Verde d'Irlanda
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Verde d'Irlanda - Marina Fornaro
Indice
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VERDE
DI
IRLANDA
DI
MARINA FORNARO
Verde d'Irlanda
© 2018 - Marina Fornaro
Copertina | © Peter Mayne Photo
1° edizione del libro - Maggio 2001
ISBN | 9788827857939
Prima edizione digitale: 2018
© Tutti i diritti riservati all’Autore
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1.
Molto tempo fa, prima del Grande Cambiamento che separò per sempre il mondo degli umani dal mondo degli animali, gli animali sapevano parlare. Uomini e animali vivevano fianco a fianco, avevano gli stessi doveri e gli stessi diritti.
Era un mondo idilliaco nel quale i giorni passavano tranquilli e operosi. Il gallo, appena il sole spuntava, aveva il compito di svegliare tutti perché si mettessero al lavoro. L’uomo seminava, raccoglieva le provviste per l’inverno, rendeva la propria casa accogliente. La mucca forniva il latte, il bue lo aiutava nei campi. Il cane era il suo migliore amico e lo seguiva ovunque andasse. Gli uccelli gli allietavano le giornate con i loro canti. Il cavallo condivideva con lui la gioia di vivere in libertà.
In questo clima di cooperazione, la vita scorreva senza problemi e senza affanni, scandita dall’alternarsi del giorno e della notte e dall’avvicendarsi delle stagioni.
Un giorno, però, accadde qualcosa che mise fine a quel ritmo sereno: il gallo cantò, tutti gli esseri addormentati si svegliarono e si accinsero a sbrigare i loro impegni quotidiani; tutti tranne uno. Il sole era già alto nel cielo quando, finalmente, comparve l’uomo. Era scarmigliato, sbadigliava e aveva l’aria insonnolita, pur avendo dormito ben più del solito. Al suo apparire gli animali gli andarono incontro, preoccupati, facendo ressa per chiedergli che cosa fosse successo.
Con un cenno l’uomo li fece tacere, poi disse loro: Amici miei, ho riflettuto a lungo e mi sono reso conto che la vita, così come noi la viviamo, mi annoia molto. Io ho capito di essere nato per compiere grandi cose, non per faticare dal sorgere al tramonto del sole. Ho deciso, perciò, che d’ora in avanti ci debba essere una diversa ripartizione tra di voi, in modo che io abbia tempo e tranquillità per potermi dedicare ai miei nuovi compiti
.
Qui fece una pausa ad effetto, ma gli animali erano troppo sbalorditi per riuscire a spiccicare parola.
Quindi
continuò l’uomo da domani tu, gallo, canterai due volte: una per svegliare gli altri animali perché vadano a lavorare; e una, tre ore, più tardi, per svegliare me, che ho bisogno di dormire più a lungo. Tu, cane, resterai incatenato davanti alla mia casa, per proteggerla meglio. Tu, bue, dovrai accollarti anche la mia parte di lavoro nei campi. Tu, cavallo, trainerai un carretto per rendere i miei spostamenti più confortevoli.
Gli animali erano sgomenti. Che strano discorso!
commentò la voce baritonale del bue. Già. E a che cosa sarà dovuto questo improvviso cambiamento?
aggiunse la gallina dalla voce querula. Questa storia non mi convince
rifletté ad alta voce il cavallo, con un tono che lasciava presagire chissà quali sventure.
Tutti gli animali erano in allarme, tutti chiedevano spiegazioni, tutti volevano essere rassicurati. L’uomo ripeté più volte l’invito a parlare uno alla volta, ma, per quanti sforzi facesse, non gli riuscì di distinguere una voce dall’altra, un’argomentazione dall’altra.
Confuso e frastornato, credette che le sue orecchie gli stessero giocando un brutto tiro. Che dici, cane?
Bau! Bau!
Non ho capito, toro. Puoi ripetere?
E tu, mucca, hai detto, forse, qualcosa?
Muuu! Muuuuu!
Fu la risposta unanime.
Hihiiiiii!
Incalzò il cavallo, scuotendo la criniera e battendo in terra lo zoccolo anteriore destro.
Bau! Bau!
Miao!
Muuu!
Bau!
Hihiii!
Stordito da quella cacofonia, divenuto incapace di comprendere il linguaggio degli animali, l’uomo lanciò un urlo, corse in casa, sbarrò porte e finestre per allontanare quella babele di suoni, nascose il volto nel cuscino e pianse.
