La Mela di Cupido
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La Mela di Cupido, di Ol'ga Krjučkova.
Una storia d'amore e d'avventura, divertente e umoristica, ambientata nella Russia imperiale del XIX secolo.
Sergej L’vovič Zav’jalov, maggiore d’artiglieria, si reca in villeggiatura dalla zia Aglaja Dmitrievna. Zav’jalov, su insistenza della zia, inizia a corteggiare la vicina Polina Veresova. Trascorrono una notte d’amore nel casino di caccia. Il diario personale di Polina capita nelle mani del maggiore. Sergej L’vovič ne è profondamente turbato e lascia immediatamente il ‘nido d’amore’. Senza ulteriori spiegazioni, lascia la casa accogliente di Aglaja Dmitrievna e si reca ospite da un amico. La zia, delusa, raccoglie un cestino di mele da dare al nipote per il viaggio.
Zav’jalov prende il treno e si ritrova in uno scompartimento con un adolescente e il suo precettore inglese. Il maggiore non poteva certo immaginare che questo incontro gli sarebbe stato fatale. In quel frangente l’adolescente si comporta in modo provocatorio e, senza chiedere il permesso, prende una mela dal cesto di Zav’jalov. In risposta, il giovane insolente riceve un ceffone dal maggiore. Ne nasce una lite.
Nel frattempo, Polina si rende conto che Sergej è fuggito, decide di andare a cercarlo e chiarirsi a tutti i costi. Zav’jalov raggiunge senza ulteriori problemi la tenuta del suo compagno d’armi Sobolev; presto arriva anche Polina e affitta una camera nella vicina locanda.
Sobolev e Zav’jalov vanno a caccia e sorprendono un bracconiere nella tenuta di caccia di Sobolev. Zav’jalov vi riconosce l’inglese del treno. Nel mentre, Polina spia Zav’jalov e viene sorpresa dalla pioggia. Decide di nascondersi in un piccolo fienile che si trova accanto alla villa di Sobolev: destino vuole che di lì passi per caso l’inglese…
Olga Kryuchkova
Olga Kryuchkova began her creative career in 2006. During this time, the author had more than 100 publications and reprints (historical novels, historical adventures, esotericism, art therapy, fantasy). A number of novels were co-written with Elena Kryuchkova.
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La Mela di Cupido - Olga Kryuchkova
Ol’ga Krjučkova
LA MELA DI CUPIDO
Romanzo d’amore e d’avventura
UN BREVE SOMMARIO
Sergej L’vovič Zav’jalov, maggiore d’artiglieria, si reca in villeggiatura dalla zia Aglaja Dmitrievna. Zav’jalov, su insistenza della zia, inizia a corteggiare la vicina Polina Veresova. Trascorrono una notte d’amore nel casino di caccia. Il diario personale di Polina capita nelle mani del maggiore. Sergej L’vovič ne è profondamente turbato e lascia immediatamente il ‘nido d’amore’. Senza ulteriori spiegazioni, lascia la casa accogliente di Aglaja Dmitrievna e si reca ospite da un amico. La zia, delusa, raccoglie un cestino di mele da dare al nipote per il viaggio.
Zav’jalov prende il treno e si ritrova in uno scompartimento con un adolescente e il suo precettore inglese. Il maggiore non poteva certo immaginare che questo incontro gli sarebbe stato fatale. In quel frangente l’adolescente si comporta in modo provocatorio e, senza chiedere il permesso, prende una mela dal cesto di Zav’jalov. In risposta, il giovane insolente riceve un ceffone dal maggiore. Ne nasce una lite.
Nel frattempo, Polina si rende conto che Sergej è fuggito, decide di andare a cercarlo e chiarirsi a tutti i costi. Zav’jalov raggiunge senza ulteriori problemi la tenuta del suo compagno d’armi Sobolev; presto arriva anche Polina e affitta una camera nella vicina locanda.
