Al di Qua della Rivoluzione: Regime ed Esilio
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About this ebook
Ma l’incontro con Laura Torrisandi gli svela altre verità, e molte altre realtà si susseguono nel corso ulteriore degli eventi…
A differenza dei romanzi precedenti “Sei ore della vita di Giulio” e “Woodoo e Incantamento”, recensiti come romanzi dell’altrove per la presenza di una narrazione onirica e fantasmagorica accanto a una descrizione oggettiva e particolareggiata, in questo libro il racconto ha una “sceneggiatura” più lineare.
Riconoscibile è invece lo stile che, come d’abitudine, si modula in un’alternanza di prosa e musicalità poetica.
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Book preview
Al di Qua della Rivoluzione - Massimo Adolfo Caponeri
www.SelfPublishingVincente.it
Prefazione
Al di qua della rivoluzione
è un racconto sfaccettato in cui, grazie a una narrazione velata di inesorabilità, emerge chiara la capacità dell’autore di entrare nella storia, accedendo però prima a piè pari nella mente del protagonista: il giudice Luca.
Le tematiche politiche, sociali, familiari e sentimentali si fondono in ciò che accade intorno a Luca e sembrano che rimbalzino le une sulle altre, mentre il fulcro rimane sempre e solo uno: la fragilità di un uomo in preda semplicemente alla sua vita.
Questo continuo ping pong tematico è amplificato dall’uso alternato della narrazione in prima e in terza persona.
L’introspezione psicologica del protagonista che funge da specchio emozionale per il lettore è il filo conduttore a cui si aggrappa il racconto, mantenendolo sempre a un livello di tensione che ti avvicina paradossalmente al protagonista vedendolo però allontanarsi di capitolo in capitolo.
I discorsi di Luca col padre, col fratello e l’amore per una donna che c’è e non c’è, creano una vera e propria nuvola che aleggia sulla storia e che pare stia per generare un temporale da un momento all’altro.
Ma il temporale non scoppia mai, perché Luca ne viene fuori ogni volta, dalla perdita del lavoro, alla condanna a morte come se, alla fine del libro, sia propinata in pieno stile cinematografico con l’astrattezza e l’ambiguità delle vicende, del vero e del falso, proprio come nel film A Beautiful Mind
.
La metafora legata al titolo Al di qua della rivoluzione
sembra che sia un messaggio che l’autore vuole mandarci dimostrando quanto la vita possa fagocitarci come esseri inermi se non facciamo sentire la nostra voce.
Sempre con la rivoluzione in testa, ma mai con la rivoluzione in corpo. Ecco chi siamo e chi rimarremo, se non useremo il coraggio di difendere le nostre idee, la premura assoluta di esigerne il rispetto e la fermezza di vivere la nostra vita e non quella che altri decidono per noi. Come quando Luca lascia il proprio lavoro da giudice per assecondare semplicemente la volontà di Laura, la donna che amava.
Non è questo un libro con la morale, no. Questo libro è letteratura scritta da chi conosce la psicologia e la mischia magistralmente nella narrazione tanto finta quanto vera, tanto astratta quanto reale.
Lo stile unico di Caponeri, come negli altri libri della suo trilogia, spicca prepotentemente in questa opera. Le poesie nel testo e il viaggiare parallelo nella mente e nella narrativa, sono elementi distintivi dei testi di questo autore unico nel suo genere.
I suoi libri si fanno leggere perché quasi infastidiscono, facendoti immedesimare nei sentimenti dei protagonisti e più infastidiscono, più ti attraggono.
Il compito dell’arte credo sia proprio quello di farci fare delle domande, estendendo la portata dei nostri sogni e incubi.
Caponeri, col suo Al di qua della rivoluzione
, ha espresso quindi la sua arte per come poc’anzi descritta, consegnandoci una storia che ti lascia il cerino in mano e l’incendio in bocca.
Emanuele Properzi
Scrittore e curatore di
ScrittoreVincente.com
Introduzione
I due racconti uniti in realtà costituiscono un solo romanzo, in due parti.
Ma il secondo è stato scritto 15 anni dopo il primo.
Il primo è già un racconto completo e definito.
Il secondo non potrebbe sussistere senza il primo.
Siccome il primo era troppo breve rispetto a un romanzo non ho mai pensato di pubblicarlo così.
Inoltre il finale da un lato mi piaceva proprio perché paradossalmente utopico da un altro invece mi sembrava lasciare qualcosa di inconcluso
Tempo fa il caro amico e prefattore Roberto Razeto, dopo aver letto al di qua della rivoluzione
, mi aveva consigliato di scrivere un altro racconto, o forse due, magari sullo stesso tema, e così pubblicare una raccolta.
Mi sono provato a scrivere altro e l’ho anche fatto.
Ma, quanto al tema, mi è stato difficile riproporlo per una narrazione diversa.
A poco a poco mi sono accorto che mi veniva di riferirmi sempre allo scritto precedente, fino a che mi sono convinto di dover proseguire proprio la storia di Luca Soratti, anche se il racconto precedente non lo avrebbe reso del tutto necessario.
Pertanto dopo 15 anni certamente lo stile è un po’ cambiato, dal mio punto di vista un po’ meno scolastico
, ma anche un po’ meno precisamente descrittivo.
Ne ho pure approfittato per inserire osservazioni e resoconti di alcune false vie iniziatiche
, di cui ho anche potuto avere conoscenza diretta, e di esporre un certo mio anticlericalismo di maniera (ma a favore di una religiosità e spiritualità propria di ogni umano, e superiore a qualsiasi limitazione di dottrina; spero che si sia potuto intendere).
