Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Legami di Seta
Legami di Seta
Legami di Seta
Ebook411 pages6 hours

Legami di Seta

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Quando ero piccola, credevo che la mia vita sarebbe cominciata e terminata sulle rive del fiume Xiangjian, così come era stato per generazioni, nella mia famiglia. Non avrei mai immaginato che  mi avrebbe potuto condurre alla Città Proibita, presso la corte dell'ultima imperatrice della Cina.

Nata nelle campagne più remote della provincia dell'Hunan, Yaqian, giovane ricamatrice, trova il proprio destino presso la Corte imperiale, un luogo di intrighi, desideri, e tradimenti. Dal letto di un imperatore, passando per il cuore di un principe, fino a diventare il braccio destro di un'imperatrice, Yaqian si apre la propria strada nei decenni più turbolenti della storia cinese, e diviene la principale testimone della caduta della dinastia Qing.

I fan di Amy Tan, Lisa See, Anchee Min,e di Pearl S. Buck di sicuro ameranno questo romanzo d'esordio di Amanda Roberts. Lo stile descrittivo, decisamente ricco ed estremamente dettagliato, riesce a dar vita all'opulenza della corte Qing, narrata attraverso il racconto delle vite di Yaqian e dell'imperatrice Cixi, coprendo un periodo di circa sessant'anni di vita della corte. 

LanguageItaliano
Release dateSep 11, 2019
ISBN9781547558247
Legami di Seta

Related to Legami di Seta

Related ebooks

Historical Fiction For You

View More

Related articles

Reviews for Legami di Seta

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Legami di Seta - Amanda Roberts

    Legami di Seta

    Legami di Seta

    Amanda Roberts

    Red Empress Publishing

    Red Empress Publishing

    www.RedEmpressPublishing.com


    Copyright © Amanda Roberts

    www.AmandaRobertsWrites.com


    Cover by Cherith Vaughan

    www.shreddedpotato.com


    All rights reserved. No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, photocopying, recoding, or otherwise, without the prior written consent of the author.

    Indice

    UNO

    DUE

    TRE

    QUATTRO

    CINQUE

    SEI

    SETTE

    OTTO

    NOVE

    DIECI

    UNDICI

    DODICI

    TREDICI

    QUATTORDICI

    QUINDICI

    SEDICI

    DICIASSETTE

    DICIOTTO

    DICIANNOVE

    VENTI

    VENTUNO

    VENTIDUE

    VENTITRÉ

    VENTIQUATTRO

    VENTICINQUE

    VENTISEI

    VENTISETTE

    VENTOTTO

    VENTINOVE

    TRENTA

    Nota dell’Autore

    L’autore

    A mia figlia, Yaqian

    UNO

    Hunan Rurale, 1846

    Il baco da seta, che strisciava sul mio piede, muovendosi dal tallone fino alle dita dei piedi, e risalendo poi verso la caviglia, mi procurava una serie di risatine, che divennero molto più forti quando uno dei miei cugini cominciò a trattenermi per impedirmi di allontanare il verme. Avrei potuto calciarlo via, ma non volevo fargli del male, e, in più, mi piaceva la sensazione. Ogni piccolo passo del baco da seta mi procurava dei leggeri fremiti su per le gambe, fin dietro la schiena. E gli servivano centinaia di passi per muoversi. Era delizioso, ma sapevo anche che mio cugino era felice al pensiero di torturami, così facevo finta di volerlo respingere.

    Un altro dei miei cugini ci raggiunse di corsa e colpì il fratello con un ramo dietro alla testa, cosa che fece perdere interesse al mio tormentatore nei miei confronti, donandomi la libertà. I ragazzi iniziarono a rincorrersi e darsi la caccia. Avrei potuto seguirli, ma preferivo restare da sola con i miei bachi da seta. Presi il piccolo amico che mi stava strisciando tra le dita e lo sistemai sulla più grande foglia di gelso che riuscii a trovare, poi tornai a raccogliere i loro bozzoli.

