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La finestra al sole
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La finestra al sole

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About this ebook

Piergiorgio Medici è un avvocato cagliaritano che sembra aver avuto tutto dalla vita: una macchina sportiva, un lavoro nel più importante studio penalistico della città, un attico in pieno centro in cui convive con la sua fidanzata Stefania, un ruolo in una cattedra universitaria che, seppur non lo appaghi, è fonte di prestigio.
La sua vita scorre senza intoppi fino a quando non viene nominato difensore d’ufficio di Bianca, accusata di furto e sposata con un rom. La storia reale si intreccia con la vicenda “televisiva” del reality show Future Stars, in cui si sfidano venti aspiranti cantanti. Il rappresentante della Sardegna è Dario, un ragazzo irruento e segnato da una tragedia familiare, e anche lui avrà un ruolo determinante nella vita del giovane avvocato.
LanguageItaliano
Release dateNov 22, 2018
ISBN9788885586185
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    La finestra al sole - R.P. Giannotte

    Ringraziamenti

    Prologo

    Sono le sei e mezza di una fresca mattina di metà aprile.

    Un ragazzo solleva la serranda di un bar in via Dante, Cagliari. Accende le luci e si dirige nel retro. Lì tira fuori la sua divisa: pantalone nero, camicia bianca, bretelle e cravattino prugna. I suoi colleghi arrivano poco dopo.

    Tra un caffè e l’altro, nota una pubblicità che passa in tv: Vuoi far parte della squadra di Future Stars? Se il tuo sogno è diventare una stella della canzone italiana chiama il numero 0967…

    Non fa in tempo a leggerlo tutto, quel numero: un altro cameriere gli batte un colpo sulla spalla indicando la porta.

    È arrivata lei.

    Viene quasi tutte le mattine verso quest’ora. È sempre concentrata, la testa immersa nei suoi appunti universitari.

    Come quasi tutte le mattine, il ragazzo le prepara un cappuccino, versandoci sopra il cacao per formare un cuore. Lo porta al suo tavolo e aspetta la sua reazione.

    Lei, però, ringrazia, continua a leggere, versa lo zucchero e lo gira senza neanche guardare. Lo beve in fretta, quel cappuccino, poi corre via, verso la fermata del pullman. Rischia di perderlo, accelera il passo e il conducente l’aspetta. È in ritardo, come quasi tutte le mattine. Ma questa volta entra in aula e il professore non è ancora arrivato. Meno male, può salutare le colleghe.

    Ed eccolo il professore. Trent’anni, forse poco più, alto e affascinante, annoiato e borioso.

    Affascinante, sì: piace a tutte.

    Annoiato e borioso, anche: questo lavoro non gli piace per niente.

    Spiega la sua lezione, guarda fuori dalla finestra, e, finita l’ora, si affretta ad andarsene. Sotto l’aspetta la sua fidanzata: si baciano appena si vedono, come quasi tutte le mattine. Lei e lui camminano presi per mano, a testa alta. Ma li urta una donna, giovane e malvestita, che sta andando a prendere i suoi bambini a scuola, come quasi tutte le mattine.

    Le dicono di stare più attenta, lei si scusa, non voleva. La sua bambina è uscita: appena la vede le corre incontro, l’abbraccia e le chiede com’è andata la mattina a scuola. La bambina risponde: come quasi tutte le mattine.

    Capitolo 1

    La sveglia, che segnava le sette e trenta, trillò per circa cinque secondi.

    Piergiorgio Medici la spense allungando la mano, scese dal letto e andò in cucina a fare colazione.

    In bagno, dopo essersi lavato i denti, il suo sguardo indugiò sullo specchio. Con l’indice destro si toccò l’attaccatura dei capelli. Anzi, quella che sembrava una stempiatura in fase di espansione. Da qualche anno si stava preoccupando del fatto che potesse diventare calvo.

