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Cambiamenti
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Ebook139 pages1 hour

Cambiamenti

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About this ebook

Luca e Giovanni si ritrovano dopo molto tempo. Hanno tante cose di cui parlare ma nulla che li distolga dal proprio presente. Mentre uno pensa al passato, l'altro è proiettato al futuro. I due, seduti in un'osteria sul lungotevere romano, si raccontano e ci raccontano delle loro vite. Lo fanno attraverso gli occhi e la penna di chi narra: un osservatore silenzioso, un protagonista in ombra.
LanguageItaliano
Release dateDec 1, 2018
ISBN9788829554300
Cambiamenti

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    Cambiamenti - Simone Nardone

    Simone Nardone

    Cambiamenti

    UUID: bcedd060-e991-11e8-b6b1-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Premessa

    Prologo

    L’incontro

    Pillole di vita

    L’arte della Politica

    Venditori di fumo

    Cambiamenti

    In silenzio

    Il solletico al cuore

    A tu per tu

    Sotto il cielo di Roma

    Epilogo

    SN Books

    Cambiamenti

    romanzo

    di

    Simone Nardone

    Questo libro è un’opera di fantasia.

    Personaggi e luoghi citati sono invenzioni dell’autore

    e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione.

    Qualsiasi analogia con i fatti, luoghi e persone vive

    o defunte, è assolutamente casuale.

    www.simonenardone.blogspot.it

    Si ringraziano coloro che hanno sostenuto la campagna su bookabook.it che ha dato al lavoro qualcosa in più.

    Grafica di Copertina a cura di Gianluca di Cicco

    Nella follia di un'esistenza intrisa di cambiamenti,

    dedico questo libro a chi crede in questo mestiere,

    a chi è sempre al mio fianco

    A volte si cambia per dovere,

    altre per necessità.

    In qualche caso lo si fa per induzione

    oppure per avere un’altra prospettiva.

    Ma ogni giorno, se ci guardiamo indietro,

    notiamo come la nostra vita sia fatta

    di continui Cambiamenti.

    Premessa

    C’è chi scrive per dovere e chi lo fa per passione. Chi per campare, chi per raccontare emozioni e chi ancora per vivere. Io lo faccio per quest’ultimo motivo. Scrivere per me significa respirare a pieni polmoni, ha il sapore di chi lo fa attraverso la penna, raccontando semplicemente le sto­rie degli altri. Facendo rivivere a chi legge ciò che alcuni hanno provato. È la magia di curiosare tra le vite degli altri scoprendo un po’ meglio anche se stessi.

    Le storie sono tali proprio perché, veritiere o meno che siano, ci toccano nell’animo. Ci immedesimano in qualco­sa o in qualcuno calandoci, attraverso la fantasia e la rifles­sione, nelle parole di qualcun altro. L’empatia o l’apatia che proviamo quando leggendo ci troviamo vicini o lontani a una determinata situazione traduce quanto noi strumenti siamo accordati col suono dell’orchestra della vita.

    Ogni giorno della nostra esistenza è una pagina che vie­ne sfogliata dal vento che ci accarezza il volto, o dalla bur­rasca che ci fa annaspare nel mare in tempesta. Le storie nei libri, però, possono vedere quel vento come un’arma o la tempesta come magia. La vita invece è più reale, ma i racconti della nostra esistenza hanno sempre il sapore del fantasioso, per aiutarci a essere noi stessi, nel labirinto d’ogni giorno. Un’opera, un libro, è un viaggio che fanno insieme autore e lettore. Viaggi dei più disparati, da quelli rilassanti a quelli culturali, da quelli passionali alle avven­ture, passando per ogni genere di dovere o di divertimento.

    Chi scrive ha la responsabilità di proporre la rotta, in­dividuare la meta e pianificare il viaggio. Chi legge ha il coraggio di decidere con chi partire e verso quale destina­zione o, addirittura, ha la follia di avventurarsi verso oriz­zonti sconosciuti.

    Io vi offro un viaggio breve, di una storia che sa di me, e forse un pizzico anche di voi o forse di nessuno. Per­ché negli altri c’è sempre qualcosa del nostro essere. Un frammento di quell’universo che ci portiamo dentro. Una piccola parte di un puzzle che noi sappiamo comporre o scomporre nell’interezza di un’esistenza.

    Non posso garantirvi che il gusto che proverete nello scorrere le pagine sia arido o ricco del vostro vissuto o, ancora, vicino alla vostra sensibilità. Per me, ha il sapore di un lavoro buttato giù in brevissimo tempo, in un respi­ro. Perché si sa che in un respiro ci sono essenza di vivere, co­raggio nelle scelte e dedizione nel costruire. Una costruzione di un viaggio che forse è avvenuta nel luogo meno adatto, con la difficoltà di chi viene spesso accusato di saper solo sopravvivere. Al contrario, io ho tentato, come del resto faccio ogni giorno, di vivere, e l’ho fatto attraverso qual­cun altro.

    Ho provato ad alzare la posta in palio. Ho preso carta e penna, quando gli altri mi consigliavano egoisticamente di stare, di sopravvivere perché tanto qualcun altro, la mia città o questo cielo mi avrebbero aiutato più di quanto po­tevo fare io.

    Una volta mi dissero che le grandi menti nascondono sem­pre dei lati oscuri di cui neppure loro conoscono la profondità. Non credo che la mia sia una grande mente, altrimenti non passerei notti e giorni come invece mi capita. Ma ho scoperto, solo scrivendo queste umili parole, la completa profondità del mio essere.