    La mia famiglia possedeva un piccolo appezzamento di terra vicino al fiume Xiangjiang, nell'Hunan. Poiché mio padre era figlio unico, ed io ero la sua unica figlia, la capitale ci aveva consegnato solo un pezzo di terra per coltivare bachi da seta, ed uno per coltivare il cibo. Non era abbastanza per sostenere una famiglia di tre persone, ma vivendo vicino a molti membri della famiglia di mia madre, che avevano molti più figli, e quindi più terreni, potevamo condividere e coltivare quanto ognuno di noi possedeva. Avevo tre zii e sette cugini. Avevo anche due cugine, ma erano adulte e sposate. Erano partite per vivere con le famiglie dei propri mariti, quindi ero l'unica ragazza, in casa, della mia età.

    Tuttavia, questa era una cosa positiva; troppe ragazze sarebbero state un peso per la famiglia.

    I miei genitori erano delusi dal fatto che fossi una ragazza. Una sola figlia in una marea di figli maschi non sarebbe stato un problema, ma essere l’unica figlia, per di più donna, era loro fonte di grande sconforto. Sapevo che i miei genitori avevano cercato di avere altri figli: spesso sentivo il papà ansimare a notte fonda nel tentativo di piantare un seme dentro la mamma, ma senza alcun successo. I miei spesso litigavano pesantemente- il babbo minacciava la mamma di cacciarla di casa e prendersi una nuova moglie, la mamma gli agitava un coltello davanti alla faccia e minacciava di castrarlo. C’erano stati discorsi sull’adottare uno dei miei cugini, prendersi una concubina, o darmi in sposa a qualcuno per garantirsi un genero. Niente di tutto ciò accadde, ed io imparai ad ignorare le minacce dei miei. Passavo poco tempo a casa, e riuscivo a trovare conforto occupandomi dei miei bachi da seta.

    D’estate, andavo con un cestino nel campo di gelsi a raccogliere bozzoli. Dovevo staccare quei bianchi e soffici involucri attentamente dalle foglie, così da non danneggiare la seta o ferire il verme al suo interno. Anche se piccolo, il nostro appezzamento di terra era ricoperto da centinaia di bachi. Mi occupavo anche dei cespugli di gelso, dei vermi e delle falene. Se un cespuglio era malato o stava morendo, spostavo tutti i vermi, uno alla volta, su un altro cespuglio e recidevo quello malato. Se una pianta aveva troppe larve e stava perdendo le foglie, ricollocavo i suoi abitanti da un’altra parte così poteva nuovamente rifiorire. I vermi mangiavano davvero tanto. Un cespuglio poteva essere rigoglioso e pieno di vita un giorno, ed il giorno successivo essere completamente spoglio.

    Nel primo pomeriggio, quando avevo caldo ed ero affamata, andavo sulle sponde fangose del fiume e mangiavo del baozi che mi ero conservata dalla colazione. Poi mi spogliavo, e nuotavo nelle acque poco profonde del fiume, vicino alla riva. Si univano a me i bambini dei campi vicini, quelli dei pescatori e quelli degli allevatori di granchi. Giocavamo e ci schizzavamo finché le ore più calde della giornata non erano passate, e poi ognuno tornava alle proprie mansioni. Restavo nel campo finché il cestino non si riempiva, poi rientravo a casa il più lentamente possibile.

    Spesso tornavo a casa alla stessa ora del babbo, che, quando lo raggiungevo, si caricava il mio cestino nel carretto, insieme ai cestini riempiti dai miei cugini – sempre che fossero riusciti a riempirli- pronti per la successiva giornata di compravendita nella vicina città di Changsha. La mia famiglia era troppo povera per permettersi le attrezzature necessarie per estrarre la seta dai bachi, così ogni giorno mio padre portava i bozzoli che avevamo raccolto in città e li vendeva o li barattava in cambio di riso o cotone economico per cucire e per fare semplici lavori di ricamo. Pregavo mio padre di portarmi in città con lui. Dalle rive del fiume Xiangjiang dove nuotavo, potevo vedere il ponte per arrivare in città, e molti dei suoi edifici, alcuni molto più alti delle piccole case del nostro villaggio. La polvere si alzava al passaggio delle tante persone e carri che circolavano per le vie. Ma non ci ero mai stata. Ad essere precisi, non mi ero mai allontanata oltre il confine dei nostri campi.

    Il tuo posto è accanto a tua madre, ripeteva sempre il babbo. Non penso che sapesse quanto poco tempo trascorressi con la mamma. La casa era soffocante e buia, e io non avevo alcuna voglia di imparare a pulire, cucinare o cucire. Mi piaceva stare fuori con i miei bachi da seta. E dato che ero vista come una figlia totalmente inutile, pensavo che anche la mamma preferisse vedermi il meno possibile. Non mi chiedeva mai di restare in casa con lei per imparare quei lavori da donna.

