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Mysteriana
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Mysteriana

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Jack Del Rio è capo redattore della rivista Mysteriana, un mensile che si occupa di “cose misteriose”. Jack finisce, suo malgrado, invischiato in una strana vicenda quando riceve un pacchetto inviatogli da un suo conoscente, Antonello Baracca – ucciso qualche giorno prima in circostanze poco chiare – contenente un vecchio film 8 millimetri in cui è stato immortalato il suicidio di un uomo, Leandro Pazzini, un personaggio che frequentava i salotti dell'alta società all'epoca del fascismo e sul cui conto giravano strane voci. Sempre a caccia di occasioni che possano permettergli di lasciare la redazione di Mysteriana per tornare a occuparsi di giornalismo “serio”, Jack decide di tenere per sé il filmato anziché consegnarlo alla polizia, e comincia a indagare per conto proprio sulla morte di Baracca. Ma in molti stanno dando la caccia a quel filmato, e Jack comprenderà presto di dover scavare più a fondo nel passato di Pazzini per scoprirne i motivi. Cosa c'è di così importante in quel macabro suicidio? E chi era davvero Pazzini? 
LanguageItaliano
PublisherNero Press
Release dateDec 3, 2018
ISBN9788885497320
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    Mysteriana - Giuseppe de Felice

    Intrighi

    Mysteriana

    di Giuseppe de Felice

    Immagine di copertina a partire da: photo-camera-219958_1280 by PublicDomainPictures - Pixabay.com

    Editing: Daniele Picciuti

    Produzione digitale: Daniele Picciuti

    ISBN: 9788885497030

    Nero Press Edizioni

    http://neropress.it

    © Associazione Culturale Nero Cafè

    Edizione digitale dicembre 2018

    Giuseppe de Felice

    Mysteriana

    Indice

    Uno

    Due

    Tre

    Quattro

    Cinque

    Sei

    Sette

    Otto

    Nove

    Dieci

    Undici

    L'autore

    Uno

    Il suo primo pensiero, al risveglio, fu che quella sarebbe stata una giornata di merda. Non aveva nessun motivo particolare per supporlo, ma ogni mattina, appena apriva gli occhi, era assalito e schiaffeggiato da quella certezza. Pessimismo cronico, in una forma particolarmente virulenta? Jack si stropicciò gli occhi, sbadigliò. Un’altra giornata di merda. Si alzò borbottando, andò a prepararsi il caffè, ne prese due tazze, fece la doccia, poi bevve quanto era rimasto nel bricco. Troppo caffè e troppe sigarette. Bene, pensò, lasciatemi almeno i cliché del giornalismo. Posso anche essere un pennivendolo, ma ho la mia brava tessera dell’Ordine e tutti i diritti di giocare con l’immagine di quello che non sarò mai. Datemi almeno quello, cacchio.