Sobolev e Zav’jalov vanno a caccia e sorprendono un bracconiere nella tenuta di caccia di Sobolev. Zav’jalov vi riconosce l’inglese del treno. Nel mentre, Polina spia Zav’jalov e viene sorpresa dalla pioggia. Decide di nascondersi in un piccolo fienile che si trova accanto alla villa di Sobolev: destino vuole che di lì passi per caso l’inglese...
Prologo
A Sergej L’vovič Zav’jalov, un maggiore d’artiglieria, uomo nel fiore degli anni, viene finalmente concesso il periodo di licenza tanto atteso; a dir la verità, due mesi più tardi rispetto a quanto aveva indicato nella richiesta ai suoi superiori.
Era un settembre mite e incantevole. Suzdal’, cittadina pittoresca nei pressi della quale era dislocato il reggimento di Zav’jalov, lo rovinava con il suo silenzio e la sua provincialità. Ahimè, Suzdal non è Mosca o Pietroburgo. La vita vi scorreva lenta e tranquilla, non succedeva quasi niente di straordinario se, naturalmente, non consideriamo quei due o tre duelli degli ultimi anni quando i duellanti se l’erano cavata con qualche graffio: o sparavano male, oppure non erano nemmeno capaci di combattere con le sciabole di cavalleria.
Tutte le bellezze di Suzdal’ e le dame della mondanità Sergej L’vovič le conosceva più che bene. E con una di loro aveva anche avuto una relazione, finché non trovò la sua amata tra le braccia di un rivale. Zav’jalov ci soffrì per un po’ e passò dalle dame mondane più in vista a quelle della piccola borghesia, ma ben presto anche loro gli vennero a noia con il loro parlare senza sosta di marmellata di mele, della casa, delle faccende domestiche e di mussole colorate.
Sergej L’vovič aveva da poco superato i quarant’anni. Fu di conseguenza preso dalla malinconia e cominciò a pensare: non è forse ora di sposarsi? Ma dove trovare una moglie come si deve? Voleva sposare non solo una donna di casa, ma anche una che non fosse né brutta, né stupida. E l’ultima condizione rese parecchio più difficile la scelta del maggiore.
Zav’jalov si trovava davanti a una scelta: andare in villeggiatura dalla zia a Verkhnie Lužki, che non era lontano dall’uezd di Vladimir, oppure recarsi a Mosca? Ma dopo averci pensato un po’ su nel tempo libero, giunse a una conclusione: a Mosca non conosceva quasi nessuno, cosa avrebbe fatto? Non sarebbe forse andato al ristorante a fare la conoscenza di signore per bene?
E perciò la scelta di Sergej L’vovič cadde, come al solito, su Verkhnie Lužki, visto che aveva già cominciato a sentire la mancanza della sua zietta preferita. Zav’jalov radunò degli abiti semplici, senza dimenticarsi di metterne in valigia due nuovi di ottima fattura, e si diresse alla vicina stazione di posta per noleggiare una carrozza con vetturino.
Il viaggio fino alla tenuta della zia richiedeva solitamente un giorno intero: il maggiore partì il mattino presto alle prime luci dell’alba e verso sera, quando il sole tramontava, arrivò dall’affabile zia.
Quest’ultima, ovviamente, dal canto suo assillava Sergej L’vovič e cercava con estrema sollecitudine di trovargli una moglie, ma ciò è comprensibile: per lui era proprio come una madre, l’aveva praticamente cresciuto dopo la morte della sorella. Questa cosa preoccupava un po’ il bravo maggiore, che proprio non sopportava tutte quelle smancerie donnesche: prima la proposta di matrimonio, poi gli incontri tutt’altro che casuali, e poi ancora le visite ai parenti... poiché riteneva di doversi trovare da solo una degna compagna per la vita. E anche quest’anno ne era ancora alla ricerca. Ma questa volta, in viaggio verso Verkhnie Lužki, il cuore suggeriva a Sergej L’vovič che sarebbe tornato a Suzdal’ con una moglie di sicuro, poiché la cara zietta non gli avrebbe dato tregua finché non si fosse sposato.