    Ogni membro della famiglia conduceva la propria vita, separata da quella degli altri-il babbo in città, la mamma in casa, ed io nei campi. E questo mi andava più che bene.

    DUE

    Hunan rurale, 1847

    Le lacrime mi rigavano il volto, mentre correvo tra le file di cespugli di gelso.

    Calpestavo i bozzoli dei bachi da seta di cui mi ero presa tanta cura in giornata, schiacciandoli con dei sonori crack, ma non mi fermavo. La mamma mi inseguiva a poca distanza, con i suoi piedi larghi e nudi che sbattevano pesantemente sul terreno. Mi precipitai in una piccola apertura tra le file di cespugli, per passare alla fila successiva, facendo alzare in volo migliaia di falene terrorizzate, che cercavano disperatamente di allontanarsi con quelle ali inutili.

    Yaqian! La mamma urlava il mio nome, accompagnandolo ad una serie di imprecazioni che non oso ripetere.

    Ma io non mi fermavo, né per lei, né per i miei preziosi bachi da seta. Dovevo proteggere i miei piedi da quello che sarebbe successo. Se i miei piedi fossero stati legati e spezzati, non sarei mai più stata in grado di andare nel campo per accudire i miei bachi da seta, o di tornare al fiume Xiangjiang per nuotare nelle sue fredde acque con i miei amici. Né, tantomeno, sarei stata in grado di convincere il babbo a portarmi con lui in città per scoprire cosa accadeva ai miei bachi dopo essersi allontanati dalle mie cure.

    Non potevo permettere che i miei piedi, il mio unico mezzo di libertà, fosse imbavagliato come quelli di mia nonna e delle mie zie. É anche vero che non volevo quei piedi larghi, piatti e brutti della mamma. Ma lei era alta, robusta, e fatta per il duro lavoro. Invece io ero piccola, delicata e aggraziata, agile come un gatto e silenziosa come un topolino. Non avevo alcun dubbio sul fatto che i miei piedi sarebbero restati piccoli per sempre.

    C’erano state discussioni riguardo al fasciarmi i piedi o meno. Essendo l’unica figlia, un buon matrimonio avrebbe significato un miglior futuro per i miei genitori. Ma se non fossi stata in grado di occuparmi dei bachi da seta, il compito sarebbe passato ai miei cugini, che non erano di certo famosi per essere responsabili e, in più, avevano già le loro mansioni da portare a termine. La mia famiglia avrebbe di certo perso molti guadagni, se non avessi potuto lavorare. Ma se poi avessi avuto un matrimonio vantaggioso, in futuro, al momento ne sarebbe valsa la pena.

    Così, i miei genitori decisero di chiedere consiglio ad una veggente.

    Arrivò un mattino presto, prima che avessi avuto il tempo di fuggire nei campi, trotterellando sui suoi minuscoli piedi fasciati, con solo un bastone per sostenersi. La mamma la accolse gentilmente in casa, offrendole tè, nocciole e more, ma lei rifiutò tutto, estraendo le carte per leggere i miei numeri. Dopo qualche minuto, si decise a parlare.

    Tre…sei…nove… bisbigliava tra sé. Tre…sei…nove…che meraviglia!

    Che significa, Laoma? le chiese mamma.

    Sei sicura che questi siano i numeri esatti? Nata il terzo mese, il sesto giorno, alla nona ora? chiese la veggente. Mia madre annuì. "Questi numeri sono tutti buoni. Non per una tigre, come l’anno in cui è nata, ma per una capra, come il vostro nome di famiglia. Credo che la bambina incarni l’essenza dello yang. Un altro buon segnale!"

    Cosa significa tutto questo? insistette la mamma.

    É fortunata, annunciò orgogliosamente la veggente. Tre, sei, nove, tutti buoni numeri. La capra è l’ottavo animale… Otto, indica prosperità! In più, la capra è così elegante e raffinata.

    Le capre sono orrende! disse mia madre, lanciandomi uno sguardo.

    Arricciai il naso, e misi la testa sul tavolo, sospirando per la noia.

    Hanno una peluria grigia, delle corna enormi e una lingua ruvida. Come possono le capre essere una buona cosa? chiese mia madre.

