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La grande mietitrice
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La grande mietitrice

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About this ebook

Si può sconfiggere la morte? Gabriele e Giusy ,lo possono fare. Sono fratelli e lei è autistica, di quelli"SPECIALI". Gabriele scopre la propria particolarità grazie ad alcune esperienze che vive in prima persona e che piano piano, lo rendono consapevole di questo suo "dono". Ben presto però si rende conto che questo suo potere non è poi così gratificante, perché la morte non va mai via a mani vuote, se non riesce a prendere quella vita ne porta via un'altra, e le conseguenze sono terribili. Quando Gabriele si rende conto che non vale la pena di continuare è ormai troppo tardi. La Grande Mietitrice vuole vendetta e cerca di rapire sua sorella per portarla nel suo mondo "l'inferno"dove, Gabriele, nel tentativo di salvarla, verrà inghiottito insieme a lei. Dovranno cercare di sopravvivere e trovare il modo di tornare indietro, e una serie di avventure li vedrà entrambi protagonisti che li porterà a cercare un modo per fuggire da quel mondo ostile. Riusciranno a tornare nel loro mondo?
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateDec 10, 2018
ISBN9788827859452
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    Book preview

    La grande mietitrice - Gianfranco Catalano

    Indice

    PREFAZIONE

    PROLOGO

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    8

    9

    10

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    All'inferno

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    31

    32

    33

    34

    ...e ritorno

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    37

    38

    39

    40

    41

    42

    FINALE

    LA GRANDE

    MIETITRICE

    di Gianfranco Catalano

    Romanzo

    Youcanprint Self-Publishing

    Titolo | La Grande Mietitrice

    Autore | Gianfranco Catalano

    Immagine di copertina www.publicdomainpictures.net/en/

    ISBN | 9788827859452

    Prima edizione digitale: 2018

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    A me stesso...

    La teoria del caos...........

    ....si immagina che quando una farfalla batte le ali in Brasile, può provocare un tornado in Texas..........

    ........ad ogni azione corrisponde una reazione.

    PREFAZIONE

    Questo è il mio terzo libro, e a differenza degli altri due ( La mano nera della vita e La vita è nostra)si scosta un poco da quello che ,abitualmente, cerco di dire con i miei racconti e cioè le varie difficoltà che la vita ci impone e il modo che abbiamo per superarle. Ne La mano nera della vita, narro della malattia incurabile e del sacrificio di un nonno per la sua nipotina, affetta da leucemia. Ne La vita è nostra invece, racconto la disabilità dei due protagonisti costretti a vivere su una sedia a rotelle e del loro modo differente di affrontare questo loro handicap. In questo mio terzo scritto,mi sono lasciato andare con la fantasia, divertendomi ad immaginare una storia che possa tenere il lettore inchiodato ad ogni pagina cercando di scoprire il prosieguo della trama e degli eventi futuri, ciononostante non mi sono allontanato dal mio modo di raccontare, inserendo un personaggio speciale , Giusy . Lei è una bambina autistica, ma di quelli molto speciali, se avete visto il film Rain man con Dustin Hoffman e Tom cruise, capirete ciò che voglio dire, e senza di lei il nostro protagonista,suo fratello, non riuscirebbe nemmeno a sopravvivere alle disavventure che gli si presenteranno. Qua e la mi sono lasciato andare con un linguaggio un po' scurrile, mi dovete perdonare, ma inizialmente ho voluto dare l'impressione che chi racconta sia un giovane e sappiamo benissimo come parlano i ragazzi d'oggi, anche se poi si scoprirà che...ma andiamo avanti. Chi legge molto ha un suo autore preferito, io ho il mio ed è Stephen King. Ho tutti i suoi libri ed è proprio leggendo un suo romanzo che mi è venuta questa idea. Lungi da me il solo pensiero di emularlo, ma il desiderio di uscire fuori dalla realtà e immaginare storie impossibili mi attrae, e cosa c'è di meglio che poter viaggiare con la fantasia e lasciarsi, anche se solo temporaneamente dietro le spalle, tutti quei pensieri che ci turbano quotidianamente leggendo un libro che ,almeno nelle intenzioni di chi lo scrive, ti fa viaggiare in mondi lontani e ,perché no, anche emozionarti. Se chi leggerà questo libro, proverà queste sensazioni, vorrà dire che il mio scopo l'ho raggiunto,altrimenti, beh, allora vi chiedo scusa, ma ho cercato di fare del mio meglio, comunque sia...buona lettura.

    PROLOGO

    Se fosse un film dovrebbe incominciare così: la cinepresa inquadra una stanza, è abbastanza grande, due letti singoli separati sono accostati quasi a toccarsi. Ai lati dei letti due alte finestre sono addobbate con pesanti tende di colore verde, sono chiuse e non lasciano filtrare alcuna luce, ma comunque non sarebbe altrimenti perché è notte. A destra un finto camino da alla parete una parvenza di eleganza ai suoi lati due poltrone con la stoffa completamente lisa, segno inequivocabile del passare del tempo e dell’uso, a sinistra una scrivania quasi spoglia salvo alcune carte poggiate sopra, un orologio digitale e alcune penne sparse sul piano. Ci avviciniamo lentamente stringendo il quadro e vediamo che sui letti vi sono due figure, più precisamente due anziani allettati.