    Aprì il portatile, lo accese, infilò la chiavetta nella presa. C’erano tre linee Wi-Fi fra cui scegliere, pagate da inconsapevoli inquilini del suo stabile. Craccarle era un gioco da ragazzi. Che bella la tecnologia wireless. Fece il solito giro dei siti web interessanti, mentre Outlook scaricava l’inevitabile fiume di posta più o meno indesiderata di un giorno di fine autunno dell'anno di poca grazia 2011. Nessun nuovo avvistamento di UFO, ma dopo la raffica che era seguita alle luci nel cielo della Lapponia, la reazione a catena si era esaurita. Un nuovo cerchio nel grano. Stati Uniti, naturalmente. Mai che ne disegnino uno nel Botswana o in Maremma. "Un sensitivo, in Sudafrica, promette strepitose rivelazioni su Atlantide e la sua civiltà". E a chi frega più qualcosa di Atlantide? Roba passata di cottura. Ricercatori del dipartimento segreto di Psicotronica del KGB o GRU che, nel dopoguerra, ebbero accesso agli archivi segreti della Ahnenerbe di Himmler hanno rivelato nuove informazioni sulle spedizioni nazi in Antartide che indicano una probabile minaccia da parte di forze esterne al pianeta, civiltà extraterrestri decise a impedire indagini e sperimentazioni nel campo delle energie del vuoto che rappresentano un grave pericolo per l’integrità della concatenazione dello spazio vuoto che protegge il fragile corpo fisico dell’Universo dalla ferocia del Fuoco Cosmico. Sarebbe più interessante se gli alieni volessero fregarci le donne, il petrolio, l’uranio o la Gioconda, ma si può sempre aggiustare la cosa. "Un nuovo libro dimostra che Sodoma e Gomorra furono distrutte da un meteorite". Quasi peggio di Atlantide. Rennes-le-Chateu, Berenger Sauniere scoprì nel 1893 una tomba segreta contenente i resti della moglie di un discendente del Gran Maestro dei Templari… No, basta col Priorato di Sion, non tira più, la gente ne ha le palle piene della Sacra Famiglia Allargata. Il mistero delle campane di Carpegna. La sera del 1 novembre del 1970 esattamente alle 20,15 in una tranquilla cittadina marchigiana iniziò un evento straordinario nella chiesa di San Nicolò. Campane che suonano da sole. Tutto qui? Non vale neppure un trafiletto. "Mazzini e la massoneria italiana. Chissenefrega. I fantasmi dei deportati in Australia". Chissenefrega, parte seconda. Un ex operatore specialista della Flotta Space Shuttle al Kennedy Space Center, in Florida, dichiara di aver visto un’astronave aliena e un ET collaborare con equipaggi americani. Io, Clark McClelland, ex ScO della Flotta Space Shuttle, dichiaro di aver visto con i miei occhi un ET alto dagli 8 ai 9 piedi sui miei monitor da 27 pollici mentre ero in servizio presso il Launch Control Center (LCC) del Kennedy Space Center. L’ET era in piedi nella stiva di carico dello Space Shuttle e discuteva con due astronauti NASA agganciati! Inoltre, sui miei monitor notai l’astronave dell’ET che si era posizionata in un’orbita stabile dietro i riscaldatori dei motori dello Space Shuttle. Osservai la cosa per circa un minuto e sette secondi. Tutto il tempo di memorizzare. ERANO UN ET e un’astronave aliena! Un altro fumato, ma ha un buon curriculum. Dobbiamo pur riempirlo ’sto cazzo di giornale.

    Continuò la solita nuotata mattutina in quello che aveva battezzato il Golfo Onirico: un mare fatto di testimonianze finto-autentiche, notizie pseudo-storiche e informazioni quasi-scientifiche, in cui navigava un’umanità in cerca di redenzione dall’orrore del quotidiano o soltanto disfatta, credulona, ignorante. Per lui e quelli come lui, semplicemente un gregge da mungere. Raccogli dichiarazioni e notizie, infiocchettale e pubblica tutto. Due siti web che facevano trentamila l’anno di pubblicità e un mensile con una tiratura sempre in aumento. E considerati fortunato a essere parte dell’equipaggio che governa questa barca, Jack. Tanti tuoi colleghi fanno la fame nelle redazioni dei quotidiani, mentre tu galleggi beato, cullato dalle onde del Golfo Onirico, nessuna fatica, le notizie vengono a te, spontaneamente, tu devi solo servirle agli interessati, dal produttore al consumatore praticamente senza intermediari, vita facile e stipendio sicuro, e anche questo è giornalismo, no? Lascia perdere i sogni, le ambizioni giovanili (e magari giovanilistiche) di inchieste che rovesciano governi o di reportage in stile gonzo. Non eri tu quello che poteva diventare l’Hunter S. Thompson italiano. Uno come Thompson, in questo paese di merda, non si può neppure immaginarlo.