La carrozza procedeva sulla strada polverosa, facendo cigolare le sospensioni. Dopo circa un’ora Sergej L’vovič, tediato dalla monotonia del paesaggio lungo la strada, si addormentò.
Sognò la tenuta della zia; si vedeva giovane, ancora in piena adolescenza: però non era proprio un sogno, ma un ricordo affiorato dal profondo della memoria.
La sua zietta, Aglaja Dmitrievna, era ancora abbastanza giovane: aveva trentanove anni. Era rimasta vedova tre anni prima e il Signore, purtroppo, non le aveva concesso degli eredi. Perciò tutto il suo intatto istinto materno e la premura femminile li riversava sul nipote orfano, prendendosene cura e accontentandolo in ogni modo.
Sergej si era svegliato, come al solito, alle nove precise. Nella tenuta della zia tutto avveniva in rigoroso ordine: la sveglia, colazione, pranzo, spuntino, cena e, infine, il sonno; tutto aveva il proprio orario stabilito.
Il nipote si alzò, si vestì e scese in salotto per la colazione. Presso il tavolo Varvara si dava da fare come sempre, era sempre lei a infornare i pirogì del mattino. Sergej li adorava. Ogni giornata da molti anni cominciava con questo profumo che proveniva dal forno caldo... Inutile dire come nell’esercito gli mancassero i pirogì di Varvara.
Sergej fece colazione, aveva sempre avuto un appetito formidabile. Se il nipote iniziava a mangiare poco, immediatamente la premurosa zia faceva chiamare il medico di fiducia per una visita completa, dopo la quale, a parte lividi e abrasioni, non trovava nulla.
Dopo la colazione, Aglaja Dmitrievna annunciò:
— Andiamo a Veresovo. Voglio andare a trovare Anastasija Nikolaevna. E tu ti incontrerai con Polina.
A sentir nominare Polina Sergej arrossiva sempre, sentiva il sangue affluire verso le guance ma, ahimè, non poteva farci niente. Ed era così ogni volta. La zia prendeva in giro il nipote:
— Crescerai e sposerai Polina. Che bella che è! Vivrai vicino a me!
Ma ahimè, Sergej non possedeva più nulla. Il suo defunto padre era andato in bancarotta, gli immobili e la proprietà erano stati usati per pagare i debiti. La madre non riuscì a sopportare queste umiliazioni: improvvisamente si mise a letto e morì nel giro di una settimana, e Sergej restò orfano.
Il papà di Polina, il signor Veresov, non era come il defunto Zav’jalov: egli si prendeva debitamente cura della sua proprietà e pertanto veniva considerato un proprietario terriero agiato e coscienzioso.
Aglaja Dmitrievna sapeva perfettamente che, senza averi, le possibilità che Sergej sposasse Polina o un’altra figlia di proprietario terriero, erano nulle. Così lei fece testamento a favore del nipote e si adoperò affinché lo sapessero quanti più vicini possibile; Verkhnie Lužki all’epoca era considerata una tenuta che produceva molto, e Aglaja Dmitrievna ne era molto orgogliosa.
Ed ecco arrivò il momento tanto atteso: Aglaja Dmitrievna e Sergej si misero in carrozza e si diressero a Veresovo.
Anastasija Nikolaevna accolse come sempre Aglaja Dmitrievna baciandola tre volte secondo l’usanza ortodossa. Le donne trovarono subito un’occasione di conversazione, cosa che meravigliava sempre Sergej: ma quanto si può chiacchierare di proprietà, di vicini e di vita nelle capitali! Ma le dame, assorbite una dall’altra, si dimenticarono presto del giovane Serëža. E qui solitamente compariva l’affascinante, fatale stella che era Polina.
Era una ragazzina, ma si potrebbe già dire una signorina, poiché si stava già formando e sotto il corpetto dell’abito semitrasparente