    Man mano che ci avviciniamo ci accorgiamo che i due anziani assomigliano più a due scheletri, la loro pelle è come incartapecorita, sotto di essa si intravedono le vene bluastre ,specie nelle mani nodose e ossute che spuntano dalle coperte. Della figura di destra si capisce che è una donna, sta dormendo probabilmente. La testa è poggiata di lato sul cuscino, i suoi occhi sono chiusi e dalla bocca spalancata esce un lieve respiro appena percettibile.

    A sinistra invece c’è un uomo, lui non dorme, ha la schiena appoggiata allo schienale del letto.

    I suoi occhi acquosi hanno davanti degli occhiali con delle lenti spesse come un fondo di bottiglia, ha lo sguardo fisso in un punto del soffitto, sembra che stia pensando, che stia concentrandosi su pensieri che portano lontano. Sicuramente è così perché nella mano destra impugna una penna stilo, al suo fianco una risma di fogli bianchi che sembrano in attesa di essere riempiti di parole, e in effetti è cosi. L’anziano uomo di un ‘età indefinibile,tanto la sua pelle è sottile e il suo volto è così scarno che si intravede lo scheletro, allunga una mano e con lentezza esasperante prende un foglio, lo poggia su una specie di scrittoio posto sopra le coperte e comincia a scrivere. La cinepresa si sposta verso l’alto e inquadra l’anziano, la sua testa ormai priva di capelli primeggia sullo schermo, ci spostiamo verso il basso e piano piano inquadriamo il foglio bianco, la mano si poggia su di esso e comincia scorrere formando delle parole, mettiamo a fuoco e così possiamo leggere quello che scrive…

    1

    Sono in una stanza d’ospedale: il solito odore di disinfettante, le solite pareti bianche, gli armadietti di metallo con i numeri sull’anta che si apre, il letto che chissà quanti malati ha ospitato e chissà quanti vi sono morti e anche tanti sono guariti , per carità, bisogna dire ciò che è giusto, ma di sicuro hanno visto tanta sofferenza come la persona che in questo momento lo sta occupando. Se non fosse che questa persona è mia madre e sta per morire,sarei completamente indifferente. Non che io non abbia un cuore, anzi, è proprio perché amo mia madre che sono qui e sto aspettando. Tutto quello che è accaduto finora mi ha temprato e reso una persona conscia delle proprie possibilità ma soprattutto, delle proprie responsabilità. Si perché io posso decidere se una persona deve vivere o morire, anche se so benissimo che questo comporta delle conseguenze inevitabili. Quando Lei parte dal suo limbo, è perché deve tornare con un corpo, non si mette in viaggio per nulla e niente e nessuno può impedirle di porre a termine il suo compito, nemmeno io. Ma posso fuorviarla, questo si.

    A Lei non importa chi sia la persona che deve prendere.

    Lei appena sente il richiamo si avvia veloce verso la meta, e se poi per qualche ragione, la sua preda non è quella per cui si è messa in viaggio,non importa, l’importante è non tornare a mani vuote.

    E questo non succede mai.

    Lei è sempre stata descritta come un’alta figura vestita di nero che vola nell’aria brandendo una lunga falce e con un terrificante teschio al posto del viso semicoperto da un cappuccio.

    Per me sono tutte cazzate anche se non l’ho ancora vista veramente (la vedrò più avanti), l’ho sentita, quello si, e la sento ogni volta che arriva.

    Il suo passaggio è inconfondibile e fa venire letteralmente i brividi perché un’aria gelida la precede e lascia dietro di sé una scia maleodorante che nessun essere umano, se fosse in grado di percepirla, potrebbe sopportare.

    Io posso sentire tutto questo ed è allora che intervengo e le impedisco di portare via il corpo da lei prescelto. Non sono un pazzo ne un megalomane, quello che scrivo è la verità e se sono un miracolato o uno sfigato, dipende da come si vuole vedere il mio stato, non l’ho voluto io e nemmeno me lo sono andato a cercare (anche se non so come avrei potuto volere diventare quello che sono).

    Forse sono così dalla nascita, in fin dei conti sin da quando ero piccolo, ricordo che i miei genitori non mi facevano mai andare a nessun funerale o avvicinare al capezzale di una persona malata.

    Forse, anzi sicuramente, volevano proteggere la mia innocenza da fatti dolorosi procrastinando il più possibile il mio impatto con eventi che a quel tempo, avrebbero potuto traumatizzarmi.

    Forse se non fosse stato così, avrei potuto conoscere il mio stato prima del tempo e magari, imparare a gestirlo meglio, anche se a pensarci bene, non vedo come avrei potuto fare: una vita salvata, una vita persa. Perché vita chiede vita, e su questo non ci piove.

