Introduzione alle figure retoriche
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Introduzione alle figure retoriche - DAMIANO MARTORELLI
maggiore
Prefazione
L’idea per questa guida introduttiva alle figure retoriche mi è venuta in seguito ad una curiosa diatriba tra amici durante una cena in pizzeria.
Avevo consegnato loro una copia del mio primo libro di poesie "Le 4 Stagioni del Cuore", nell’edizione speciale edita per la 1° Biennale della Creatività in Italia tenutasi a Verona dal 12 al 16 Febbraio 2014. Il libro conteneva le due poesie che avevo presentato alla Biennale e, tra una parola e l’altra, ad un certo punto su alcune si è acceso il dibattito tra i commensali su quali figure retoriche avessi usato in questo o quell’altro componimento.
Di fronte a questo divertente dibattito, mi sono reso conto che i miei amici avevano le idee un po’ confuse tra le diverse tipologie di figure.
La cosa non mi sorprese: purtroppo nei programmi scolastici ben poco penso sia rimasto di formazione con riguardo a questa parte pure importante della lingua italiana e, a parte alcune nozioni di base, già ai miei tempi (io mi sono diplomato al Liceo Classico G. Prati di Trento nell’ormai lontano
1991), ben poco era trattato questo argomento.
Ho quindi pensato di raccogliere le mie idee e le mie conoscenze, maturate in anni di studio sui classici greci, latini e romanzi, con incursioni anche nel mondo anglosassone e tedesco, prima dell’approdo alla letteratura italiana dalle origini ad oggi; e meditando il tutto, ho deciso di scrivere questa breve guida introduttiva a questo mondo delle figure retoriche. Una guida che spero possa essere di aiuto non solo ai miei amici, ma anche in generale a chiunque voglia accostarsi ad un argomento certo non semplice, ma affascinante, e che dà testimonianza della ricchezza espressiva di una lingua e delle sue enormi potenzialità comunicative, anche in termini emozionali.
Non ho la pretesa di riuscire a coprire ogni aspetto: il mio auspicio è di realizzare una guida scientificamente valida ma soprattutto divulgativa e alla portata di tutti, senza perdersi in approfondimenti storici più degni di testi di altra caratura, destinati a un uditorio più professionale ed accademico. Saranno trattate in forma di compendio le principali figure retoriche, con esempi tratti dalla letteratura (sia in prosa che in poesia) e alcuni cenni storici ed etimologici, con l’intento di indicare, anche se solo in abbozzo, le linee evolutive della lingua, lasciando a chi desidera l’eventuale approfondimento dei singoli argomenti su testi scientifici di livello universitario.
Trento, li 17/03/2017
1. Introduzione
La definizione di retorica è oggi quanto mai complessa, se solo si pensa alla classificazione delle sue parti; per essere del tutto corretti l'approccio dovrebbe essere affrontato in prospettiva storica, tenendo conto delle diverse concezioni e classificazioni succedutesi nel tempo.
Questo non è però l'obiettivo di questa breve introduzione e si rimandano gli interessati a testi di livello universitario più avanzati: a noi preme fornire una guida rapida alle principali figure retoriche che si incontrano nella letteratura italiana (sia essa prosa o poesia), corredandole di opportuni esempi che ne esemplificano le caratteristiche principali.
Tuttavia occorrerà premettere alcune considerazioni di base sulla retorica in generale, per poter inquadrare l’ambito d’uso e l’origine delle figure stesse.
1.1 Un po' di storia...
La retorica è, assieme alla grammatica, la più longeva disciplina che studi il linguaggio e il suo uso. Proprio per questo motivo, ogni tentativo di ricostruirne le vicende storiche deve fare i conti con la concezione corrente della disciplina che la associa all’idea di discorsi ampollosi e stantii.
In antico la retorica era l'arte dell'argomentare, del dire persuasivo ed efficace, ovvero l'arte di parlar bene: in greco antico si parlava per l’appunto di ῥητορικὴ τέχνη [rhetorikè téchne], mentre in latino di rhetorica (ars), cioè appunto l’«arte del parlare».
L'acquisizione e l'uso delle tecniche retoriche aveva essenzialmente finalità pratiche, di persuasione appunto, intesa come approvazione della tesi dell'oratore da parte di uno specifico uditorio, agendo a livello emotivo e conoscitivo. Essa era inizialmente connessa con l’oratoria e si esercitava, non a caso, in tre ambiti principali:
giudiziario (accusa o difesa di un imputato in un processo),
deliberativo (per persuadere un'assemblea a deliberare in un modo piuttosto che in un altro),
dimostrativo (nei discorsi di natura celebrativa per convincere un uditorio che un personaggio è degno di lode o di riprovazione).