La storia dimostra che praticamente tutte le rivoluzioni, nell’intento di realizzare cose nuove e diverse, finiscono per riproporre quelle stesse condizioni che volevano distruggere.
Il nuovo ridiventa il vecchio,
e il diverso l’uguale.
PARTE PRIMA
L’intuizione dei fatti
- 1 - L’arrivo a Firenze: 1
- Dia pure a me signore i suoi bagagli; lei è tutto accaldato e se mi consente neanche più tanto giovane…, lasci che faccia io -
Poi l’inserviente doveva aver notato un’espressione poco soddisfatta sul viso di quell’uomo alto e scuro di pelle e imbiancato alle tempie e lievemente ricurvo sulle spalle mentre saliva con affanno le scale appoggiandosi a una ringhiera mal in arnese in quell’Albergo dalle luci fioche e le pareti coperte da una tappezzeria consunta certamente al di sotto delle promesse della sua categoria.
E si era subito accorto che l’allusione all’età poteva risuonare come una mancanza di rispetto; così, si era affrettato ad aggiungere:
- Oh, mi scusi, non volevo offenderla.
Gliel’ho detto solo per giustificarmi di aver preso io entrambe le valigie vedendolo affaticato per via del lungo viaggio, non certo per l’età.
E comunque questo è il mio mestiere: non si preoccupi dunque ci penso io a portarle le sue cose -
E quell’uomo, Luca Soratti, quel nuovo ospite, tra lo stupore, la gratitudine e il sorriso gli aveva risposto:
- Non mi preoccupo affatto caro giovanotto anzi, la ringrazio.
E poi, ha ragione su tutto, sa?
In effetti in questo momento mi sento davvero stanco -
Quell’inserviente!
In fondo aveva proprio visto giusto: la sua stanchezza, il viaggio, i suoi anni.
Ma per chi ne ha venti di anni gli altri, gli adulti, sono tutti vecchi.
E quel giovane inserviente non poteva certo sapere del disappunto e del disagio che il dottor Luca Soratti, giudice della prima sezione di Assise della Procura di Roma, ora provava per quel trasferimento di sede, dopo più di vent’anni di continuità di lavoro nello stesso posto.
Eppure in certo qual modo quel trasferimento rappresentava una promozione.
E, per giunta, era stato proprio lui a far pressione in tal senso.
Nulla gli era stato imposto.
Pertanto anche se poteva sembrare il contrario per il fatto cioè di essersi spostato dalla Capitale in un’altra città, questo invece dimostrava quanto lo si avesse in considerazione; tanto da ritenerlo indispensabile in casi così difficili e importanti, come quello di adesso.
Ma per Luca la verità più profonda era anche un’altra e ben più semplice.
Da qualche tempo nel Paese si stavano verificando eventi allarmanti e nessuno era ancora riuscito a venirne a capo.
Si moltiplicavano rapimenti, all’apparenza ingiustificati, attentati per certi versi incomprensibili, atti d’intimidazione sabotaggi ferimenti di persone e anche omicidi: ma il tutto era mal collegabile in quanto a luoghi tempi e motivazioni.
Tutto questo stava provocando in modo crescente perplessità inquietudine e paura.
Né le forze dell’ordine né gli organismi inquirenti sembravano in grado di capirci di più.
E allora di fronte a tanto smarrimento viene naturale provare di tutto: così, quantomeno, ci si cautela.
Ecco il motivo della contrarietà di Luca oltre alla stanchezza.
Durante il suo viaggio in treno da Roma a Firenze gli era venuto da pensare che alla base di quella missione da parte dei superiori poteva esserci stata anche una decisione di comodo e non soltanto fiducia e apprezzamento.
E dunque che avessero utilizzato la sua disponibilità e addirittura il suo desiderio solo per questo: tanto per fare qualcosa, e per cautelarsi.
Ma d’altronde aveva anche considerato che era sciocco il rammaricarsi dal momento che lui per primo, Luca, aveva ravvisato in quell’incarico l’opportunità di un rilancio.
Dopo il successo delle sue inchieste all’epoca delle Brigate Rosse (spettava a lui il merito dei processi più importanti, quelli che a detta di tutti avevano definitivamente debellato i protagonisti di maggiore spicco; ed era così giovane!), dopo quel periodo insomma si era come lentamente arrugginito in una costanza di abitudine che non gli aveva più offerto occasioni di tanto rilievo.
Era certamente rimasto nella stima dei collaboratori e dei superiori.
E di fatto aveva continuato a svolgere con scrupolosa capacità e con intelligenza le mansioni del suo ufficio.
E aveva anche ottenuto promozioni e fatto progressi di carriera.
Proprio ora, per dire, era in attesa di passare alla Corte d’Appello.
E però forse senza essersene avveduto completamente stava anche cominciando ad appagarsi fin troppo di una tranquillità che lo invecchiava anzitempo.
- 2 - Le ipotesi di Luca, per caso...
Finché
come per caso
e oltre ogni intenzione
come qualcosa che non si cerca
e in cui ci si imbatte all’improvviso
aveva avuto quella particolare e curiosa intuizione.
Aveva pensato che tutti quegli eventi eversivi finora non decifrabili nel significato apparentemente così disparati e diversi potessero invece avere un diretto collegamento tra loro.
Gli era sembrato di poter individuare una connessione che pareva rispondere a un’organicità di senso interno secondo una logica coerente anche se a tutt’oggi non sufficientemente chiarita ma su cui invece Luca stava maturando un’ipotesi precisa.
Pensava che si stesse propagando una nuova forma organizzata di terrorismo sostenuta da un’originale idea di lotta nei confronti del potere in un’inedita visione di rivolta, e della quale credeva di aver capito il valore e lo scopo.
Per caso...
O, forse, per illusione.
E le sue