    Hai mai visto una capra in un ambiente selvatico? domandò la veggente. Non sei mai stata sulle montagne occidentali? Le capre riescono ad arrampicarsi su rocce lisce o troppo piccole per essere viste. Fanno dei passi eleganti e aggraziati. Hanno grandi capacità per quello che fanno. Molte persone identificate con le capre si dimostrano furbe e molto creative. Credimi, la capra è un simbolo veramente auspicabile, per una ragazza nata sotto tanti buoni segni.

    Ma cosa dovrei farci? chiese mia madre. A che può servirmi una capra?

    Per prima cosa, dobbiamo fasciarle i piedi.

    A queste parole, mi rizzai in piedi urlando No! Non potete toccarmi i piedi!

    Sta zitta, Yaqian! sbottò la mamma. Non mettermi così in imbarazzo. Farai quello che ti viene detto.

    Fa parte della vita disse gentilmente la veggente. Con dei piedi amorevolmente fasciati, dei così buoni numeri, e delle maniere eleganti, potrai sicuramente avere un matrimonio vantaggioso.

    Come diventerà più elegante? si preoccupò la mamma. E’ così vivace, e neanche particolarmente carina.

    La veggente fece un’alzata di spalle. Dopo averle fasciato i piedi, tutto in lei cambierà.

    Ebbi un tuffo al cuore. Non volevo affatto cambiare. Volevo accrescere la mia libertà col tempo, non diminuirla. Volevo passeggiare lungo il fiume e viaggiare con mio padre per i mercati della città. Ma se i miei piedi fossero stati fasciati, non sarei mai più potuta uscire di casa.

    Non lo farò mai! urlai, e fuggii attraverso la porta principale.

    La mamma si alzò di scatto dalla sedia e cominciò ad inseguirmi, ma era troppo lenta. Mi lanciai fuori la porta aperta, correndo più velocemente possibile.

    Ecco perché stavo fuggendo da mia madre. Non sapevo cosa mi aspettasse in futuro- ero solo una bambina, non riuscivo a guardare tanto più in là, sapevo solo che se i miei piedi fossero stati fasciati, sarei stata confinata tra le mura di casa, al fianco di mia madre. Sarei stata condannata al buio, a pulire, cucinare, e cucire decorazioni orribili di giorno in giorno. Non riuscivo a sopportarne il pensiero.

    Mentre correvo, la mamma cadde alle mie spalle. Pensavo che sarei riuscita a fuggire, ma dove sarei potuta andare? Non avevo soldi, non avevo nemmeno delle scarpe ai piedi. Ma mi stavo allontanando sempre più, e per il momento era tutto quello che contava.

    Ma mi fu tesa una trappola. Come una coppia di scimmie selvagge, due dei miei cugini mi saltarono alle spalle spuntando da dietro un albero. Mi gettarono a terra, ed io persi conoscenza abbastanza a lungo da permettergli di immobilizzarmi, afferrarmi per le spalle e i piedi, e trascinarmi verso casa. Urlavo e cercavo di calciare, ma erano troppo forti, ed io mi sentivo così stanca. Forse pensavano che la mia imminente mutilazione fosse qualcosa di divertente, a giudicare dalle arie di trionfo che si diedero quando mi portarono dalla mamma. Ero così esausta da non avere la forza di piangere, quando mia madre cominciò a picchiarmi.


    La notte successiva all’incontro con la veggente, la mamma salì nella stanza al piano superiore con una delle mie zie per iniziare il processo della fasciatura dei piedi. Mia madre aveva visto come si eseguiva, ma non si era mai trovata a doverlo fare lei stessa. Mia zia doveva sapere la posizione precisa da far assumere al piede, dato che aveva eseguito, molti anni prima, le stesse fasciature alle sue figlie.

    Appoggiai la testa sul grembo della mamma, mentre la zia procedeva con la fasciatura. All’inizio, era solo stretta e fastidiosa, ma non faceva male. Pensai di essermi sbagliata, che dopotutto non era una cosa tanto grave. Ma poi mi fecero alzare.

    Nell’istante in cui feci peso sul piede appena fasciato, un dolore cieco mi paralizzò.