1.1.1 La retorica nel mondo greco
I poemi omerici conferiscono rilevanza alle assemblee dell’esercito e del popolo e ai consigli dei capi: in entrambi i casi la deliberazione è l’esito di un dibattito, dove prevale chi è più abile nell’eloquenza fiorita e serrata.
Il giudizio comparativo fra l’arte oratoria di Menelao e di Odisseo nel III libro dell’Iliade mostra una precisa consapevolezza, quindi, della diversa efficacia che appartiene a differenti stili oratori, mentre nell’episodio di Fenice del IX libro dell’Iliade le parole di Omero sembrano già indicare una vicinanza della retorica alla poesia perché l’oratore racconta μũθοι [mythoi], cioè creazioni fantastiche e non puramente razionali come i λόγοι [lògoi]. E che la parola fosse importante nel mondo greco lo dimostra anche il fatto che agli inizi del V secolo il poeta Pindaro (n. Cinocefale, 518 a.C. circa; † Argo, 438 a.C.) fosse in polemica contro l’ideale dell’uomo oratore: ammirava Aiace che non sapeva parlare ma era un valoroso.
In ogni caso, una lunga tradizione fa risalire la nascita della retorica a Siracusa nei primi decenni del V secolo a.C. Sembra infatti che i tiranni Gelone e Gerone (suo successore) avessero proceduto ripetute espropriazioni di terreni da distribuire ai propri mercenari. Nel 467 a.C., dopo che le insurrezioni popolari abbatterono la tirannide, si aprì una serie di processi per la restituzione dei terreni confiscati. I dibattiti pubblici necessitavano dunque dei metodi e delle tecniche migliori per convalidare accuse e difese. In questo contesto il primo a dare lezioni di eloquenza pare fu il filosofo Empedocle di Agrigento (n. Agrigento, 495 a.C.; † Etna, 430 a.C.), subito imitato dai suoi allievi siracusani Corace (V sec. a.C.) e Tisia (n. Siracusa, 480 a.C.), i primi a scrivere manuali di retorica (il primo fu scritto da Corace attorno al 460 a.C.) e a chiedere un compenso per i propri insegnamenti.
Per Corace e Tisia, il fondamento della retorica consisteva nel fatto che il verosimile (τά είκότα [ta eikòta]) è da stimarsi molto più del vero
. La loro retorica era quindi di tipo probativo, di ricerca delle πίστεις [pìsteis], cioè le prove
, come sarà poi teorizzato anche da Aristotele; pertanto essa assumeva l’aspetto tecnico di una ars con precetti impostati scientificamente.
Il primo a portare la retorica siciliana nella Grecia continentale fu Protagora (n. Abdera, 486 a.C.; † mar Ionio, 411 a.C.), esponente della cultura sofistica; dalla concordanza delle testimonianze di Platone e di Aristotele si ricava che egli soggiornò in Sicilia ed ebbe contatti con Corace e Tisia.
Il suo ideale di retorica è espresso dalla formula τό τόν ήττω λόγον κρείττω ποιεĩν [tò tòn etto lògon krèitto poièin]: rendere più potente il discorso meno valido
. Egli sosteneva, nelle sue Antilogie, che intorno ad ogni argomento vi sono due discorsi reciprocamente opposti
, ossia è sempre possibile sostenere due tesi opposte, egualmente vere. Sulla base della teoria dei δισσοί λόγοι [dissòi lògoi] cioè dei duplici discorsi
, sorse la tecnica del contraddire, la τέχνη αντιλογική [tèchne antiloghikè].
Corace e Tisia ebbero come discepolo Gorgia (n. Leontini, 485 a.C. oppure 483 a.C.; † Larissa, 375 a.C. circa), il quale subì anche influssi anche dalla scuola pitagorica.
La scuola pitagorica era una corrente di retorica che, a differenza della contemporanea retorica di Corace e Tisia basata sulla dimostrazione tecnica del verosimile, praticava e teorizzava una retorica non scientifica ma psicagogica (di guida delle anime), fondata cioè sull’allettamento irrazionale che la parola, sapientemente usata, esercita sull’animo degli ascoltatori. Pertanto le caratteristiche dei discorsi erano:
il proposito di usare stile ed argomenti diversi a seconda dei diversi ascoltatori, ovvero la