    Aveva trentatré anni da due giorni, ma ne dimostrava qualcuno di più. Ne aveva sempre dimostrato qualcuno di più e la cosa non gli aveva mai dato noia. Ma della calvizie, lui, aveva sempre avuto ribrezzo.

    Quando pensava a queste cose, tuttavia, si consolava sempre con la constatazione che dalla vita aveva avuto tutto. Almeno dal punto di vista delle cose materiali. Era un avvocato penalista associato dello studio più importante di Cagliari, come aveva sempre desiderato, Studio Legale Ruiu Stoppa dell’emerito professore omonimo, il suo relatore di tesi. Aveva un attico in pieno centro, con arredamento di design. Aveva la cattedra a contratto, grazie al professore, di Fondamenti di diritto processuale penale nel Dipartimento di Pedagogia, Psicologia e Filosofia dell’Università di Cagliari.

    Si poteva permettere gran parte delle cose che molti suoi coetanei sognavano.

    La sua vita procedeva regolare, giorno dopo giorno, senza imprevisti di alcun genere.

    E, per di più, non era diventato calvo. Fino ad ora.

    – Buongiorno Gio – lo salutò un’acuta e assonnata voce femminile.

    Era quella di Stefania, la sua ragazza, che stava ora sulla porta del bagno.

    Si erano conosciuti in studio, circa un anno prima. Lei, ventisette anni, faceva la pratica di avvocato. L’aveva colpito quel suo modo di guardare, quasi avidamente, le persone. E poi quel suo avere un parere su tutto e tutti, sempre.

    Lei l’aveva corteggiato, appunto, avidamente: dopo qualche settimana stavano già insieme e sei mesi prima avevano deciso di convivere. A Piergiorgio era sembrato che Stefania nascondesse una vivace intelligenza. E pensava fosse molto preparata nel suo lavoro. Sebbene non ne avesse mai dato prova.

    Anzi, in realtà la sua principale mansione era sbrigare gli adempimenti in tribunale, come fotocopiare sentenze o depositare atti. Roba facile, meccanica.

    Eppure, Piergiorgio era graniticamente convinto che, prima o poi, Stefania avrebbe dimostrato a tutti quanto valeva. E lui sarebbe stato il primo ad aver scoperto questo talento.

    – Buongiorno – le rispose lui, mentre la ragazza si avvicinava per baciarlo sulle labbra. – Già in piedi? –

    – Sì, ti volevo ricordare che stasera mi dovresti accompagnare dall’estetista. La mia Smart ha i freni che vanno un po’ male. –

    – Va bene. –

    – Anzi, se sei libero, non è che potresti portarmela tu dal meccanico stasera? Anche perché, lo sai, io di queste cose non ci capisco niente. Magari ci parli un po’ tu col meccanico –

    – Ok, faccio io. –

    – Grazie tesorino – le disse lei, mettendosi in punta di piedi e dandogli un altro bacio sulla guancia, stringendogli il viso con le mani. – Grazie, grazie, grazie. –

    Quando faceva così sembrava proprio una bambina, con quel suo caschetto scalatissimo e corto, color biondo cenere.

    – Non è che mi hai fatto anche il caffè? – chiese Stefania, dopo un istante.

    – Certo. –

    – Ah, lo sapevo che sei proprio l’uomo perfetto – disse lei, mentre trotterellava velocemente verso la cucina.

    – Secondo me, lo schiavo perfetto – affermò sottovoce Piergiorgio, sorridendo.

    Ma a voce talmente bassa che lei non lo sentì.

    –Stefy – chiamò lui.

    – Che c’è? –

    – Vieni. –

    – Che c’è Gio? – ripeté lei, riapparendo sulla porta del bagno. –

    Secondo te sto diventando calvo? –

    – Calvo? Boh, no. –

    – Ma guarda l’attaccatura. –

    – Ma tu hai sempre avuto l’attaccatura alta – lo liquidò lei. – E poi sono cose che a noi ragazze non importano minimamente. –

    E tornò velocemente in cucina. Mentre Piergiorgio si guardò nuovamente allo specchio, con un’espressione interrogativa e in mente la domanda Attaccatura alta? Io?.