Dopo aver ascoltato la sua favola registrata, anche Maria ha quasi le lacrime agli occhi. Guarda sgomenta Francesca, il suo editore, che armeggia con il mangianastri. Quella non era una storia per bambini, era una storia sull’incomunicabilità, esprimeva tutta la disperazione di una giovane donna che aveva perso la fiducia negli altri e nella possibilità di comunicare con loro. Come aveva potuto permettere che le sue vicende personali sconfinassero in modo così evidente nel campo, fino ad allora inviolato, del suo lavoro? Il lavoro era sempre stato il suo rifugio, l’isola felice in cui trovare una boccata d’aria pura, anche quando il mondo sembrava crollarle addosso!
Quando alza di nuovo gli occhi, Francesca le dice: Ho da chiederti una cortesia, Maria, spero che tu non abbia fatto progetti per i prossimi giorni. La nostra casa editrice ha contattato un autore inglese. Ci interessa pubblicare i suoi racconti qui in Italia. Ho pensato che tu potresti andare a Dublino a prendere i primi contatti e occuparti, poi, tu stessa, della traduzione.
A Dublino?
Sì. E’ inglese, ma vive in Irlanda. Che ne dici?
Quando dovrei partire?
Domani. Con il volo dell’Aer Lingus delle 11.30.
Mentre torna a casa in motorino, nel traffico sonnolento di un pomeriggio estivo a Roma, Maria prova quasi un senso di eccitazione: viaggiare in aereo le procura sempre una leggera esaltazione, e l’Irlanda le piace molto. Ferma al semaforo rosso, chiude gli occhi, ed esprime il desiderio che questa parentesi irlandese la aiuti a riprendere il suo lavoro con la serenità necessaria.
2.
A Dublino la sua casa editrice le ha prenotato una camera alla Shelbourne Hotel, uno degli alberghi più vecchi ed eleganti, situato di fronte allo St. Stephen’s Green, un parco che somiglia a un grande giardino fiorito.
Maria sistema le sue cose nell’armadio, fa una veloce doccia, si siede sul letto per provarne la morbidezza e, prima di vestirsi e uscire, telefona a Martin Coleman, lo scrittore che deve incontrare.
Pronto? Sono Maria Guidi. Vorrei parlare con il signor Coleman, per favore.
Sono io.
Signor Coleman, mi scusi se la chiamo a quest’ora, ma sono appena arrivata dall’Italia e desideravo fissare un appuntamento con lei appena le è possibile.
Sì, signorina Guidi. Aspettavo la sua telefonata. Per me, possiamo vederci anche domani. Decida lei dove e quando.
Le va bene domani pomeriggio alle tre, nel caffè sopra il negozio di libri proprio di fronte allo Ha’penny Bridge?
Va bene. A domani, allora, signorina Guidi. Arrivederci.
Maria riattacca il telefono e guarda l’orologio: sono le tre e mezza, ha tutto il tempo di chiamare la sua amica Anna e di passare da lei.
3.
Quando scende dall’autobus, quasi di fronte alla casa di Anna, Maria si guarda intorno: sono due anni che manca da quella strada, ma nulla sembra cambiato. Le belle case di legno e mattoni sono una accanto all’altra, ciascuna con un giardino davanti e uno sul retro, separate da alte siepi di fucsie ben curate, con i fiori stretti e allungati di colore viola e rosa shocking. Mentre cammina sul marciapiede, Maria non resiste alla tentazione di allungare una mano e accarezzare quei fiori che ama tanto. E, mentre apre il cancelletto di accesso al giardino di Anna, ripensa alla gioia e allo stupore provati quando, due anni prima, aveva scoperto che la fucsia, in Irlanda, è una pianta estremamente diffusa.
Anna l’attende già sulla porta, a braccia spalancate, con un sorriso sulla bella faccia tonda e lo sguardo buono.
Come stai, Maria? Questa sì che è una bella sorpresa! Vieni dentro e raccontami tutto.
All’interno si sente il caratteristico profumo dei muffin appena sfornati. Invece di seguire Anna il salotto, Maria segue l’odore dei dolci fino in cucina.
Che meraviglia! Arrivo proprio al momento giusto!
"Veramente li ho fatti apposta per te. Ricordo che ti piacevano molto. E a guardare quanto sei sciupata, direi che i muffin e una bella