    Urlai, cercando di sdraiarmi sul pavimento, ma la mamma mi trattenne, obbligandomi a restare in piedi. Ritta di fronte a me, mi prese le braccia e fece un passo indietro, costringendomi, così, a fare un passo avanti. Era come se mi avessero pugnalato ai piedi, mentre il dolore raggiungeva anche la testa. Volevo svenire, ma la mamma me lo impedì.

    Non cadere, Yaqian! mi ordinò. Devi camminare. Più tempo cammini, più velocemente il piede assumerà la sua nuova forma e tutto questo sarà finito.

    Mia zia mi accarezzò gentilmente la schiena per farmi calmare. Sapeva che mia madre stava mentendo: il dolore non sarebbe mai passato.

    Ogni giorno, la mamma mi costringeva a camminare sui piedi fasciati per spezzare le ossa. Io aspettavo soltanto la sera, quando la mamma mi liberava i piedi dalle fasciature, li lavava, mi tagliava le unghie, e poi li fasciava nuovamente. In quei pochi minuti in cui i miei piedi erano liberi, ero avvolta da ondate di sollievo.

    Ci vollero due settimane prima che mi si spezzasse il primo osso. Quando sentii il suono, fui accecata da un lampo bianco di dolore. Caddi sul pavimento e vomitai. La mamma corse da me. Pensai che volesse afferrarmi e costringermi a stare in piedi, ma, invece, mi carezzava la schiena ripetendo Brava bambina. L’improvvisa tenerezza di mia madre mi sorprese. Nei miei sei anni di vita, non ricordavo un singolo momento in cui mi avesse parlato così gentilmente, abbracciandomi, dicendomi parole dolci. Ma immagino che vedere sua figlia provare un simile dolore dovesse aver commosso anche il suo cuore di pietra. Qualunque fosse la ragione, mi diede la forza di continuare. Il solo fatto che esistessi era un tale sconforto per lei, che sicuramente avrei potuto sopportare anche tutto questo.

    Ero esausta per il dolore e il malessere, ma sapevo che non sarei potuta tornare indietro. Le presi la mano e mi rialzai lentamente. Feci un altro passo, e si ruppe un altro osso. Questa volta, mi aggrappai al braccio della mamma per sostenermi. Feci un passo, e un altro ancora. Persi il conto di quante ossa mi ruppi durante quei giorni.


    Dopo un paio di mesi, i miei piedi avevano assunto una forma totalmente nuova. Non avevo più indossato scarpe da quando erano cominciate le fasciature, e adesso nessuna di quelle vecchie mi andava più. Mia zia mi portò in dono un paio delle sue vecchie scarpette. Erano blu con un ricamo fatto di fili di cotone neri e ruvidi. Sulla parte davanti avevano la decorazione più bella che avessi mai visto. La mamma mi disse che erano piume di pavone. Non avevo la più pallida idea di come fossero i pavoni, ma da quel giorno li amai. La forma simile ad un occhio e i colori verde, blu e rosso che si intrecciavano nella piuma erano il più bel motivo che avessi mai visto. Non riuscivo a credere che qualcosa di così adorabile esistesse davvero in natura.

    La mamma era negata per il ricamo. Non avevamo molte cose ricamate- non sapevamo che farcene di frivoli abbellimenti- ma lei aveva fatto piccole decorazioni su maglie, scarpe e vestiti che avrebbero costituito il suo corredo nuziale, e ci si aspettava che anch’io facessi lo stesso. Avevo sempre pensato che le decorazioni ricamate dalla mamma fossero la cosa più brutta che avessi mai visto. I fili erano ruvidi e spessi, le cuciture erano troppo larghe e asimmetriche, i colori non erano abbinati e gli animali che cercava di riprodurre erano indefiniti. Avevo sempre pensato che se questo fosse stato l’aspetto dei lavori di ricamo, non valeva la pena occuparsene.

    Ma le scarpette che mi aveva donato mia zia erano il primo esempio di ricamo che avesse una sua bellezza. A dirla tutta, erano un po’ rozze e semplici, ma potevo vedere quanto belle avrebbero potuto essere.

    Adoravo quelle scarpette, me le rigiravo di continuo tra le mani. Il ricamo nero mi infastidiva, così cercai un modo per rimuoverlo e riutilizzarlo per una nuova decorazione, con un motivo più delicato e decorativo. Lasciavo che le mie dita corressero lungo le piume di pavone e mi resi presto conto che, se il filo fosse stato più sottile, e la cucitura più stretta, sarebbero sembrate più reali da lontano. Presi un ago dal cesto del cucito della mamma e tornai nella stanza per dedicarmi al lavoro.