    Alle 8.10 erano entrambi pronti a uscire. Lui in gessato antracite e camicia bianca, in cotone doppio ritorto, con le iniziali ricamate su un polsino, lei in total black con pantaloni in pelle strettissimi. Era molto magra, per di più i pantaloni e i tacchi alti la facevano sembrare una stecca.

    Salirono sulla Giulietta rossa parcheggiata proprio di fronte al loro palazzo.

    Piergiorgio notò che alcune foglie degli alberi che costeggiavano la strada erano cadute sul vetro della sua auto. Erano gialle: l’autunno stava arrivando davvero. E questo a Cagliari faceva sempre un po’ di tristezza.

    Appena accese la macchina, dal lettore cd partì l’album di Lucio Battisti. La fine di Non è Francesca. Piergiorgio la stava ascoltando proprio il giorno prima, tornando a casa.

    Stefania premette subito il tasto Radio senza neanche pensarci, e la voce di Rossella Brescia annunciò il nuovo singolo dei Negramaro.

    – Mi piace troppo questa canzone – esclamò eccitata Stefania, aumentando il volume e iniziando a canticchiarla.

    – Stefy, stasera a che ora devi andare dall’estetista? –

    – Alle sei. Perché? –

    – Perché io ho lezione stasera. –

    Meravigliosoooooo – lo interruppe Stefania cantando. – Ma come non ti accorgi… di quanto il mondo sia… Meravigliosoooooo. –

    – Stefy, mi hai capito? –

    – Sì, sì, ho capito. Io vengo sempre dopo le deficienti. –

    – Dai, non chiamarle così. Poverine. –

    – Poverine? Gio, lo dici sempre tu. L’altro giorno una ha confuso il sequestro di prove col sequestro di persona. –

    – Studiano psicologia, mica diritto. –

    – Sì, ma quelle sono nozioni di cultura generale. –

    Stefania aveva un tono particolarmente critico e tagliente.

    Piergiorgio lasciò correre, facendo semplicemente spallucce.

    – In ogni caso, penso di farcela: ho lezione dalle quattro alle sei, vedo di finire verso le sei meno un quarto. E poi ti porto la macchina dal meccanico. –

    Stefania annuì, con un ghigno sul viso.

    Intanto erano arrivati. Piergiorgio parcheggiò l’auto ed entrambi si diressero al terzo piano del palazzo bianco di via Ristolfi 504. Sarebbe stato un altro giorno di normale lavoro.

    Capitolo 2

    – Ma Ingegner Murgia, lei non capisce… –

    – Avvocato, io sono innocente e voglio che venga fatta giustizia! –

    Piergiorgio Medici aveva davanti a sé un omino secco e rugoso, sulla sessantina. Era, forse, il suo cliente peggiore, l’ingegner Murgia, ma uno dei migliori clienti dello studio, in termini economici. Condannato in primo grado per peculato e truffa ai danni di un Comune e del gestore del servizio idrico, se ne stava ora lì seduto, con le braccia conserte, ostinandosi a scuotere il piccolo cranio calvo, che a ogni frase diveniva sempre più paonazzo.

    – Senta, già in primo grado le prove a suo carico erano schiaccianti – si ostinava a spiegargli Piergiorgio.

    – Ne portiamo altre, di prove. –

    – In appello non si possono portare altre prove, se non sono sopravvenute. –

    – Cosa vuol dire? –

    –Prove nuove, che si sono formate dopo. Oppure prove non valutate. –

    – Eh, non ne hanno valutato un sacco di cose, quei giudici lì. Per colpa di quello scimunito dell’altro avvocato. –

    – No, questo non glielo permetto. –

    L’ingegner Murgia arricciò le labbra e irrigidì la schiena, voltandosi verso un lato della stanza, per distogliere lo sguardo da quel disaccordo.