    Essere qualcuno, infatti, nella nostra società è tutto. Ma essere nessuno è ancora più esaltante. Perché quando sei tutto non apprezzi che ciò che per te è superfluo. Non ap­prezzi il gusto di entrare nelle storie degli altri. Quando non sei nessuno, invece, ti godi ogni gesto. In qualsiasi dettaglio c’è il sapore della gioia e il gusto dell’esistenza. In ogni goccia di sudore trovi la profondità del tuo animo. Una profondità che non può far dimenticare il passato o improvvisare il presente per rivolgersi al futuro. Anche perché, se mi chiedessero: vuoi tornare indietro per evitare gli errori commessi? Risponderei che il genere umano è talmente masochista che continuerebbe a farli, come me, del resto.

    Ma questa credo sia un’altra storia, quella della vita di uno scrittore di strada, pronto a leggere nelle vite degli al­tri il brivido di un’emozione; perché attraverso di esse sa comprendere un po’ meglio anche se stesso.

    Ma adesso vi lascio alla storia di Luca e Giovanni.

    Prologo

    Luca era affranto dallo stesso sconforto che viveva tut­ti i giorni da diverso tempo. Era seduto nel suo grande e lussuoso ufficio romano al civico 5 di una traversa di via del Corso. Lo stile sobrio ma elegante rappresentava il suo essere.

    Il disordine sulla scrivania traduceva senza bisogno di parole il caos emotivo che lo caratterizzava nel presente.

    Giovanni, invece, era uscito da poco da una riunione di lavoro e sapeva che doveva compiere quello sforzo. Aveva il dovere di tuffarsi nel passato. Doveva farlo, malgrado quel senso di obbligo lo infastidisse. Erano anni che com­mentava quello stato d’animo come un senso del dovere che lo estenuava perché gli ricordava un senso di colpa che teneva accuratamente coperto.

    Ogni volta che sentiva tale sensazione risalirgli nell’a­nimo, si diceva che il dovere è il senso di obbligo che viviamo come responsabilità ma valutiamo come evasione. E, forse, in quel frangente, Giovanni voleva proprio evadere, ma mai come quel giorno sapeva di non poterlo fare. Avere una serata libera implicava doverla riempire con qualcosa che rinviava da troppo tempo. Aveva fatto una promessa che sentiva di dover mantenere.

    Luca aveva letto anni prima, in una raccolta di aforismi, che promettere qualcosa significa impegnarsi emotiva­mente, e aveva sempre visto questo senso di dovere ver­so qualcun altro come un difficile ritorno che implicava lo stesso rischio di un investimento economico. In alcu­ni momenti della sua vita si era sentito fallito in questo, mentre in altri aveva vestito i panni di un broker. Ma in quel preciso istante si sentiva come un adolescente a cui spiegano per la prima volta le basi dell’economia e che si chiede a cosa mai possa servirgli tutto ciò, ignorando che dalla legge della domanda e dell’offerta del suo ultimo ac­quisto, l’esistenza in una società capitalistica come la no­stra conosce solo transazioni che hanno un prezzo, e ogni prezzo dipende da troppi fattori di cui spesso ogni cliente non tiene conto.

    Giovanni, invece, che faceva della comunicazione la sua professione si stava domandando, chiuso nell’ascensore per andare al bar, quale fosse la giusta modalità per invita­re una persona a cena.

    Nell’epoca dei social, la figlia che probabilmente non avrebbe mai avuto, lo avrebbe potuto orientare verso un messaggio di WhatsApp. Ma lui sapeva molto bene che la voce e il contatto diretto non hanno lo stesso impatto di un testo scritto.

    Allo stesso tempo, dietro lettere che apparivano su uno schermo potevano celarsi più dubbi da una parte ma meno spiegazioni dall’altra. Così, nell’annuire solitario dinanzi allo specchio di quell’evoluzione del montacarichi, si era già ritrovato con lo smartphone tra le mani a scrivere il più semplice sms che potesse partorire, con lo scopo di nascondere ogni livello di argomentazione: Carissimo, come va la vita? Posso offrirti una cena questa sera?.

    Luca aveva, come sempre, il telefono impostato su si­lenzioso. Diceva che così godeva dell’ebbrezza di poter decidere a chi concedere attenzioni.

    La vibrazione, però, lo irritava. Per tale motivo spesso lasciava il cellulare nella borsa porta documenti di colore marrone chiaro che portava sempre con sé. Ma quella mat­tina, per affrettarsi, a causa di un appuntamento, l’aveva infilato nel taschino della giacca e, una volta in ufficio, si era concesso di tirarlo fuori poggiandolo sul copri scriva­nia in pelle.

    L’arrivo dell’sms l’aveva incentivato a vedere all’istan­te quel messaggio che arrivava da quel Giovanni ancora salvato in rubrica. La sua postura, da ricurva sulla scriva­nia, impegnata nella lettura di un documento di lavoro, era diventata interlocutoria e interessata. La schiena si era adagiata alla sedia elegante di un nero intenso, mentre con la mano destra aveva preso il cellulare per avvicinarlo al volto e leggere in tutta comodità quell’invito.

    Lo scorrere quelle lettere sul display aveva finito per in­curiosirlo e immediatamente si era concesso una timida risposta: Ciao, Giovanni, si sta come si sta. Ma se ci vedia­mo a cena ne parliamo di persona. Ora e luogo?

    Giovanni era già arrivato al bar, quando il beep sul suo smartphone lo aveva portato a guardare lo schermo, con curiosità e un pizzico d’ansia, per sapere se aveva o meno la serata occupata.

    La lettura istituzionale di uno short message service, gli avevano spiegato in un corso di comunicazione sulle nuo­ve tecnologie, dava sempre un ritorno istantaneo esplicito, lasciando trasparire – soprattutto se si conosce abbastanza bene l’interlocutore – una miriade

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