    Avevo pianificato di togliere solo alcuni fili e fare solo dei piccoli ritocchi, ma, prima che me ne rendessi conto, avevo rimosso ogni singolo filo. Con le unghie, li allungavo e assottigliavo, poi presi a ricucirli nel modo che avevo immaginato. Dopo un paio di ore, finii il profilo e l’immagine che avevo in mente cominciava a prendere forma. Ci misi due giorni per completarlo, ma alla fine divennero la cosa più bella che avessi mai visto. Mi era avanzato un lungo filo rosso, che avvolsi in un gomitolo, conservandolo vicino al letto nel caso mi fosse servito per qualche progetto futuro.


    Il giorno dopo, mia zia tornò portando con sé la veggente per esaminare i progressi del bendaggio ai piedi. Appena quest’ultima allungò la mano per controllarmeli, mi sedetti fieramente di fronte a lei, arrotolai la gamba del pantalone, e piazzai il piede con ancora indosso la scarpetta nella sua mano. Mia zia, la veggente e mia madre guardarono la scarpetta con sorpresa.

    Dove hai preso queste scarpe? chiese mia madre.

    Non sono quelle che le ho dato, rispose mia zia.

    Sono adorabili, disse la veggente sorridendo.

    Le ho fatte io, dissi con un largo sorriso.

    La mamma mi diede uno schiaffo, sbottando Non mentire!

    Non sto mentendo, dissi, massaggiandomi la guancia. Ho preso le scarpe che mi ha regalato la zia e le ho aggiustate per renderle più belle.

    La veggente osservava da tutti i punti la mia scarpetta che aveva ancora tra le mani.

    E’ davvero bellissima, disse. Ho visto centinaia di scarpette ricamate nella mia vita, ma queste hanno qualcosa di unico. Immaginate cosa sarebbe in grado di fare con del materiale migliore, rispetto a questo davvero scadente.

    Che intendi? le chiese mamma.

    Lasciate che porti via le scarpette, credo di poterle venderle in città, disse.

    No! urlai. Queste sono le mie scarpe. Le adoro. Le ho fatte da sola!

    Dalle le scarpe, Yaqian, mi ordinò la mamma. Se riesce a venderle, potrai fartene un altro paio.

    Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Non ne volevo un altro paio, ma non avevo scelta. Mi tolsi le scarpe e le scagliai dall’altro lato della stanza. La mamma alzò il braccio per colpirmi di nuovo, ma forse pensò fosse meglio non farlo, in presenza della veggente. Sbottò mentre le raccoglieva, poi le spolverò, e le diede con cura alla veggente, che se le mise nella borsa.

    E adesso, mi disse. Diamo un’occhiata ai tuoi piedi.

    Disse che mia zia aveva fatto un ottimo lavoro con la fasciatura, e che i miei piedi sarebbero guariti bene. Non erano i piedi più piccoli che aveva visto, ma erano soddisfacenti. Non le parlai per il resto della serata, e volevo solo correre su in camera quando se ne fu andata, ma dei piedi piccoli e bendati non sono molto utili per correre.

    Un paio di giorni dopo, tornò per dare a mia madre tre monete d’argento. Era molto più denaro di quello che di solito mio padre portava a casa dopo aver venduto due cesti di bozzoli di bachi da seta.

    Tutto questo per un paio di scarpe? chiese la mamma, sorpresa.

    La veggente annuì, e le passò un foglio. E degli ordini per altre cinque paia.

    La mamma si accasciò su una sedia, incapace di credere a quella fortuna. Cercò lo sguardo di mio padre, che sedeva vicino al caminetto, per la stanza. Avremo bisogno di molto più cotone. disse.

    Mio padre annuì.


    Per i mesi successivi, feci dozzine di paia di scarpe. Per me, ogni nuovo paio era più bello del precedente. Mi divertivo a fare prove utilizzando diversi schemi, colori e tecniche. Più erano belle le scarpe, più soldi ci portava la veggente, più ordini arrivavano. Cominciai ad utilizzare dei materiali migliori. Mio padre comprò dei gomitoli di pura seta, che facevano una netta differenza. Il filo scorreva facilmente sulla seta economica delle scarpe, ed in pochi minuti cominciava a delinearsi un’immagine.