    – Se fossi venuto qui già qualche anno fa... – borbottò sottovoce.

    – Ho letto il fascicolo del collega, ha svolto un ottimo lavoro – continuò Piergiorgio.

    – In ogni caso, è evidente che non sono un ladro. Assolto per non aver commesso il fatto, ecco quello che voglio sentire. Ho cambiato avvocato per questo. –

    L’omino scandiva le parole, accompagnandole con la mano destra che si alzava e si abbassava, come se volesse dirigere un’orchestra.

    – Ingegnere, lei si è allacciato per dieci anni alle tubature del Comune abusivamente? –

    – Abusivamente, che termini! – rispose l’ingegnere, questa volta sollevando la mano destra in un gesto esagerato.

    – Mi dica solo sì o no. –

    – Ho preso l’acqua gratis, ecco. –

    – Vede, l’appropriazione c’è. –

    – Appropriazione? Ma avvocato, io sono l’ingegnere che ha progettato quelle tubature. Ne avrò pur diritto, no? –

    Piergiorgio scosse la testa: non c’era nulla da fare, non avrebbe capito.

    Era quella la parte che più odiava del suo lavoro: avere a che fare con profani, spesso amministratori pubblici, che non capivano nulla di legge. Ma, anzi, ritenevano fermamente che la Giustizia, quella con la lettera maiuscola, si fosse rivoltata contro di loro, uomini onesti.

    Il diritto ha delle ragioni che il cuore non comprende, diceva sempre la sua professoressa di diritto al liceo. Un insegnamento che Piergiorgio aveva capito solo più tardi.

    – D’accordo, ingegnere – rispose alla fine, rassegnato. – Facciamo come vuole lei. D’altronde, a lei spettano le decisioni. Facciamo questo appello, anche se non le assicuro la vittoria e glielo metto per iscritto. –

    – Oh, vinceremo di sicuro – rispose l’omino, alzandosi e stringendogli la mano soddisfatto. E poi aggiunse in tono confidenziale: – Ho cercato su Internet: ci sono un sacco di sentenze a nostro favore, ho letto persino un parere… non so se si dice così… comunque, della Cassazione, favorevolissimo. –

    No, la parte peggiore del suo lavoro non erano i profani che non capivano nulla di diritto. Erano quelli che cercano la soluzione alla loro causa su Internet.

    – Sicuramente – rispose Piergiorgio sorridente, quasi fosse lui a dover essere rassicurato dal suo cliente, invece che il contrario. – Allora arrivederla. –

    L’Ingegner Murgia lo salutò educatamente e chiuse la porta. Ma qualcuno bussò subito dopo.

    – Gio, stiamo andando a mangiare. Ti portiamo qualcosa al volo o vieni con noi al bar? –

    Era Marianna, una sua collega e altra associata dello studio.

    Per la precisione, la collega bella, atletica, alla moda e sempre seria.

    – No, vengo con voi. –

    – Hai un ombretto stupendo oggi Stefy – commentò Marianna senza entusiasmo, addentando il suo tramezzino che doveva mangiare, come gli altri, al Parma Caffè davanti allo studio, in meno di venti minuti. Tanto durava la loro pausa pranzo.

    Il bar brulicava di avvocati, data la vicinanza di tutti gli studi di Cagliari al tribunale di Piazza Repubblica, dove sorgeva da qualche anno quel delizioso locale, con tavolini fuori durante le giornate di sole. Il rumore del chiacchiericcio dei clienti sovrastava il tintinnio di piatti e cucchiaini che si posavano sul bancone. I dipendenti, giovani e scattanti, servivano ai tavoli con una velocità tale da sembrare invisibili, piccole lucciole con camicia bianca e cravattino color prugna che si muovevano come se avessero una direzione prestabilita, già progettata, lineare in mezzo alla folla liquida.

