Un disastro di fata
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Cosa potrà mai fare un'apprendista fata madrina, se Cenerentola si rifiuta di andare al ballo?
Beh, andarci al suo posto, ovviamente!
Ma innamorarsi del fratello del principe non era nei piani. Ben presto, questo imprevisto provocherà una serie di eventi che avranno ripercussioni non solo sulla sua carriera, ma anche sulla sua intera vita.
Il problema è che lei non sa se il fratello del principe prova lo stesso per lei. E rinunciare alle ali per la possibilità remota che a lui possa importare di lei sembra una cosa imprudente e sciocca per una fata diligente come Esmeralda!
Eppure, diventare umana potrebbe essere l'unica possibilità per lei di ottenere il suo lieto fine.
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Un disastro di fata - Andrea R. Cooper
Capitolo 1
Il profumo di polvere di fata e fiori selvatici vorticò attorno a Esmeralda quando prese il suo posto nella fila e lo inspirò a pieni polmoni. Finalmente la sua occasione di diventare una fata madrina permanente e non una sostituta era arrivata. Avrebbe dovuto aiutare la sua protetta o il suo protetto – chiunque fosse - a innamorarsi. Le mani serrate spiegazzavano la sua gonna color pervinca mentre si avvicinava alla fata madrina prossima alla pensione. Se Esmeralda non avesse fatto un pasticcio con quella prova, come con l’ultima che aveva affrontato duecento anni prima, la sua promozione sarebbe stata una certezza. Altrimenti, sarebbe tornata a togliere la rugiada dai fili d’erba, che era un lavoro stupido, stupido, stupido. Non voleva nemmeno pensare di poter essere bocciata.
Raddrizzò le spalle, le ali che battevano più in fretta del suo cuore. Superata questa, potrò mescolarmi agli umani, e addirittura sentire il profumo del loro cibo delizioso. Le venne l’acquolina in bocca al solo pensiero di glasse dolci e friabili dolci da forno. Aveva lavorato sodo per ottenere quel lavoro. Inoltre, Fanny, la fata madrina prossima alla pensione, era proprio quella originale di Cenerentola nella famosa fiaba ed era tempo di ali nuove. Esmeralda fece un passo avanti mentre la fata davanti a lei lanciava uno strillo deliziato e spariva dietro un cespuglio di rose.
La prossima.
chiamò Fanny.
Esmeralda raddrizzò le spalle e marciò verso l’antica fata i cui capelli un tempo biondo platino erano ormai quasi del tutto grigi.
Questo incarico potrebbe essere arduo, ma credo che tu persevererai.
Fanny gesticolò verso di lei con la pergamena sigillata.
Il disagio si attorcigliò nel suo stomaco. Non poteva fallire, non di nuovo, ma non riusciva nemmeno ad allungare la mano per prendere la pergamena. Di che tipo di incarico si trattava, se Fanny era preoccupata per lei? O erano forse i passati casini di Esmeralda che avevano portato Fanny a metterla in guardia? Gli occhi violetti di Fanny scintillavano, maliziosi. Voglio godermi la pensione sfarfallando intorno al Mediterraneo dando la caccia a uomini mezzi nudi, non aspettando te.
Esmeralda esitò. Era un test sulle regole per le fate? Ma mescolarsi direttamente con umani che non rientrano nella categoria dei protetti è proibito.
Un giorno, quando sarai vecchia quanto lo sono io, imparerai che le regole sono fatte per essere infrante, o perlomeno piegate.
Non era quel che diceva il libro delle regole. Ed Esmeralda le aveva memorizzate tutte e settantatré. Prima che potesse protestare, Fanny le ficcò il rotolo nella mano aperta. La pergamena si scaldò nel suo palmo. Tutti i dettagli dell’incarico vennero assorbiti dalla sua pelle e il rotolo svanì.
Non dimenticarti di preparare la discendente di Cenerentola per il ballo di domani sera.
Fanny la salutò con la mano rugosa.
Giusto, il ballo. Per fare in modo che Cindy incontrasse il suo principe. Era un peccato che la magia delle fate non potesse far innamorare gli umani uno dell’altro. Prima avrebbe accompagnato la sua nuova protetta al ballo per incontrare il suo principe e prima avrebbe potuto reclamare il suo tesserino da fata madrina e smettere per sempre di preoccuparsi di dover sgattaiolare fuori per osservare di nuovo gli umani con invidia. Avrebbe fatto parte del suo lavoro.
Non me ne scorderò e non deluderò né voi né i membri del Consiglio.
Si scostò una ciocca di capelli blu dagli occhi mentre cercava con tutte le sue forze di impedire al suo cuore di battere troppo velocemente.
Sta’ attenta.
Le ali grigie di Fanny sbatterono con la traccia lieve di un luccichio verde lime mentre volava via, ma non senza voltarsi da sopra la spalla per dirle: Non farmi tornare in anticipo dal mio viaggio.
