Non voglio Prigioni ma baci e Girasoli
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Non voglio Prigioni ma baci e Girasoli - Barbara Zanoni
tendiamo..."
PREFAZIONE
֍PRIGIONI֍
È così che ho deciso di iniziare il mio libro. Un sabato pomeriggio come tanti, con una vetrina che mi separa dal mondo fuori dal negozio del mio parrucchiere, e un po’ di tristezza dentro al cuore.
Guardo la vita scorrere, la gente che passa frettolosamente, dimenticandosi che oggi è un giorno in cui la maggior parte dovrebbe avere più tempo per sé stessi e per coloro che amano … ma continua inesorabilmente la sua corsa: verso che cosa? Verso la vita che paradossalmente sfugge di mano.
Così, rinchiusa al caldo nel mio piccolo tempio bianco di vanità, inizio a leggere; un po’ per noia un po’ per far passare il tempo. Il libro è il capolavoro di Primo Levi Se questo è un uomo.
Leggo solo le prime righe e mi vergogno della mia tristezza, del mio malessere interiore, mi inoltro nella lettura e il tema della prigione diventa il perno su cui ruoterà tutto il mio libro.
Due piani: il primo è la memoria, il passato, la tragedia di un dolce nonnino dai grandi occhi azzurri che ha vissuto in prima persona la vita del lager, ed il secondo, le prigioni mentali del cuore e dell’anima che ci impediscono di sentire la felicità, la vita che è in noi… e ci fanno vivere come automi, manichini svuotati travolti dal flusso della vita, della fretta.
Più leggo e più ho voglia di scrivere, di liberare le angosce che furono di altri, vissute in contesti di amaro squallore, ma scrivo anche di noi, delle stesse angosce che ci appartengono ancora in questa piccola parte del mondo imbottito, gonfio come un hot-dog che trasuda grasso, il mondo del benessere, dei managers rampanti, delle auto sfavillanti, dell’attico in città e della villa al mare.
Quante prigioni? Di ferro, di ruggine, di sangue, di ovatta, di camici bianchi, di divani che ti abbracciano con la loro calda comodità, di fazzoletti Tempo dove raccogliere le lacrime, di silenzi di cuori che non hanno più nulla da dirsi, ma solo odio da tirarsi in faccia come pomodori marci, di voci silenti che non possono esprimersi, di amori contrastati, difficili e diversi.
Quante prigioni ci attanagliano?
Quante ci impediscono di vedere il sole?
Di sentirlo caldo sulla nostra pelle, sulla nostra bocca avida di vita.
1
֍L’AZZURRO֍
Guardo l’azzurro del lago, guardo il cielo azzurro, mi concentro sul filo del pensiero che scorre, tento di fermarlo ma corre ancora più veloce; che colore avrà?
Lo immagino azzurro anch’esso, immenso, travolgente. Anche i ricordi si avvicinano e a mano a mano che si fanno più vivi, ed il loro azzurro diventa più forte, penso agli occhi del nonnino … di un azzurro più chiaro e trasparente dell’acqua di fonte, penso a quell’azzurro che ha visto il nero della morte, ma l’azzurro ha resistito. Si è pulito dalla fuliggine dei forni. L’azzurro del ricordo è più forte dell’oscurità, dell’oblio di migliaia di persone morte senza un nome nel corso della storia, di troppe tombe senza un fiore.
Il giorno in cui ho incontrato Giorgio per la prima volta, ho visto nell’azzurro dei suoi occhi tragedia e serenità insieme. Da quando è ritornato da Buchenwald non ha più parlato di quel buco nero dentro al quale i ricordi sono caduti e rinchiusi per sempre. Un’autodifesa per poter vedere ancora l’azzurro del lago e del cielo dal suo piccolo paese di montagna.
Giorgio dopo è diventato padre e nonno, una vittoria della vita sulla morte.
Di lui non so nulla. So solo, attraverso un mio caro amico anche suo nipote, che fu strappato alla vita per quasi due lunghi anni e che i suoi occhi videro sofferenza e morte, i suoi polmoni respirarono fumo di vite scomparse e dissolte nell’aria per sempre; ma anche a Buchenwald, a volte, Giorgio vedeva l’azzurro del cielo e sognava. Sognava il lago, il paese, i suoi cari, il ritorno.
Gli fu tolta la libertà fisica per tre lunghi anni, ma nessuno, neppure il boia più crudele riuscì a toglierli la libertà del pensiero, della speranza, del sogno. Dell’azzurro.
Ora lui è sereno. Ha fatto tesoro delle sofferenze passate per godersi ogni istante di vita, per respirare forte la purezza dell’aria, per riflettere dai suoi occhi l’azzurro del cielo, del trionfo della vita sulla morte, della giustizia sull’ingiustizia, del passato di sofferenza su un futuro di speranza, del ricordo sull’oblio.
Vorrei parlare a quel nonnino, chiedergli del suo passato nel lager, ma ho paura di riaprigli una ferita in fondo mai chiusa, forse è meglio interpretare dall’azzurro dei suoi occhi la sua sofferenza e quella di tanti altri, molti dei quali, mai ritornati.
Il rispetto alla sofferenza è un’altra lezione di vita che i suoi occhi mi hanno trasmesso. Il suo sguardo sereno ha confermato che niente è in grado di distruggere la libertà della mente e del cuore, del pensiero e dell’amore.
2
֍IN OGNUNO DI NOI֍
Giorgio potrebbe essere il nonnino di ciascuno di noi.
Potrebbe essere il padre, il fratello, l’amico, il figlio. Lo sconosciuto che abbiamo appena incontrato per strada.
Con i suoi occhi azzurri potrebbe essere me, e tu stesso che leggi queste righe; nei nostri occhi potremmo ritrovare l’azzurro dei suoi.
Giorgio potrebbe essere il bambino irakeno di adesso, vittima di una guerra sbagliata (perché a parer mio tutte le guerre sono sbagliate), il bambino afgano dimenticato, il bambino vietnamita di un tempo che combatteva contro nemici che non conosceva, e per una causa ad egli altrettanto oscura, il bambino cubano senza libertà, quello africano che ha fame, che grida al mondo fame e malattia, il suo diritto alla vita, il bambino thailandese sfruttato e violentato, il bambino pakistano vittima di