    Fine dell’autopredicozzo giornaliero. Accese un’altra sigaretta e si immerse nella posta elettronica. Cancellò in un colpo tutto lo spam e affrontò subito le mail dall’intestazione sospetta. Due avvistamenti di UFO che sapevano tanto di presa per il sedere, un tizio che chiedeva mille euro (trattabili) per fornire l’indirizzo di una casa infestata, una signora di settantasette anni domiciliata a Pordenone che asseriva di essere posseduta da uno spirito disceso dal pianeta Nettuno. Un certo Egizio Bassi, antiquario, voleva sapere se la rivista Mysteriana era interessata a un servizio fotografico sulla sua collezione di crocefissi giansenisti. Crocefissi giansenisti… Jack si ripassò quelle due parole sulla lingua, dolcemente, e decise che avevano un buon sapore. Lorenzo, il gran capo della baracca esoterica, ogni tanto voleva qualche articolo serio da pubblicare sul giornale. Non bilanciava tutta la spazzatura, piuttosto ne smorzava i riflessi grotteschi e riusciva perfino a darle un patentino di autenticità. Fra tante bugie, montature, allucinazioni, bizzarrie, sfoghi di puri e semplici svitati, veder spuntare un bel pezzo di solida divulgazione in stile Piero Angela – con tanto di note a piè di pagina, magari – faceva un bell’effetto. Rendeva l’altra roba meno pazzesca, e, ragionavano gli sprovveduti, dato che questo è chiaro, documentato e provato, anche tutto il resto potrebbe esserlo. Perfino un’intervista alla vecchia ragazza di Pordenone invasata dal nettuniano acquistava un’altra luce accanto a un articolo tutto precisino sui crocefissi giansenisti.

    Segnò il numero telefonico di Egizio Bassi su un notes, scrisse quel nome e sentì un vago senso di cameratismo con l’antiquario che faceva parte del club di poveri diavoli a cui dei genitori sadici avevano affibbiato un nome impossibile. Jack era membro del club a pieno titolo, vittima di un nome di famiglia tramandato da quattro o cinque generazioni: Ladislao. Quando uno si ritrova etichettato con un nome del genere, ha tutto il diritto di cercarsi un soprannome e usarlo ogni volta che può. Lui si ripeteva sempre che, prima o poi, avrebbe cambiato legalmente il proprio nome (nonostante la formale minaccia di disconoscimento che suo padre rinnovava ogni volta che lui manifestava quell’intenzione) così avrebbe potuto firmarsi Jack Del Rio anche fuori dalle pagine del giornale.

    Erano le undici passate quando si presentò in redazione. Stella, la segretaria, lo salutò con un’occhiataccia.

    «Nel mio contratto di lavoro non è previsto che debba intrattenere i fumati ed i dementi».

    «E chi te l’ha mai chiesto?» Jack si accese una sigaretta «Gli dici che sei solo la segretaria, gli rifili l’indirizzo e-mail e tanti saluti. Ma come fanno poi a scoprire l’indirizzo della redazione, Cristo santo? Abbiamo perfino tolto la targa dalla porta d’ingresso».

    «La tizia che si è presentata stamattina ha detto che nessuno ha mai risposto alle sue (cito) reiterate proposte di narrare un’autentica esperienza di pre-morte. Così ha deciso di raccontarla a me».

    «Potevi sbatterle la porta in faccia».

    «È sgusciata dentro, si è seduta, mi ha fatto perdere venti minuti… perché non le rispondi? Sei il capo redattore, è questo il tuo lavoro, no?»

    «Non posso rispondere a tutti gli sconnessi che ci contattano» Jack sedette a capo del grande tavolo che occupava il centro della stanza, accese il computer «e per un’esperienza di pre-morte, poi…» sbuffò.

    Gli svitati erano singolarmente privi di fantasia. Salivano sugli UFO, udivano voci, vedevano spiriti… sempre quel genere di cose. Ogni tanto spuntava uno stravagante, come quello che affermava di poter sintonizzare col pensiero una radio sulle trasmissioni dell’anno 2687, oppure la ragazza che ogni giorno dalle cinque alle cinque e un quarto del pomeriggio vedeva con l’occhio destro gli esseri a nove teste della settima dimensione, ma il demente tipo si accontentava di ricalcare film di successo o storie tradizionali o insulse leggende metropolitane. Non erano creativi.

    «Grazia ha fatto la copertina di aprile?» chiese.

    Stella rispose solo con un basso grugnito che lui decise di interpretare come un .

    «E dov’è? La cartella è ancora vuota».

    «Non ce l’ho ancora messa. La resuscitata mi ha fatto perdere tempo».