Non deluderò né voi né gli Anziani.
Con una risata che le gorgogliava dentro, Esmeralda lasciò la radura delle fate nel folto della foresta, con il suo lieve e armonioso brusio di animali, uccelli e api. Si protesse dagli sguardi umani e volò verso la casa di Cindy, in una città vicina. Per generazioni gli umani erano stati attratti verso le Allegheny Mountains, senza mai rendersi conto che quell’area era così allettante perché era la dimora segreta del Regno delle Fate.
Il fumo che saliva dai camini della città si mescolava all’inquinamento proveniente da Pittsburgh, a diversi chilometri di distanza, e non le rese facile vedere attraverso quella fitta nebbia. Virò a destra, salutando con un cenno le fate dell’aria che cercavano disperatamente di fare in modo che i raggi di sole filtrassero attraverso quella foschia verso i fiori e gli alberi al di sotto. Grazie al loro aiuto, il sole nascente vinse le nubi di smog per ammiccare attraverso gli alberi. Nessun umano le avrebbe mai viste, a meno che non l’avessero voluto loro o non fossero state drasticamente distratte.
Esmeralda volteggiò più in basso, usando la sua magia per nascondersi mentre zigzagava lungo vie punteggiate di senzatetto addormentati e piene di macchine e case di mattoni. Anche se era stata in parecchie città del nord – Chicago, New York, Pittsburgh, e una volta persino Washington – le piaceva ancora di più Bethany, quella pittoresca cittadina accanto alle Allegheny Mountains in cui era nata.
Sentì una zaffata di cannella e pane in cottura e sospirò. Il cibo era una delle cose che invidiava agli umani. Così tanta scelta e così tanti sapori. Qualche volta aveva cercato di deviare dalla sua dieta a base di nettare di fiori e miele, ma se ne era pentita, dopo aver passato giorni con la nausea. Abbassandosi, si fermò fuori da un panificio con le porte aperte e i profumi che si diffondevano dall’interno le fecero posare una mano sullo stomaco.
Chiuse gli occhi brevemente, concedendosi di assaporare quelle fragranze che facevano venire l’acquolina. Si trasformò e diventò di dimensioni umane, chiedendosi se un morso o una leccatina alla glassa l’avrebbero fatta pentire. Aveva mantenuto il suo scudo di invisibilità, mentre valutava la questione, quando qualcosa di massiccio le colpì la schiena, facendola crollare a terra. Il suo scudo andò in pezzi.
Ops. Scusami.
disse un uomo con un grembiule da fornaio. Non ti avevo vista.
Un vassoio pieno di rotoli alla cannella e muffin si era rovesciato sulla strada. Stai bene?
L’uomo si rialzò e le porse la mano.
T-tu puoi vedermi?
chiese lei, con voce stridula.
Beh, ora sì.
Della glassa era rimasta appiccicata al suo grembiule e c’erano altre macchie spalmate sul davanti. Molte delle macchie sembravano nuove.
Aveva fatto un casino con il suo cibo. Scusami. Posso sistemare tutto.
Dov’era la sua bacchetta? Si guardò intorno. Aveva infilzato un muffin.
Un po’ presto per una festa in costume.
Lui si chinò e rimise sul vassoio i muffin che si potevano ancora salvare, quelli che non erano caduti di testa sul marciapiede.
Scusa?
Il tuo costume. Faresti furore alla Fiera Rinascimentale.
Sorrise. Le ali funzionano a batteria?
Lei abbassò lo sguardo su di sé. Il suo abito composto da petali di iris cuciti insieme era macchiato di glassa, mirtilli e cioccolato e c’era uno strappo su un fianco, che lasciava in bella vista la sua coscia. Maledizione! Forse Jazmine sarebbe riuscita a ripararlo.
Una donna anziana con un carrello per la spesa pieno di quelle che sembravano lattine e scatole vuote si avvicinò strascicando i piedi e prese un muffin.
Non mangiarli.
L’uomo col grembiule fece un passo avanti. Sono sporchi, ne farò altri.
Afferrando la sua bacchetta, Esmeralda indietreggiò mentre un gruppo di gente sporca e vestita di stracci si pigiava lì intorno ficcandosi in bocca il cibo spiaccicato prendendolo direttamente dal marciapiede. Cosa stanno facendo?
Ce ne sono un sacco, e ne faremo altri.
Il fornaio sollevò leggermente il vassoio con enfasi. Il suo sguardo tornò su di lei. "Ogni mattina apriamo presto e regaliamo il cibo che non rientra nei nostri standard. Se metto troppo impasto nelle teglie, o se i pasticcini escono tutti storti, allora non possono venire venduti e li diamo ai senzatetto. In qualche modo riesco sempre a mettere insieme almeno l’equivalente di un’infornata. Mio