilla e vicina alla sua natura pacifica.

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    Anche la voce della ragazza rispecchiava la sua personalità, forte e decisa ma allo stesso tempo delicata.

    Il nano la squadrò per un lungo attimo notando che erano poche le donne così belle anche tra gli elfi, oltre che la maggior parte erano più magre e più chiuse in sé stesse.

    Anche molti nani avevano quel tipo di carattere che non riusciva a condividere, così diverso dalla sua natura e l'abitudine di stare in mezzo alla gente.

    Riguardando la sua amica non poteva non ammirare la perfezione del suo corpo mentre vedeva il suo seno gonfiarsi sotto la spinta del torace vigoroso e il fisico atletico ma non scarno.

    Il vestito scuro a strisce verdi che indossava metteva ancora meglio in evidenza la sua bellezza e anche se era coperta fino ai piedi dove indossava comode scarpe da viaggio era certo che le sue gambe fossero di una perfezione unica.

    Dal canto suo Dimzad non si considerava affatto brutto, anzi era convinto d'avere il suo fascino soprattutto se paragonato ai suoi simili e vestiva di solito elegante come in quel momento.

    Aveva una camicia chiara con sopra una giacchetta leggera di un colore tra il marrone e l'arancione mentre i pantaloni erano scuri ma non come quelli della sua amica e anche le scarpe marroni fatte più per mostra che non per comodità.

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    Ci risero sopra entrambi considerando che già Yuviél appariva alta ai suoi simili per non parlare degli umani, che confronto a un nano o un hobbit doveva sembrare gigantesca.

    <<È che ho tutta questa roba da portare a casa.>>

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    Yuviél era una che non si tirava mai indietro quando doveva aiutare qualcuno, soprattutto un amico, cosa che le aveva creato più volte dei problemi e faceva sì che la gente tendesse ad approfittarsene.

    Non era però una stupida e, una volta conosciuto il suo temperamento forte, molti si guardavano bene dal comportarsi così.

    Si era fatta anche una fama da dura, soprattutto da quando giocava al Fight-Ball. Forse era la prima elfa a cimentarsi tuttavia quando gli altri si accorgevano di come erano forti i suoi calci e veloci i suoi movimenti con cui mandava a gambe levate gli avversari si guardavano bene da infastidirla o tentare di imbrogliarla.

    Inoltre, i suoi genitori erano persone importanti e benestanti e la gente comune ci pensava due volte dal mettersi contro.

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    La giovane lo guardò un attimo dubbiosa cercando di penetrare il suo viso impassibile che non le faceva capire cosa avesse in mente.

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    A pensarci aveva detto ai suoi che sarebbe tornata per pranzo invece era ancora molto distante da casa, visto che si trovava leggermente fuori città in una zona verdeggiante dedita alle coltivazioni.

    Infatti i suoi erano dei grandi coltivatori che avevano ereditato grossi appezzamenti terrieri che sfruttavano al massimo e avevano al loro servizio molti braccianti.

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    Yuviél accettò volentieri il passaggio e poté così posizionare sul piccolo carro tutte le sue robe e mettersi comoda al posto di guida insieme a Dimzad.

    Erano molto bravo a condurre il carro che conduceva adagio ma con destrezza passando tra le affollate vie cittadine per poi uscirne e percorrere la pista che portava a lunghi tratti erbosi.

    La natura li circondava da ambo i lati e dove si spaziava lo sguardo non si vedeva che vegetazione e ogni tanto dei grandi alberi solitari non alti ma molto voluminosi e rigogliosi.

    A Yuviél era sempre piaciuto il verde e in quello si rispecchiava a pieno nella sua natura elfa, tuttavia anche la città con tutta la sua vita, il via vai di gente e di colori era una parte che le toccava il cuore allo stesso modo.

    Dimzad dopo un po' di discorsi vaghi e di domande sugli studi che stava facendo si accese una pipa e cominciò a parlarle dello scopo per cui l'aveva cercata.

    I due cavalli davanti procedevano lenti e in qualche punto rallentavano per brucare un minimo d'erba, cosa che Dimzad lasciava fare per aggiungere un po' di tabacco alla pipa.

    Per educazione ne offrì un po' alla sua amica che rifiutò come al solito dicendo che ci teneva alla salute, oltre non capire perché delle persone si creavano delle dipendenze a cui non potevano più rinunciare.

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    <> chiese lei tutta eccitata all'idea di fare qualcosa di nuovo.

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    Dimzad lo sapeva bene visto che molte volte l'aveva accompagnato in buchi sotterranei, posti impolverati, territori impervi e altro ancora che si erano rivelati solo una bufala.

    Anche se molto abile negli affari suo padre aveva la mania innata di trovare qualche tesoro importante, diceva che era destino.

    Difatti da ragazzo un'indovina gli aveva predetto che un giorno avrebbe trovato un tesoro dal valore inestimabile da cui sarebbe dipeso il destino del mondo.

    Forse era stata proprio quella la scintilla che aveva trasformato un contadino in un mercante, fatto sta che anche se aveva avuto successo come pochi in ogni genere d'affare gli era rimasta quell'idea nella testa.

    Orfregh era anche stato soprannominato il nano dai tesori mancati, ma lui ribadiva che presto o tardi ne avrebbe trovato uno grandioso.

    Dimzad era sempre un po' scettico, tuttavia sempre pronto a fare quanto suo padre gli diceva come convincere le persone giuste che l'accompagnassero.

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