    «Nel tuo contratto di lavoro dovrebbe esserci scritto qualcosa riguardo l’orario, tu non ti siedi mai davanti a quel computer prima delle dieci, se arrivassi qui un’oretta prima…»

    «Se tu arrivassi un’oretta prima io non dovrei ricevere le colleghe di Lazzaro ed Euridice, io…»

    «Euridice non fece in tempo a resuscitare, aggiornati».

    «E se faceste installare il videocitofono…»

    «Ancora con la storia del videocitofono?»

    «Potrei vedere chi c’è alla porta senza aprirla e mandare via i fumati con qualche scusa. Ti ricordo che non abbiamo neppure uno spioncino».

    «Dillo a Lorenzo, è lui che decide queste cose. Dove cazzo sta la copertina di aprile?»

    La copertina era sempre un problema, di solito occorreva rifarla due o tre volte prima che andasse bene a Lorenzo. L’immagine scelta da Jack per adornarla non aveva mai abbastanza impatto, i colori e i font delle scritte non risaltavano fino a dare quell’effetto psichedelico di totale subbuglio cromatico che Lorenzo doveva essere convinto fosse la chiave per attirare l’attenzione dei P.F.

    I P.F. erano i lettori della rivista, nel frasario privato del direttore. La sigla stava, naturalmente, per: Poveri Fessi.

    Mentre Jack studiava la copertina, suonò il campanello. Poi suonò ancora una volta.

    «Vuoi andare ad aprire?»

    Era rivolto a Stella, naturalmente.

    «Se è di nuovo la resuscitata…»

    «Okay, me la lavoro io: va’ ad aprire la porta».

    Non era la resuscitata.

    «Ciao, Jack. Dov’è il mio assegno?»

    Agostino teneva infilato in una tasca della giacca a vento il numero di novembre di Mysteriana.

    «Chiedi a Miss Cordialità» fece Jack, indicando Stella e continuando a scrutare la cover di aprile.

    Stella aprì un cassetto della sua scrivania chiuso a chiave e prese una busta, poi la porse ad Agostino.

    «Ti sei perso il suo sguardo di altero disprezzo» fece questi, sedendo accanto a Jack e aprendo la busta per controllare l’assegno.

    «Lo conosco a memoria. Ti piace questa foto, Ago?»

    «Cos’è, un dirigibile?»

    «Sì. C’è un articolo sulla terra cava, e allora…»

    «E che c’entra la terra cava con i dirigibili?»

    « Oddio…» Jack annaspò qualche attimo «Se la terra fosse cava potremmo volarci dentro: con un bel dirigibile, magari…»

    «È un po’ tirata per i capelli».

    «Quella spedizione la fecero negli anni ’30, a quell’epoca usavano ancora i dirigibili, magari hanno volato su uno Zeppelin per raggiungere la Siberia o il Circolo Polare Artico, che ne so…» Jack finalmente si voltò verso il nuovo arrivato. Agostino era uno dei collaboratori di Mysteriana più produttivi: difficile che passasse un mese senza trovare la sua firma tra i gazzettieri che aiutavano il capo redattore a riempire quel cazzo di giornale. «Mi hai portato qualcosa?»

    «Niente ad usum P.F., come dice il Gran Mogol».

    «Una di queste volte ci scapperà quel titolo in sua presenza…» Jack sorrideva.

    «Si incazzerà?»

    «No: vorrà sapere che c’entra lui con le Giovani Marmotte».

    «Ah, santa ignoranza…»

    «Niente per i P.F., dunque».

    «No. Solo una brutta notizia. È morto Baracca».

    «Oh, Gesù…» Jack aggrottò la fronte «Ci avrò parlato non più di una settimana fa. Che è successo?»

    «Qualcosa di brutto: l’hanno ammazzato».

    «Oh Gesù» ripeté Jack, spalancando gli occhi «Ma quando? E come lo hai saputo?»

    «La settimana scorsa. Un agente della PS, uno dei miei contatti, mi ha detto che stanno indagando, ma, a giudicare dal tono, direi senza stancarsi troppo. Pare che il delitto sia maturato nell’ambiente della prostituzione gay: così ipotizzano i tutori dell’ordine, almeno».

    «Baracca era un finocchio?»