    – Ti piace? L’ho comprato a Londra – rispose Stefania, che non vedeva l’ora di parlare del suo ultimo week-end con Piergiorgio, in occasione del compleanno di lui. – È di Blemish. Figurati, se non ne avessi approfittato, qui non l’avrei mai trovato! –

    – No, certamente. Blemish a Cagliari non lo trovi, il vero lusso qui non arriverà mai. –

    Andavano molto d’accordo, Marianna e Stefania.

    A Stefania piaceva parlare con Marianna perché era sempre informata sulle nuove tendenze, una persona davvero competente in questo campo. E questo faceva sentire importante anche lei.

    A Marianna piaceva parlare con Stefania perché lei pendeva dalle sue labbra in fatto di moda e le dava sempre ragione.

    – E pensare che Gio non me lo voleva neanche far prendere – aggiunse Stefania, con un’espressione imbronciata.

    – Mi stava mettendo fretta mentre sceglievo il colore. –

    Marianna guardò Piergiorgio come se fosse un mostro.

    – C’era mezz’ora davanti a quell’espositore – si scusò lui, sorridendo. – Di fronte a cinquanta ombretti tutti uguali. –

    In realtà ero indecisa tra verde scuro e verde salvia. Voglio dire, sono due colori così diversi! –

    Marianna concordò. Le due continuarono a parlare del viaggio, di dove erano stati e di cosa avevano comprato.

    Intanto Piergiorgio chiacchierava con Andrea, il suo collega maschio. Era un suo coetaneo magro, calmo, timido. Una timidezza eccessiva per un avvocato penalista. E infatti, non erano molte le assoluzioni che otteneva. Ma era il figlio di uno dei più noti imprenditori di Cagliari, di una delle più ricche famiglie della Sardegna e conosceva tanti pezzi grossi. Il che bastava, al Professore, per tenerlo in studio.

    – Mi hanno detto che mi sono perso un Cagliari da Champions al Sant’Elia lo scorso week-end – disse Piergiorgio, con una punta di rammarico.

    – Eh, sì, un bel tre a uno. De Laurentiis ha fatto una cazzata a vendere Higuain. –

    – Quello sì, ma forse non c’è proprio la squadra. Comunque, il Cagliari, mi hanno detto, ha fatto un’impresa. –

    – Altroché! Farias, tre gol, uno in zona Cesarini. –

    – Una bomba! –

    – Davvero una partita da vedere. Io, poi, l’ho vista dalla tribuna stampa perché un tipo, un giornalista, mi ha procurato i biglietti. –

    – No, dai! Chi è questo tipo? Ci devo diventare amico! –

    – Riccardo, dell’ Unione… sicuramente lo conosci… c’era all’ultima festa a casa di Carlo e Vanessa… –

    – Ah, sì, ho capito – rispose Piergiorgio.

    Si ricordava: un tipo alto e biondastro, saccente, di cui ricordava qualche parola del lunghissimo racconto riguardo il suo ultimo viaggio in Nepal. Praticamente odioso. Ma tant’è che aveva i biglietti per la tribuna stampa.

    All’improvviso lo smartphone di Piergiorgio iniziò a squillare.

    – Piergiorgio Medici, buongiorno –

    – Buongiorno avvocato, Carabinieri di Monserrato. –

    – Mi dica. –

    – La chiamo per una difesa d’ufficio. C’è qui una ragazza che è stata arrestata per furto. –

    – Arrivo subito. –

    Piergiorgio attraversò il cancello della caserma a grandi passi decisi e salutò il giovane appuntato, il cui viso spuntava dalla guardiola con vetro quadrato.

    – Sono l’avvocato Piergiorgio Medici – si presentò all’ingresso. – Sono stato chiamato per un arresto per furto. –

    Il giovane carabiniere che gli stava davanti lo accompagnò in un ufficio dove venne accolto dal maresciallo Cortis, un uomo calmo e grosso, seduto alla scrivania di fronte a lui, che si alzò tendendogli la mano e stringendogliela con affettazione.