    2

    Mi piacerebbe dire che siamo una famiglia normale, ma non è così a cominciare da me, che come avrete sicuramente capito, molto normale non lo sono e non so il perché. La consapevolezza del mio potere è stata graduale e non senza traumi e quando ne sono entrato in possesso in modo completo anche mentalmente, le domande che mi sono posto sono state innumerevoli e angosciose, ma alla fine ho dovuto soccombere davanti all’evidenza che avevo qualcosa che non andava. Poi c’è mia sorella, Giuseppina.

    Non so perché i miei genitori le hanno messo questo nome orribile, forse per ricordare qualche parente deceduto, io comunque mi sono rifiutato di chiamarla così e le ho abbreviato il nome in Giusy, americanizzandolo.

    E’ autistica, ha quindici anni e qui forse, un po’ di colpa l’hanno i miei genitori.

    Forse è stato un incidente di percorso, anzi, sicuramente lo è stato, perché partorire a quarantatré anni, il rischio di avere un’amara sorpresa ci sta, non è detto ma la percentuale di avere un figlio disabile è alta.

    Comunque io e Giusy andiamo perfettamente d’accordo, ci vogliamo bene e io le faccio da secondo padre.

    Ah, dimenticavo, mi chiamo Gabriele, ho venticinque anni e sono disoccupato, ho il diploma di geometra col quale mi ci pulisco regolarmente il culo. Scusate la rudezza del linguaggio ma vista la sua inutilità, mi è sembrato il termine più appropriato.

    Ma tornando a Giusy, lei è speciale. Quel suo sguardo fisso nel nulla nasconde qualcosa, lo so, lo sento.

    Ancora non so cosa ma quando la guardo negli occhi, a volte, mi sembra di scorgere dei lampi di lucidità e la sua bocca assume una curva come di un sorriso appena accennato. Poi ha una memoria di ferro, ricorda tutto, basta che legga un articolo o un libro, non posso dire che lo ricordi tutto a memoria, ma ne comprende il significato in un battibaleno e comunque alcune frasi le riporta esattamente come le ha lette.

    Ti accorgi della sua disabilità solo se la osservi da vicino, perché è una bella bambina e i suoi dati somatici sono del tutto normali, se non fosse per quello sguardo sempre fisso e la mimica facciale ridotta al minimo, diresti che è una bambina come tutte le altre.

    Mio padre, Antonio, è impiegato alle poste e perennemente sempre al solito livello, grazie alla sua totale mancanza di ambizione.

    Se ci passi sopra con un carro armato, andata e ritorno, il massimo che può dirti è ma perché?

    E’ un buono di indole e di natura e questo ha fatto si che i colleghi lo stimino e gli vogliano bene.

    Quelli normali.

    Gli altri, gli stronzi, ( e vorrei vedere se in qualunque posto di lavoro non ci sono persone che si meritano questo appellativo) se ne approfittano e lo scavalcano nella carriera, pur non avendo le sue capacità ma avendo una sana e rasposa lingua per leccare a più non posso.

    E poi c’è mamma, ultima ma non ultima, il mito, il mio mito e ora è in questa stanza d’ospedale.

    Ha cinquantasei anni, è troppo giovane per morire, troppo presto per lasciarci, abbiamo tanto bisogno di lei, come lei di noi.

    Tutti noi abbiamo bisogno di qualcuno e quando questo qualcuno è colei che ti ha dato la vita e sta per andarsene così prematuramente, allora scoppia la rabbia. Lo sai che prima o poi verrà quel giorno, ma speri sempre che verrà il più tardi possibile e in ogni caso, per quanto diciamo a noi stessi che siamo preparati, non possiamo fermare il dolore che ci assale e non possiamo impedirci di morire un po’ anche noi. Io comunque, non sono preoccupato, so che mia madre si salverà.

    Almeno fino ad ora, quelle poche volte che ho voluto o dovuto, mettere in atto il mio potere, non ho fallito.

    In tasca ho la mascherina e la metterò al momento più opportuno, intanto sono qui di fronte al letto appoggiato al muro, leggermente defilato dagli sguardi dei presenti e osservo .

    Osservo e ricordo.

    Mio padre è li seduto al suo fianco e le tiene teneramente la mano e la accarezza.

    Ogni tanto la solleva e l’avvicina alle guance e alle labbra per darle un bacio.

    Mi fa male vederlo così, mi fa male vederli così tutti e due. Vorrei gridare state tranquilli, andrà tutto bene, oggi non morirà nessuno (almeno non in questa stanza),ma non posso, nessuno sa e nessuno deve sapere.

    Il mio fardello è solo mio e morirà con me.

    Giusy è accanto a mio padre e gli tiene il braccio. Si appoggia a lui, la sua testa sulla spalla e lo sguardo fisso sul muro di fronte. Non so se si rende conto della situazione, ma è calma, sembra addirittura serena.

    Mi è parso, ma non ne sono sicuro, che ogni tanto il suo sguardo si rivolge verso di me.

    Non muove il volto, sposta solo gli occhi nella mia direzione, forse è solo una mia sensazione, forse sono talmente teso sapendo ciò che starà per accadere ( e vi assicuro che non è certo una passeggiata) che vedo cose che sono frutto soltanto

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