    Adoravo abbellire le scarpe. Il mio cuore si riempiva di orgoglio per ogni paio finito.

    Spesso sentivo dei crampi alle dita per l’aver lavorato con tanta precisione, e di solito mi facevano male anche la testa e le spalle per esser stata piegata sulle scarpe per ore ogni giorno, ma tutto ciò ne valeva la pena. Per me non erano delle semplici scarpe, ma pura arte.

    L’unica cosa che detestavo era non potermene conservare neanche un paio. I miei piedi erano ormai bendati da quasi un anno, e, anche se avevo fatto innumerevoli paia di scarpe, nessuna di loro era mia. Ogni paio di giorni, quando la veggente o mio padre venivano a prendere il cesto pieno di scarpe, trattenevo a fatica le lacrime e mi imbronciavo, restando a letto per un paio di giorni finché non mi sentivo pronta a riaffrontare il processo. Facevo del duro lavoro per ognuna delle scarpette, chiunque poteva godere della loro bellezza, ed io ero l’unica a non poterle vedere mai più.

    Ero contenta del mio lavoro, ed i miei genitori erano contenti dei soldi che portava, anche se, come bambina di sei anni con i piedi appena bendati, l’unica cosa di cui avrei dovuto occuparmi sarebbe stato di rendere i miei piedi ancora più piccoli. Fasciare i piedi di una bambina era un investimento. Il suo unico scopo era di avere i piedi più piccoli possibile, per contrarre un buon matrimonio. Sarebbe stato vantaggioso per la famiglia avere un buon genero. Per una ragazza, guadagnare dei soldi per conto proprio era una realtà anomala. La mamma avrebbe dovuto continuare a fasciarmi i piedi sempre più strettamente ogni notte e assicurarsi che vi camminassi sopra ogni giorno. Certo, la mamma e la zia mi fasciavano ancora i piedi ogni notte, si occupavano di tenerli sempre oliati, con le unghie corte e puliti per prevenire le infezioni, ma non mi costringevano più a camminarci sopra per proseguire il processo della fratturazione. Ero sempre in preda al dolore in quel periodo, ma almeno non peggiorava. Mi concentravo sui miei ricami per dimenticarmi il più possibile del dolore.

    Durante una delle sue visite, la veggente mi disse di avere delle buone notizie per me.

    Ti porterò un ospite molto speciale la prossima settimana, Yaqian, mi disse.

    Chi? le chiesi.

    Qualcuno che cambierà il tuo destino, rispose, con un luccichio negli occhi.

    Cos’è il destino? domandai.

    Yaqian! strillò la mamma. Smettila di fare delle domande tanto stupide e torna al lavoro!

    Tornai al caminetto e ripresi i miei lavori di ricamo senza aver ottenuto una risposta alla mia domanda, ma continuai ad ascoltare la loro conversazione.

    Ti ho detto che sarebbe stata creativa, disse la veggente. Ha un tratto fermo, resistente, e lungo. Ha un avvenire molto promettente.

    Avevi ragione, Laoma, rispose la mamma. "Abbiamo davvero fatto tesoro della sua creatività. Per la prima volta, io e mio marito potremmo dare dell’hongbao ai nostri nipoti per il Festival di Primavera."

    La veggente la sbeffeggiò. Perché sprecare del denaro utile per dello stupido maiale? Agitò una tazza di legno e un bastoncino con dei numeri scritti sulla sua superficie cadde. Prese il bastoncino e lo studiò con attenzione. Mi lanciò un’occhiata, poi tornò a rivolgersi alla mamma. Tua figlia di porterà una grande prosperità; sarà molto maggiore di quella che avrebbe potuto procurarti se fosse stata un ragazzo. Ci saranno anche dei ragazzi nel futuro, e sarà Yaqian a portarli nella tua vita.

    Avrà un buon matrimonio? Porterà a casa un genero ricco e avranno molti figli? dedusse la mamma.

    Non riesco a vedere chiaramente cosa avverrà, ma Yaqian porterà una grande benedizione a questa famiglia… con il mio aiuto.

    L’ospite che ci presenterai?

    La veggente annuì.