    – Dunque, alle undici e quaranta di questa mattina è stata arrestata la signora Marras Bianca, con l’accusa di furto nel negozio del signor Pintus Luigi – iniziò a spiegare il maresciallo.

    – La refurtiva, alcuni oggetti per la casa, è stata prontamente recuperata dal detto signore. Presentava una frattura al braccio sinistro, procurata probabilmente cadendo da una scala usata per prendere della merce in uno scaffale in alto. La signora è stata arrestata, poi soccorsa dal centodiciotto e le è stato applicato un gesso al Pronto Soccorso Santissima Trinità di Is Mirrionis. Ora sta qui nella cella di sicurezza in attesa del legale. –

    Il maresciallo Cortis fece un lungo respiro: aveva esposto i fatti solennemente, tutti in una volta.

    – Sono già stati avvisati i familiari? – chiese Piergiorgio.

    – È stato avvisato il marito, che però non è potuto ancora venire, visto che stamattina si trovava al lavoro e successivamente doveva badare ai due figli minori. –

    – Bene. Vorrei parlare con la signora. –

    Il maresciallo fece un cenno al carabiniere dell’ingresso, che accompagnò Piergiorgio alla cella, facendolo entrare e chiudendosi la porta alle spalle.

    Davanti a loro, una donna stava seduta di spalle, giocando con qualcosa che teneva nella mano destra. L’avvocato si avvicinò in silenzio, fino ad andarle di fronte. E fu colto da stupore quando vide il suo viso: era una ragazzina. Dalla descrizione aveva immaginato, chissà perché, una donna sulla quarantina. Invece aveva davanti una ragazza di vent’anni, o poco più.

    I capelli lunghi biondi, leggermente crespi, avevano qualche centimetro di ricrescita più scura. Il viso, delicato, era giovane, ma di una giovinezza quasi sfiorita. Lo sguardo, malinconico ma fiero, riluceva in quei grandi occhi neri senza un filo di trucco.

    – Buongiorno – disse Piergiorgio, accennando un sorriso.

    La ragazza alzò per la prima volta lo sguardo dalle mani, senza dire nulla.

    – Dunque, mi vuole prima di tutto raccontare come sono andati i fatti? – le chiese Piergiorgio, distrattamente, con la voce carica di abitudine, sedendosi vicino a lei, sulla sedia che aveva preso dal fondo della stanza.

    Non badò subito a quel silenzio di ghiaccio: da quando faceva quel lavoro era abituato a qualsiasi tipo di reazione di fronte a quella domanda. C’era chi piangeva, chi implorava, chi rispondeva con freddezza che sì, aveva commesso il reato, ma non si era pentito. Non molti rimanevano in silenzio, ma poteva succedere.

    – Allora? –

    Ancora una volta la ragazza non rispose, ma non abbassò lo sguardo, che vacuo cercava di penetrare quello dell’avvocato. Senza risultati.

    Così Piergiorgio aprì la sua borsa e tirò fuori un modulo.

    – Questa è la procura – spiegò alla ragazza. – Dovrebbe compilarla se vuole che io mi prenda carico del suo caso come difensore di fiducia. –

    Lo spinse sul tavolo fino a metterlo sotto gli occhi di lei, insieme a una Montblanc nera, che tirò fuori dal taschino della giacca. Non disse quali erano i vantaggi e gli svantaggi, obblighi, doveri, diritti, fermamente convinto che la ragazza non ne avrebbe capito nulla.

    La ragazza prese il modulo, lo lesse in silenzio, muovendo gli occhi da una riga all’altra.

    – Piergiorgio Medici… – lesse d’improvviso a voce alta. – Piero, quindi… che nome stupido! –

    Piergiorgio rimase interdetto da quell’affermazione, ma non lo diede

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