    «Non lo sapevi? Finocchio perso. E come capita a volte ai finocchi di una certa età, aveva un debole per i giovanotti molto giovani. Sembra che frequentasse un giro non molto raccomandabile di marchettoni reclutati nelle periferie degradate, la polizia lo aveva già schedato tra i clienti abituali dei ragazzotti. Doveva essere un fatto di gusto, i soldi non gli mancavano, lo sai, e avrebbe potuto farsi passare il vizietto con qualche stallone abitante in zone meno proletarie».

    «Ma come è andata, di preciso?»

    «So solo che lo hanno ucciso nel suo appartamento. La casa era un macello, tutta sottosopra, anche la collezione massacrata».

    «Anche la collezione?»

    «Già. Forse l’assassino pensava che tenesse i soldi nascosti dietro i filmini».

    «E perché indagano senza stancarsi troppo?»

    «Sveglia, Jack… A chi frega della morte di un vecchio finocchio, solo e senza parenti, fatto fuori molto probabilmente da qualche giovanissimo amichetto prezzolato di infima estrazione sociale? Faranno qualche domanda in giro, prenderanno appunti e archivieranno».

    Jack aspirò dalla sua Marlboro.

    «Non aveva parenti?»

    « Pare di no».

    «Che fine farà la collezione? L’ha lasciata a qualcuno?»

    «Non ne ho idea. Ah, senti… A Lorenzo potrebbe interessare un pezzo sui relitti di navi affondate nella prima guerra mondiale?»

    «Dipende… Puoi guarnirlo di testimonianze di subacquei o palombari che hanno visto luci sulfuree muoversi fra i ponti coperti dalle alghe?»

    «Testimonianze autentiche?» Agostino sorrideva.

    «Molto divertente».

    «Be’, mi inventerò qualcosa».

    «Prima di esercitare la fantasia sul tema delle sirene e dei tritoni perché non vai a fotografarmi un po’ di crocefissi giansenisti?»

    Agostino chiese spiegazioni, Jack gli dette il recapito dell’antiquario.

    «Ma vuoi anche un bell’articolone?»

    «Fatti dare notizie in abbondanza, poi decidiamo cosa tenere e cosa buttare via. Due cartelle, non di più. E le foto, naturalmente. Scegli quelli più strani, antichi o sinistri. Una decina, più o meno».

    «D’accordo. Ci si vede».

    Jack lasciò la redazione di Mysteriana verso le cinque del pomeriggio. Mentre faceva l’editing agli articoli, preparava indici e battibeccava con un Lorenzo poco convinto dal dirigibile, pensava di tanto in tanto a Baracca. Aveva parlato con lui a telefono neppure una settimana prima. C’era un filmino che voleva mostrargli, uno di quelli strani. Aveva fatto anche un nome, ma Jack non riusciva a ricordarlo. Quasi senza rendersene conto, si ritrovò a guidare verso la casa di Baracca. Il pensiero della sua sterminata collezione di pellicole devastata da qualche ragazzo dei bassifondi in cerca di contante gli dava una strana malinconia.

    Baracca abitava in un quartiere vecchiotto e signorile, le vie erano tutte bordate d’alberi e c’era parcheggio in abbondanza. Jack trovò il portone del palazzo socchiuso, e quello stabile non aveva un portiere. Prese l’ascensore per il quinto piano. Sulla porta d’ingresso c'erano i sigilli della polizia, ma da dentro venivano dei rumori: qualcuno si muoveva senza alcuna cautela.

    Jack esitava. Non sapeva davvero perché fosse arrivato fin lì. Curiosità professionale, forse. Alla fine, decise di bussare. I rumori cessarono per qualche attimo, poi il suono di passi che si avvicinavano, la porta che si apriva. Jack si ritrovò davanti un uomo sulla quarantina, robusto e molto stempiato. Indossava un pettinato da poco prezzo e aveva la cravatta annodata male.

    «Lei chi è?» chiese, con voce piatta.

    «Lei chi è?» fece Jack, di rimando. Ma non avrebbe veramente avuto bisogno di chiederglielo, né che lui gli mostrasse, come fece, il tesserino. Gli bastava lo sguardo, quello sguardo che - aveva scritto Raymond Chandler in una

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