    Qualche giorno dopo, la veggente tornò portando con sé la sua ospite tanto stimata, Lady Tang. Era la donna più bella che avessi mai visto. Era alta e aveva un collo lungo e bianco; indossava un ampio vestito di seta verde decorato con dei fiori gialli. I suoi capelli erano elegantemente acconciati sulla testa, e impreziositi con dei piccoli gioielli, e aveva le labbra colorate di rosso scuro. Pensai che, se le fate esistessero, somiglierebbero a lei. Quando cominciò ad aggirarsi per il salotto, che aveva i pavimenti pieni di polvere, mi sentii piccola e sporca, anche se tenevo le mani sempre pulite quando lavoravo alle scarpette.

    É questa la bambina? chiese, osservandomi. Mi sorrise con un calore tale che non mi era mai capitato prima di ricevere, nemmeno da mia madre.

    Si, disse la chiromante. Si chiama Yaqian.

    Lady Tang si sedette su una sedia vicino al tavolo, e mi fece segno di accomodarmi sulla sedia di fronte a lei. "Dimmi, Yaqian, come hai imparato a fare delle scarpe tanto belle?

    Non lo so, le risposi. Vedo delle immagini nella mente, e poi le ricopio sulle scarpe.

    Hai un talento naturale, disse.

    La mamma offrì a Lady Tang una tazza di tè caldo. Lei la accettò, e cominciò a berne dei piccoli sorsi, delicatamente, prima di posare la tazza sul tavolo. Si muoveva lentamente e senza alcuno sforzo, come se avesse provato ogni movimento delle mani ed ogni battito delle ciglia milioni di volte.

    Fammi vedere le mani, mi chiese. Gliele porsi. Le sue mani si erano riscaldate con il calore della tazza, ed erano molto morbide. Mi guardò i palmi ed esaminò ogni dito, studiando attentamente ogni callo che vi si era formato per il lavoro.

    Le tue mani sono ben fatte per questo tipo di lavoro, mi disse. Le tue dita sono sottili e svelte, ed i calli si sono sviluppati nei punti giusti.

    Arrossii, mentre mi parlava: non mi erano mai state rivolte delle parole tanto gentili.

    Mi parlava come se avessi un qualche valore. Mi faceva sentire importante.

    Ti ho detto che avrebbe avuto talento. Disse la veggente a mia madre.

    É vero, molto di questo è puro talento, disse Lady Tango lasciandomi andare le mani e prendendo la tazza di tè. Tuttavia, c’è bisogno di molto più del semplice talento per diventare un artigiano esperto, un ruolo a cui potrebbe arrivare sotto le mie cure.

    La mia faccia assunse un’espressione confusa. Guardai la mamma, ma la sua dura espressione non cambiò.

    Lady Tang guardò i miei piedi. Yaqian, quanti anni hai?

    Sei, risposi.

    É il primo anno in cui ti fasciano i piedi, giusto?

    Annuii.

    Si alzò in piedi, indirizzandosi a mia madre e alla veggente La bambina potrà avere successo nella mia scuola, dichiarò. Ha un talento naturale davvero affascinante, e delle dita fatte apposta per i lavori di ricamo, ma le manca una formazione adeguata e la padronanza di una tecnica più precisa. Se diventasse mia apprendista, non ci sono limiti a quello che potrebbe diventare, in futuro.

    Se non avessi conosciuto bene la mamma, avrei potuto giurare che in quel momento nei suoi occhi passò un lampo di orgoglio.

    La mamma cominciò a balbettare. Ma...noi…ecco, non abbiamo i soldi necessari per farla venire con lei. Abbiamo messo da parte un po’ del denaro guadagnato grazie al lavoro di Yaqian, ma non è sufficiente per farla vivere presso una persona tanto importante quanto lei.

    Non posso prenderla con me adesso, disse Lady Tang. E’ troppo piccola, e i suoi piedi non sono ancora formati del tutto. Non posso occuparmi della cura quotidiana di cui hanno ancora bisogno. Quando avrà compiuto sette anni, la porterò con me. Questo vi darà un anno di tempo per mettere da parte i soldi.

    Tuttavia, Lady Tang, continuò la mamma. "Non credo che potremo mai permetterci di farla vivere da lei. Se mettiamo da parte i soldi, potremmo farla vivere con lei un paio di mesi, forse anche un anno, ma poi? Senza Yaqian a farci guadagnare dei soldi, non potremmo più permetterci di pagare per la sua

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1